L’AGRICOLTURA BIOLOGICA IN RISPOSTA ALLE SFIDE DEL FUTURO:
IL SOSTEGNO DELLA RICERCA E DELL’INNOVAZIONE
1° Congresso della Rete Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica
7‐8 novembre 2011 ‐ Catania
A cura di: M. Pierozzi (coordinamento editoriale, CNR), V. Amianti (CNR);
V. Barile (CNR), M. Cirilli (CNR), N. Colonna (ENEA), F. Colucci (ENEA)
2011
ENEA
Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia
e lo sviluppo economico sostenibile
Lungotevere Thaon di Revel, 76
00196 Roma
ISBN
978‐88‐8286‐250‐3
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
INDICE
Introduzione di Mauro Gamboni, Presidente RIRAB
5
Organizzazione della Rete Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica - RIRAB
7
Programma del I° Congresso RIRAB
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Sessione A - Rafforzamento eco-funzionale
11
Sessione B - Salute e benessere umano
73
Sessione C - Sviluppo delle aree rurali e delle economie locali
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Indice degli Autori
161
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Introduzione
Mauro Gamboni, Presidente di RIRAB,
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Dipartimento Agroalimentare, Roma
E-mail: info@rirab.it
Il mercato dei prodotti biologici è andato costantemente crescendo nel mondo negli ultimi
anni. Per il 2011 è stimata una crescita che lo porterà ad un valore attorno ai 60 miliardi di
dollari. Negli Stati Uniti d’America, si è assistito ad un vero boom. Le vendite di alimenti e
bevande biologici sono cresciute da 1 miliardo di dollari nel 1990 ai 26,7 miliardi di dollari
nel 2010. Anche in Europa, il mercato del biologico continua a svilupparsi in modo
estremamente dinamico. Benché assorba ancora una piccola quota del mercato complessivo di
alimenti e bevande, in Danimarca, Austria e Svizzera le vendite hanno superato la quota del
5%.
In Italia, i dati più recenti elaborati dall’ISMEA (Istituto per i Servizi del Mercato Agroalimentare), mostrano un incremento nel 2010 per i prodotti biologici confezionati pari
all’11,6% ed una presenza di oltre 47.600 operatori, il più alto valore europeo.
L'agricoltura biologica tuttavia non va considerata solamente alla luce del successo
commerciale dei suoi prodotti ma anche e soprattutto quale mezzo efficace per far fronte alle
grandi sfide che l'agricoltura dovrà affrontare nei prossimi decenni. Essa infatti contribuisce
alla costituzione di sistemi agricoli a basso input, assicurando produzioni di qualità,
salvaguardando nel contempo l’ambiente e l’equità sociale. Questo richiede profonde
conoscenze che possono derivare da un forte impulso riservato alla ricerca e all’innovazione.
Da questo punto di vista, l’Italia può contare su numerosi ricercatori che operano attivamente
in diverse strutture. Tuttavia si rileva la necessità di un coordinamento che consenta di
raccordare i gruppi di ricerca, favorendo l’integrazione delle differenti discipline e la diretta
partecipazione degli operatori del settore.
La Rete Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica (RIRAB) intende contribuire a
perseguire tale obiettivo, rafforzando gli studi e le ricerche nel settore da parte della comunità
scientifica ed incoraggiando la collaborazione tra ricercatori e gli altri attori del settore.
Attraverso il suo primo Congresso, la RIRAB darà piena attuazione alla sua mission
incoraggiando un dialogo aperto tra il mondo della ricerca e il mondo produttivo. Per tale
ragione, in modo del tutto originale, il Congresso si aprirà con una tavola rotonda, che
coinvolgerà le aziende del settore, le quali potranno esprimere le proprie esigenze di ricerca. Il
programma prevede poi tre sessioni che rispecchiano le aree prioritarie di ricerca indicate
dalla Piattaforma Tecnologica Italiana in Agricoltura Biologica PTBio Italia e da quella
europea TP Organics, nel corso delle quali saranno presentati i risultati più significativi
raggiunti su temi specifici di ricerca di particolare interesse. Il Congresso si chiuderà, come in
apertura, con l’intervento del mondo produttivo. In particolare si darà voce ai rappresentati
delle maggiori organizzazioni del settore che, traendo spunto dalle presentazioni,
formuleranno pareri e forniranno indicazioni per le future strategie di ricerca.
Il Congresso acquisisce dunque una notevole importanza per il lavoro che attenderà la RIRAB
nei prossimi anni, con l’ambiziosa prospettiva di concorrere attivamente alla crescita del settore attraverso un rafforzamento della ricerca e un efficace trasferimento dell’innovazione.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Foreword
Mauro Gamboni, RIRAB President
National Research Council, Agrofood Department, Rome
E-mail: info@rirab.it
Organic market has been steadily growing in the world in recent years. It is estimated that in
2011 the growth will lead to a value around 60 billion dollars. In the United States, there is a
real boom. Sales of organic foods and beverages have grown from 1 billion dollars in 1990 to
26.7 billion dollars in 2010. Even in Europe, organic market continues to grow in extremely
dynamic way. Although it covers a small proportion of the total market of food and
beverages, organic sales in Denmark, Austria and Switzerland exceed 5%.
In Italy, on the basis of the latest data provided by ISMEA (Institute for Food Services
Market), organic packaged products show an increase in 2010 of 11.6% and the presence of
more than 47,600 firms, the highest value in Europe.
Organic farming, however, should not be considered only for the commercial success of its
products but also and especially as an effective means to meet the great challenges that
agriculture faces in the coming decades. In fact, it contributes to low-input agricultural
systems, ensuring quality products, meanwhile preserving the environmental and social
equity. This requires fundamental knowledge that can result from a strong support to research
and innovation. From this point of view, Italy can take into account a number of researchers
actively working in different institutions. However, there is the need of an effective
coordination of the research groups, facilitating integration of different disciplines and direct
participation of other interested parties. The Italian Network for Research in Organic
Agriculture (RIRAB) aims to contribute in achieving this objective by strengthening
researches in this field and encouraging collaboration between researchers and other
stakeholders.
Through its first Congress, RIRAB will fully implement its mission, fostering an open
dialogue between research and production. For this reason, in a very original way, Congress
will open with a discussion panel, involving companies, which may express their research
needs. The program includes three sessions that reflect the priority research areas indicated by
the Italian Technology Platform for Organic Farming in Italy PTBio Italia and the European
Technology Platform TP Organics. During the sessions, the most significant results achieved
will be presented. The Congress will close, as during the opening session, with the
interventions of economic operators. In particular, the representatives of the major
organizations in the sector will be invited to provide advice and suggestions for future
research strategies. The Congress, therefore, acquires a great importance for the work that
RIRAB will have to do in the coming years, with the ambitious perspectives of actively
contributes to the sector growth by strengthening research and the innovation transfer.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
ORGANIZZAZIONE DELLA RETE ITALIANA PER LA RICERCA IN AGRICOLTURA BIOLOGICA RIRAB
Presidente
Mauro Gamboni (CNR)
Vice Presidente
Paolo Ranalli (CRA)
Segretario
Paolo Bàrberi (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa)
Tesoriere
Salvatore Antonino Raccuia (CNR)
Consiglio Direttivo
Aurelio Ciancio e Federica Rossi (CNR); Paolo Ranalli (CRA); Massimo Iannetta (ENEA);
Ginevra Lombardi Boccia (INRAN); Sabrina Giuca (INEA); Livia Ortolani (AIAB);
Pierlorenzo Secchiari (AISSA); Paolo Bàrberi (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa);
Maurizio Raeli (CIHEAM/IAMB - Osservatore); Marco Camilli (Anagribios-Coldiretti)
Comitato d’Indirizzo tecnico-scientifico
Carla Abitabile a Raffaele Zanoli (coordinatori del gruppo di lavoro “aspetti economici e
sociali”); Maurizio Bonanzinga e Marcello Mele (coordinatori del gruppo di lavoro
“zootecnia biologica”); Riccardo Bocci e Francesco Carimi (coordinatori del gruppo di lavoro
“biodiversità”); Maurizio Cellura (coordinatore del gruppo di lavoro “ambiente, risorse
naturali e territorio”); Fabio Ciannavei e Flavio Paoletti (coordinatori del gruppo di lavoro
“qualità”); Nicola Colonna e Salvatore Antonino Raccuia (coordinatori del gruppo di lavoro
“energia”); Anna La Torre (coordinatore del gruppo di lavoro “protezione”); Andrea
Maestrelli e Cristina Micheloni (coordinatori del gruppo di lavoro “trasformazione dei
prodotti biologici”)
Coordinatore Generale dei Gruppi di Lavoro Tematici
Marcello Mele
Segreteria
Viviana Barile; Manuela Pierozzi; Annalisa Crippa; Vanessa Amianti; Marco Cirilli
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
COMITATO SCIENTIFICO E COMITATO ORGANIZZATIVO DEL 1° CONGRESSO RIRAB
Comitato scientifico
M. Mele (Presidente, Università di Pisa). C. Abitabile (INEA);
P. Bàrberi (SSSUP Pisa) R. Bocci (AIAB), M. Bonanzinga (ARSIA Toscana),
F. Branca (Università di Catania); F. Carimi (CNR); A. Catara (PST Sicilia);
M. Cellura (Università di Palermo); F. Ciannavei (Coldiretti); N. Colonna (ENEA); A.
Crippa (CRA); M. Gamboni (CNR); A. La Torre (CRA); A. Maestrelli (CRA); C. Micheloni
(AIAB); F. Paoletti (INRAN); S. A. Raccuia (CNR); P. Ranalli (CRA); P. Rapisarda (CRA);
V. Tisselli (CRPV); R. Zanoli (Università delle Marche).
Comitato organizzativo
S. A. Raccuia (Presidente, CNR); F. Branca (Università di Catania), F. Carimi (CNR),
A. Catara (PST Sicilia), M. Cellura (Università di Palermo), V. di Martino (CNR);
A. Ierna (CNR); M. G. Melilli (CNR); P. Rapisarda (CRA); G. Roccuzzo (CRA);
C. Scalisi (CNR).
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Programma
“L’agricoltura biologica in risposta alle sfide del futuro
il sostegno della ricerca e dell’innovazione”
Lunedì 7 novembre 2011
09:00 - 9:30 Registrazione partecipanti
Allestimento Sessione poster
Welcome Coffee
09:30 - 10:50 CERIMONIA INAUGURALE
Intervengono: Riccardo d’Andria, Direttore ISAFoM; Raffaele Stancanelli, Sindaco di Catania;
Raffaele Lombardo, Presidente Regione Sicilia; Pietro Agen, Presidente CCIAA di Catania;
Giuseppe Alonzo, Capo Dip. MiPAAF; Cosimo Lacirignola, Direttore CIHEAM IAMB; Massimo
Iannetta, Responsabile UTAGRI-ENEA; Paolo Ranalli, Direttore Dip. CRA; Domenico Pignone,
Direttore Dip. DAA – CNR
10:50 - 11:00 APERTURA DEI LAVORI
Mauro Gamboni, Presidente RIRAB
11:00 - 12:30 TAVOLA ROTONDA: Quali fabbisogni di ricerca per il biologico di oggi e di domani
modera Antonio Boschetti, direttore de “L’Informatore agrario”
intervengono: O. P. Agrinova Bio 2000, Consorzio Agrobiologico Siciliano,
EcorNaturasì Spa, BrioSpa, Apofruit, CODEX, Campisi Italia, Consorzio
Ficodindia DOP dell’Etna, Isola Verde SRL, Bio Sikelia ARL
12:30 - 14:00 Pranzo
14:00 - 14:10 Un nuovo strumento d’informazione sulla ricerca in agricoltura biologica
Fulvio Mamone Capria e Francesco Giardina, CIHEAM IAMB
14:10 - 14:40 SESSIONE A: RAFFORZAMENTO ECO-FUNZIONALE
Presiede: Paolo Guarnaccia, Università di Catania
Introduce: Fabio Caporali, Università della Tuscia
14:40 - 15:40 Contributi
Stefano Canali, CRA
Paolo Carletti, Università di Padova
Paola Leonetti, CNR
Nicola Colonna, ENEA
15. 40 - 16:10 Discussione
16:10 - 16:30 Pausa caffè
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
16:30 - 17:00 SESSIONE B: SALUTE E BENESSERE UMANO
Presiede: Flavio Paoletti, INRAN
Introduce: Sandro Dernini, Forum sulle culture alimentari mediterranee
17:00 - 18:00 Contributi
Antonio Raffo, INRAN
Adriana Bonanno, Università di Palermo
Giuseppina Rea, CNR
Alessandro Dal Bosco, Università di Perugia
18:00 - 18:30 Discussione
Martedì 8 novembre 2011
09:00 - 09:30 SESSIONE C: SVILUPPO DELLE AREE RURALI E DELLE ECONOMIE LOCALI
Presiede: Raffaele Zanoli, Università Politecnica delle Marche
Introduce: Gianluca Brunori, Università di Pisa
09:30 - 10:30 Contributi
Roberta Salomone, Università di Messina
Davide Marino, Università del Molise
Giovanna Sacchi, Università di Bologna
Andrea Ferrante, AIAB
10:30 - 11:00 Discussione
11:00 - 11:30 Pausa caffè
11:30 - 12:30 SESSIONE POSTER
VISITA ALLO STAND SU BIOSENSORI PER IL RILEVAMENTO DEI PESTICIDI
12:30 - 13:00 Commenti finali da parte delle principali Associazioni del settore agricolo
Marco Camilli, Coldiretti; Pina Eramo, CIA; Donato Rotundo, Confagricoltura
13:00 - 13:30
Premiazione migliori poster
Giuseppe Castiglione, Presidente Provincia di Catania
Conclusioni
Elio D’Antrassi, Assessore regionale delle risorse agricole e alimentari
Rappresentante MiPAAF
13:30 - 14:30
Pranzo
14:30 -16:00
Consiglio Direttivo RIRAB e Assemblea soci RIRAB.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Sessione A
Rafforzamento eco-funzionale
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A1
Principi di eco-funzionalità nella tradizione agronomica italiana
F. Caporali, Università degli Studi della Tuscia – Facoltà di Agraria
E-mail: caporali@unitus.it
Gli studi accademici nel campo dell’agricoltura iniziarono in Italia prima della costituzione
dello Stato italiano quando, nel 1844, un corso accademico della durata di tre anni in “
Agricoltura e Pastorizia” fu istituito presso l’Università di Pisa nel Granducato di Toscana.
Quel corso di studi era mirato a progettare e realizzare una azienda agraria come “ sistema”,
con diversi componenti ( campi e colture, foraggi e bestiame, lavoro umano, arnesi ed edifici),
da organizzare in maniera sostenibile secondo obiettivi socio-economici ed ambientali.
(Ridolfi, 1844 ; Cuppari, 1862). In quella attività accademica si riconosce una “visione
sistemica” perseguita sia nella teoria che nella pratica con esempi condotti in aziende
sperimentali di quel tempo in Toscana. La moderna Agroecologia trova alcune delle sue
inesplorate radici proprio nella memoria documentata di quella attività accademica. Cuppari
esprime chiaramente la visione dell’azienda come “corpo”, cioè come unità composta di
molte parti armonicamente organizzate al fine di realizzare integrità funzionale e sostenibilità.
Il lavoro pionieristico di Cuppari fu poi riaccertato e riproposto da Alfonso Draghetti (1948)
nella sua opera” Principi di fisiologia dell’azienda agraria”. Draghetti fu uno dei primi
studiosi in Italia a definire il modello di circolazione di energia-materia in una azienda agraria
con il metodo input/output e con prove sperimentali condotte a livello aziendale per
quantificare i benefici dell’integrazione di colture ed animali ai fini di incrementare le rese e
mantenere la fertilità del suolo. Caporali (2004; 2011) ha riferito su questa tradizione teoretica
riconoscendola come base agroecologica per ricerche in studi agricoli ed ispirazione per
l’agricoltura biologica. Nella visione di Draghetti, la biodiversità negli agroecosistemi deve
essere organizzata in modo tale da produrre integrità ecologica, cioè una integrazione
strutturale e funzionale tra i componenti che permetta all’agroecosistema azienda di persistere
e produrre. L’integrità ecologica o degli ecosistemi rappresenta una proprietà di autoorganizzazione (Muller et al., 2000) e si riferisce allo stato di completezza ed individualità
che richiede minimo supporto esterno (Karr, 1991). Il risultato della integrità degli ecosistemi
è la capacità di mantenere una comunità bilanciata ed adattativa con uno sviluppo autoorganizzato (Muller et al., 2000). L’integrità ecologica ha a che fare con il mantenimento del
capitale naturale negli ecosistemi antropizzati, cioè con la presenza di una struttura autoorganizzata di componenti e processi che permetta produttività e un alto livello di autonomia
in una prospettiva di lungo termine. Negli agroecosistemi sostenibili, ad esempio,
l’organizzazione dei componenti e dei processi deve essere realizzata per preservare sia la
fertilità del suolo che per creare le condizioni favorevoli per la protezione delle colture e del
bestiame contro l’infestazione di erbe, insetti ed agenti patogeni. Aspetti basilari di integrità
ecologica da assicurare negli agroecositemi riguardano: a) l’ integrazione dei livelli trofici; b)
l’integrazione dei gruppi funzionali dei componenti. La resilienza e la sostenibilità negli
agroecosistemi può essere accertata con l’uso di indicatori strutturali e funzionali a differenti
livelli di organizzazione (Caporali e al., 2003; Caporali, 2011). Una struttura di azienda
agraria a conduzione familiare, basata sui principi di integrità ecologica, è stata funzionante
nella storia dell’agricoltura italiana a partire dall’epoca medioevale, fornendo la base per
promuovere sinergia tra gente e territorio (Haussmann, 1964). Il senso di appartenenzainterdipendenza tra agricoltori e terra è una componente basilare per il successo di modelli
stabili di agricoltura biologica basati sulla tradizione e sulla specificità locale.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A1
Principles of eco-functionality in the Italian agronomic tradition
F. Caporali, University of Tuscia, Faculty of Agriculture
E-mail: caporali@unitys.it
Academic studies in the field of agriculture started in Italy before the set up of the Italian state
in 1844, when an academic three-year degree course in “Agriculture and animal husbandry”
was established at the University of Pisa, then belonging to the Great-Duchy of Tuscany. The
focus of that degree course was on designing and implementing a farm as a “system” made up
by different components (fields and crops, fodder and livestock, human labour, equipment,
buildings) to be organised in a sustainable way in accordance with socio-economic and
environmental goals (Ridolfi,1844 ; Cuppari, 1862). In this case of academic vision and
activity can easily be recognised what we nowadays call a “systems view”, expressed in both
theory and practice with examples performed in experimental farms of that time in Tuscany.
Indeed, modern Agroecology finds some of its unexplored roots in the documented memory
of that academic activity. Cuppari clearly expresses the vision of the farm as a “body”, i.e. a
“whole” composed of many parts harmonically organised in order to achieve integrity of
functions and sustainability. The pioneering work of Cuppari was later re-assessed and reproposed by Alfonso Draghetti (1948) in a seminal book entitled “Principles of Physiology of
the Farm”. Draghetti was one of the first scholars in Italy to clearly define the model of
circulation of matter-energy in a farm according to an input/output method and to carry out
experimental trials at farm level in order to quantify the benefits of integration of crop and
animal husbandry for output (yield) increase and soil fertility maintenance. Caporali ( 2004;
2011) has reported on this theoretical tradition recognising it as an agroecological base for
inquiry in agricultural study and inspiration for organic farming. In Draghetti’s views,
biodiversity in agroecosystems is to be organised in such a way to produce ecological
integrity, i.e. a structural and functional integration among the components that allows the
agroecosystem at the farm level to persist and to be productive. Ecological or ecosystem
integrity represents a property of self-organization (Muller et al., 2000) and refers to the state
of being complete and individual having a minimal demand for external support ( Karr, 1991).
The outcome of ecosystem integrity is the capability of maintaining a balanced and adaptive
community to continue a self-organised development in a sustainable way (Muller et al.,
2000). Ecological integrity has to do with the maintenance of natural capital in anthropized
ecosystems, i.e. the underlying self-organised structure of natural components and processes
that ensures productivity and a high level of autonomy in a long-term perspective. In
sustainable agroecosystems, for instance, organisation of components and processes has to be
performed in order both to preserve soil fertility and to create environmental conditions
favourable for crop and livestock protection against weeds, pests and diseases, i.e. to promote
prevention against infestations. Major aspects of ecological integrity to be maintained in
agroecosystems are a) integration of trophic levels and b) integration of functional groups of
components. Resilience and sustainability in agroecosystems can be assessed with the use of
structural-functional indicators at different hierarchical levels of organisation (Caporali et al.,
2003; Caporali, 2011). A family-farm structure based on ecological integrity principles has
been operating in Italian agriculture history since the medieval time and has paved the base
for promoting a synergy effect between people and land (Haussmann, 1964). This feeling of
belonging and interdependence between farmers and their land is a basic component for the
success of stable patterns of organic farming based on tradition and tailored to local
conditions.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A2
Il controllo delle infestanti nello zucchino coltivato secondo il metodo di
agricoltura biologica: effetto della modalità di gestione delle colture intercalari
di copertura
C. Ciaccia 1, F. Leteo2, R. Leogrande.3, G. Campanelli2, F. Montemurro3,
F. Tittarelli1 , S. Canali1
1
CRA-RPS, Via della Navicella, 2 – 00184, Roma
2
CRA-ORA, Via Salaria, 1 – 63030, Monsampolo del Tronto (AP)
3
CRA-SSC, SS Jonica 175, km 448.2 – 75010, Metaponto (MT)
E-mail: stefano.canali@entecra.it
Due esperimenti di campo, condotti rispettivamente in Italia centrale (Monsampolo del
Tronto, AP) e meridionale (Metaponto, MT) sono stati condotti con l’obiettivo di confrontare
l’effetto di differenti metodi di gestione (sovescio tradizionale vs terminazione conservativa
mediante allettamento con rullo sagomato) delle colture intercalari di copertura a ciclo autunno-vernino nei riguardi del controllo delle infestanti in una coltura principale ortiva a ciclo
primaverile estivo.
In entrambi gli esperimenti è stato coltivato – in regime biologico - lo zucchino, preceduto
dall’orzo (Hordeum vulgare L., Monsampolo del Tronto) e dalla veccia (Vicia sativa L., Metaponto). Tali colture intercalari di copertura, prima del trapianto della cucurbitacea, sono
state alternativamente sovesciate o allettate. Un terzo trattamento, caratterizzato dall’assenza
della coltura di copertura durante il periodo autunno-vernino, ha svolto il ruolo di controllo.
Alla raccolta dello zucchino, sono stati eseguiti i rilievi per valutare la biomassa e la composizione della flora infestante e la produzione dello zucchino. In entrambi gli esperimenti, la
terminazione conservativa delle colture di copertura (veccia e orzo), mediante allettamento
con rullo sagomato, è risultata più efficace nel contenimento delle infestanti rispetto alla tesi
sovescio (tabella 1).
In particolare, nell’esperimento di Monsampolo, la rilevante differenza della terminazione
conservativa rispetto al sovescio deve essere attribuita alla capacità dell’orzo di formare un
strato pacciamante naturale compatto e di lunga durata. Nell’esperimento di Metaponto, la
maggiore disponibilità di azoto conseguente all’interramento e, quindi, alla mineralizzazione,
della veccia nella tesi con sovescio è la causa del più alto valore di biomassa delle infestanti
rispetto alle altre due tesi. Tuttavia, i valori significativamente minori del trattamento con
terminazione conservativa dimostrano come la leguminosa, a fronte di una comunque
maggiore disponibilità azotata, sia stata in grado di formare un efficace strato pacciamante,
capace di limitare la germinazione e lo sviluppo delle infestanti.
Tabella 1. Biomassa epigea (s.s.) delle infestanti alla raccolta dello zucchino (t ha-1)
Monsampolo
Gestione coltura di copertura
(orzo)
Controllo
5.13 a
Sovescio
3.85 a
Terminazione conservativa (roller crimper)
0.72 b
Media
3.23
Metaponto
(veccia)
0.47 b
1.43 a
0.50 b
0.80
Per ogni colonna, le medie seguite da lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤0.05, DMRT test)
Per quanto riguarda le produzioni, nell’esperimento di Metaponto, per effetto della differente
disponibilità di N, i risultati hanno mostrato come la tesi con sovescio e la tesi con allettamento della coltura di copertura hanno rispettivamente prodotto il 60 ed il 33% in più della
tesi di controllo (assenza di veccia). Nell’esperimento di Monsampolo (dove lo zucchino è
stato preceduto dall’orzo), la tesi con sovescio ha prodotto significativamente meno della tesi
con allettamento e della tesi di controllo, che hanno avuto una produzione simile tra di loro).
Tali risultati sono probabilmente una conseguenza della ridotta disponibilità azotata causata
da fenomeni di immobilizzazione a carico dell’elemento nutritivo determinati dai residui
dell’orzo.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A2
Weed control in organically managed zucchini: effect of alternative cover crop
termination techniques
C. Ciaccia 1, F. Leteo2, R. Leogrande.3, G. Campanelli2, F. Montemurro3,
F.Tittarelli1 , S. Canali1
1
CRA-RPS, Via della Navicella, 2 – 00184, Roma
2
CRA-ORA, Via Salaria, 1 – 63030, Monsampolo del Tronto (AP)
3
CRA-SSC, SS Jonica 175, km 448.2 – 75010, Metaponto (MT)
E-mail: stefano.canali@entecra.it
Two field experiments, respectively carried out in Central (Monsampolo del Tronto, AP) and
Southern Italy (Metaponto, MT), were conducted with the aim to compare the effect of
different cover crop management methods (green manure vs. conservative termination by
roller crimper) on weed control in organically managed zucchini.
In both the experiments, an autumn-winter cover crop was grown (barley - Hordeum vulgare
L. - in Monsampolo del Tronto and common vetch – Vicia sativa L. - in Metaponto) before
the zucchini cultivation and alternatively terminated by green manure or roller crimping. A
control treatment, characterized by the absence of cover crop during the autumn-winter
period, was also carried out. At zucchini harvest, measurements of weed biomass and
composition and zucchini yield were carried out.
In both experiments, the conservative termination of cover crops (vetch and barley)
performed by roller crimper was more effective than green manure in limiting weed growing
(Table 1). In particular, in the Monsampolo experiment, the differences observed between the
conservative termination and the green manure treatment should be attributable to the
capability of barley to form a compact and long lasting natural mulch when terminated by the
roller crimper. In the Metaponto experiment higher value of weed biomass were detected in
the green manure respect the other two treatments. This result was probably due to the higher
N availability determined by the intense vetch mineralisation in the green manure treatment.
However, despite a the greater nitrogen availability, the significant lower values of above
weed biomass showed in the conservative termination treatment demonstrated the legume
attitude to form a mulch able to limit weed germination and growth.
Table 1. Weed above soil biomass (d.m.) at zucchini harvest (t ha-1)
Monsampolo
(barley)
5.13 a
3.85 a
0.72 b
3.23
Treatments
Control
Green manure
Conservative termination (roller crimper)
Mean
Metaponto
(vetch)
0.47 b
1.43 a
0.50 b
0.80
The mean values in each column followed by different letter are significantly different according to DMRT test (P≤0.05)
As far as yield is concerned, in the Metaponto experiment the green manure and the
conservative termination treatments showed respectively higher values of 60 and 33% than
the control. This finding was probably due to a different soil N availability in the three
treatments. In the Monsampolo experiment (where zucchini was grown after barley), the
green manure treatment yielded significantly lower than the other two treatments. These
results were probably the consequence of a reduced availability of soil N, due to
immobilization of the nutritive element, determined by the high C/N ratio of the barley
residues incorporated in or left on the soil.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A3
Indicatori di fertilità del suolo in avvicendamenti a conduzione biologica o
convenzionale
P. Carletti1*, F. Chiarini2, L. Conte3, N. Dal Ferro4, F. Morari4, S. Nardi1
Dip. di Biotecnologie Agrarie, Università di Padova
2
Veneto Agricoltura
3
Scuola Esperenziale Itinerante di Agricoltura Biologica
4
Dip. di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università di Padova
E-mail: paolo.carletti@unipd.it
1*
Lo scopo di questa ricerca è stato valutare i cambiamenti indotti da differenti tipi di
conduzione agronomica sui parametri fisico-chimico-biologici del terreno e stimare il
potenziale di queste misure per rilevare le variazioni di fertilità del suolo. Lo schema
sperimentale consisteva in due tesi convenzionali (C1 e C2) e quattro tesi biologiche (B1, B2,
B3, B4) in un disegno a blocchi randomizzati con tre repliche. Le tesi a regime convenzionale
sono state coltivate a frumento e colza. Fra le tesi biologiche sono stati confrontati gli
avvicendamenti a sorgo, aglio e radicchio nelle tesi B1 e B2 e a zucca, orzo e finocchio nelle
tesi B3 e B4. Inoltre, le tesi B1 e B3 sono state sottoposte ad una gestione più conservativa
(es. minime lavorazioni, consociazioni con leguminose) rispetto a B2 e B4.
Il suolo è stato campionato nell’arco di due anni in primavera, estate ed autunno per misurare
a) le attività enzimatiche (ureasica, proteasica, deidrogenasica, fosfatasica, fosfodiesterasica,
β-glucosidasica e idrolisi della fluoresceina diacetato) e b) contenuti di carbonio organico
(OC) ed umico (HC) del suolo e la distribuzione dei pesi molecolari apparenti degli estratti
umici. Inoltre gli indici di stabilità degli aggregati (WASI) sono stati valutati nei campioni
autunnali tramite pretrattamento con a) etanolo (etoh) b) benzene (benz), c) senza
pretrattamento.
I contenuti di OC ed HC sono risultati significativamente più elevati nelle tesi biologiche
rispetto alle convenzionali con valori medi di 1,0 vs 0,39% per OC e 0,5 vs 0,12% per HC. Lo
stesso andamento è stato rilevato nella distribuzione dei pesi molecolari, con elevati contenuti
di composti ben umificati ad elevato peso molecolare, nei campioni biologici.
Tutte le attività enzimatiche sono risultate più elevate nei campioni biologici e nella maggior
parte dei casi sono state influenzate dal periodo di campionamento con i valori più elevati nei
campioni raccolti in estate. Alcune attività enzimatiche mostravano differenze significative
anche tra le due gestioni dei siti a regime biologico, dimostrando elevata sensibilità alla
variazione delle pratiche agronomiche. I campioni biologici hanno sempre mostrato valori di
WASI sensibilmente più elevati. L’imbibizione veloce, senza pretrattamento, è stata in media
del 15,3 e 2,9% rispettivamente nei suoli biologici e convenzionali. WASIbenz ha evidenziato
come i suoli organici fossero più idrofobici rispetto ai convenzionali, mentre WASIetoh ha
mostrato la maggiore correlazione con il contenuto di sostanza organica del suolo. Infine i
dati dei parametri del suolo sono stati riuniti e sottoposti ad analisi CDA. Nel modello
ottenuto le funzioni 1 e 2 giustificano il 95,3% della varianza del sistema e distinguono
significativamente tre gruppi di campioni: C1 e C2; B1 e B3; B2 e B4. Le variabili più
importanti per la costruzione del modello sono risultate: le attività enzimatiche β glucosidasica e fosfatasica, il contenuto in frazione ad alto peso molecolare e WASIetoh. Nel
complesso i parametri analizzati hanno discriminato tra le tesi biologiche e convenzionali
anche se non sono sempre risultati influenzati dalla stagionalità e dalla gestione. Alcuni dei
parametri sono stati fondamentali per la costruzione di un modello in grado di distinguere i
suoli convenzionali, i biologici e le diverse gestioni in biologico. In conclusione le pratiche
dell’agricoltura biologica hanno portato a valori più elevati di tutti i parametri analizzati,
dimostrando perciò migliori condizioni di fertilità edafica rispetto alla gestione
convenzionale.
Questa ricerca è stata finanziata dalla Regione Veneto attraverso il “Piano regionale di intervento
per il rafforzamento e lo sviluppo dell’agricoltura biologica” DGRV 4184 del 8.12.06.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A3
Soil fertility parameters in organic and conventional agricultural rotations
P. Carletti1*, F. Chiarini2, L. Conte3, N. Dal Ferro4, F. Morari4, S. Nardi1
Dep. of Agricultural Biotechnology, University of Padua
2
Veneto Agricultural
3
Scuola Esperenziale Itinerante di Agricoltura Biologica
4
Dep. of Environmental agronomy and plant production, University of Padua
E-mail: paolo.carletti@unipd.it
1*
The aim of this research was to assess the differences induced by different farming practices
in soil parameters and to evaluate the potential of these parameters to monitor changes in soil
fertility. Experimental design consisted in two conventional (C1 and C2) and four organic
theses (B1, B2, B3, B4) in randomized blocks design with three replicates. Conventional
theses were cultivated with wheat and rapeseed. Within organic theses, B1 and B2 were
cultivated with a rotation consisting of sorghum, garlic and radicchio while barley, pumpkin
and fennel were rotated in B3 and B4. Moreover B1 and B3 underwent a more conservative
management (e.g. minimum tillage, intercropping with Leguminosae) than B2 and B4. Soil
samples for enzymatic activities (urease, protease, dehydrogenase, phosphatase,
phosphodiesterase, β-glucosidase and fluorescein diacetate hydrolase) and soil organic matter
evaluation were collected during two years in spring, summer and autumn. Wet aggregate
stability indexes (WASI) were evaluated on the autumn samples, after pre-treatments with a)
ethanol (etoh), b) benzene (benz), c) with no pre-treatment. Soil organic (OC) and humic
carbon (HC) contents were determined and molecular-weight distribution through SEC of
each humic extract was carried out.
Both OC and HC contents resulted significantly higher in organic samples when compared
with conventional ones with average contents of 1.0 vs 0.39% for OC 0.5 vs 0.12% for HC.
Also humic compounds size fractions followed this trend with elevated contents of fully
humified high molecular weight humic substances in organic samples.
All the studied enzymes evidenced higher activities in organic samples and were in most
cases significantly influenced by the sampling periods, mostly with higher values in summer
samples. In some cases enzyme activities also statistically discerned between the two different
organic managements, demonstrating its sensitivity to agronomic practices.
Organic samples always showed significantly higher WASIs values. Fast wetting (i.e. no pretreatment) was on average 15.3% and 2.9% in organic and conventional soils respectively.
WASIbenz highlighted that organic soils were more hydrophobic than conventional soils
while WASIetoh showed the highest correlation with soil organic matter content.
Soil parameters data were finally pooled and CDA was performed. In the resulting model
functions 1 and 2 accounted for the 95.3% of the variance and significantly distinguished
three groups of samples: C1 and C2; B1 and B3; B2 and B4. Most important variables for
model construction were β -glucosidase and phosphatase enzyme activities, high molecular
weight humic fraction content and WASIetoh.
Overall the analyzed parameters successfully discriminated between organic and conventional
theses although not always influenced by the sampling seasons and management practices.
Some parameters effectively contributed to build a model discriminating conventional,
organic and conservative managements. In conclusion organic management led to higher
values in all the studied parameters thus demonstrating better fertility conditions when
compared to conventional management.
This research has been financed by Veneto Region with the “Piano regionale di intervento per il
rafforzamento e lo sviluppo dell’agricoltura biologica” DGRV 4184 del 8.12.06.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A4
Implicazioni delle valutazioni energetico ambientali delle produzioni agricole
N. Colonna1, M. Iannetta1, M. Zucchelli2, G. Melandri2, R. Canestrale2, V. Tisselli2
1
ENEA, Unità Tecnica Sviluppo Sostenibile ed Innovazione del Sistema Agroindustriale,
Centro Ricerche Casaccia, Roma
2
CRPV, Centro Ricerche Produzione Vegetali, Cesena
E-mail: nicola.colonna@enea.it
Il dibattito circa la sostenibilità delle filiere di produzione agroenergetica, cominciato con la
prima impennata dei prezzi dei generi alimentari nel 2007, ha portato alla definizione dei
criteri di sostenibilità per i biocombustibili liquidi nella direttiva europea (2009/28/CE),
recentemente recepita dalla legislazione nazionale (D.Lgs. del 3 marzo 2011 n. 28).
L’attenzione per la sostenibilità energetica ed ambientale si è successivamente estesa sia ad
altre filiere agroenergetiche che a quelle agroalimentari con implicazioni potenziali rilevanti
sia sul mercato dell’agricoltura convenzionale che sulle filiere ad alto valore aggiunto come il
biologico.
Nell’ambito del progetto “Conversione bieticolo” il CRPV e l’ENEA hanno realizzato una
valutazione di sostenibilità di alcune filiere di produzione di biomasse e di filiere
agroalimentari in specifici contesti della regione Emilia Romagna.
Le attività realizzate hanno comportato l’analisi di prove di natura eterogenea: confronti
varietali e livelli di input e di meccanizzazione differenziati.
La metodologia di base utilizzata è stata quella dell’energia lorda (Gross Energy
Requirements) che calcola gli input energetici, diretti ed indiretti, relativi ad ogni singolo
intervento di tecnica colturale e li confronta con gli output ottenuti per valutare il Net Energy
Ratio; per ogni prova sono state calcolate anche le relative emissioni di gas ad effetto serra.
I risultati ottenuti hanno mostrato una elevata eterogeneità tra le filiere ed hanno consentito
una valutazione comparativa e l’analisi del “peso” delle diverse operazioni colturali. In alcuni
casi la medesima varietà, coltivata in ambiti pedoclimatici e con tecniche diverse, mostra
ampie differenze del bilancio sia energetico che ambientale. Le operazioni più energivore
sono risultate l’impiego delle macchine, le concimazioni azotate e le pratiche irrigue.
Nell’applicare il metodo di calcolo vi sono difficoltà oggettive per alcuni input produttivi
innovativi, per i quali non si dispone di parametri affidabili circa l’energia consumata
effettivamente durante la loro produzione, e per le emissioni azotate (NH3 e N2O) per le quali
i dati di letteratura sono eterogenei e l’uso dei fattori di emissione internazionali è spesso
inattendibile a fronte della eterogeneità delle condizioni pedoclimatiche italiane.
L’applicazione degli strumenti analitici disponibili al settore agricolo presenta quindi sia delle
oggettive difficoltà di calcolo che dei potenziali “risvolti negativi” per le produzioni nostrane
a causa del mix energetico italiano fortemente sbilanciato verso i combustibili fossili
tradizionali. Tali aspetti devono essere opportunamente valutati prima di una reale
applicazione di questo e/o di varianti del metodo da noi utilizzato a un settore, quello del
biologico, che cerca nella certificazione energetico ambientale un ulteriore fattore di
caratterizzazione della propria qualità.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A4
Implications of crops energy and environmental balance assessment
N. Colonna1, M. Iannetta1, M. Zucchelli2, G. Melandri2, R. Canestrale2, V. Tisselli2
1
ENEA, Sustainable Development and Agroindustry System Innovation Unit,
Casaccia Research Centre, Rome.
2
CRPV, Vegetal Production Research Centre, Cesena
E-mail: nicola.colonna@enea.it
The international debate about agroenergy chain sustainability started in 2007 when the
growing price of food commodities put the issue into the political agenda. The “food-non
food” debate and some scientific papers pushed European politicians to introduce specific
sustainability criteria inside the renewable energies EU directive (28/2009/UE) that has been
recently adopted in the Italian national legislation. (D.Lgs. del 3 march 2011 n. 28).
The biofuel debate opened greater questions about energy and environmental sustainability of
food crops production taking into account the European goals to reduce energy consumption
and decrease GHG emissions by 2020 as well as the role that agriculture could play to
increase energy efficiency.
Performing energy and environmental assessment in the food sector means that traditional
food chain production and innovative ones, such as the organic one, will be compared also in
terms of characteristics such as energy consumption and carbon emissions.
In the period 2009-2011 a project funded by the Emilia Romagna Region was carried out,
from CRPV and ENEA, to evaluate productivity, energy and environmental elements of some
food and non-food crops in different Emilia Romagna areas.
Research activities were focused on different trials to compare input levels, cultivars yield
and mechanization intensity.
The “gross energy requirements” methodology has been used to assess all energy inputs
related to each single cultivation step; moreover input results have been compared with the
outputs to define the Net Energy Ratio, for each crop trial, GHG emissions have been
calculated as well.
Results shows great heterogeneity between experimental trials where we would compare and
assess energy and environmental weights of different inputs (fertilizers, pesticides, irrigation).
Pedoclimatic conditions and different cultivation techniques greatly affect energy and
environmental balance. Results shows that irrigation, fertilizers and machine use are the more
energy intensive operation.
Nevertheless there are some calculation difficulties and uncertainties about the following
issues:
- how to properly choose and attribute parameters for some innovative inputs especially
used in organic farming or non-traditional cultivation systems.
- available international data about emission factors for Nitrogen emissions (NH3, N2O) are
very heterogeneous and their application to our pedoclimatic conditions seems to be
unreliable.
Another relevant issue to take into account before to use energy and carbon indicators as a
“market value” for the Italian products is the “negative role” of our national energy mix that
could significatively affect our carbon balance because we mainly produce energy by
burning fossil fuels.
In conclusion analytical methodologies to assess crop energy consumption and environmental
impacts are important tools to compare cultivation techniques and cultivar energy efficiency
inside the same experiment, but uncertainties are relevant and results comparison between
different research trials are not reliable. More research efforts are needed and common
minimum requirements must be established.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A5
Studio dell’attività biocida di principi attivi di origine vegetale su nematodi
fitoparassiti
P. Leonetti1, T. D’Addabbo1, A. Tava2, V. Radicci1, P. Avato3
1
CNR- Istituto per la Protezione delle Piante, Via Amendola 122/D, I-70126 Bari, Italia
2
CRA - Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie, Viale Piacenza 29,
26900 Lodi
3
Dipartimento Farmaco-Chimico, Università, Via Orabona 4, I-70125 Bari, Italia
E-mail: p.leonetti@ba.ipp.cnr.it
I danni causati da attacchi di nematodi fitoparassiti possono essere di particolare rilevanza su
colture in agricoltura biologica, a causa della limitata disponibilità di efficaci mezzi di lotta
ammessi. I metaboliti secondari presenti nei tessuti di un gran numero di specie vegetali sono
potenzialmente in grado di svolgere un’attività biocida nei confronti di parassiti e patogeni
terricoli e di essere dunque utilizzati per la formulazione di pesticidi ecosostenibili da
utilizzare in agricoltura biologica. In tale prospettiva, di particolare interesse, sia per efficacia
che per potenziale applicativo, sono due classi di composti, i glucosinolati e le saponine. I
glucosinolati sono metaboliti secondari presenti principalmente nelle Brassicacee, la cui
idrolisi genera composti, in particolare isotiocianati, ad elevata attività biocida nei confronti di
funghi patogeni, malerbe e nematodi fitoparassiti. Le saponine sono composti ad elevata
attività biologica, particolarmente abbondanti in specie di leguminose, di cui è già nota
l’azione biocida nei confronti di funghi, batteri e molluschi terricoli.
Il presente lavoro riporta i risultati di una serie di prove di laboratorio in cui è stata verificata
l’attività biocida di una serie di glucosinolati e saponine nei confronti di differenti specie di
nematodi fitoparassiti. Le prove sono state di volta in volta condotte su uova, larve o individui
adulti, esposti a differenti concentrazioni di ciascun principio attivo per differenti tempi. I
prodotti della degradazione idrolitica dei glucosinolati hanno dimostrato una elevata attività
ovicida nei confronti del nematode cisticolo della carota, Heterodera carotae, così come una
elevata azione biocida sugli stadi adulti del nematode vettore di virus, Xiphinema index. Le
saponine estratte da Medicago sativa hanno invece determinato una elevata mortalità delle
larve del nematode galligeno Meloidogyne incognita e del nematode cisticolo della patata
Globodera rostochiensis solo ad elevate concentrazioni. Nella chiave di un potenziale
sfruttamento concreto delle proprietà nematocide di glucosinolati e saponine, l’impiego di
biomasse verdi od essiccate o di formulati granulari o sfarinati di Brassicacee piuttosto che di
erba medica può contribuire a ridurre le densità di popolazione dei nematodi galligeni nei
terreni a conduzione biologica al di sotto delle soglie di danno per le colture.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A5
Biocidal activity of selected plant active compounds on phytoparasitic nematodes
P. Leonetti1, T. D’Addabbo1, A. Tava2, V. Radicci1, P. Avato3
1
CNR - Istituto per la Protezione delle Piante, Via Amendola 122/D, I-70126 Bari
2
CRA - Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie, Viale Piacenza 29,
26900 Lodi
3
Dipartimento Farmaco-Chimico, Università, Via Orabona 4, I-70125 Bari
E-mail: p.leonetti@ba.ipp.cnr.it
Yield losses due to the attacks of phytoparasitic nematodes can be particularly severe in
organic crop systems, due to the limited availability of effective control tools. Secundary
metabolites present in the tissues of many plants can exert a biocidal activity against soil
borne pathogens and parasites and, therefore, could be potentially used in the formulation of
ecofriendly pesticides applicable to organic crops. Efficacy and concrete applicative potential
make two groups of plant compounds, glucosinolates and saponins, particularly interesting for
the formulation of sustainable nematicides. Glucosinolates are secundary metabolites mainly
present in Brassicaceae family plants, and their hydrolitic degradation generates compounds,
mainly isothiocyanates, highly active against soilborne pathogens, weeds and phytoparasitic
nematodes. Saponins are highly biologically active molecules, particularly abundant in
Leguminosae family plants, with a well known biocidal effect on fungi, bacteria and soil
molluscs.
This work reports the results of a series of in vitro trials aimed to assess the biocidal activity
of selected glucosinolates and saponins against different species of phytoparasitic nematodes.
Trials were undertaken, according to the nematode species, on eggs, juveniles or adult
specimens, exposed to different concentration of each test compound for different exposure
times. Glucosinolate-derived hydrolitic compounds demonstrated a high ovicidal activity on
the carrot cyst nematode Heterodera carotae, as well as on the adult specimens of the virusvector nematode Xiphinema index. Saponins from Medicago sativa tissues resulted in a high
mortality of the juveniles of the root-knot nematode Meloidogyne incognita and of the cyst
nematode Globodera rostochiensis only at high concentrations. In organic crop systems,
biomasses of Brassica spp. or M. sativa, applied either as green manure or dry granule or
meal formulates, may represent a valuable tool for the suppression of phytoparasitic nematode
density under plant detrimental thresholds.
22
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A6
Valutazione delle politiche per la produzione e il consumo di prodotti alimentari
sostenibili
C.Abitabile, R.Sardone, INEA, Roma
E-mail: abitabile@inea.it
Il Progetto di ricerca SAFEBIO, finanziato dal MIPAAF nell’ambito del PNR 2005-2007 è
condotto dall’INEA (coordinatore) e dalle Università di Bari, del Molise e di Perugia per
contribuire al dibattito sulla sostenibilità dei diversi stili alimentari e delle filiere agro
alimentari associate. Questa comunicazione presenta, in particolare, il lavoro svolto
dall’INEA. Comunicazioni a parte completano il quadro delle attività del progetto.
La Commissione europea (2007) ha osservato che il consumo di prodotti alimentari si sta
evolvendo lungo alcune direzioni precise: a. un aumento della varietà degli alimenti, dovuto
alla crescente globalizzazione del commercio agro-alimentare; b. un cambiamento delle
abitudini, con un aumento dei pasti fuori casa e di consumo di prodotti a elevato contenuto in
servizi; c. un aumento della divergenza nelle diete tra ricchi e poveri, che vede i primi in
grado di adottare stili alimentari più salutari. C’è, inoltre, evidenza di un crescente consumo
di prodotti a base di carne, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, che induce rilevanti
modificazioni nel sistema produttivo agricolo, cui si associa un aumento dell’impatto
sull’ecosistema. D’altro canto, si assiste a un maggior consumo di alimenti salutari e a basso
impatto ambientale, correlato alla crescente percezione dei consumatori degli attributi
qualitativi dei prodotti.
Orientare il sistema produttivo agricolo e il consumo di prodotti alimentari verso modelli a
più alto contenuto di sostenibilità è compito della politica. A questo riguardo, la nuova
Politica Agricola Comune (PAC) dell’UE, per il periodo 2014-20, in fase di definizione,
sembra orientata a rafforzare gli obiettivi già fissati in precedenza a sostegno di una crescita
più sostenibile. Ma quali sono le proposte specifiche per un re-orientamento del modello di
consumo (e di produzione) alimentare e quali gli strumenti previsti? Come si collocano queste
iniziative nel quadro delle misure già in atto a livello nazionale e locale e quale il loro
potenziale impatto? Quali sono, infine, i possibili strumenti alternativi e/o complementari da
adottare nel contesto nazionale? Lo studio sulle politiche per un consumo alimentare
sostenibile cerca di fornire risposta a queste domande. In particolare, partendo dalla
definizione di consumo sostenibile, sulla base dell’accezione adottata dai principali organismi
internazionali, lo studio si articola in due parti. Nella parte teorica sono analizzate le attuali
politiche a sostegno delle produzioni e della domanda di prodotti sostenibili (biologici) e sono
presentate le possibilità offerte dalla nuova PAC. Nella seconda parte sono esplorate le
possibili implicazioni per il settore produttivo biologico, tenuto anche conto dei risultati delle
indagini svolte nell’ambito delle altre fasi del progetto SAFEBIO.
Evaluation of the policies for sustainable food production and consumption
In the last decades, the food consumption model has been evolving along not always
sustainable paths. Public policy can modify the model development and increase its
sustainability. The new Common Agricultural Policy (CAP) for 2014-2020 can give a
contribution through specific instruments directed to the agricultural productive system and to
the development of rural areas. The main goals of this study are: to give a picture of these
instruments; to understand their position in relation to the existing policy and their impact on
the system; to define possible alternative and complementary policy tools. The study is
organized in two parts. In the first one, we analyze the present policy picture and the new
CAP perspectives. In the second one, we verify the impact of the predefined scenario on the
agricultural system.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A7
Effetto della gestione del suolo sulla pedofauna in due anni di studi comparativi
tra aziende vitivinicole biologiche e convenzionali in Trentino
B.Agabiti¹, D. Bertoldi²
1
Unità Sperimentazione Agraria e Agricoltura Sostenibile, CTT, FEM, Trento
2
Unità Laboratorio Chimico e Consulenza Enologica, CTT, FEM, Trento
E-mail. barbara.agabiti@iasma.it
L’abbondanza e la biodiversità della fauna del suolo sono influenzate dalle pratiche
agronomiche applicate in campo. In questo lavoro la qualità dei suoli è stata investigata
attraverso la biodiversità della pedofauna ponendo a paragone tre coppie di aziende
vitivinicole in Trentino. Ciascuna coppia è costituita da aziende attigue, caratterizzate dallo
stesso tipo di terreno, vitigno, sesto di impianto, e forma di allevamento, ma diversa gestione
(biologica vs convenzionale). La pedofauna è stata estratta utilizzando il Berlese-Tullgren e
l’aspiratore Vortis. I campioni sono stati raccolti tra il 2009 e il 2011, mensilmente da aprile
ad ottobre per coprire tutto il periodo di sviluppo vegetativo della vite, che coincide anche con
il periodo di maggiore stress per il suolo. Sul suolo di ogni sito campionato sono state
eseguite le analisi chimiche standard (tessitura, sostanza organica, pH, calcare totale, fosforo
assimilabile e magnesio e potassio scambiabili) e la quantificazione del rame. Inoltre è stato
rilevato il grado di compattamento del suolo (MPa) utilizzando un penetrometro digitale. Per
ogni sito l’indice QBS (Qualità Biologica del Suolo) è stato calcolato per avere maggiori
informazioni sullo stato di salute del suolo. Inoltre è stato tenuto conto della presenza di taxa
particolarmente sensibili alle modificazioni ambientali (bio-indicatori) come per esempio il
collembolo Folsomia candida la cui abbondanza viene ridotta dai metalli pesanti presenti nel
terreno. I risultati evidenziano per i terreni delle aziende biologiche una maggiore
biodiversità, valori di QBS maggiori e un minore grado di compattamento rispetto ai terreni
delle aziende gestite in modo convenzionale.
Effect of the soil management on the pedofauna during a two years comparison
study between organic and conventional vineyards in Trentino
Abundance and diversity of soil fauna are affected by the agronomic practices and soil
management. In this study the soil quality was investigated comparing the biodiversity of soil
fauna of three couple of vineyards with different management in the Trentino region. Each
couple include two adjoining farms with the same soil texture, vine type, spacing, training,
but different management (i.e. organic vs conventional). The soil fauna was extracted using
the dry funnel (Berlese-Tullgren) and the suction sample Vortis. The samples were taken
between 2009 and 2011, monthly from April to October to cover all the growing season of the
vine plants which is also the most stressing period for the soil due to the intense use of heavy
machine. Standard chemical analysis (i.e. soil texture, organic matter, pH, total limestone,
bioavailable phosphorous, exchangeable potassium and magnesium) and the quantification of
the soil copper were performed for each sampling site. Moreover the degree of soil
compaction (MPa unit) was surveyed with a digital penetrometer. The biological quality of
the soil index (QBS) was calculated to better understand the “healthiness” of the soil.
Bioindicators taxa were given particular attention; specifically the collembolan Folsomia
candida which abundance is strongly restrained by the soil heavy metals especially copper.
Results pointed out that organic managed soils had an higher level of diversity and QBS and a
lower degree of soil compaction with respect to conventional managed soils.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A8
Un contributo metodologico alla valutazione del rischio della coesistenza
tra colture gm e agricoltura biologica
F. Baldacchino1, R. A. Magarelli2, S. Arpaia1
ENEA C.R. Trisaia – 1UTTRI-BIOTEC, 2UTTRI, Rotondella (MT)
E-mail: salvatore.arpaia@enea.it
La coltivazione di piante geneticamente modificate (PGM) solleva in Europa interrogativi
sulla possibilità di coesistenza con l’agricoltura biologica. Ogni decisione a riguardo richiede
un’attenta valutazione delle ipotesi di rischio di “coesistenza”, riferite agli specifici “ambienti
riceventi”. Il progetto Life+ “Validation of risk management tools for genetically modified
plants in protected and sensitive areas in Italy” (MAN-GMP-ITA) affronta la valutazione del
rischio per aree protette e/o sensibili in Italia. L’attività di ricerca, pur non utilizzando PGM,
studia in particolare la valutazione dell’esposizione ambientale a queste ultime. Le ipotesi di
rischio considerate sono il flusso genico verso specie interfertili e l’impatto su insetti non
bersaglio. La sperimentazione è condotta considerando un’ipotetica emissione ambientale di
PGM di colza resistente al glifosate e di mais resistente agli insetti tramite espressione di una
tossina derivata da Bacillus thuringiensis Berl. (Bt). Gli organismi non bersaglio considerati
sono lepidotteri e coccinellidi, nonché Brassicaceae selvatiche. Le aree di studio sono sei
“Siti d’Interesse Comunitario” in Basilicata, Lazio, Emilia Romagna e Sicilia. L’approccio
metodologico del progetto si presta alla previsione di scenari di rischio specifici per
l’agricoltura biologica (es. valutazione del flusso genico verso piante, coltivate o spontanee ad
uso alimentare, e della possibilità di autoproduzione del seme di cultivar locali). Altri scenari
di rischio sono l’impatto di polline Bt su insetti non bersaglio e lo sviluppo di resistenza al Bt
in lepidotteri con potenziale perdita di efficacia del preparato microbiologico anche in
agricoltura bio.
A methodological contribution to the assessment of the coexistence of gm crops
and organic farming
The cultivation of genetically modified plants (GMP) in Europe raises questions about the
possibility of their coexistence with organic farming. Any decision in this area requires a
careful assessment of the hazard scenarios of coexistence, specifically referred to each
receiving environment. Life+ Project “Validation of risk management tools for genetically
modified plants in protected and sensitive areas in Italy” (MAN-GMP-ITA) studies the risk
assessment of genetically modified plants on protected and/or sensitive areas in Italy. The
research, while not using GMP, focuses in particular on the evaluation of the potential
environmental exposure of non target species to these plants. The considered categories of
risk are the gene flow to inter-fertile species and the impacts on non-target insects. The
experiment is performed considering a hypothetical environmental impact of glyphosateresistant canola and of maize resistant to insects through expression of a toxin derived from
Bacillus thuringiensis Berl. (Bt). The non-target organisms considered are Lepidopters and
Coccinellidae and the wild Brassicaceae as possible recipient of genetically modified pollen.
The study areas are six “Sites of Community Interest” in Basilicata, Lazio, Emilia Romagna
and Sicily. The methodology of the project aims at the provision of specific risk scenarios for
organic farming (e.g. assessment of gene flow from crop plants, and the possibility of selfproduction of seed of local cultivars). Other risk scenarios are the impact of Bt pollen on nontarget insects and the development of resistance to Bt in the Lepidoptera with potential loss of
efficacy of the microbial pesticides in organic farming.
25
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A9
Indagine preliminare sull’artropodofauna corticicola svernante su viti
infestate da Planococcus spp
F. Baldacchino1, R. Addante2
ENEA Trisaia Research Centre - UTTRI-BIOTEC, Rotondella (MT);
2
Di.B.C.A. – Università degli Studi di Bari
E-mail: ferdinando.baldacchino@enea.it
1
Le cocciniglie cotonose (Planococcus ficus e P. citri) rappresentano un fattore limitante per la
coltivazione biologica dell’uva da tavola. L’efficacia della lotta invernale (con polisolfuro di
calcio, olio minerale bianco) risulta condizionata dalla preliminare e costosa asportazione del
ritidoma; in alternativa, alcuni tecnici consigliano l’applicazione diretta del calore. Al fine di
raccogliere elementi per la valutazione d’impatto di quest’ultima pratica sulla biocenosi, è
stata condotta un’indagine preliminare sull’artropodofauna svernante sotto la corteccia. Nel
febbraio 2009, in un vigneto biologico in agro di Ginosa (TA), sono state scortecciate 10 viti
infestate (cv Crimson), raccogliendo gli artropodi presenti. L’analisi dei 210 artropodi raccolti
(escluso Planococcus spp.) ha evidenziato i seguenti valori di abbondanza relativa: Araneae
41%, Psocoptera 26%, Coleoptera 9%, Rhynchota 8%, Dermaptera 6% e Lepidoptera 4%.
Collembola, Opiliones, Blattodea e Diptera seguono con valori compresi tra 2% e 0,5%. I
ragni non rivestono un ruolo specifico contro le cocciniglie ma, essendo predatori generici,
incrementano la resilienza del vigneto verso altri fitofagi. I ragni catturati appartengono a 10
famiglie e 16 generi, il più abbondante dei quali è stato Philodromus (50% delle catture),
seguito da Cheiracanthium (12%). Coccinellidi ed Antocoridi risultano gli insetti predatori
più interessanti nel vigneto indagato. Valutazioni sulla distribuzione in campo evidenziano la
presenza di Araneae su tutte le piante osservate, mentre Coleoptera e Rhynchota erano
presenti sull’80% delle viti. In conclusione, sotto la corteccia è presente una ricca biodiversità
e l’artropodofauna utile può subire un impatto negativo dall’applicazione diretta del calore;
quindi, in assenza di valutazioni specifiche sarebbe opportuno limitare l’applicazione del
calore alle sole piante pesantemente infestate.
Preliminary investigation on arthropod fauna overwintering under the bark of
grapevines infested by Planococcus spp
Mealybugs represent a limiting factor for cultivation of organic table grapes. The
effectiveness of the winter control (by calcium polysulphide, white mineral oil) is strongly
conditioned by prior and expensive removal of bark. Alternatively, some technicians s
recommend the direct application of heat. In February 2009, a preliminary investigation was
conducted on arthropod fauna overwintering under the bark in order to gather evidence of
application of heat for the impact assessment on biocenosis. In an organic vineyard, in the
countryside of Ginosa (TA), arthropods present under the bark of 10 vines infested by
Planococcus spp. were collected. Analysis of the 210 arthropods collected (excluding
Planococcus spp.) has highlighted the following values of relative abundance: Araneae 41%,
Psocoptera 26%, Coleoptera 9%, Rhynchota 8%, Dermaptera 6% and Lepidoptera 4%.
Collembola, Opiliones, Blattodea and Diptera followed with values ranging between 2% and
0.5%. Although spiders do not play a specific role in the control of mealybugs, as general
predators they are important to increase the agroecosystem resilience to vineyard pests.
Spiders collected belonged to 10 different families and 16 genera, with a prevalence of
Philodromus (50% of individuals captured). Anthocoridae and Coccinellidae were the most
interesting predators in the vineyard investigated. The distribution in the field have shown the
presence of Araneae on all plants observed; Coleoptera and Rhynchota interested 80% of
vines. Finally, the rich biodiversity and useful arthropod fauna found under the bark may
suffer a negative impact from the direct heat; in the absence of specific assessments the
application of heat would be limited to plants heavily infested by mealybugs.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A10
La gestione delle infestazioni da Planococcus spp. in viticoltura
da tavola biologica
F. Baldacchino
ENEA C.R. Trisaia - UTTRI-BIOTEC, S.S. 106 Jonica, km 419,5 - 75026 Rotondella (MT)
E-mail: ferdinando.baldacchino@enea.it
Le infestazioni da planococco (Planococcus ficus e P. citri) sono attualmente il principale
ostacolo entomologico alla coltivazione biologica dell’uva da tavola. In viticoltura da tavola,
gravi danni qualitativi conseguenti già alla sola presenza di melata sui grappoli hanno indotto
alcuni viticoltori a rinunciare alla coltivazione biologica dopo insoddisfacenti tentativi di
lotta. Questo lavoro analizza la gestione delle infestazioni evidenziando le criticità di alcune
tecniche colturali e dei metodi di lotta. L’indagine è stata condotta presso vigneti biologici
pugliesi, nel periodo 2008-2010. La dannosità del fitofago risulta estremamente grave su uve
a maturazione tardiva o coperte con teli per la raccolta posticipata. Reti antigrandine e,
soprattutto, teli plastici favoriscono il fitofago proteggendolo da insolazione diretta, vento e
piogge battenti. Potature che lasciano molto legno vecchio incrementano i danni sui grappoli
poiché questi risultano più vicini ai siti di svernamento del fitofago. Attualmente il controllo è
affidato alla lotta invernale a base di olio minerale bianco o polisolfuro di calcio, sebbene l’
efficacia non sia risultata risolutiva e vincolata al preliminare scortecciamento delle viti
(spesso non attuato per motivi economici). Più di recente, in alternativa, alcuni viticoltori
stanno ricorrendo all’applicazione diretta del calore sul fusto. La lotta primaverile-estiva
presenta ridotta efficacia (la contemporanea presenza dei diversi stadi del fitofago imporrebbe
ripetute applicazioni dell’anticoccide) e criticità applicative (l’uso di olio bianco, in presenza
di zolfo, è impedito dalla conseguente fitotossicità). Il sapone molle di potassio ha mostrato
risultati interessanti (fino al 50% di efficacia), ma con rischio di fitotossicità oltre la seconda
applicazione. In conclusione, le osservazioni condotte evidenziano l’attuale difficoltà di lotta
al planococco in viticoltura biologica e la necessità di soluzioni più efficaci e sostenibili.
The management of infestations by Planococcus spp. on organic table grapes
The mealybugs (Planococcus ficus and P. citri) are currently the main insect pests for the
cultivation of organic table grapes. This paper analyzes the management of their infestations,
highlighting the criticality of some cultivation practices adopted to control them. The survey
was conducted in organic vineyards in Apulia, in the period 2008-2010. The damage caused
by the pests, found on the main cultivars, was extremely serious for late ripening grape
varieties, or for those covered with plastic sheets for late harvest. Anti-hail nets and plastic
sheets particularly favor the pests by providing protection from direct sunlight, wind and
driving rain. Pruning leaving abundant old wood, in some seedless cultivars, increases the
damage on the grapes because under these conditions the overwintering sites of the pest are
close to the grapes. Currently, pest control is performed during the winter with white mineral
oil or calcium polysulphide, although their effectiveness is not sufficient to solve the problem
and it is bound to the efficient pre-stripping of vine (often not performed for economic
reasons). More recently, as an alternative, some growers use direct application of heat to the
trunk. Spring-summer pest control shows reduced efficacy (the simultaneous presence of
different instars of the pests would require repeated applications of insecticide) and it is not
readily applicable, due to the phytotoxicity of white oil in the presence of sulfur. The
potassium soft soap has shown interesting results (up to 50% effectiveness), but there is still a
risk of phytotoxicity after the second application. In conclusion, the observations performed
highlight the current difficulties in the control against mealybugs in organic viticulture and
the need for more effective and sustainable solutions.
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A11
Modulazione della degradazione delle proteine di erba medica mediante estratti
polifenolici
P. Bani1, S. Hamed1, P.P. Danieli2, B. Ronchi2, A. Minuti1
1
Istituto di Zootecnica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza
2
Dipartimento di Produzioni Animali, Università della Tuscia, Viterbo
E-mail: paolo.bani@unicatt.it
L’allevamento animale comporta un’importante immissione di azoto immesso nell’ambiente e
appare dunque doveroso mirare a strategie d’intervento, compatibili con il regime biologico,
volte a ottimizzare i processi di utilizzazione digestiva dei principi alimentari, in particolare
dell’azoto, per ridurne le escrezioni. La strategia di intervento scelta si fonda sull’impiego di
polifenoli in grado di ridurre la degradabilità proteica ruminale. Estratti acquosi purificati di
castagno (2), di buccia d’uva e di vinaccioli sono stati impiegati per verificarne le dosi
minime utili di impiego, come premessa al successivo impiego di prodotti vegetali “grezzi” ad
elevato contenuto in tali polifenoli. Le prove sono state condotte in vitro ponendo a
fermentare, per 24 ore, erba medica essiccata con un inoculo ruminale e dosi crescenti (tra
0.5 e 4.0 % della s.s.) di polifenoli. I controlli hanno riguardato la cinetica della produzione di
gas, delle concentrazioni di ammoniaca, la digeribilità della sostanza secca e della fibra. Gli
estratti di castagno (tannini idrolizzabili) hanno ridotto i livelli di ammoniaca a 24 ore del
55% circa, quelli di buccia d’uva e di vinaccioli (tannini condensati) rispettivamente del 20 e
10 % circa. I tannini hanno solo marginalmente ridotto la produzione di gas, con percentuali
di riduzione non superiori al 5-6% e senza una stretta relazione con le dosi di tannino
impiegate e differenze molto contenute tra i diversi tannini. Esistono quindi le premesse per il
monitoraggio dei prodotti e sottoprodotti vegetali contenenti le medesime forme polifenoliche
impiegate in forma concentrata nella presente ricerca.
Use of polyphenolic extracts to modulate the rumen degradation of alfalfa protein
Livestock excreta are a significant nitrogen pollutant and it is therefore necessary to look for
strategies, consistent with the organic agriculture law, to optimize the digestive processes of
utilization of dietary principles, in particular nitrogen. The strategy chosen is based on the use
of polyphenols able to reduce rumen protein degradability. Purified aqueous extracts of
chestnut (2), grape skin or grape seeds have been used to verify the efficacy of low doses of
these extracts, as preliminary step for the next use of the raw plant products containing the
same polyphenols. The tests have been carried out by an in vitro technique: to an alfalfa
substrate, a buffered rumen liquor fluid has been added together with increasing doses of
polyphenols (from 0.5 to 4.0% of the substrate dry matter). The controls focused on the
kinetics of gas production, the concentrations of ammonia, the dry matter and fiber
digestibility. The extracts of chestnut (hydrolysable tannins) have reduced ammonia levels at
24 hours by about 55%, those of grape skins and seeds (condensed tannins) by 20 and 10%.
The tannins only marginally reduced the gas production (percentage of reductions not above
5-6% ) and without a close relationship with the doses of tannin and with very small
differences between the different tannins. There are then the basis for the monitoring of
products and by-products containing the same polyphenolic substances used in concentrated
form in this research.
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A12
Il biochar in agricoltura: un promettente contributo per la fertilità dei suoli e
per la lotta al cambiamento climatico
S.Baronti1; F.Vaccari1; L.Genesio1; F.Miglietta1,2; V.Crivello3; I.Gonnelli4;
S.Nuvoli4, A. Raschi1
1
Instituto di Biometeorologia CNR-IBIMET, Via Caproni 8, 50145 Firenze
2
FoxLab (Forest and Wood), Fondazione E. Mach – Iasma, via E. Mach 1,
38010 S. Michele all’Adige (TN), Italy
3
BIOS- Organic Certification
4
Regione Toscana
E-mail: s.baronti@ibimet.cnr.it
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha manifestato un crescente interesse verso il “biochar”, carbone vegetale, ottenuto dai processi di pirolisi e pirogassificazione, a partire da
residui vegetali agricoli e forestali. Il bio-char può essere utilizzato, come ammendante del
suolo e per immobilizzare Carbonio (C) in modo stabile (carbon sink). Recentemente il biochar è stato riconosciuto tra le strategie di mitigazione al cambiamento climatico anche dal
“libro bianco” predisposto dalla rete Rurale Nazionale del MiPAAF. La ricerca in Italia,
condotta dall’Ibimet in collaborazione con Associazione Italiana Biochar, si è orientata sulla
valutazione dell’effetto del biochar in campo agronomico in vari esperimenti in Toscana e
non solo. L’aggiunta di biochar al terreno ha avuto un duplice effetto di stimolazione della
produzione e di sequestro di C nel suolo. In Italia, a differenza di molti paesi del mondo, il
biochar non trova un riconoscimento nell’ambito della legislazione vigente (D.Lgs. 152/2006)
e pertanto non esiste al momento possibilità di impiego in agricoltura. La Regione Toscana ha
mostrato interesse nei confronti del biochar, ed ha recentemente costituito un gruppo di lavoro
interdirezionale per approfondire prioritariamente alcuni aspetti che sono legati alla modalità
di produzione e alla caratterizzazione del biochar.
Biochar in agriculture: a promising contribution to soil fertility and to combat
climate change
In recent years, scientific research showed a growing interest in “bio-char” (charcoal from
natural organic materials). The pyrolisis conversion of agricultural residues into biochar and
its incorporation in agricultural soils, avoids CO2 emissions providing a safe long term soil
carbon sequestration. Furthermore, biochar application to soil seems to increase nutrient
stocks in the rooting zone, to reduce nutrient leaching and to improve crop yields. Biochar is
under investigation as an approach to carbon sequestration via Bio-energy with carbon
capture and storage by the “White Paper” prepared by the National Rural Network MiPAAF.
Field experiments involving biochar application have been made by CNR-IBIMET and
ICHAR (Italian Biochar Association) on some crops and at different locations, and positive
yield responses have been often reported. Most of these studies attributed the positive plant
response to the effects of biochar on nutrients availability (i.e. nutrient savings in terms of
fertilizers or improved fertilizer use-efficiency). In Italy, unlike many countries in the world,
biochar is no admission in legislation of reference (Legislative Decree 152/2006) and
therefore there is currently no possibility to use the biochar in agriculture. The Regione
Toscana has shown interest in biochar, has recently established a working group to deepen
multi-directional priority aspects on production and characterization of biochar.
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A13
BIOSUS-MAD: strumento di supporto per l’analisi multicriteriale comparata
delle emissioni di gas serra in agricoltura convenzionale e biologica
M. Canavari1, D. Regazzi1, C. Signorotti1, S. Albertazzi2, G. Baldoni2, G. Vitali2, N. Cantore3,
G.M. Bazzani4.
1
Dip. Economia e Ingegneria Agrarie, Alma Mater Studiorum Università di Bologna;
2
Dip. Scienze e Tecnologie Agro-Ambientali, Alma Mater Studiorum Università di Bologna;
3
Overseas Development Institute; 4 Istituto di Biometeorologia, Consiglio Nazionale delle
Ricerche
E-mail: g.bazzani@ibimet.cnr.it
Il progetto BIOSUS prevede la realizzazione di un modello aziendale dinamico (MAD) multiobiettivo, finalizzato alla valutazione multicriteriale dell’attività agricola realizzata in modo
convenzionale e biologico per permetterne una comparazione in termini di emissioni di gas
serra. Lo strumento simula il processo produttivo agricolo in aziende rappresentative, per
diverse combinazioni di colture e allevamenti in regime convenzionale e biologico, e ne
stima, tramite bilanci aziendali, gli impatti economici, sociali ed ambientali. In termini
metodologici il MAD è uno strumento a supporto di processi decisionali complessi. Esso
descrive, con un approccio multi-disciplinare, i fenomeni biologici e tecnologici che
influenzano la sostenibilità dei sistemi agricoli, cercando un giusto compromesso tra
semplificazione e livello di dettaglio. Fonti di dati diverse, integrate da una comune
metodologia di analisi, permettono un’accurata descrizione ed interpretazione dei processi
aziendali per varie tipologie produttive e territoriali.
Dal punto di vista applicativo, il MAD è in grado di quantificare indicatori aziendali che
rappresentano un’articolata base conoscitiva per indirizzare le politiche agro-ambientali.
L’approccio dinamico consente la valutazione di un adeguato orizzonte temporale e rende
possibile la considerazione del processo di adattamento che la conversione dal convenzionale
al biologico comporta. La tecnica degli scenari rende possibile studiare possibili stati futuri in
relazione all’evoluzione dei principali fattori esogeni di cambiamento, quali il cambiamento
climatico, l’innovazione tecnologica, i mercati, le politiche.
BIOSUS-MAD: support tool for multicriteria comparative analysis of greenhouse
gas emissions in conventional and organic farming
The research project Biosus for the development of a multi-objective dynamic farm model
(MAD), is finalized at the multi-criteria evaluation of the agricultural activity run with
conventional or organic technique, in order to make a comparison in terms of green-house gas
emission. The model, with the simulation of the agricultural production process in
representative farms, allows to estimate – for different combinations of agricultural and zootechnical activities – the economic, social and environmental impacts.
As regard the methodology, MAD is an instrument to support complex decisional processes.
It describes, with a multi-disciplinary approach, the natural and technological processes than
influence the sustainability of the agricultural systems, searching a compromise between
simplification and focus. Different sources of data, integrated in a common analytical
methodology, allow a detailed description and interpretation of the farming processes for
different geographical and productive typologies.
As regard to application, MAD can quantify indicators that form the basis to design agroenvironmental policies. The dynamic structure allows to consider a sound time horizon and
makes it possible to consider the adaptation process involved in the conversion from
conversion to organic system. The technique of scenarios makes it possible to imagine the
possible future situations, in relation with the evolution of the main exogenous elements, like
climate change, technological innovation, market shocks, policies.
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A14
Il pascolo come alimento nell’allevamento del suino biologico
D. Bochicchio1*, M. Comellini1, J. Goracci2, G. Della Casa1
CRA, Unità di ricerca per la suinicoltura. San Cesario sul Panaro (MO), Italia
2
Tenuta di Paganico S.p.A. Paganico (GR), Italia
E-mail: davide.bochicchio@entecra.it
1
Il presente lavoro si pone come obiettivo lo studio e la valorizzazione di fonti alimentari
alternative e sostenibili utilizzabili nell’alimentazione del suino biologico. Al fine di
individuare modelli alimentari applicabili e conformi al Regolamento (CE) N. 889/2008 è
stata valutata l’integrazione con pascolo nella dieta del suino. Trenta suini di razza Cinta
Senese hanno ultimato la fase di finissaggio in diverse parcelle di pascolo costituite da erbai
(polifita e sorgo) e da aree dedicate a spigolatura (orzo, favino). Gli animali sono stati
alimentati con mangime di produzione aziendale in ragione del 2.5% p.v. Durante il periodo
di pascolamento la razione è stata ridotta del 30% considerando la disponibilità ad libitum (<
2 kg S.S/capo/die) del pascolo. Per ogni alimento disponibile è stata eseguita l’analisi
bromatologica completata dall’acidogramma. I suini sono stati macellati con cadenza
settimanale ad un peso compreso tra i 110 e i 150 kg, ad ognuno è stato prelevato un
campione di grasso dorsale per l’analisi degli acidi grassi. L’incremento medio giornaliero
(0.304 kg ± 0.027) è risultato conforme agli standard di accrescimento di razza allevati in
stabulazione semi-brada. La maggior disponibilità di acidi grassi essenziali provenienti dal
pascolo ha determinato dei cambiamenti nella composizione acidica del grasso dorsale dei
suini macellati. E’ stato osservato un andamento variabile degli acidi grassi essenziali risultati
compresi tra l’11.68% e il 17.77%. L’utilizzo di pascoli dedicati rappresenta un valido
modello alimentare per la dieta del suino biologico e per inserire l’allevamento all’interno di
una rotazione agraria sostenibile.
Pasture as feed for free range organic pigs
The aim of this study was to test alternative and sustainable sources of feed available for
organic outdoor pigs. The use of pasture, as part of the pig diet, was evaluated to identify a
pattern to use directly on-farm according to European organic Regulation CE N. 889/2008 in
terms of feeding and natural pig behaviour. Thirty finishing Cinta Senese pigs were put to
graze in four different pens, pastures were mixed grass (Vicia sativa L., Trifolium
alexandrinum L., Avena sativa L.), sorghum (Sorghum vulgare) and gleaning of barley
(Hordeum vulgare L.) and horse bean (Vicia faba L.). Animals were fed with 2.5% D.M. live
weight of farm feed. During the period of access to pasture the diet was decreased by 30% on
D.M., the availability of crops was ad libitum (> 2 kg DM/pig/die). The samples of
concentrate feed and forages were collected and analysed for dry matter, crude protein, crude
lipids, ash and fatty acids content. Every week a few pigs were slaughtered. The animal live
weight was between 110 and 150 kg. A sample of back fat of each animal was collected and
analyzed for fatty acid percentage. The average daily gain of these animals (0.304 kg ± 0.027)
resulted in line to Cinta Senese free-range standard growth (average daily gain). The larger
availability of essential fatty acids coming from pasture brought a change regarding fatty
acids composition of the pigs. The total percentage of essential fatty acids in the back fat was
between 11.68% and 17.77%. The use of dedicated pastures is a valid feeding pattern in
organic pig diet and it represents a good way to include animal breeding into sustainable
farming rotations.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A15
Primi risultati agronomici del progetto “Valorizzazione della tipicità orticola
attraverso l’agricoltura biologica” (VALORBIO)
G. Campanelli, V. Ferrari, P. Angelini, A. Bertone, F. Leteo
CRA – Unità di Ricerca per l’Orticoltura, via salaria 1, 63077 Monsampolo del Tronto (AP)
E-mail: gabriele.campanelli@entecra.it
Il progetto di ricerca VALORBIO intende valorizzare, attraverso l’agricoltura biologica, le
tipicità orticole di Marche, Abruzzo ed Emilia Romagna. In questo contributo sono riportati
gli esiti di alcune prove agronomiche sviluppate nel primo anno di ricerca. L’obiettivo
specifico era quello di accertare il differenziale produttivo tra alcune pregevoli tipicità di
pomodoro da mensa (tipo Pera d’Abruzzo), di cavolfiore (tipo Verde di Macerata) e di
peperone a corno rosso (tipo Pescarese) ed i corrispondenti ibridi commerciali. Tali
informazioni sono di pratica utilità a livello aziendale per pianificare la scelta varietale. Le
valutazioni varietali sono state condotte a Monsampolo del Tronto (AP) su un terreno gestito
con il metodo dell’agricoltura biologica da un decennio. Saggi di coltivazione sono stati
realizzato presso aziende biologiche private. I risultati delle prove condotte a Monsampolo
hanno evidenziato l’ottima adattabilità alla coltivazione con il metodo biologico della varietà
“Antico Abruzzo” di Pomodoro a pera con una produzione commerciabile di 3,8 kg/pianta.
Buoni i risultati dei saggi di coltivazione per questa varietà sia nell’areale abruzzese che in
quello meridionale delle Marche. Le varietà locali di Peperone a corno rosso contraddistinte
dalle sigle “RS08” e “RTV”, si sono dimostrate una valida alternativa agli ibridi commerciali
con ottime risposte agronomiche in tutti gli ambienti considerati. La prova parcellare ha
fornito una produzione commerciabile media delle due varietà di 2,7 kg/pianta. Diverso il
risultato con il cavolfiore dove la varietà medio-tardiva contraddistinta dalla sigla “2 B” ha
evidenziato un differenziale negativo circa la produzione commerciabile dell’infiorescenza
coronata del 38 % rispetto all’ibrido di riferimento “Emeraude”. In conclusione per la varietà
di pomodoro a pera “Antico Abruzzo” e per le due varietà di peperone a corno testate vi sono
concreti presupposti per una diffusione nelle aziende orticole che adottano il metodo di
coltivazione biologico.
First agronomic results of the project “Enhancement of typical horticultural
through organic farming” (VALORBIO)
The research project VALORBIO has as main objective the enhancement, through organic
farming, of vegetable typical of Marche, Abruzzo and Emilia Romagna. This contribution
shows the results of some agronomic tests developed in the first year of research. The specific
objective was to ascertain the difference between some valuable production typical of
tomatoes (pear type of Abruzzo), cauliflower (green type of Macerata) and pepper (red horn
type Pescarese) and the corresponding hybrids commercial. The tests were conducted in
Monsampolo del Tronto (AP) for each specie according to the block randomized experimental
design replicated three times. Essays cultivation have also been conducted in private organic
farms in respect of agricultural techniques usually practiced by farmers. The results of the test
conducted in Monsampolo showed excellent adaptability to the organically grown variety of
“Antico Abruzzo” tomato pear. Good results of assays obtained for this variety grown in
southern Marche and Abruzzo. The local varieties of peppers on red horn “RS08” and “RTV”,
have proved a viable alternative to commercial hybrids with good agronomic responses in all
environments both with the test plot that with the essays of cultivation. Unlike the results
obtained with the varieties of cauliflower, which showed a negative difference as to the
marketable production up to 38% compared to hybrid reference “Emeraude”.
Attività svolta con finanziamento MiPAF nell’ambito del progetto VALORBIO.
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A16
Studio di tre popolazioni di cardo dell’Emilia Romagna allevate con tecniche di
agricoltura biologica: valutazione agronomica, caratterizzazione morfologica ed
indagine molecolare
V. Tisselli1, S. Delvecchio1 , N. Ficcadenti2, S. Sestili2, F. Leteo2,
M.S. Sebastiani2, G. Campanelli2
1
Centro Ricerca per le Produzioni Vegetali (CRPV), via dell’Arrigoni 120, 47023 Cesena (FC)
2
CRA – Unità di Ricerca per l’Orticoltura , Via Salaria 1, Monsampolo del Tronto (AP)
E-mail: gabriele.campanelli@entecra.it
È stato condotto uno studio su tre popolazioni di cardo (Cynara cardunculus L.) reperite in
Emilia Romagna: “Gigante di Romagna” (foglia frastagliata), “Cardo di Bologna”
(millefoglie) e “Gigante Inerme” (Calandrino). La ricerca sui materiali genetici ha riguardato
la caratterizzazione morfologica, agronomica e molecolare. Due saggi di coltivazione sono
stati allestiti in due aziende private del Cesenate e una prova di confronto varietale è stata
effettuata presso l’azienda del CRA ORA a Monsampolo Tronto. La caratterizzazione
morfologica è stata condotta su 20 piante/popolazione mentre l’indagine molecolare è stata
sviluppata con l’impiego di 21 marcatori RAPDs (Random Amplified Polymorphic DNA).
I risultati dei saggi di coltivazione hanno evidenziato come il Cardo di Bologna abbia fornito
la migliore resa totale (4,9 kg/pianta) e commerciabile (2,9 kg/pianta). A Monsampolo il
“Gigante di Romagna” ed il “Gigante Calandrino” rispettivamente con rese lorde pari a 3,2
kg/pianta e 3,0 kg/pianta hanno fornito le migliori produzioni. La caratterizzazione
morfologica ha registrato la variabilità, inter ed intra popolazione per il peso della pianta. Il
“Gigante Inerme” ha prodotto le coste (parte edule) con la larghezza maggiore. Mentre è stata
riscontrata la spinosità su diverse piante di “Cardo di Bologna” e di “Gigante di Romagna”.
L’indagine molecolare ha permesso di rilevare polimorfismi all’interno di ogni popolazione e
la netta distinzione tra le popolazioni di “Gigante di Romagna” e “Cardo di Bologna”. I
risultati preliminari ottenuti suggeriscono l’avvio di un programma di selezione per ridurre la
variabilità ed ulteriori indagini molecolari per l’individuazione di eventuali marcatori
molecolari associati a caratteri di importanza agronomica.
Study of three Italian leafy cardoon populations cultivated by means of
organic farming techniques: agronomical evaluation, morphological and
molecular characterization
The aim of this study was to estimate the agronomic and genetic diversity among three Italian
leafy cardoon (Cynara cardunculus L) populations by using phenotypic traits and RAPDs
(Random Amplified Polymorphic DNA) markers. Three cardoon accessions named Gigante
di Romagna, Cardo di Bologna and Gigante Inerme were used. All the vegetable material was
grown in an open field in two different farms located at Cesena and Monsampolo del Tronto.
The phenotypic characterization was carried out on 20 plants harvested from each population
and morphological-agronomic traits such as total and marketable yield, leaf shape, size and
absence of spine were recorded. The results obtained from the agronomic evaluation carried
out at Cesena showed that the Cardo di Bologna gave the highest value of total yield per plant
equal to 4.9 kg/plant. Conversely, differences in the production of the three landraces
cultivated at the experimental field of Monsampolo were obtained. In particular the Gigante di
Romagna and the Gigante Calandrino provided an yield higher values of 3.2 kg/plant and 3.0
kg/plant respectively, with respect to Cardo di Bologna. Moreover, the molecular analysis
showed polymorphisms within each population and the clear distinction between the Gigante
di Romagna and Cardo di Bologna landraces. These preliminary data represent an important
starting point in establishing further research program.
Attività svolta con finanziamento MiPAF nell’ambito del progetto VALORBIO.
33
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A17
Impatti energetico-ambientali delle produzioni agricole biologiche:
il caso studio delle mele
M. Cellura1, M. Kelderer2, S. Longo1, M. Mistretta3, F. Paoletti4
Dipartimento dell’Energia, Università degli Studi di Palermo
2
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Ora (Bz)
3
Dipartimento Patrimonio Architettonico e Urbanistico, Università degli Studi Mediterranea di
Reggio Calabria
4
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma
E-mail: mcellura@dream.unipa.it
1
L’agricoltura biologica rappresenta un elemento di forza del settore agricolo per il
riconosciuto valore aggiunto dei suoi prodotti, per i benefici socio-economici che ricadono sui
produttori nonché per gli effetti positivi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.
Lo studio presentato è tratto da una ricerca, svolta nell’ambito del progetto “BIOQUALIA Qualità nutrizionale ed organolettica ed impatto ambientale di produzioni biologiche”,
finalizzata a valutare gli impatti energetico-ambientali della filiera produttiva delle mele
tramite l’applicazione della metodologia Life Cycle Assessment.
In particolare, l’obiettivo dello studio è la redazione dell’eco-profilo di 1 kg di mele
biologiche, che sintetizzi gli impatti energetico-ambientali del prodotto lungo il suo ciclo di
vita, dall’approvvigionamento delle risorse, alla fase di coltivazione, imballaggio, uso,
distribuzione, fino allo smaltimento finale dei rifiuti.
I risultati dell’analisi consentiranno di:
- stimare l’incidenza di ciascuna fase del ciclo di vita delle mele sugli impatti
complessivi;
- individuare gli “hot spots” della catena produttiva in esame;
- definire delle “best practices” per ridurre gli impatti associati al ciclo di vita del
prodotto.
Energy and environmental impacts of the agricultural organic productions: the
case study of apples
Organic farming represents a key factor in the agricultural sector, due to the added value of its
products, to the socio-economic benefits for the producers and to the positive effects on the
environment and on the human health.
The present study was developed within the project “BIOQUALIA – Nutritional and
organoleptic quality and environmental impact of organic productions”, and aims to assess the
energy and environmental impacts of the supply chain of apples using the Life Cycle
Assessment methodology.
The goal of the study is to the assessment of the eco-profile of 1 kg of organic apples, in order
to shows the energy and environmental impacts of the product during its life cycle, including
the following steps: supply of the resources, cultivation, packaging, use, distribution and final
treatment of waste.
The results of the analysis will allow to:
- assess the incidence of each life cycle step of apples on the total impacts;
- select the “hot spots” of the examined supply chain;
- identify the “best practices” for the reduction of the impacts associated to the life
cycle of the product.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A18
La modellistica delle interazioni trofiche nella rizosfera di colture ortive per
l’applicazione di funghi e altri antagonisti biologici di nematodi
Ciancio A., M. Colagiero, L. Rosso
CNR, Istituto per la Protezione delle Piante, Via Amendola 165/A, 70126 Bari
E-mail: a.ciancio@ba.ipp.cnr.it
Obiettivo. Un efficace controllo biologico dei nematodi fitoparassiti richiede conoscenze sulle
interazioni complesse che coinvolgono organismi all’interno della rizosfera. Gli antagonisti
dei nematodi fitoparassiti includono funghi e batteri nematofagi con specificità diverse. Il
nostro obiettivo è sviluppare semplici modelli non lineari a partire da relazioni predatorepreda Lotka-Volterra, che possano essere applicati a questi sistemi.
Metodi. Considerando i cambiamenti nella densità di alcuni componenti, ad esempio le larve
di nematodi, gli adulti, le frazioni di popolazione sana o infetta, la densità di antagonisti,
spore, propaguli o micelio, sono stati sviluppati dei modelli di maggior complessità per
simulare la rete d’interazioni tra organismi diversi della rizosfera.
Risultati. Piuttosto che “prevedere” l’evoluzione delle popolazioni, l’applicazione dei modelli
permette l’identificazione dei meccanismi di regolazione e di densità-dipendenza. I modelli
richiedono anche dati su dinamica di popolazione e biologia delle specie da controllare e dei
loro antagonisti. Le applicazioni suggeriscono che i suoli soppressivi sono un caso particolare
in cui i rapporti ospite-parassita sono vicini ad un punto d’equilibrio, una regione dello spazio
delle fasi in cui nessun cambiamento significativo della densità è osservato nel tempo.
Conclusioni. Attraverso queste simulazioni si può programmare l’introduzione di antagonisti
come Pasteuria o Pochonia spp. in un sistema pianta-nematode-suolo, a livelli tali da
osservare estinzioni locali degli ospiti.
Modeling trophic interactions in the rhizosphere of horticultural crops for
application of fungi and other biological antagonists of nematodes
Objective. Reliable biological control practices of plant parasitic nematodes require
knowledge about the complex interactions involving organisms within the rhizosphere.
Antagonists of plant parasitic nematodes include nematophagous fungi and bacteria with
different specificities. We aim at developing simple non linear models starting from LotkaVolterra predator-prey relationships, that can be applied to these systems.
Methods. Considering the densities changes of some components i.e., nematode juvenile
stages, adults, healthy or infected population fractions, the density of antagonists, spores,
propagules or mycelium, models of higher complexity were developed to account for the web
of interactions among several organisms in the rhizosphere.
Results. Rather than “predicting” the evolution of a population, models application allows the
identification of regulation mechanisms and density dependent relationships. Models also
require data on the population dynamics and biology of the species to control, and of their
antagonists as well. Their applications suggest that suppressive soils are a particular case in
which the host-parasite relationships is close to an equilibrium point, a region of the phase
space in which no significant density changes are observed in time.
Conclusions. Through these simulations the introduction of antagonists like Pasteuria or
Pochonia spp. in a plant-nematode-soil system may be planned, at levels such as local host
extinctions may be expected.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A19
Esperienze di lotta ai nematodi galligeni con l’utilizzo di sostanze naturali e
microrganismi antagonisti
G. Curto1, R. Santi1, E. Dallavalle1, L. Lazzeri2
Servizio Fitosanitario, Regione Emilia-Romagna
2
CRA CIN Bologna
E-mail: gcurto@regione.emilia-romagna.it
1
Nel triennio 2009-2011 sono state effettuate in Emilia-Romagna prove in coltura protetta su
cultivar di pomodoro da mensa suscettibili al nematode galligeno Meloidogyne incognita, al
fine di valutare l’effetto nematocida o nematostatico e l’efficacia di strategie di intervento a
ridotto impatto ambientale quali trattamenti in pre-trapianto con prodotti biofumiganti o con
microrganismi antagonisti del nematode, seguiti da ripetute applicazioni di sostanze
ammendanti e biostimolanti, applicate a intervalli di 15-20 giorni con impianto di irrigazione
a goccia.
In generale, il trattamento in pre-trapianto con pellet biofumiganti ha contribuito a ridurre in
modo significativo la popolazione di M. incognita, ad aumentare il tenore di sostanza
organica nel terreno e a migliorare i risultati dei trattamenti liquidi effettuati durante la
coltura. Le applicazioni liquide in manichetta forata hanno complessivamente coadiuvato a
contenere l’infestazione delle radici, favorendo la reazione della pianta a rigenerare l’apparato
radicale e incrementando la resa in frutti.
Il contenimento dei nematodi galligeni per mezzo di trattamenti biologici in orticoltura
protetta è risultato paragonabile o maggiormente efficace rispetto a quello dei nematocidi di
sintesi fumiganti, in considerazione anche dell’incremento della vitalità e della complessità
dell’ambiente edafico opposto agli effetti sterilizzanti delle fumigazioni chimiche.
Root-knot nematode control by means of natural compounds and
biocontrol agents
In the last three years (2009-2011) some experiments were carried out in plastic greenhouse in
Emilia-Romagna, on tomato varieties hosts of Meloidogyne incognita, with the aim of
evaluating either the nematicidal or nematistatic effect of natural products and the
effectiveness of biocontrol.
The control strategy included a pre-transplant treatment with either biofumigants (Brassica
carinata pellet, garlic extracts) or biocontrol agents (Paecilomyces lilacinus and Pochonia
chlamydosporia), followed by drip applications every 15-20 days, with soil amendments and
biostimulants (plant extracts, tannins, antagonistic microorganisms).
Extensively the results showed that the pre-transplant treatment contributed to significantly
decrease the M. incognita infestation in the soil, to increase the organic matter and the fruit
yield, to improve the results of the subsequent liquid treatments on the lower nematode
population. In fact the drip applications sometimes controlled directly the root damage (P.
lilacinus and P. chlamydosporia), but generally gave a greater vigour to the plants, which
better tolerated the nematode attack regenerating the root system and increasing the fruit
yield, mainly moving up and extending the harvesting period. On the contrary, the number of
second stage larvae in the soil, at the end of the tomato cultural cycle, was quite high, except
in the plots treated with microorganisms.
In conclusion the biocontrol of root-knot nematodes is preferable in any case, because of their
effectiveness and the improving of vitality and complexity of soil environment, opposite to
the soil sterilization caused by chemical fumigants.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A20
Uso di biomasse vegetali nella difesa fitosanitaria contro funghi fitopatogeni
U. De Corato1, N. Sharma2, O. Maccioni2, G. Di Sanzo2, M. Trupo2, E. Viola3
1
ENEA, Unità Tecnica Efficienza Energetica – Servizio Agricoltura, Ufficio Territoriale di
Bari, via R. Da Bari 119, 70122, Bari. 2ENEA, Unità Tecnologie Trisaia – Laboratorio
Biotecnologie, Centro Ricerche Trisaia, S.S. 106 km 419.5, 75026, Matera.
3
ENEA, Unità Tecnologie Trisaia – Laboratorio Biomasse, Centro Ricerche Trisaia,
S.S. 106 km 419.5, 75026, Matera
E-mail: ugo.decorato@enea.it
L’attività antifungina dei terpeni degli oli essenziali di specie aromatiche e dei furfurali
formatisi durante la Steam-Explosion di colture da energia può essere usata in agricoltura
sostenibile integrando l’uso di tali biomasse vegetali con agrofarmaci di sintesi. Le attività
dell’Olio Essenziale di Alloro (OEA) estratto con la tecnica della CO2 supercritica e della
Biomassa Esplosa di Miscanthus (BEM) sono state valutate in vivo. L’inibizione dell’OEA è
stata saggiata in cella climatica alle dosi di 1, 2 e 3 mg/ml in trattamenti sia preventivi che
curativi contro i fitopatogeni del post-raccolta Botrytis cinerea, Monilinia laxa e Penicillium
digitatum, rispettivamente su frutti commercializzabili di kiwi, pesco, arancio e limone. La
soppressività della BEM è stata saggiata in serra rispetto ad un compost commerciale verso i
fitopatogeni del suolo Phytophthora nicotianae, Pythium ultimum, Fusarium oxysporum f. sp.
lactucae, F. oxysporum f. sp. melonis e Rhizoctonia solani, rispettivamente su piante sane di
pomodoro, cetriolo, lattuga, melone e fagiolo cresciute in una miscela di torba con il 10, 20 e
30% di BEM. La maggiore inibizione dell’OEA è stata osservata alla dose di 3 mg/ml in
trattamenti sia preventivi su kiwi e pesche (68 e 91%) che curativi su pesche (76%). La
maggiore soppressione della BEM è stata osservata alla dose del 30% su cetriolo, pomodoro e
fagiolo (89, 77 e 68%). L’impiego dell’OEA e della BEM potrebbe contribuire alla riduzione
degli agrofarmaci sia in post-raccolta che in serra, ottenendo margini di risparmio energetico,
miglioramenti della salute del consumatore e più salvaguardia per l’ambiente.
Use of vegetable biomasses against plant pathogenic fungi
The antifungal activity of the terpenes of essential oils of aromatic plants and the furfurals
produced during the Steam-Explosion of energy crops, could be used in the sustainable
agriculture together to a synthetic fungicides. The activities of two types of vegetable
biomasses, the laurel essential oil (OEA) obtained by supercritical CO2 technique and
Miscanthus steam-exploded biomass (BEM), have been evaluated in vivo. The inhibition of
the OEA was tested against the postharvest spoilage fungi Botrytis cinerea, Monilinia laxa
and Penicillium digitatum. Both curative and protective activities of oil have been evaluated
respectively on kiwifruits, peaches, oranges and lemons in the climatic room at the 1, 2 and 3
mg/ml dose. The suppressiveness of the BEM was tested against the soil-borne plant
pathogens Phytophthora nicotianae, Pythium ultimum, Fusarium oxysporum f. sp. lactucae,
F. oxysporum f. sp. melonis and Rhizoctonia solani, with respect to commercial compost. The
bioassays were carried out respectively on healthy plants of tomato, cucumber, lettuce, melon
and bean, grown under greenhouse in the potting mixed soil with the 10, 20 and 30% of BEM.
A very good inhibition of the OEA has been found at the 3 mg/ml dose both in protective
treatments on kiwifruits and peaches (68 and 91%) and in curative treatment on peaches
(76%). The SEB increased significantly the suppressiveness level of potting soil at the 30%
dose on cucumber, tomato and bean (89, 77 and 68%). The employment of the OEA and
BEM could reduce the use and the amount of fungicides in the cropping systems. These
studies are very important for their potential applications in the sustainable agriculture and in
the energy efficiency of agricultural systems.
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A21
Confronto tra sistemi convenzionale e biologico di pomodoro da industria e
lattuga in successione colturale
G. Disciglio1, A.Tarantino1, G. Basso1, E. Tarantino1
1
Dipartimento di Scienze Agro-ambientali, Chimica e Difesa vegetale (Di.S.A.C.D) - Facoltà
di Agraria Università degli Studi di Foggia, 71122 Foggia
E-mail: g.disciglio@unifg.it
La ricerca ha riguardato il confronto tra sistemi convenzionale e biologico di pomodoro da
industria (cv. Docet) e lattuga (cv. Canasta) in successione colturale, entrambe trapiantate in
vaso rispettivamente il 14 maggio 2010 e il 7 aprile 2011.
Nel pomodoro convenzionale, la concimazione minerale al trapianto è stata l’equivalente di
60 kg ha-1 di N, 125 di P2O5 e 100 di K2O; quella in copertura con 139 kg ha-1 di N, 38 di P2O5
e 65 di Ca. Nel biologico è stata effettuata una concimazione organica di base con 1,5 t ha-1 di
pollina e in copertura con 60 kg ha-1 di borlanda.
Nella lattuga convenzionale, la concimazione al trapianto è stata l’equivalente di 100 kg ha-1
di N, 60 di P2O5 e 20 di S; in copertura con 70 kg ha-1 di N. Nella coltura biologica la
concimazione al trapianto è stata di 1,5 t ha-1 di pollina, mentre quella in copertura con 60 kg
ha-1 di borlanda.
I risultati sul pomodoro biologico hanno evidenziato una produzione commerciabile del 50%
inferiore rispetto a quella convenzionale, dovuta probabilmente alla momentanea riduzione
della disponibilità di elementi nutritivi nel terreno in questo primo anno di conversione; nel
biologico il peso medio delle bacche più elevato e il minore scarto sono risultati
statisticamente differenti. La sostanza secca, i solidi solubili e il colore sono, inoltre, risultati
tendenzialmente superiori rispetto al convenzionale, anche se non significativamente
differenti tra loro. Nella lattuga la produzione del biologico è risultata del 18% in meno,
rispetto al convenzionale, presumibilmente per una maggiore disponibilità di elementi
nutritivi dovuta alla mineralizzazione dei fertilizzanti organici in questo secondo anno. La
qualità della produzione, invece, è risultata significativamente migliore nel metodo biologico
rispetto a quello convenzionale, per quanto riguarda le più basse concentrazioni di azoto e di
nitrato nelle foglie e nello stesso modo sia pur non significativamente differente per i valori di
sostanza secca (s.s.) e di SLA (indice di croccantezza delle foglie).
Comparison between conventional and organic systems of processing tomato and
lettuce in crop succession
The research involved a comparison between conventional and organic systems of processing
tomato (cv. Docet) and lettuce (cv. Canasta) in crop succession, both transplanted in pots on
14 May 2010 and 7April 2011. On conventional tomato crop the mineral fertilization was: 60
kg ha-1 N, 125 P2O5 and 100 K2O at transplanting time, and 139 kg ha-1 N, 38 P2O5, 65 Ca
during the growing cycle; while in the organic system was 1.5 t ha-1 of fowl-manure at
transplanting with and 60 kg ha-1 of organic fertilizer during the growing cycle. On
conventional lettuce, the fertilization at transplanting was 100 kg ha-1 N, 60 P2O5 and 20 S;
while during the growing cycle was applied 70 kg N ha-1; on organic system the base
fertilization was 1.5 t ha-1 of fowl-manure; 60 kg ha-1 of organic fertilizer was applied during
the growing cycle. Results have shown in organic tomato a marketable yield of 50% less than
conventional, due probably to the temporary reduction of nutrient availability in the soil, in
this first year of conversion; where as higher average fruit weigh and lower rotten fruits were
significantly different. The dry matter, soluble solids and color of fruits, show the values
higher in organic system compared to conventional one, although not significantly different
from each other. In organic lettuce, the yield were 18% lower than the conventional one,
probably to a greater availability of nutrients. Nitrogen and nitrate concentration of leaves
were significantly lower in the organic compared to conventional crop. Though not differing
statistically also the dry matter and crunchiness of leaves were the best in the organic crop.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A22
Il biochar fissatore di carbonio e ammendante
O. Facini1, F. Osti1 , S. Di Marco1
1
CNR-Istituto di Biometeorologia Via Gobetti, 101 Bologna
E-mail: o.facini@ibimet.cnr.it
La scoperta fatta pochi anni fa nella foresta amazzonica di terreni particolari detti “terra preta
do indio”, ha stimolato l’interesse di moltissimi studiosi. In questi terreni, a differenza di
quelli ottenuti dal disboscamento della foresta e sottoposti al dilavamento delle piogge
tropicali e conseguente depauperamento delle sostanze nutritive, è tutt’ora possibile
continuare la coltivazione. La terra preta, risalente all’epoca pre-colombiana, è costituita da
massicci apporti di carbone vegetale (biochar) ricavato dalla pirolisi (combustione in assenza
di ossigeno) della biomassa vegetale e si è mantenuta tal quali fino ad oggi.
Il processo pirolitico permette di ottenere dalla biomassa vegetale un gas che può essere
utilizzato per autoalimentarsi e per produrre energia. Inoltre alla fine della pirolisi si ottiene il
carbone vegetale che a sua volta può essere utilizzato a fini energetici o usato come
ammendante nel suolo ricostituendone la frazione carboniosa che negli ultimi anni è calata
notevolmente.
Per testare la possibilità di utilizzare il biochar in orticoltura l’IBIMET ha effettuato una
prova sperimentale su lattuga coltivata in vaso confrontando combinazioni di biochar alla
semina e/o al trapianto
L’analisi statistica dei pesi freschi e della sostanza secca ha evidenziato l’effetto positivo
dell’apporto di biochar in tutte le tesi in cui è stato utilizzato. L’effetto migliore è stato
ottenuto con l’apporto di biochar alla semina, poiché ha prodotto piante con un peso fresco
del 75% superiore al testimone ed un contenuto in sostanza secca superiore del 72%.
L’ulteriore apporto di biochar al trapianto non ha incrementato tale positivo effetto, poiché il
peso medio sia fresco che secco è risultato inferiore a quello della semina anche se
statisticamente non separabile.
Biochar, carbon sequestration and fertilization effect
The discovery in the Amazon forest of characteristic soils called “Terra Preta do Indio”,
stimulated the interest of many scientists. These soils are still suitable for farming, in contrast
to those resulted from the forest burning and subjected to water washing of tropical rainfall
and nutrients depletion,. The “Terra Preta” dates back to pre-Columbian age, and is largely
characterized by the presence of charcoal (biochar) obtained by pyrolysis (plant biomass
combustion in oxygen absence). The plant biomass pyrolysis process produces a gas called
“syngas” that can in turn be able to start the pyrolysis and a production of energy. The
charcoal obtained by the pyrolysis can be used as fuel or as fertilizer to restore the soil carbon
content that considerably declined in these last years. In order to assess the potential of
biochar in horticulture, preliminary trials on lettuce grown in pots have been carried out.
Results generally showed a positive effect of biochar on plant fresh and dry weight. The best
effect was achieved when biochar was applied at sowing, since it has produced plants with a
75% higher fresh weight and a higher dry matter content of 72%. The application of biochar
at transplantation did not increase its positive effect, since the average fresh and dry weight
was less than that of sowing but not statistically significant.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A23
Stili alimentari: biologico e convenzionale a confronto
(Progetto di ricerca SAFEBIO)
M.B. Forleo, G. Salvatori
Dipartimento SPES, Università degli Studi del Molise
E-mail: forleo@unimol.it
Questa comunicazione presenta il lavoro svolto dall’Università degli Studi del Molise
nell’ambito del Progetto di ricerca SAFEBIO, finanziato dal MIPAAF nell’ambito del PNR
2005-2007 e condotto dall’INEA (coordinatore) e dalle Università di Bari, del Molise e di
Perugia, per contribuire al dibattito sulla sostenibilità dei diversi stili alimentari e delle filiere
agro alimentari associate.
Nell’ambito del Progetto SAFEBIO, lo studio svolto dall’U.O. dell’Università del Molise è
volto ad analizzare i comportamenti alimentari del consumatore biologico e convenzionale
con il fine ultimo, a valle delle attività del Progetto, di proporre una metodologia di
valutazione della dieta biologica in una prospettiva di sostenibilità multifattoriale, ambientale,
nutrizionale ed economica. A tale scopo metodologico, si sono condotte delle indagini on line
sugli stili alimentari e nutrizionali di un campione composto da 30 unità familiari omogenee.
Sulla base dei primi risultati delle indagini, oltre a definire alcune caratteristiche socioeconomiche delle unità familiari, si sono acquisiti dati di spesa e di consumo, di frequenza e
luoghi d’acquisto, di comportamento di consumo alimentare convenzionale e biologico. Le
abitudini alimentari del campione indagato sono state oggetto di recenti cambiamenti, su cui
si possono solo avanzare ipotesi interpretative (riduzione nella varietà, quantità e spesa per
alimenti; incremento nel consumo di alimenti fuori casa, nell’acquisto di prodotti preparati e a
lunga conservazione), che hanno implicazioni importanti in termini economici, nutrizionali ed
ambientali. Tali risultati, soprattutto in un fase di crisi economica, si prestano anche a
considerazioni di natura politica -tanto con riferimento al mercato e al consumo di prodotti
alimentari, quanto di quelli biologici-. Molteplici risvolti possono avere anche i temi della
sicurezza alimentare, dell’informazione, della percezione della qualità dei prodotti alimentari
e biologici, affrontati nel corso dell’indagine: i prodotti biologici danno sicurezza di qualità a
gran parte delle famiglie, ma ulteriori margini di miglioramento paiono possibili per sostenere
il valore della dieta biologica.
Food styles: a comparison between organic and conventional
This communication discuss preliminary results of University of Molise research unit
regarding SAFEBIO Project by analyzing the eating behavior of organic and conventional
consumers. The aim is to propose, downstream the activities of the entire Project, a
methodology for assessing the organic diet under a multi-perspective point of view about
environmental, nutritional and economic sustainability. To accomplish with this
methodological aim, online surveys were conducted on the eating habits of a sample of 30
homogeneous households.
The feeding habits of the investigated sample were subject to recent changes related both to
the reduction in the variety, quantity and expenditure for food. Moreover, the increase in the
consumption of food outside home as well as the purchase of ready to eat products and/or
with long shelf life have been reported too. These findings may have important implications
in economic, nutritional and environmental perspectives and, especially during economic
crisis, may also stimulate political considerations.
Issues investigated during the survey, like food safety, information, general and organic food
quality perception, may have several implications too: organic products quality is perceived
as safe from most of the families, but further improvement is possible to sustain the value of
the organic diet.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A24
Indici per l’analisi della qualità ambientale di vigneti a conduzione biologica
N. Gambon, F. Boscutti, M. Sigura, P. Bonfanti
Dipartimento di Scienze Agrarie Ambientali, Università di Udine,
Via delle Scienze 208, 33100, Udine, Italia
E-mail: nadia.gambon@uniud.it
Il lavoro ha come obiettivo valutare la qualità ambientale in vigneti a conduzione biologica
attraverso l’utilizzo di indicatori e indici di biodiversità. Tre coppie di vigneti caratterizzati da
metodi di coltivazione biologico e convenzionale, collocati in diversi contesti geografici ed
ambientali del Friuli Venezia Giulia sono stati studiati considerando come indicatori
l’assortimento in specie vegetali e l’entomofauna. Lo studio ha previsto la cattura stagionale
degli insetti (Coleotteri Carabidi) mediante l’utilizzo di pitfall traps ed il rilievo delle specie
vegetali (metodo Braun-Blanquet) in 22 plot (1 m2) per ogni appezzamento (11 fila, 11
interfila). L’applicazione di indici classici per l’analisi di biodiversità (ricchezza specifica,
diversità di Shannon, equipartizione di Pielou) ha evidenziato valori diversi per vigneti
condotti con metodo biologico e convenzionale. Tuttavia, tale diversità non è risultata
significativa dal punto di vista statistico (ANOVA). L’analisi di caratteristiche ecologiche e
forme biologiche delle specie vegetali mostra che negli appezzamenti condotti con metodo
convenzionale prevalgono le specie appartenenti al gruppo delle terofite rispetto a specie di
maggior naturalità appartenenti al gruppo delle emicriptofite e delle geofite. In linea con
questi risultati anche quanto emerso dall’analisi delle specie di Carabidi, che ha evidenziato la
dominanza di specie opportuniste polifaghe (H. distinguendus, H. affinis, A. aenea,) negli
appezzamenti coltivati con metodo convenzionale. Risultati opposti sono stati ottenuti per i
vigneti biologici, che risultano essere agro-ecosistemi dotati di maggiore naturalità e stabilità
ambientale rispetto a quelli condotti con agricoltura convenzionale.
Indexes for analysis of environmental quality of organic vineyards
The aim of this study is evaluate the environmental quality in organic vineyards using
biodiversity indexes. Three pairs of organic and conventional vineyards, located in different
geographical areas of Friuli Venezia Giulia, were investigated. Composition of plants and soil
arthropods are used as indicators. Soil arthropods (Coleoptera, Carabidae) were sampled by
pitfall traps, in three times between May and September. Plants were collected on the base of
Braun Blanquet method in 22 plots (1 m2) for each field. Biodiversity were measured by
Species richness index, Shannon diversity index and Pielou Index.
Results showed higher values for specie richness and diversity in organic vineyards then in
conventional ones, but the ANOVA analysis didn’t confirm the statistical difference between
the two agricultural practices. The study of ecological characteristics and life forms of plants
showed that, in fields cultivated by conventional method, the species belonging to the group
of therophytes compared to species typical of natural environment, belonging to
hemicryptophytes and geophytes, are predominant. Also analysis of carabids gave the same
result: in conventional fields the polyphagus species (H. distinguendus, H. affinis, A. aenea,)
are predominant. Opposite results were obtained for organic vineyards.
This result highlighted organic vineyards as agro-ecosystems characterized by a higher
environmental stability then conventional agro-ecosystems.
41
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A25
Risposta produttiva della patata precoce alla coltivazione in regime biologico
in Sicilia
Anita Ierna1, Maria Grazia Melilli1, Salvatore Scandurra1, Bruno Parisi2
CNR – ISAFOM, UOS di Catania, IT
2
CRA – Centro di Ricerca per le Colture Industriali, Bologna, IT
E-mail: anita.ierna@cnr.it
1
Tra le nuove strategie di coltivazione in grado di ridurre gli attuali inputs energetici esterni
utilizzati, il regime “biologico”, assume, soprattutto in Sicilia, una notevole importanza
agronomica perché in grado di consentire l’aumento del contenuto in sostanza organica dei
suoli, spesso di molto inferiore al valore ritenuto ottimale. Lo scopo della presente ricerca è
stato quello di valutare gli effetti del regime biologico sulla risposta produttiva di diversi
genotipi di patata adattabili alla coltura precoce.
Nel biennio 2009/2010 in un’area altamente rappresentativa della pataticoltura extrastagionale
in Sicilia, utilizzando i genotipi Arinda, Bionica, Ditta, ISCI 4F88 e Marabel è stato valutato
l’effetto del regime di coltivazione “biologico”, in confronto al “convenzionale”, sulla
precocità e sulle caratteristiche della produzione di tuberi.
La precocità commerciale non ha mostrato variazioni significative per effetto del regime di
coltivazione, mentre la produzione areica a fine ciclo è risultata nella media dei genotipi più
alta in regime “biologico” rispetto al “convenzionale” (24,2 t ha-1 vs 22,8 t ha-1), in virtù
sostanzialmente dal maggior peso unitario dei tuberi; i più elevati incrementi sono stati
registrati in ISCI 4F88 (+ 14%) e in Ditta (+20%). Questi risultati preliminari, sebbene
necessitino di opportune verifiche, mostrano che è possibile utilizzare nella coltivazione della
patata precoce il regime biologico, senza che questo comporti effetti negativi sulla precocità e
sulla produzione areica a fine ciclo. Tra i genotipi studiati, Ditta ed ISCI 4F88 hanno mostrato
la maggiore adattabilità al regime biologico.
Yield response of early potatoes to organic farming conditions in Sicily
Among new strategies for reducing the energetic inputs in agriculture, organic farming has a
high importance above all in Sicily, because may allow to increase organic matter content in
the soils, which are often lower than optimal contents. The aim of the present research was to
evaluate the effects of organic farming on yield response of different genotypes of potatoes
suitable for early production.
In the 2 year period 2009/2010, in a representative area for early potato production in Sicily,
utilizing the genotypes Arinda, Bionica, Ditta, ISCI 4F88 e Marabel the effects of organic
farming compared to conventional one on earliness and on productive characteristics of tubers
were evaluated.
Earliness not showed significative variations in relation to system of cultivation, whereas
tuber yield, regardless of genotypes, was higher in organic farming than in conventional (24.2
t ha-1 vs 22.8 t ha-1), due to an higher average tuber weight; the highest increase were shown
by ISCI 4F88 (+ 14%) and Ditta (+ 20%). These preliminary results, even if have to be
verified, show that it is possible utilize organic system for early potato cultivation, without
any losses in earliness and yield. Among the studied genotypes Ditta and ISCI 4F88 showed
the best suitability to organic farming conditions.
42
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A26
Effetti del regime biologico sul contenuto in alcuni antiossidanti dei tuberi
in patata precoce
A. Ierna, M.G. Melilli, S. Scandurra
CNR – ISAFOM, UOS di Catania, IT
E-mail: anita.ierna@cnr.it
Nelle colture precoci di patata i tuberi vengono raccolti prima della loro maturazione
completa e conseguentemente presentano caratteristiche di “freschezza”, buccia estremamente
sottile e chiara, e modesto contenuto in sostanza secca. Recentemente i tuberi di tale coltura
hanno destato interesse anche per l’elevata attività antiossidante. Atteso che la coltivazione in
regime biologico della patata precoce si sta sempre più diffondendo nel meridione d’Italia, in
Sicilia in particolare, e che i risultati sugli effetti di tale regime sulle caratteristiche di qualità
dei tuberi sono spesso contraddittori ci è sembrato opportuno avviare questa ricerca che ha
avuto lo scopo di valutare in patata precoce gli effetti del regime biologico sul contenuto di
alcuni antiossidanti dei tuberi. Nel biennio 2009/2010 in un’area altamente rappresentativa
della pataticoltura extrastagionale in Sicilia, utilizzando 5 genotipi di patata è stato valutato
l’effetto del regime di coltivazione “biologico”, in confronto al “convenzionale”, sui contenuti
in sostanza secca, acido ascorbico e citrico, fenoli totali e sull’attività antiossidante (metodo
DPPH) dei tuberi. Il regime di coltivazione non ha influito sul contenuto in sostanza secca dei
tuberi né sul contenuto in acido citrico, che hanno manifestato variazioni di rilievo solo per
effetto del genotipo. Il regime “biologico” ha determinato, altresì, rispetto al convenzionale,
indipendentemente dal genotipo, una significativa riduzione del contenuto in acido ascorbico
(15,7 vs 18,3 mg 100 g-1 p.f.), del contenuto in fenoli totali (184 vs 324 mg acido gallico 100
g-1 p.s.) e dell’attività antiossidante (7,1 vs 8,2 % di inibizione).
Content in some antioxidant compounds of early potatoes growing under organic
farming conditions
In early potato cultivation, tubers are harvested before their complete maturation and
consequently they show “freshness”, very thin and clear skin and low dry matter content.
Recently early potato tubers resulted interesting for their high antioxidants capacity. Early
potato cultivation in organic system is widespread in South Italy, but results on the effects of
organic farming on quality characteristics of tubers are often not univocal.
The aim of this research was to study in early potatoes the effects of organic farming on
antioxidants compounds of tubers.
In the 2 year period 2009/2010 , in a representative area for early potato production in Sicily,
utilizing the genotypes Arinda, Bionica, Ditta, ISCI 4F88 e Marabel the effect of organic
farming in comparison to conventional practies on dry matter content of tubers, ascorbic acid,
citric acid, total phenolics and antioxidants activity of tubers (method DPPH) were evaluated.
The cultivation system did not influence dry matter and citric acid contents which show
variations only among genotypes. Organic farming, in comparison to conventional one
determined, regardless of genotypes, a significative reduction in ascorbic acid content (15.7
vs 18.3 mg 100 g-1 f.w.), phenolics content (184 vs 324 mg gallic acid 100 g-1 d.w.) and
antioxidants activity (7.1 vs 8.2 % of inhibition).
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A27
Valutazione delle tecniche agronomiche per il superamento della problematica
del reimpianto con l’utilizzo di test biologici
(Progetto ENDOBIOFRUIT, finanziamento MIPAAF)
M. Kelderer1, L.M. Manici2, F. Caputo2, M. Thalheimer1, A. Topp1
1
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Laimburg 6, 39040 Ora (BZ)
2
C.R.A. – Centro Ricerche Colture Industriali, via di Corticella 133, 40128 Bologna
E-mail: Markus.Kelderer@provinz.bz.it
Le migliori zone frutticole sono dotate di un’alta vocazione climatica e podologica per
specifiche colture (es. meleti in Alto Adige o agrumeti in provincia di Siracusa). La limitata
disponibilità e l’alto costo della terra rendono praticamente impossibile una rotazione
agronomicamente valida. In frutticoltura convenzionale è possibile fare delle forzature in fase
di trapianto. Le limitazioni imposte alla frutticoltura biologica spingono a nuovi studi su
tecniche volte a superare le problematiche del reimpianto. È stata impostata una prova di
allevamento in vaso con talee di portainnesti M9, su suoli prelevati da fila ed interfila in 5
frutteti della valle dell’alto Adige. Il trapianto è stato effettuato nella Stazione di Ricerca di
Laimburg ai primi di maggio del 2010, per simulare le condizioni dell’epoca di trapianto di
melo in zona. Dopo 70 gg di allevamento sono stati valutati i parametri vegetativi delle
piante, lo sviluppo radicale e le comunità dei funghi endofiti. Conclusioni: i) l’accrescimento
e il punteggio di sanità delle radici delle piante di M9 erano altamente e significativamente
correlati (Coeff. Corr. 0.83).ii) l’accrescimento delle piante sui suoli da frutteti era inferiore a
quello ottenuto su un controllo incolto iii) l’accrescimento osservato sui suoli dell’interfila era
significativamente superiore (P>0.01) a quello delle file; iv) l’interazione fra i fattori:sito e
posizione entro frutteto, era significativa, infatti la risposta ha variato da frutteto a frutteto. v)
Le comunità dei funghi endofitici delle radici sono risultate simili come composizione, ma i 2
agenti di necrosi radicale isolati hanno mostrato frequenze diverse su fila e interfila.
Il trapianto del nuovo filare nella interfila del vecchio impianto può essere una tecnica utile
nel medio periodo. A lungo termine vanno individuate altre strategie che contrastano la
generale perdita di fertilità biologica nei frutteti.
Evaluation of agronomic techniques to overcome replant problems
The best areas for fruit production are characterized by particularly favorable conditions for
specific cultures in terms of climate and soils (e.g. apple production in South Tyrol or citrus
fruit production in Siracusa). The limited availability of land and its high price make it almost
impossible to practice an agronomic valid rotation. In conventional fruit production it is
possible to apply some growth advancing measures in the replant period. The restrictions in
organic fruit production encourage new technical studies to overcome the problems of
replanting. For the trial rooted cuttings of the clone M9 rootstock were planted in pots filled
with soil samples of row and inter-row from 5 orchards in the Adige valley. The planting took
place in the Research Centre Laimburg in the first days of May 2010 to simulate the open
land planting conditions of apple trees in the area. 70 days after the planting the vegetative
parameters of the plants, the development of the roots and the endophytic fungal communities
were evaluated. Conclusions: i) plant growth and root health did highly correlate (r= 0.83). ii)
plant growth in orchard soils was weaker than in the fallow control soil. iii) plant growth
observed in the soil of the inter-row was significantly stronger (P>0.01) than in that of the
row. iv) the interaction between site and position within the orchard was significant, in fact
the response varied from orchard to orchard. v) the endophytic root fungi communities
resulted similar in the sense of composition, but the two isolated agents of root necrosis
showed different frequencies in row and inter-row.
Replanting of the new row in the inter-row of the old orchard can be a useful technique in the
medium term. For the long term strategies have to be established to overcome the general loss
of biologic fertility in the orchards.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A28
Prodotti di origine naturale ad attività antiperonosporica:
valutazione costo/efficacia
A. La Torre, C. Mandalà, V. Battaglia, F. Caradonia
CRA-Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale
E-mail: anna.latorre@entecra.it
La peronospora della vite, causata dall’oomicete Plasmopara viticola, è una delle avversità
più diffuse e dannose a livello mondiale. L’unica sostanza attiva utilizzabile in agricoltura
biologica per il contenimento di questo patogeno è il rame che però, può comportare problemi
di impatto ambientale dovuti al suo accumulo nel suolo. L’obiettivo di questo lavoro è stato
quello di valutare, presso un vigneto a conduzione biologica, l’attività antiperonosporica di
diversi prodotti di derivazione naturale alternativi al rame (Biplantol, Sporatec, Micosyn-VIN
e Stimulase).
I formulati sono stati saggiati in confronto ad un prodotto di riferimento a base di rame e ad
un controllo non trattato. È stato anche analizzato il costo connesso all’applicazione dei
diversi prodotti in studio, per valutarne la possibilità di impiego nella pratica agricola. I costi
complessivi per ettaro sono stati calcolati sommando il costo del lavoro dell’operaio, del
trattore, della manutenzione, del carburante e del prodotto. Il costo del prodotto, infatti, non è
la sola informazione da considerare ma anche il dosaggio utilizzato e l’intervallo tra i
trattamenti nonché, ovviamente, l’efficacia antiperonosporica esplicata, devono essere tenuti
in debita considerazione.
Il quadro complessivo che è emerso ha evidenziato la possibilità di impiego di alcuni dei
prodotti saggiati, in particolare i formulati Stimulase e Biplantol. Non va trascurato il
guadagno, in termini di minore impatto ambientale, ascrivibile ai prodotti di derivazione
naturale.
Tutte queste informazioni devono essere tenute in debita considerazione dall’agricoltore per
poter operare scelte oculate e consapevoli.
Natural products against grape downy mildew: cost/effectiveness analysis
Grape downy mildew caused by the oomycete Plasmopara viticola is one of the world’s most
destructive grapevine diseases. In organic farming the control of downy mildew is based on
the use of copper compounds, however copper can cause environmental problems due to its
accumulation in the soil. Carried on in an organic vineyard, this study aimed to evaluate the
effectiveness of several natural products (Biplantol, Sporatec, Micosyn-VIN and Stimulase)
which can be used as alternative remedy to copper treatments against P. viticola. The products
were compared with an untreated control and a reference product containing copper.
A cost analysis on the treatments suggested by this study was also conducted in order to
evaluate the organic product’s economic suitability. The total cost per hectare includes
workforce, tractor, maintenance, fuel consumption, and plant protection product. The cost of
the product in fact, cannot be the only one to be considered. Conversely, rate of application,
interval between applications and, of course, grape downy mildew protection should be
included in the analysis.
Final results highlighted concrete positive chances of the use of the investigated organic
products, with a particular emphasis on the Stimulase and Biplantol. In addition, their less
aggressive impact on the environment should be taken in high consideration. All these
information should be considered to help farmers to make sensible and responsible decisions.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A29
La nuova tecnica della biofumigazione attraverso l’uso di nuove colture da
sovescio e di materiali solidi e liquidi della famiglia delle brassicaceae
L. Lazzeri, L. Malaguti, S. Cinti, G. Curto, M. Bagatta, N. Casadei, L. D’Avino
Consiglio per la Ricerca in Agricoltura – Centro di ricerca per le colture industriali (CRACIN) Bologna
E-mail: luca.lazzeri@entecra.it
La tecnica della biofumigazione è una recente innovazione non chimica ammessa come
mezzo tecnico in agricoltura biologica in quanto a base 100% vegetale. Questa tecnica,
studiata da oltre 20 anni ed ormai da numerosi anni applicata anche a livello commerciale, si
basa sull’utilizzo di biomasse che contengono il sistema glucosinolati-mirosinasi (GLs-MYR)
tipico della famiglia delle Brassicaceae e che, oltre ad un positivo effetto della sostanza
organica, sono in grado di liberare composti volatili caratterizzati da una chiara azione
allelopatica nei confronti di alcuni patogeni del terreno quali funghi, nematodi ed elateridi.
Inizialmente sono state selezionate piante per un utilizzo come sovesci verdi, caratterizzate da
un elevato contenuto del sistema GLs-MYR nell’apparato epigeo che ipogeo. Nel primo caso
le piante (Brassica juncea ISCI 20 and ISCI99) sono in grado di liberare al momento del loro
interramento i composti volatili ad azione allelopatica, mentre i secondi (Eruca sativa cv.
Nemat, Raphanus sativus) sono in grado di svolgere un’azione di pianta trappola dei nematodi
che attaccano la loro radice durante la coltivazione senza però riuscire a concludere il ciclo
riproduttivo. Più recentemente, sono stati messi a punto formulati pellettati a base di farine
disoleate caratterizzate da elevato contenuto di glucosinolati che possono essere utilizzati in
sinergia con i sovesci o come trattamento preimpianto di numerose colture orticole. Infine, da
qualche anno sono stati anche messi a punto formulati liquidi a base di oli vegetali
emulsionati in acqua all’1% che contengono piccole dosi di farine sia per il trattamento della
parte epigea delle colture che per una distribuzione in fertirrigazione. L’insieme di questa
gamma di prodotti offrono all’agricolture biologico una serie di opzioni nella gestione della
fertilità del suolo e nella sanificazione naturale delle piante, con ricadute secondarie sugli
aspetti nutrizionali e di contenimento naturale di alcuni patogeni, oltre che per le loro
proprietà di biostimolazione delle colture.
The new biofumigation technique by the application of new green manure plants
and dry and liquid products of the brassicaceae family
The biofumigation is a recent non chemical innovation admitted in organic farming as
atechnical in agriculture due to it is 100% based on plant materials. This technique is studied
from more than 20 years and it is now applied even at a commercial level. It is based on the
use of biomasses containing the Glucosinolate-myrosinase (GLs-MYR) typical of the
Brassicaceae family that, in addition to a positive charge of the significant application of
organic matter to the soils, are able to release volatiles with a clear and well known
allelopathic effect on some soilborne pests and pathogens. With this aim, it has been selected
green manure plants with a high level of the GLs-MYR system in the epigeal or ipogeal
apparatus. In the first case, the plants (Brassica juncea ISCI 20, and ISCI99) are able at
chopping time to amend soil with the volatile compounds while the second (Eruca sativa cv.
Nemat, Raphanus sativus) play a role of catch crops of nematodes as Meloidogyne incognita.
More recently, it has been defined pellets based on defatted residual meals with a high content
of sinigrin that can be applied alone or in synergy with green manure crops on several
horticultural and fruits crops. Finally, from some years are also available liquid formulations
base on an emulsion of vegetable oils at 1% that contain small amounts of biofumigant meals
for the biofumigation of leaves or roots by drip irrigation.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A30
Biodiversità di nematodi entomopatogeni autoctoni siciliani e loro utilizzo nel
controllo biologico di insetti fitoparassiti
D. Leone, M. Clausi, G. Rappazzo, M.T. Vinciguerra
Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali -Sezione Biologia AnimaleVia Androne 81, 95124 Catania - Università di Catania
E-mail: diego-leone@virgilio.it
I Nematodi Entomopatogeni (EPN) dei generi Steinernema e Heterorhabditis sono parassiti
obbligati e letali di insetti; da parecchi anni vengono utilizzati in tutto il mondo, con ottimi
risultati, come bioinsetticidi contro numerosi insetti parassiti di colture. In questi ultimi anni il
gruppo di Nematologia dell’Università di Catania ha intrapreso uno screaning degli EPN in
Sicilia, in particolare in zone costiere e boschive, allo scopo di conoscerne la biodiversità.
Sono stati effettuati campionamenti con metodologia standardizzata (Bedding e Akhurst,
1975) con l’utilizzo di larve dell’insetto esca Galleria mellonella, per la ricerca di specie e
ceppi autoctoni. I ceppi sono stati determinati sia con approccio molecolare (sequenze ITS1,
ITS2), che morfologico. Sono stati così isolati 35 ceppi di EPN di cui 9 appartenenti al genere
Heterorhabditis e 26 al genere Steinernema, tra cui una specie nuova rinvenuta finora solo in
Sicilia. Gli isolati di Steinernema feltiae ESA (Sant’Alfio, Etna) ed EPC (Pietracannone,
Etna), presentano caratteristiche interessanti a fini applicativi: facilità di riproduzione, lunga
capacità di sopravvivenza in laboratorio, conservazione delle capacità infettive a lungo
termine. In conclusione, il territorio siciliano ha dimostrato di possedere una grande varietà di
ceppi e specie di EPN; tale biodiversità, che può avere importanti ricadute applicative, va
sicuramente salvaguardata anche da pratiche di agricoltura biologica che utilizzano ceppi di
EPN provenienti da biofabbriche. Riteniamo quindi importante continuare lo screening di
ceppi autoctoni di EPN in Sicilia e ragionare sui possibili metodi per conservare e utilizzare
questi ceppi in alternativa a quelli industriali.
The biodiversity of autochthonous entomopathogenic nematodes in Sicily and
their use in the biological control of insect pests
The entomopathogenic nematodes (EPN) belonging to the genera Steinernema and
Heterorhabditis are obligate and lethal parasites of insects; for this reason they are employed
with success all over the world as biocides against numerous species of insect pests of crops.
Recently the Nematology research group of the University of Catania has started a screening
of the EPN present in Sicily, particularly in coastal and forest environments, with the aim of
studying their biodiversity. Sampling aimed at the screening of EPN species or strains
autochthonous has been made with standard methodology (according to Bedding and Akhurst
1975), by means of larvae of the bite insect Galleria mellonella. The isolates have been
identified both with molecular (ITS1, ITS2 sequences) and morphological approach. 35
isolates of EPN have been identified; 9 of them belong to Heterorhabditis and 26 to
Steinernema; among the latter a species new for the science, found so far only in Sicily, and
two strains of Steinernema feltiae: ESA (at Sant’Alfio, Etna) and EPC (at Pietracannone,
Etna) which show interesting characteristics for applicative purposes: both strains reproduce
easily, survive lengthily in laboratory and maintain their virulence for long periods. In
conclusion, in Sicily there is a great variety of strains and species of EPN; such biodiversity,
which can have a significant applicative fallout, deserves to be preserved, also from practices
of biological agriculture which introduces commercial strains of EPN produced by biofarms.
We consider it important, in the meantime, to go on with the screening of autochthonous EPN
in Sicily and to investigate on the practical possibility of preserving and using such strains in
our crops instead of the industrial ones.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A31
LCA e agricoltura di qualità, un esempio dalla filiera olivicola
E. Guerra1, A. Letardi2
1.
Università di Bologna; 2. ENEA C.R. Casaccia, UTAGRI ECO;
E-mail: agostino.letardi@enea.it
Analizzando “dalla culla alla tomba” tutti i processi relativi ad una produzione agricola
(coltivazione della materia prima, usi energetici ed ambientali, lavorazione, utilizzo, fine vita,
ecc.) con uno studio LCA mirato, è possibile far emergere aspetti ed impatti ambientali fino
ad ora solo parzialmente contemplati; ciò consente di ripensare e ottimizzare processi,
contenendo l’utilizzo di risorse, riducendo consumi energetici, limitando l’impiego di acqua e
le emissioni complessive.
Nell’ambito di un più ampio progetto sull’innovazione di prodotto in filiere agroalimentari
mediterranee, è stata studiata la produzione dell’olio di oliva, tradizionale, integrata e
biologica, analizzando i cinque cicli dall’allevamento delle piantine in vivaio, fino
all’imbottigliamento, utilizzando come unità funzionale 1 litro di prodotto.
La metodologia utilizzata è quella del Life Cycle Assessement (LCA), applicata al codice di
calcolo SimaPro 5.0, attraverso l’indicatore ambientale Ecoindicator 99, opportunamente
modificato, per tener conto dei costi e all’importanza attribuita al consumo quotidiano
dell’olio d’oliva nell’ambito della dieta mediterranea, così come definito dalla piramide
alimentare.
Eseguendo l’LCA comparativo delle cinque produzioni, scaturisce un discreto divario fra
esse, soprattutto nella fase della coltivazione: il danno maggiore per quanto riguarda la salute
umana e dell’ecosistema si ha, come prevedibile, nella filiera dell’agricoltura convenzionale,
ma per quanto riguarda la qualità dell’ecosistema, anche la filiera biologica presenta vari
elementi di criticità sui quali intervenire.
Emerge quindi come tale approccio di valutazione possa validamente evidenziare le criticità
dal punto di vista economico, gestionale e soprattutto ambientale, fornendo agli operatori del
comparto primario indicazioni per percorsi agronomici realmente sostenibili.
LCA and best agriculture practices, an example from the olive chain
The “cradle to grave” LCA approach to the processes related to agricultural production
(cultivation of the raw material, energy and environmental uses, processing, use, end of life,
etc..) highlights aspects and environmental impacts until now only partially considered; it
allows to rethink and optimize processes, limiting the use of resources, reducing energy
consumption, limiting the use of water and the total emissions.
In the frame of a larger project on product innovation in the Mediterranean food chains, the
traditional, integrated and organic production of olive oil has been studied, analyzing the five
cycles, from breeding of seedlings in the nursery to bottling, using one liter of product as
functional unit.
It has been used the methodology of the Life Cycle Assessment (LCA), applied to the
calculation code SimaPro 5.0, through the environmental indicator Ecoindicator 99, suitably
modified to take into account the costs and the importance attributed to the daily consumption
of olive oil in the Mediterranean diet, as defined by the food pyramid.
By performing the LCA comparison, remarkable differences, especially during the cultivation
step, emerge among the different pathways of production: as expected, the highest damage
with regard to human health and the ecosystem was performed by the conventional
agriculture sector, but as regards the quality of the ecosystem, the organic sector has several
critical factors too to be reviewed.
It is clear how this approach, used with appropriate care, can effectively highlight the critical
nodes from economic, management and, above all, environmental viewpoints, providing
indications to operators of primary sector for agronomic pathways actually “sustainable”.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A32
Valutazione di trattamenti omeopatici e tecniche compatibili con il metodo
biologico per il rafforzamento della resistenza delle famiglie di api
alle più comuni patologie
C. Lotti1, C. Sassoli1, D. Pradella2, G. Ragona3, G. Brajon3, A. Martini 1
1
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale
dell’Università di Firenze.
2
Associazione Regionale Produttori Apistici Toscani
3
Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana Sezione di Firenze
E-mail: claudia.lotti@unifi.it
L’allevamento delle api secondo il metodo biologico è sempre più diffuso nel nostro Paese.
Questo settore da anni è devastato da problemi sanitari dovuti a patologie e parassiti.
L’obiettivo del presente lavoro è testare l’efficacia del rimedio omeopatico Calcarea
Sulphurica, scelto in base ai sintomi e alla letteratura, utilizzato assieme a blocco di covata e
trattamento con acido ossalico per il controllo della varroasi. Un apiario di 20 arnie, sito sulle
colline del Chianti Fiorentino, è stato diviso at random in due gruppi sperimentali: 10
famiglie sono state trattate a scadenze prefissate con Calcarea Sulphurica 200 CH (C), mentre
10, di controllo, hanno ricevuto solo acqua (A). E’ stata monitorata, l’incidenza di Varroa d.
attraverso la conta per caduta naturale e la produzione delle famiglie tramite la pesatura delle
arnie e dei melari. I dati sono stati analizzati mediante ANOVA. La sperimentazione è iniziata
ad aprile 2011 e durerà fino alla primavera del 2013. Riportiamo i dati rilevati fino ad agosto
2011. La caduta naturale media giornaliera della Varroa è aumentata nei due gruppi dopo il
blocco di covata e il trattamento con ossalico. Dopo questo trattamento è stata rilevata una
differenza significativa fra i gruppi (71,94 C vs 134,35 A). Il peso delle arnie è risultato
significativamente cresciuto nelle due pesate effettuate ad aprile e luglio, e la produzione di
miele ad aprile è stata superiore rispetto a luglio, ma in ambedue i casi non si sono rilevate
differenze significative fra i gruppi. La prova è tuttora è in corso e non tutti i dati sono stati
analizzati, ma i primi risultati starebbero a indicare l’efficacia del rimedio omeopatico,
associato a blocco di covata e acido ossalico, nei confronti della Varroasi.
Evaluation of homeopathic treatments and organic techniques to improve the
resistance of honeybee’s families towards the common pathologies
The organic beekeeping is increasingly widespread in Italy. Health problems by parasites and
pathologies affects this field. The aim of this work is testing the efficiency of homeopathic
remedy Calcarea Sulphurica, chosen by literature and symptoms, with the block brood and
oxalic acid treatment for the Varroasis. An apiary of 20 beehives, situated in Chianti
Florentine’s hills, was divided at random in two experimental groups. At fixed date 10
families were treated with Calcarea Sulphurica 200 CH (C) and the remaining 10 received
only water (W). We recorded the incidences of Varroa D. by the count of natural mite fall,
and the production through the weight of the beehives and the supers. All data were analyzed
with ANOVA. The trial began in April 2011 and will end in spring 2013. We report the data
until August 2011. The natural fall of the average daily mite increased after the block brood
and the oxalic treatment. After this treatment the difference between groups was significant
(71,94 C vs 134,35 W). In July beehive weight resulted significantly higher than in April
instead in April honey production was higher than in July but in both case there weren’t
significant differences between the groups. The trial is still ongoing and only some data were
analyzed, but the first results would indicate the efficiency of homeopathic treatments,
associated with block brood and oxalic acid to control Varroasis.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A33
Influenza del 3,5-Dimetilpirazolfosfato (DMPP) sull’emissione di N2O
da coltivazioni di Zea mays nel Sud Italia
1
G. Maglione, 2L. Vitale, 1F. Polimeno, 2P. Di Tommasi, 3A. Fierro, 2V. Magliulo
ISPAAM-CNR, via Argine 1085, 80147 Naples, Italy
2
ISAFoM-CNR, via Patacca, 85-80056, Ercolano (Na), Italy
3
Università degli Studi di Napoli Federico II, 80126 Napoli, Italy
E-mail: giuseppe.maglione@cnr.it
1
Il protossido di azoto (N2O) è un gas serra che contribuisce al 6% al riscaldamento globale,
con un potenziale di riscaldamento globale 320 volte più grande della CO2. Il N2O viene
emesso dal suolo da processi microbici di nitrificazione e denitrificazione che sono controllati
da diversi fattori come: il contenuto di umidità, temperatura e azoto nel suolo. Al fine di
preservare la disponibilità di azoto nel terreno, i fertilizzanti con inibitori microbici sono
ampiamente usati in sistemi agricoli intensivi e questo potrebbe contribuire alla riduzione del
flusso totale di N2O fino al 90%. In questo lavoro abbiamo analizzato l’effetto di DMPP, un
inibitore della nitrificazione, sulle emissioni dal suolo di N2O da una coltura di mais.
L’esperimento è stato condotto a Napoli (Italia) durante la primavera-estate 2011. I flussi di
N2O sono stati misurati mediante la tecnica delle camere statiche. Campioni d’aria sono stati
raccolti ogni 10 min. La concentrazione di N2O è stata determinata utilizzando un
gascromatografo. Due trattamenti sono stati eseguiti: fertilizzazione azotata (controllo) e
fertilizzazione azotata con aggiunta di inibitore della nitrificazione (DMPP, Entec ®) (Entec).
Il fertilizzante è stato applicato due volte: alla semina ed un mese dopo la semina. L’aggiunta
di azoto con inibitore della nitrificazione ha determinato una riduzione delle emissioni di N2O
dai siti Entec rispetto al controllo in 30 giorni. L’assenza di un aumento nelle emissioni di
N2O sia dai siti Controllo che dai siti Entec, dopo il secondo evento di fertilizzazione,
potrebbe essere attribuibile ad un basso contenuto d’acqua del terreno. Al contrario, il picco di
emissione dopo l’evento di fertilizzazione alla semina è da attribuire all’elevato contenuto
idrico del suolo dovuto alle frequenti precipitazioni verificatesi in quel periodo.
Influence of 3,5-Dimethilphirazolphosfato (DMPP) on soil N2O emission in Zea
mays L. crop grown in Southern Italy
Nitrous oxide (N2O) is a greenhouse gases contributing 6% to global warming, having a
global warming potential 320 times as big as CO2. The N2O is emitted from soils by microbial
processes of denitrification and nitrification that are controlled by different soil-related factors
such as moisture, temperature and nitrogen content. In order to preserve nitrogen availability
in the soil, fertilizers with microbial inhibitors are widely used in intensive agricultural
systems and this could contribute to reduction of total N2O efflux up to 90%. In this work we
analyzed the effect of DMPP, a nitrification inhibitor, on soil N2O emission from maize crop.
The experiment was carried out in Naples (Italy) during spring-summer 2011. Soil N2O fluxes
were measured by static chambers technique. Air samples were collected every 10 min. N2O
concentration was determined using a gas chromatograph. Two treatments were performed:
nitrogenous fertilizer (Control plots) and nitrogenous fertilizer added with nitrification
inhibitor (DMPP, Entec®) (Entec plots). The fertilizer was applied two times: at the sown and
30 days after sown. The added of nitrogen with nitrification inhibitor determined a reduction
in soil N2O emission from Entec plots compared to Control plots within one month. The
absence of increase in soil N2O emission both from Control and Entec plots after the second
fertilization event could be attributable to a low soil water content. On the contrary, the
emission peak after fertilization event at sown is attributable to the high soil water content due
to frequent precipitations occurred in that period.
50
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A34
Utilizzo degli UAV (Unmanned Aerial Vehicle) a supporto dell’agricoltura
di precisione
A. Matese , S.F. Di Gennaro, E. Fiorillo, J. Primicerio, L. Genesio, F.P. Vaccari e A. Raschi
Istituto di Biometeorologia CNR – IBIMET CNR - Via Giovanni Caproni n° 8, 50145 Firenze
E-mail: a.matese@ibimet.cnr.it
L’agricoltura di precisione mira alla gestione della variabilità intrinseca dei fattori produttivi,
cercando di diversificare gli input per aumentare le rese e la qualità delle produzioni agricole.
La Viticoltura di Precisione (VP) è forse la massima espressione di agricoltura di precisione
ed utilizza sistemi di monitoraggio innovativi. Lo sviluppo tecnologico degli UAV
(Unmanned Aerial Vehicle) e delle fotocamere digitali multispettrali di ultima generazione,
rende oggi disponibili sistemi a parità di affidabilità, preferibili al tradizionale telerilevamento
da aereo e da satellite in termini di costi e flessibilità. Grazie al progetto del Dipartimento
Agroalimentare “Conoscenze Integrate per Sostenibilità e Innovazione del Made in Italy
Agroalimentare (CISIA)”, l’Istituto di Biometeorologia (IBIMET-CNR) ha realizzato uno
UAV a controllo remoto equipaggiato con fotocamera multispettrale per l’acquisizione di
immagini a diverse lunghezze d’onda dello spettro visibile ed infrarosso. Le immagini
acquisite ad altissima risoluzione (<0,15 m), rappresentano l’ultima frontiera applicativa della
VP, che mira a gestire il vigneto non più come una superficie omogenea ma in modalità sito
specifica, consentendo di individuare le caratteristiche intrinseche del vigneto che
conferiscono alle uve diverse qualità, e razionalizzare input agronomici e gestionali. Questa
tecnica di monitoraggio oltre che nella VP, visti i limitati costi di gestione e la flessibilità di
applicazione potrebbe essere facilmente applicata anche in altri tipi di agricoltura, in
particolar modo in quella biologica. Infatti un monitoraggio ad altissima definizione consente
di gestire la variabilità del campo in modo da intervenire tempestivamente per aumentare la
qualità e le rese. L’agricoltura biologica, che per definizione non applica i prodotti di sintesi
chimica industriali, utilizza sostanze e prodotti con un tempo di efficacia molto lungo per cui
il monitoraggio ad alta risoluzione nel tempo e nello spazio potrebbe contribuire a rendere più
efficaci gli interventi.
An Unmanned Aerial Vehicle for Precision Agriculture
The concept of precision viticulture is based on the application of differential management
practices based on the characteristics of the cultural environment. Precision Viticulture (PV)
is the ultimate expression of precision agriculture and use innovative monitoring systems. In
the last years, the availability of UAVs (Unmanned Aerial Vehicle) system and new
generation multispectral cameras makes the same reliability in terms of cost and flexibility,
than to the traditional remote sensing system (from aircraft and satellite). Thanks to the
project of the Dipartimento Agroalimentare “Conoscenze Integrate per Sostenibilità e
Innovazione del Made in Italy Agroalimentare (CISIA)”, the Institute of Biometeorology
(IBIMET-CNR) has developed a remote-controlled UAVs equipped with a multispectral
camera for capturing images. The images acquired at very high resolution (<0.15 m),
represent the ultimate application of VP, which aims to manage the vineyard, not as a
homogeneous surface but in a site-specific way, allowing to identify the grape quality
variability and to rationalize the inputs. This monitoring technique is characterized to have
limited cost and flexibility and his application could be easily applied in other types of
agriculture, especially in organic farming.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A35
Maggiore efficienza energetica dai sistemi “bio” applicati in Toscana
in ricerche di lungo periodo
M. Mazzoncini1, P. Migliorini2, P. Belloni1, V. Moschini3, P. Bàrberi4, C. Vazzana3,
D. Antichi4 - 1CIRAA E. Avanzi, Università di Pisa, Via Vecchia di Marina 6, 56122 Pisa
2
Università di Scienze gastronomiche, P.za Vittorio Emanuele 9, Fraz. Pollenzo, 12042 CN,
3
Dipartimento di scienze delle produzioni vegetali, del suolo e dell’ambiente agroforestale,
Università di Firenze, P.le delle Cascine 18, 50144 Firenze
4
Istituto di scienze della Vita, Scuola Superiore Sant’Anna, Piazza Martiri della Libertà 33,
56127 Pisa
E-mail: mazzo@agr.unipi.it
Obiettivi – Verificare la capacità dei sistemi “bio” di utilizzare in modo più efficiente
l’energia sussidiaria utilizzata nel processo produttivo. Metodologia – L’analisi energetica di
due sistemi colturali, biologico (OS) e convenzionale (CS) è stata condotta nell’ambito di due
ricerche di lungo periodo: MASCOT (Mediterranean Arable Systems Comparison Trial) a
Pisa e MOLTE (MOntepaldi Long-Term Experiment) a Firenze. L’analisi energetica di due
sistemi colturali (convenzionale – CS, e) è stata realizzata sulla base dei dati raccolti in 5 anni
di studio (2001-2006) tenendo in considerazione anche l’energia dei residui colturali. Risultati
– Entrambe le esperienze (MASCOT e MOLTE) hanno evidenziato una sostanziale riduzione
dell’energia introdotta nei sistemi “bio” rispetto a quelli convenzionali: -52% a Pisa (10,13 vs
21,24 GJ ha-1 year-1), -63% a Firenze (4,76 vs 12,72 GJ ha-1 year-1). Considerando l’energia
relativa agli output, la minore capacità produttiva dei sistemi “bio” ha determinato una
riduzione dell’energia prodotta rispetto ai sistemi convenzionali: -18% a Pisa (154,97 vs
188,87 GJ ha-1 year-1), -39% (72,06 vs 119,06 GJ ha-1 year-1) a Firenze. Di conseguenza il
rapporto output/input è risultato maggiore nei sistemi “bio” rispetto a quelli convenzionali:
+42% a Pisa (15,3 vs 8,9), +61% a Firenze (15,1 vs 9,4). Ciò ha influenzato anche la quantità
di energia impiegata per la produzione di una unità di biomassa, che è risultata inferiore nei
sistemi “bio”: 11% a Pisa e 72% a Firenze. Conclusioni – I risultati hanno evidenziato la
capacità dei sistemi “bio” di ridurre gli input colturali e di utilizzare in modo più efficiente
l’energia impiegata nel processo produttivo.
Long-term arable cropping system experiments in Tuscany reveal higher energy
efficiency with organic than conventional management
Objectives – To verify that Organic farming systems can use subsidiary energy more
efficiently than Conventional systems. Methodology - The energetic analysis of two arable
cropping systems, organic (OS) and conventional (CS) was performed in the frame of two
long-term experiments: MASCOT (Mediterranean Arable Systems Comparison Trial) in Pisa
and MOLTE (MOntepaldi Long-Term Experiment) in Florence. The analyses were performed
on data collected during a five-years period of study (from 2001 to 2006) taking into account
crop residues energy. Results - Both MASCOT and MOLTE showed a strong reduction in
total input energy under OS respect to CS: -52% (10.13 vs 21.24 GJ ha-1 year-1) in Pisa, -63%
(4.76 vs 12.72 GJ ha-1 year-1) in Florence. On the output side, the lower OS productivity
leaded to a lower level of generated energy respect to CS: -18% (154.97 vs 188.87 GJ ha-1
year-1) in Pisa, -39% (72.06 vs 119.06 GJ ha-1 year-1) in Florence. As a consequence the
output/input ratio of the OS was higher than the CS one: +42% (15.3 vs 8.9) in Pisa, +61%
(15.1 vs 9.4) in Florence. This had have a reflection on specific energy, the OS having a
energy consumption for the whole produced dry matter unit about 11% less under OS in Pisa
and 72% in Florence. Conclusion - The MASCOT and the MOLTE experiments highlighted
the capacity of OS to reduce external input and to use energy more efficiently than CS.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A36
Effetti della frigoconservazione sulle caratteristiche di qualità tecnologiche e
nutrizionali in zucchino coltivato in regime biologico
M.G. Melilli, C. Scalisi, R. d’Andria, S.A. Raccuia
CNR- Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, U.O.S. Catania, IT
E-mail: mariagrazia.melilli@isafom-cnr.it
Lo zucchino (Cucurbita pepo L.) possiede proprietà diuretiche e lassative. Povero di calorie e
ricco di acqua è uno degli ortaggi più indicati nelle diete ipocaloriche. È ricco in potassio e
contiene un buon quantitativo di vitamina C.
Essendo un ortaggio che subisce facilmente alterazioni durante le manipolazioni post raccolta,
scopo di questa ricerca è stata la valutazione delle caratteristiche di qualità tecnologiche
(resistenza allo schiacciamento e al taglio, espressa in N), e nutrizionali (contenuto in residuo
secco, sostanze minerali e potassio) in zucchino cv. Dunja coltivato in regime biologico ad
Ispica (RG), sottoposto a due temperature di frigoconservazione (0°C e 4°C) e a due modalità
di packaging (Atmosfera ambiente “AA” e sottovuoto “SV”) mediante film
PET12/EVOH5/PE65. Le analisi sono state condotte sul prodotto fresco proveniente dal
campo e ad intervalli di 3, 6 e 12 giorni di conservazione.
Alla raccolta il peso medio dello zucchino era pari a 209 g. Il calo percentuale in peso del
campione conservato rispetto al fresco, pari nella media di tutti i fattori allo studio a 1,15%, è
risultato influenzato dalla durata della conservazione e dal tipo di confezionamento. La
resistenza allo schiacciamento e quella al taglio, pari nel campione fresco a 106,6 e 17,5 N
rispettivamente, sono variati durante il periodo di conservazione riducendosi di circa il 50%
dopo 12 giorni nei campioni conservati in “AA”, e del 75% in quelli conservati “SV”. Il
contenuto in sostanze minerali e in potassio pari nella media dei fattori allo studio a 114 g kg-1
s.s. e 224 mg kg-1 p.f. sono risultati influenzati dalla tecnica e dalla durata di conservazione,
ma non dalla temperatura.
Effects of cold storage on technological and nutritional characteristics of
Cucurbita pepo grown under organic farming
The squash (Cucurbita pepo L.) has diuretic and laxative properties. Low in calories and rich
in water is one of the vegetables could be used in the low-calorie diets. It is rich in potassium
and contains a good amount of vitamin C.
Being a vegetable that can easily damaged during post harvest handling, the purpose of this
research was the evaluation of technological (resistance to crushing and cutting, expressed in
N) and nutritional quality characteristics (dry matter, ashes and potassium) in C. pepo cv.
Dunja grown under organic management in Ispica (RG). The samples were packaged in two
different ways (Air “AA” and undervacuum “SV”) using sealed bags film PET12/EVOH5 /
PE65 and then one aliquot was stored at 0°C and another one at 4°C. Analyses were
conducted at harvest and after 3, 6 and 12 days of storage.
At harvest, the average weight of the squash was 209 g. The decrease in weight recorded in
stored samples, on average of all the studied factors, was 1.15%, it was influenced by storage
time and type of packaging. The resistance to crushing and cutting of the fresh sample were
106.6 and 17.5 N respectively, and varied during the storage period decreasing by about 50%
after 12 days in samples stored in the “AA”, and 75% in “SV”. The content in minerals and
potassium on average of the studied factors resulted 114 g kg-1 d.m. and 224 mg kg-1 f.w..
Both the traits resulted influenced by the packaging method and duration of storage, but not
by temperature.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A37
Attività ed effetti collaterali di microrganismi benefici applicati a lattuga in
ambiente controllato
S. Di Marco1, O. Facini1, R. Roberti2, F. Osti1
CNR-Istituto di Biometeorologia Via Gobetti, 101, 40129 Bologna
2
DIPROVAL, Viale Fanin 46, 40127 Bologna
E-mail: f.osti@ibimet.cnr.it
1
I microrganismi benefici utilizzati in agricoltura biologica possono instaurare interazioni con
la pianta ospite in grado di proteggerla dalle malattie e di migliorarne la crescita e
l’assorbimento di soluti e acqua. Quest’ultimo aspetto potrebbe peraltro divenire importante a
causa di una prevedibile progressiva limitazione della disponibilità di acqua. Piante di lattuga
sono state allevate in vaso, in ambiente controllato per temperatura, intensità luminosa e
fotoperiodo. Le piante sono state trattate con formulati commerciali a base di Trichoderma
sp., di Glomus sp., e di loro combinazioni anche con ulteriori microrganismi benefici. Per
ciascun formulato, le applicazioni sono state realizzate secondo il seguente schema: alla
semina; alla semina e al trapianto; alla semina, al trapianto e durante la crescita in vaso. Il
consumo d’acqua è stato registrato mediante l’ausilio di appositi sensori per il contenuto
volumetrico d’acqua nel suolo (VWC). Da parte nostra abbiamo inteso valutare
contestualmente e in funzione del numero e del posizionamento delle applicazioni: l’attività
dei prodotti contro Rhizoctonia solani inoculata al terreno successivamente e il loro effetto
sull’utilizzo dell’acqua da parte della pianta. I dati ottenuti mostrano una maggiore attività dei
prodotti quando sono stati applicati alla semina e al trapianto. La maggior parte dei
microrganismi saggiati ha inoltre evidenziato un consumo d’acqua minore per unità di peso
prodotto. I formulati a base di Trichoderma mostrano la migliore combinazione tra i parametri
in prova.
Activity and effects of beneficial microorganisms applied on lettuce under
controlled conditions
Several interactions between beneficial microorganisms used in organic agriculture and the
host-plant can be established providing both disease control and an improve of growth and
water and solutes uptake. A more effective use of the water is particularly important because
of the progressive limitation of water availability according to the recent studies on global
warming. Lettuce plants were grown in pots under controlled temperature, light intensity and
photoperiod. Plants were treated with commercial formulations of Trichoderma spp. and
Glomus spp. as follows: sowing; sowing and transplantation; sowing, transplantation and
plant growing. The content of water in the soil was continuously recorded by volumetric
water content (VWC) sensors. The activity of formulations against Rhizoctonia solani
artificially inoculated in the soil, and the effect of their applications towards the plant water
consumption were assessed. Results showed the best activity when formulations were applied
at sowing and transplantation. Most of the assessed formulations allowed a reduction of water
consumption per fresh or dry mass. Generally, Trichoderma formulations showed the best
effects on the evaluated parameters.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A38
Studio delle radici del melo in fase di conversione
A. Perilli2, M. Kelderer1, A. Rainer1, S. Polverigiani2, F. Massetani2, D. Neri2
1
Centro per la Sperimentazione Agraria e Forestale, Laimburg 6, I-39040 Ora (BZ)
2
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle
Marche, via Brecce Bianche, 60131, Ancona
E-mail: Markus.Kelderer@provinz.bz.it
Lo studio della crescita radicale riveste un ruolo rilevante nell’ottimizzazione della
conduzione del frutteto. In particolare la gestione del suolo nell’interfilare è importante in
frutticoltura in funzione di incrementarne la biodiversità e la sostenibilità. La sperimentazione
proposta con il progetto RADICI, cerca di descrivere le dinamiche di crescita radicale del
melo con diverse gestioni del suolo. La prova è stata condotta su melo varietà Braeburn su
M9 messa a dimora a Laimburg (BZ) nel 2006. Dal 2010 sono a confronto quattro tecniche di
gestione dell’interfilare: inerbimento monoflora (Festuca spp.) (IF), inerbimento multiflora
(IM), interfilare lavorato (L) e interfilare lavorato con aggiunta di Compost (LC).
L’osservazione della crescita radicale con rizotroni consente di misurare l’evoluzione
dell’apparato radicale tra 0 e 0,4 m. Durante il primo anno lo sviluppo delle radici è stato
significativamente influenzato dai trattamenti, in maniera non uniforme nei diversi livelli di
profondità e non costante durante il corso della stagione. Negli strati più superficiali del suolo
la tesi IF ha mostrato gli accrescimenti significativamente maggiori. Nei mesi di luglio e,
soprattutto agosto, per tutti i trattamenti le crescite radicali sono state estremamente ridotte.
La tesi IF ha inoltre indotto sul melo diametri radicali significativamente inferiori rispetto alle
altre tesi. Lo sviluppo radicale dell’inerbimento è risultato essere correlato con gli
accrescimenti della specie arborea con andamento sincrono nei mesi autunnali. Dai primi
risultati ottenuti sembra che l’IF contribuisca a creare una zona particolarmente favorevole
allo sviluppo radicale del melo nei primi centimetri di suolo, sostenuto dall’ipotesi di un
maggior sviluppo di radici assorbenti nei primi 10 centimetri di suolo. Tuttavia ciò si potrà
confermare solo dopo le ulteriori analisi attualmente in corso.
Root studies in apple orchards in the conversion period
The study of the root growth takes on a relevant role in the optimization of the orchard
management. In particular the soil management of the inter-row is important in order to
increase the biodiversity and the sustainability. The investigation, realized within the project
RADICI, aims to detect the growth dynamic of apple tree roots under different soil
management systems. The trial is conducted on the apple variety Braeburn on M9 rootstock
(planted 2006 in Laimburg (BZ)). Since 2010 are compared four different inter-row
management techniques: monofloral sowing (Festuca spp.) (IF), multifloral sowing (IM),
mechanically treated inter-row (L) and mechanically treated inter-row with compost addition
(LC). The observation of the root growth with rhizotrons permits to measure the evolution of
the root organ between 0 and 0.4 m depth. During the first year the development of the roots
was significantly influenced by the treatments, in a not uniform manner in the different depth
levels and not constant during the run of the season. In the higher layers the IF thesis showed
the significantly highest growth results. In July and particularly August all variants
demonstrated a strong decrease in root growth. The variant IF induced furthermore
significantly lower root diameters than the other variants. The root development of the sowing
correlated with the growth of the trees. In autumn root growth of grass and trees resulted
synchronal. The first outcomes seem to indicate that IF contributes to the creation of a
favorable environment for the apple tree roots in the upper centimeters of the soil, further
sustained by the thesis of a promoted root development with absorbing function in the first 10
centimeters. However, further conclusions on that have to be found out in additional analyses
in the coming seasons.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A39
Benessere animale: la gestione sanitaria della stalla come leva di marketing per
i prodotti biologici di origine animale
A. Pirani, A. Gaviglio, M. Licitra Pedol, Università degli Studi di Milano
E-mail: alberto.pirani@unimi.it
Il concetto di benessere animale racchiude componenti fisiologiche, patologiche, ambientali e
comportamentali che condizionano positivamente o negativamente non solo le performance
produttive ed economiche dell’azienda ma anche la domanda di prodotti alimentari corredati
di un certo contenuto etico. Scopo del presente lavoro è quello di confrontare a livello
qualitativo la gestione sanitaria di allevamenti di bovine da latte che utilizzano metodi di
produzione a diverso livello intensivo: convenzionale, biologico e convenzionale-sostenibile.
Sono stati calcolati i costi totali delle principali patologie riscontrate in quattro aziende
lombarde scelte come caso di studio. I dati sono stati raccolti in apposite schede elaborate
sulla base del modello utilizzato dal Servizio di Assistenza Tecnica agli Allevatori. La spesa
sanitaria annua è stata così suddivisa in costi espliciti (spesa farmaco) ed impliciti (mancato
reddito per il latte non venduto) relativi al biennio 2009-2010. In tutte le aziende caso di
studio i principali problemi sanitari riscontrati riguardano le mastiti, le patologie respiratorie e
quelle podali. La frequenza con cui la malattia si manifesta varia in relazione al metodo di
allevamento utilizzato e, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, il metodo biologico non
risulta sempre il migliore. Anzi, i risultati indicano che spesso è avvantaggiato il metodo
intensivo-sostenibile. In generale si è notato che i costi impliciti incidono più del doppio dei
costi espliciti; è quindi opportuno per l’allevatore insistere su una gestione sanitaria della
stalla che limiti preventivamente la comparsa di patologie grazie ad un miglior stato di
benessere animale. Risulta importante quindi continuare a fare ricerca applicata sia
sull’aspetto tecnico che su quello economico del concetto di benessere animale e far capire in
primo luogo agli stessi imprenditori che perseguire un miglior livello dello stesso in stalla non
è soltanto sinonimo di onere economico ma anche di valore aggiunto della produzione. Il
benessere animale è infatti un requisito sempre più richiesto dal consumatore sia per motivi
etici sia come indicatore di qualità.
Animal welfare and quality health management: a marketing initiative for
organic animal productions
The concept of animal welfare includes physiological, pathological, environmental and
behavioral components. These are positively or negatively affect not only to the production
and the economic performance of the farm but also to the demand for ethic food. The aim of
this work is to compare to quality health management of dairy cattle farms using the
intensive, the organic and the conventional-sustainable method. It was calculated the total
costs of the main diseases using four farms chosen as a case study in Lombardy. Data were
collected in special forms developed on the basis of the model used by the Technical Service
to Breeders. The annual health spending has been so divided into explicit costs (drug costs)
and implicit (loss of income for the milk sold) for the 2009-2010 period. In all case study the
main health problems identified to mastitis, respiratory and podal diseases. In general, the
implicit costs affect more than double the explicit costs, so it is advisable for the farmer to
insist on a health management which limits in advance the occurrence of diseases due to a
better state of animal welfare. Animal welfare is a requirement increasingly demanded by
consumers and for ethical reasons and as a quality indicator.
56
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A40
Valutazione della simbiosi micorrizico-arbuscolare in agrumeti siciliani a diversa
conduzione
P. Quatrini1, F. Carimi2
Dipartimento Scienze e Tecnologie Molecolari e Biomolecolari, Università di Palermo
Viale delle Scienze ed.. 16 - 90128 Palermo.
2
CNR, Istituto di Genetica Vegetale U.O.S. di Palermo Corso Calatafimi 414 I-90129 Palermo
E-mail: paola.quatrini@unipa.it
1
La necessità di sviluppare sistemi sostenibili in agricoltura porta in primo piano le micorrize
arbuscolari (AM), come fattori essenziali della fertilità biologica del suolo. Tuttavia pratiche
agronomiche quali lavorazioni, fertilizzazioni minerali ed uso di pesticidi hanno effetti
sull’entità della simbiosi non ancora del tutto noti. Obiettivo del lavoro è stato lo studio della
diversità dei funghi AM e dell’intensità della simbiosi in agrumeti siciliani a diversa
conduzione (tradizionale e biologica) e abbandonati. Il livello di infezione micorrizica è
risultato elevato ( dal 92% al 99%) in tutti i campioni di radici esaminati confermando la
dipendenza degli agrumi dalla micorriza, nonostante i costi di C per la pianta. Il numero di
spore nel suolo rizosferico è risultato molto variabile e risente probabilmente più delle
condizioni pedo-climatiche che del sistema colturale adottato. L’identificazione dei funghi
presenti, effettuata sulle spore, indica l’esclusiva presenza del genere Glomus con almeno 4
diverse specie confermando che nei sistemi agricoli la diversità dei funghi AM si abbassa
drasticamente rispetto ai sistemi naturali. L’analisi del numero di propaguli infettivi,
effettuata secondo il metodo del Most Probable Number utilizzando il sorgo come pianta
trappola, ha mostrato una correlazione positiva con l’età dell’impianto.
In generale non sono state evidenziate particolari differenze tra agrumeti a diversa conduzione
probabilmente perché l’agrumicoltura tradizionale siciliana, anche a causa della bassa
redditività, si configura come un sistema a basso input.
Evaluation of the arbuscular mycorrhizal symbiosis in Sicilian citrus groves with
different agronomic conduction
The need to develop sustainable systems in agriculture brings up arbuscular mycorrhizas
(AM) as critical fertility elements of soils. However, agronomic practices such as tillage,
mineral fertilization and use of pesticides, have effects that are not fully known on the entity
of the mycorrhizal symbiosis. Aim of this work was to study the diversity of AM fungi and
the intensity of the symbiosis in Sicilian citrus groves with different agronomic histories
(traditional and organic) and also abandoned. The levels of mycorrhizal infection were high in
all samples examined (ranging from 92% to 99%), confirming the high mycorrhizal
dependency of citrus regardless the C costs for the plant. The number of spores in soil
rhizosphere was highly variable and probably it reflects more soil and climatic conditions
than the cropping system adopted. The identification of fungal spores indicates the exclusive
presence of the genus Glomus with at least 4 different species, confirming that the diversity of
AM fungi in agricultural systems decreases drastically compared to natural systems. The
analysis of infectious propagules, carried out by the Most Probable Number method, using
sorghum as a trap plant, showed a positive correlation with the age of plants.
In general, no particular differences were highlighted among orange trees under conventional
or organic systems probably because traditional Sicilian citrus grove is configured as a lowinput system, in part because of low profitability.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A41
Valorizzazione di germoplasma siciliano di lenticchia
S.A. Raccuia, M.G. Melilli, C. Scalisi, S. Scandurra
CNR- Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, U.O.S. Catania, IT
E-mail: salvatore.raccuia@cnr.it
La conservazione della biodiversità vegetale rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui
poggia l’agricoltura biologica. L’adozione di strategie di conservazione e valorizzazione del
materiale genetico autoctono porterebbe alla valorizzazione del Made in Italy. In quest’ottica
da diversi anni la sezione di Catania dell’ISAFOM ha iniziato un intenso lavoro di collezione,
conservazione e valorizzazione di popolazioni di lenticchia reperite in diversi areali siciliani
al fine di promuoverne la loro diffusione.
In questa nota si riportano i risultati relativi alla caratterizzazione morfologica e produttiva di
18 popolazioni di lenticchia (5 macrospeme e 13 microsperme) poste a confronto con 4 Linee
selezionate presso l’ICARDA e 5 varietà commerciali. Tutte le accessioni sono state
riprodotte in agro di Barrafranca (EN, 600 m s.l.m.) durante l’annata agraria 2004. A fine
ciclo sono stati rilevati: la statura della pianta, l’altezza di inserzione del primo baccello, il
numero di baccelli e di semi per pianta, il peso dei semi per pianta, il peso 1000 semi. È stata
inoltre determinata la resa in granella.
È stata riscontrata una buona variabilità tra le popolazioni allo studio per tutti i parametri
studiati, in particolare per l’altezza di inserzione primo baccello e resa in granella, due tra i
fattori che hanno portato alla diminuzione delle superfici coltivate in Sicilia. Le popolazioni
siciliane, nella media, hanno mostrato una statura di 36,6 cm con l’altezza d’inserzione del
primo baccello di 18,3 cm, valori non statisticamente differenti a quanto riscontrato nelle
varietà commerciali (36,8 e 18,6 cm). Le rese medie in granella delle popolazioni e delle linee
ICARDA sono risultate pari a 1,8 t ha-1.
Sicilian lentil germplasm valorization
The biodiversity is one of the main topic for organic farming. The adoption of strategies of
conservation and exploitation of indigenous genetic material would lead to the promotion of
Made in Italy. From several years the section of Catania of the ISAFOM began an intensive
work of collection, preservation and valorisation of lentil populations collected in different
areas of Sicily s in order to promote their cultivation.
In this paper the results concerning the morphological and productive characterization of 18
populations of lentil compared with 4 Lines selected at ICARDA and 5 commercial varieties
are reported. All the accessions were reproduced at Barrafranca (EN, 600 m s.l.m.) during
2004.
At the end of the cycle on a representative number of plants have been recorded: the heigh of
the plant, the height of the first pod insertion, number of pods and number of seeds per plant,
weight of seeds per plant, the weight of 1000 seeds. It was also determined the yield of grain.
It was found a good range of variability among populations for all studied parameters,
especially for the height of the first pod insertion and grain yield, two of the factors that led to
the decrease of cultivated area in Sicily. The Sicilian populations, on average, showed an
height of 36.6 cm with the height of the first pod insertion of 18.3 cm, values not statistically
different to that found in commercial varieties (36.8 and 18.6 cm, respectively). On average
the grain yields recorded in the populations and ICARDA lines resulted 1.8 t ha-1.
58
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A42
Produzione di energia da biomasse residuali in carciofo e patata
S.A. Raccuia, A. Ierna, M.G. Melilli, P. Calderaro, S. Scandurra
CNR – Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo U.O.S. Catania, IT
E-mail: salvatore.raccuia@cnr.it
L’attenzione ai consumi energetici diretti e indiretti del settore agricolo e le possibilità di
impiego di fonti rinnovabili di energia assumono una grande rilevanza per un’agricoltura
sostenibile e ben si integrano in un sistema di coltivazione in regime biologico.
Tra le colture maggiormente diffuse in Italia meridionale l’attenzione è stata rivolta alle
biomasse residuali di carciofo (Cynara cardunculus L. subsp. scolymus (L.) Hegi), e patata
novella (Solanum tuberosum L.), colture che ricoprono in Italia meridionale rispettivamente
superfici di circa 45.000 Ha e 20.000 Ha. Riguardo al carciofo la ricerca è stata condotta in un
biennio di prove agronomiche utilizzando le cultivar “Violetto di Sicilia” e “Romanesco”, tra
le più diffuse in Italia. Dopo la raccolta dei capolini è stata determinata le resa in biomassa
residua, e la sua composizione chimica per il calcolo dell’energia ottenibile. I risultati hanno
messo in evidenza, nella media del biennio, una produzione di biomassa residua di 9,6 t ha-1
s.s. (“Violetto di Sicilia”) e di 15,7 t ha-1 s.s. (“Romanesco”), per una produzione di energia
pari a 128 e 250 MJ ha-1 rispettivamente.
Con riferimento alla patata in un biennio sono state valutati i residui colturali di due cultivar
di patata: “Arinda”, tra le più diffuse in coltura precoce in Sicilia e “Bionica”, nuova varietà
adattabile alla coltura precoce in regime biologico. La biomassa totale residua è stata pari in
media a 1,1 t ha-1 s.s. in “Arinda” e 2,0 t ha-1 di s.s. in “Bionica”. I tuberi di scarto, che hanno
rappresentato il 53% in Arinda e il 35% in Bionica hanno prodotto rispettivamente 1,7 e 1,5 t
ha-1 di amido, utilizzabile ai fini della produzione di etanolo, a cui si aggiunge la biomassa
epigea residua che ha rappresentato il 42% in Arinda e il 59% in Bionica e che ha prodotto
13,2 MJ ha-1 di energia.
Energy production from globe artichoke and potato biomass residues
Focusing on energy consumption of the agricultural sector and using renewable resources of
energy have high importance for sustainable agriculture and they well fit into organic farming
system.
Among the most spread crops in southern Italy the attention has been focused on the residual
biomasses of globe artichoke (Cynara cardunculus L. subsp. scolymus (L.) Hegi), and early
potato (Solanum tuberosum L.), these crops cover areas of about 45,000 and 20,000 hectares
respectively.
About globe artichoke, the research was conducted in two years of cultivation using the
cultivar “Violetto di Sicilia” and “Romanesco”, the most widespread in Italy. After the heads
harvest, it was determined the yield of residual biomass and its chemical composition to
obtain the energy production. The results have shown, on average of the two years, a residual
biomass of 9.6 t ha-1 d.m. (“Violetto di Sicilia”) and 15.7 t ha-1 d.m. (“Romanesco”), with a
production of energy of 128 and 250 MJ ha-1 respectively.
Concerning to the early potato in a two-year trials were evaluated crop residues of two potato
cultivars: “Arinda” the most common cultivar used in early crop in Sicily and “Bionica”, a
new cultivar suitable for early production in organic farming. The total biomass remaining
after tubers harvest was on average 1.1 t ha-1 d.m. in “Arinda” and 2.0 t ha-1 d.m. in
“Bionica”. The potato tuber waste, which represent the 53% (“Arinda”) and 35% (“Bionica”)
produced 1.7 and 1.5 t ha-1 of starch, that could be used for the production of ethanol;
moreover the aboveground biomass residues were 42% and 59% in “Arinda” and “Bionica”
respectively, with a production of energy of 13.2 MJ ha-1.
59
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A43
Oli essenziali per la concia delle sementi e per il controllo delle malattie trasmesse
da seme
L. Orzali, E. Lotti, E. Marinelli, L. Riccioni
CRA-PAV, Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale, Via C.G. Bertero 22, 00156 Roma
E-mail: luca.riccioni@entecra.it
Nell’ambito di due progetti finanziati dal Mipaaf, di cui uno nell’ambito del Piano Nazionale
Sementiero Biologico, sono stati condotti studi con l’obiettivo di mettere a punto interventi di
concia biologica efficaci nel contenimento di patogeni trasmessi dal seme, attraverso
l’impiego di oli essenziali. Sono stati presi in considerazione gli oli essenziali di timo, di
melaleuca, di rosmarino, di alloro, di chiodi di garofano, di menta piperita e di origano. Gli oli
sono stati saggiati su alcuni importanti agenti patogeni trasmissibili dalle sementi: Diaporthe
phaseolorum e Phomopsis longicolla da soia, Micosphaerella pinodes, Phoma pinodella, P.
medicaginis da pisello proteico, Aschochyta lentis da lenticchia, Colletotrichum
gloeosporioides da lupino, Fusarium fujikuroi da riso, C. lindemuthianum da fagiolo, A.
rabiei da cece, F. culmorum, F. graminearum e Drechslera avenae da grano, Alternaria
radicina e A. dauci da carota. La loro efficacia nell’inibire la crescita dei funghi è stata
valutata “in vitro”, attraverso la crescita miceliare su substrato artificiale. L’efficacia dell’olio
di timo e di melaleuca è stata inoltre saggiata “in vivo”, esaminando in laboratorio lo sviluppo
del fungo sul seme dopo trattamento ed in serra, attraverso la valutazione dei sintomi sulle
piantine. E’ stata valutata anche la dose fitotossica che determina una significativa riduzione
di germinabilità del seme. Le prove hanno mostrato che tutti gli oli saggiati possiedono un
evidente effetto di inibizione dose-dipendente sulla crescita miceliale. Inoltre, è emerso che
gli oli di timo e di melaleuca sono efficaci nel ridurre la percentuale di seme infetto e nel
ridurre la gravità di attacco sulle piantine ai primi stadi di crescita. I risultati forniscono quindi
promettenti aspettative per l’utilizzo degli oli essenziali come trattamento al seme in
agricoltura biologica.
The use of essential oils as seed treatment against seedborne diseases
Within two projects financed by MIPAAF, studies were performed in order to develop and
improve organic seed treatments allowed in organic farming, that are effective in containing
fungal pathogens transmitted by seed through the use of essential oils. In these studies,
essential oils of thyme, tea tree, rosemary, laurel, cloves, peppermint and oregano have been
tested for their antifungal activities against some important pathogenic seedborne fungi:
Diaporthe phaseolorum and Phomopsis longicolla from soybean, Micosphaerella pinodes,
Phoma pinodella, P. medicaginis from pea, Aschochyta lentis from lentil, Colletotrichum
gloeosporioides from lupine, Fusarium fujikuroi from rice, C. lindemuthianum from bean, A.
rabiei from ceackpea, F. culmorum, F. graminearum and Drechslera avenae from wheat,
Alternaria radicina and A. dauci from carrot. The antifungal activity of the oils was evaluated
by “in vitro” assay on artificial medium. The effectiveness of thyme and tea tree oils was
tested by “in vivo” assays through the evaluation of the pathogen development on treated
seeds in laboratory and of the seedling symptoms in greenhouse. Moreover, the phytotoxicity
oil concentration that reduces germination on seed was considered for each culture. Results
show that all the oil tested have a clear inhibitor effect on fungal growth. In addition, thyme
and tea tree oils were found to be effective in reducing seed infected percentage and in
lowering severity on seedlings at the first developing stages. Results provide promising
expectations for the use of essential oils as seed treatments in organic farming.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A44
Uso di sostanze pellicolanti naturali per il “coating” delle sementi
L. Riccioni 1, B. Immirzi2, L. Orzali 1, G. Santagata2, M. Malinconico2
CRA, Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale, Via C.G. Bertero 22, 00156 Roma
2
CNR, Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri, Via Campi Flegrei 34, 80078 Pozzuoli,
E-mail: luca.riccioni@entecra.it
1
L’uso del “coating” nelle sementi è una pratica diffusa da anni per scopi diversi. Nel nostro
studio, si è voluto valutare l’uso di particolari polimeri biodegradabili appartenenti alla
famiglia dei polisaccaridi come protettori e veicolanti di oli essenziali per la lotta ai funghi
trasmissibili per seme. Su semente di grano duro sono stati quindi saggiati diversi tipi di
pellicolatura da soli o contenenti diverse concentrazioni degli oli essenziali di timo (Thymus
vulgaris) e di melaleuca (Melaleuca alternifolia) e applicati con diverso spessore, al fine di
individuare il trattamento più efficace con il minor effetto negativo sulla germinabilità.
L’efficacia del trattamento nel ridurre lo sviluppo dei funghi sul seme è stata valutata sia su
semente naturalmente infetta da Fusarium spp., sia su semente artificialmente infettata con F.
graminearum, uno dei principali agenti causali del “mal del piede” nei cereali. Per verificare i
risultati preliminari sono state eseguite prove in serra con seme sano su terreno inoculato con
il fungo e con seme infetto su terreno non inoculato, trattato con il pellicolante contenente
l’olio essenziale. I risultati mostrano che il trattamento pellicolante con gli oli essenziali
riduce lo sviluppo dei funghi su seme senza alterarne la germinabilità, e riduce la gravità di
attacco sulle piantine ai primi stadi di crescita. Studi al microscopio a scansione hanno
permesso di osservare la stabilità della struttura superficiale del trattamento pellicolante su
cariossidi di grano duro e tenero entro le 48 ore dall’inizio dell’imbibizione con acqua, ed in
seguito a trattamento di congelamento.
The use of a natural film as seed-coating
The use of seed coatings in agriculture has been for many years a common procedure applied
for various purposes. In this study special biodegradable polymers of polysaccharides have
been evaluated as protectors and essential oils vehiculators for managing seedborne diseases.
Different kinds of coatings, with or without thyme (Thymus vulgaris) and tea tree (Melaleuca
alternifolia) essential oils incorporated at different concentrations, and applied with different
thickness, were tested on durum wheat seeds in order to identify the best effective treatment
that doesn’t affect seed germinability. The treatment effectiveness in reducing fungal
development was evaluated both on Fusarium spp. naturally infected seeds and on seeds
artificially infected with F. graminearum, one of the causal agents of root and foot rot in
cereals. Preliminary results were verified by greenhouse assays with essential oil incorporated
in the coating using: a) healthy seeds sown on soil artificially infected with the fungus, b)
artificially infected seeds on healthy soil. Results show that coating treatment with essential
oils reduces fungal growth on seeds without affecting germinability and lowers severity on
seedlings at the first developing stages. Scanning electron microscope studies allowed to
monitor the superficial structure stability of the coating treatment on durum and common
wheat seeds within 48 hours from the beginning of water imbibition and after the deepfreezing treatment.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A45
Evoluzione della fertilità nel sistema suolo-pianta in un agrumeto biologico:
i risultati di uno studio multidisciplinare di lungo termine
G. Roccuzzo1, 2, F. Intrigliolo 1, B. Torrisi1, C. Ciaccia 3, F. Tittarelli3,
S. Canali 3, P. Rapisarda1
1
CRA – Centro di ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee
2
Indirizzo attuale: C.R.A. – Centro di ricerca per la Frutticoltura
3
CRA – Centro di ricerca per lo studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo
E-mail: giancarlo.roccuzzo@entecra.it
In un agrumeto adulto nell’azienda sperimentale del CRA-ACM è stata avviata nel 1995 una
prova di pieno campo, allo scopo di valutare gli effetti di trattamenti fertilizzanti con diversi
materiali [pollina-POL, ammendante compostato verde-ACV, letame-LET, controllo
minerale-MIN] su qualità del suolo, stato nutrizionale delle piante, produttività e qualità dei
frutti.
Al fine di incrementare il riciclo di sostanza organica all’interno del sistema, nel 2001 nella
tesi ACV è stato impiegato un compost di qualità prodotto dal CRA-ACM utilizzando residui
di potatura e sottoprodotti dell’industria agrumaria. L’originario schema a blocchi
randomizzati è stato, inoltre, suddiviso, introducendo la riduzione del 25% della dose (N)
come secondo fattore.
Nel 2001 sono state rilevate lievi differenze tra i trattamenti per produttività, stato nutrizionale
delle piante e parametri chimici del suolo. Alcuni parametri biochimici del suolo hanno
rilevato precocemente modifiche nella fertilità del sistema.
Alla fine del secondo ciclo (2006) sono emerse differenze significative tra i trattamenti per
molti dei parametri rilevati. I diversi apporti di carbonio, a parità di dose azotata, hanno
comportato incrementi significativi e proporzionali della sostanza organica, influenzando la
disponibilità di molti nutrienti. Nella tesi ACV è risultato evidente l’aumento dell’efficienza
d’uso di P, K e alcuni microelementi. La produttività ha risentito significativamente della
riduzione del 25% degli apporti di N, che non ha, invece, modificato stato nutrizionale e
qualità dei frutti. I dati dei principali parametri nutrizionali e produttivi sono stati analizzati
con tecniche di statistica multivariata ed è stato possibile differenziare i trattamenti,
individuando alcuni indicatori agroecologici.
Evolution of fertility in the soil-plant system of organic citrus: results of a longterm multidisciplinary study
In 1995 a field trial in a bearing orange grove of CRA-ACM experimental farm was set up,
with the aim to evaluate the effects of different fertilizer treatments [chicken manure, green
compost, farmyard manure, mineral fertilizer as control] on soil quality, tree nutrient status,
yield and fruit quality.
To increase organic matter recycling in the system, from 2001 the green compost was
produced in the CRA-ACM farm, utilizing pruning residues and by-products of the citrus
juice industry. Moreover, the original design (randomized blocks) was splitted, introducing
the 25% reduction of N dosage as a second factor.
In 2001 few differences were observed as far as yield, tree nutritional status and soil chemical
parameters were concerned. Soil biochemical parameters were successful in early detection of
changes in system fertility.
After the second cycle (2006) significant differences were clearly noticed among treatments.
The different carbon inputs, at the same N dosage, caused the proportional soil organic matter
increase, thus influencing nutrients availability. In the green compost treatment the increase of
P, K and microelements use efficiency was noticed. Yield was significantly lower at reduced
N dosage, but this did not modified nutritional status and fruit quality. Multivariate analysis of
the data set allowed to differentiate treatments, identifying few agro-ecologic markers.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A46
Impatto ambientale di differenti stili alimentari del consumatore moderno
G. De Blasi, A. De Boni, R. Roma
Dip. Scienze Agro-ambientali e Territoriali, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
E-mail: rocco.roma@agr.uniba.it
Gli stili di vita, le modalità di acquisto degli alimenti e le diverse tipologie di diete, giocano
un ruolo importante sull’impatto ambientale generato complessivamente dalle attività umane.
Inoltre la recente evoluzione dei consumi alimentari ha portato: a prodotti alimentari
innovativi, ad una tendenza al consumo di prodotti fuori stagione e di alimenti ad alto
contenuto di servizi; all’aumento della complessità ed allungamento delle catene alimentari; al
sempre più frequente ricorso a modelli intensivi di gestione delle aziende agricole. E’
necessario analizzare gli impatti ambientali di questi differenti abitudini alimentari, usando
strumenti oggettivi e comparabili, al fine di definire modelli sostenibili di consumo, che
considerino i diversi metodi di produzione agricola (biologica vs convenzionale), i differenti
input e la distanza media dai luoghi di produzione. Questo contributo è parte del progetto
MiPAAF SAFEBIO (lead partner INEA) che studia la sostenibilità della dieta biologica.
Utilizzando i primi risultati del progetto, volti ad individuare i prodotti, selezionati seguendo
criteri economici, ambientali e nutrizionali, delle diete convenzionali e biologiche, si sono
definiti dei modelli di consumo, per i quali è stato svolto uno studio completo d’impatto
ambientale, utilizzando la metodologia Life Cycle Assessment (LCA) per tutti gli alimenti
compresi nelle diete. I risultati ottenuti hanno permesso di valutare gli effetti ambientali del
comportamento e dello stile di vita dei consumatori in relazione alle loro scelte alimentari. In
particolare, dallo studio sono emerse informazioni utili riguardo il valore ambientale degli
alimenti legato alle tecniche di produzione (biologica o convenzionale, utilizzo di risorse
energetiche alternative, etc.). I risultati contengono utili suggerimenti per le politiche locali a
supporto della fornitura di alimenti (mense scolastiche, ospedali, ecc.) e dell’innovazione
tecnologica nelle produzione alimentare, in grado di conciliare le esigenze nutrizionali,
economiche ed ambientali. Inoltre, i risultati possono essere utilizzati fornire informazioni ai
consumatori corrette ed aggiornate riguardo al valore ambientale degli alimenti. Questo può,
sicuramente, spingere la domanda, sia pubblica che privata, di alimenti “environmentally
friendly”, specialmente dei prodotti biologici, che tradizionalmente sono più sostenibili sia
sotto l’aspetto della salute umana, che di quello ambientale.
Environmental impact of modern consumer’s food habits
According to the agri-food system concept, there is a strong relation between production level
and consumption ones. The aim of this study is to analyse environmental impacts of different
food habits using similar tackle to classify sustainable food consumption models, taking into
account the different agricultural methods (e.g. organic vs conventional). It is part of
MiPAAF’s research projects “SafeBio” in which there have been defined the dietary
characteristics of different behavior models, as in ISTAT family clusters, and their
environmental impacts have been evaluated. Life Cycle Assessment (LCA) methodology has
been used for the environmental impact study of foods in each diet. Results allowed to
estimate consumers’ behavior and life styles environmental effects correlated to their foods
choices and dietary habits. The outcome enclose suggestions for local policies about foods
supply and foods production technology support, to bring together nutritional, economical,
and environmental requirements. Beside, customer demand for “environmentally friendly”
products may be enforced by these new “eco-information” on food, especially the organic
ones, traditionally more sustainable under both environmental and human health aspects.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A47
Efficacia di un prodotto naturale nei confronti di alcuni patogeni
delle piante agrarie
D. Rongai
Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale - Via C. G. Bertero 22, 00156 Roma
E-mail: domenico.rongai@entecra.it
L’uso di prodotti chimici per la difesa delle colture agrarie può causare problemi per
l’ambiente e la salute umana. Tale consapevolezza ha provocato un maggiore interesse ad
utilizzare prodotti fitoiatrici meno tossici e più rispettosi per l’ambiente. Nel presente lavoro
si riportano i risultati ottenuti con un formulato a base di farina disoleata di Brassica carinata
opportunamente trattata e olio vegetale, preparata come emulsione acquosa. In queste prove il
formulato è stato efficace verso oidio del melone (Erysiphe cichoracearum – DC) e oidio
della barbabietola da zucchero (Erysiphe betae – Vanha). Nelle prove di laboratorio il
formulato ha provocato la “distorsione” del 94% dei conidi mentre solo 2% di conidi distorti
erano presenti nel controllo non trattato. Il formulato ha ridotto significativamente la
percentuale della superficie fogliare in barbaietola da zucchero allevata in serra. L’area
fogliare infetta da oidio è stata del 59% per il non trattato e 9,9% per le piante trattate col
formulato. Prove preliminari hanno mostrato una buona efficacia anche sull’occhio di pavone
su olivo (Fusicladium oleagineum - Cast., Ritschel & Braun). Il formulato ha fatto registrare
una germinazione conidica del 20% contro il 56% del controllo non trattato. Valori analoghi
si sono osservati anche in pieno campo, dove la percentuale di foglie infette a fine dicembre
2010 è stata del 3 e 41%, rispettivamente per formulato e controllo non trattato. Se a tali
risultati aggiungiamo il fatto che nelle prove eseguite non sono emersi fenomeni di
fitotossicità, è ipotizzabile che questo formulato possa essere adatto ad essere utilizzato in
programmi di lotta biologica e integrata, favorendo così strategie a basso impatto ambientale.
Parole chiave: glucosinolati, prodotti a basso impatto ambientale, lotta biologica, Brassica carinata
Efficacy of natural product for the control of some plant pathogens
The use of chemical fungicides for plant defence caused problems for environment and
human health. This situation has prompted an increased demand for environmentally-frendly
produts. In this work are reported results obtained by a formulation, consisting of a dispersion
of Brassica carinata meal in vegetable oil. In these trials the formulation was effective
against cucumber powdery mildew (Erysiphe cichoracearum – DC) and sugar beet powdery
mildew (Erysiphe betae – Vanha). In laboratory test, formulation caused 94% of conidia to be
distorted while only 2% of distorted conidia were present in the untreated group. Formulation
significantly decreased the percentage of infected sugar beet leaf tissue in the greenhouse. The
leaf area infected by powdery mildew was 59% for untreated and 9.9% for plants treated with
formulation. Preliminary trials have demonstrated a good efficacy on Olive Leaf Spot (OLS)
caused by (Fusicladium oleagineum - Cast., Ritschel & Braun). Formulation showed a
significantly lower conidium germination level (20%), if compared with untreated control
(56%). Similar values were also observed in the field trials. At the end of December 2010 the
percentage of infected olive leaves was 3% for formulation and 41% for untreated control. If
at these results we add that the tests did not reveal any phytotoxicity, it is conceivable that this
formulation can be used in biological control and integrated programs, thus promoting
strategies with low environmental impact.
Key words: glucosinolates, environment-friendly products, biological control, Brassica carinata
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A48
Valore nutritivo dell’insilato di mais e di sorgo: degradabilità ruminale della
frazione fibrosa nella bufala mediterranea italiana
F. Sarubbi, R. Palomba, G. Auriemma, R. Baculo, G. Maglione
CNR-ISPAAM Via Argine 1085, 80147 Napoli, Italia
E-mail: fiorella.sarubbi@ispaam.cnr.it
A causa degli elevati costi energetici e della necessità di ridurre i consumi di acqua si è
sempre alla ricerca di metodi più efficienti che prevedano un minor consumo energetico e di
acqua per la produzione foraggera. L’insilato di mais rappresenta la principale base foraggera
nella razione di bufali e bovini, ma presenta alcuni limiti in termini di produzione e qualità:
enormi rischi di contaminazione da micotossine ed enormi consumi idrici ed energetici.
L’insilato di sorgo può essere un’interessante alternativa. Lo scopo di questo studio è stato
quello di ottenere informazioni sui valori nutrizionali dell’insilato di mais rispetto all’insilato
di sorgo. Un totale di 60 campioni di silomais e 60 di silosorgo stati utilizzati. I campioni
giunti in laboratorio sono stati essiccati, macinati e analizzati per le studio delle caratteristiche
chimiche. I valori di RFV, RFQ e di CH4 sono stati calcolati matematicamente. L’ANOVA è
stata utilizzata per confrontare statisticamente i risultati. I risultati ottenuti hanno mostrato una
più alta concentrazione energetica del sorgo, ma con una minore efficienza energetica; oltre
ad un più alto valore di RFV ed una maggiore concentrazione in fibra. La produzione di CH4
è risultata minore nel sorgo rispetto al mais. La degradabilità ruminale dell’ADF, dell’emicellulosa e della cellulosa nel mais è risultata inferiore rispetto al sorgo, mentre per l’NDF si è
avuto un comportamento opposto. Appare evidente che con i dovuti accorgimenti tecnici è
possibile utilizzare il sorgo al posto del mais, in particolare nelle aree marginali e aride dove
la coltivazione del mais risulta più complessa.
Nutritive value of maize and sorghum silages: Fiber fraction degradation in
buffalo cows
Because of rising energy costs and the need for water conservation, agricultural producers are
looking for more efficient methods of water utilization in crop production, hence it is clear
how is important to investigate on the quality and the nutritional characteristics of other silage
alternatives to maize silage. Maize silage represents the main forage in the diets of dairy and
buffalo cows, but shows some weak aspects in terms of qualitative and quantitative
production: a huge contamination by mycotoxins, the maize parasites and the increasing cost
of irrigation. Sorghum silage can be an attractive alternative crop for some producers. The
aim of this study is to obtain information on nutritive values and nutritional characteristics of
maize compared to sorghum silage. A total of 60 sorghum silage and 60 maize silage were
used in the present work. Because in both silage the chemical characteristics change
according to variety, harvesting date, DM concentration, and ensiling techniques, sampling
was done in random order, to obtain results representative of the farm. After ensiling, 3
representative samples were taken for each forage. The samples were pooled, dried, milled
and analyzed for chemical characteristics. Relative Feed Values (RFV) and Relative Forage
Quality (RFQ) were calculated according to NRC (2001). The equation of Moe and Tyrrell
(1979) was used to predict CH4 production. ANOVA was used to evaluate statistical
differences. The highest concentration of gross energy in the sorghum does not correspond to
a higher-energy efficiency compared to maize. The major content of RFV in sorghum was
related to major content of fiber fractions compared to maize. The methane production is
significantly lower in sorghum than maize (63.48 and 103.00, respectively). The maize has an
effective degradability of ADF, hemicelluloses and cellulose always lower than in sorghum.
NDF degradability was higher in maize compared to sorghum. Therefore, it should be
possible to substitute maize silage with sorghum silage in the diet of buffaloes, particularly in
marginal and arid areas.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A49
Il ruolo dell’agricoltura biologica nel contrasto al cambiamento climatico
M. Canavari 1, C. Signorotti1, S. Albertazzi2, G. Baldoni2, G. Vitali2
Dip. Economia e Ingegneria Agrarie, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
2
Dip. Scienze e Tecnologie Agro-Ambientali, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
E-mail: claudio.signorotti2@unibo.it
1
Il rapporto 2009 della FAO sulla sostenibilità dei sistemi agricoli moderni riporta che
l’agricoltura contribuisce al riscaldamento globale per una percentuale compresa tra il 10% e
il 12% del totale complessivo, con una stima di 5,1-6,1 Gt CO2 equivalenti per anno. È
diventato quindi di estrema importanza per i decisori pubblici dei paesi occidentali
comprendere in che misura forme innovative di agricoltura, come l’agricoltura “biologica”,
siano in grado di limitare le emissioni di gas serra e garantire un bilancio positivo della
quantità di carbonio fissata in modo stabile nel suolo.
L’agricoltura contemporanea non può fare a meno del supporto della fertilizzazione. Il
regolamento comunitario evidenzia che nell’agricoltura biologica la fertilità deve essere
raggiunta tramite rotazioni pluriennali, legumi ed altre colture a sovescio e sostenuta
dall’applicazione di letame o altro materiale organico derivante da produzione biologica.
Il punto centrale è che in agricoltura biologica sono assenti le emissioni derivanti dai prodotti
di sintesi e che quindi il sequestro del carbonio nel terreno tende ad essere maggiore che
nell’agricoltura tradizionale, per via della maggiore attenzione alla salute del suolo ed alla
biodiversità. Esistono tuttavia alcuni effetti di tipo opposto, che riguardano i due gas a
maggiore potere riscaldante, ed in particolare il metano, la cui emissione deriva dalle
operazioni meccaniche, dalla gestione del letame e dai processi metabolici del bestiame, che
sono spesso caratteristiche fondamentali delle aziende di tipo biologico.
A role for organic farming systems in climate change mitigation
The 2009 FAO report on the sustainability of farming systems declares that agriculture
contributes to global warming with a percentage between 10% and 12% of total emissions,
providing an estimate of 5,1-6,1 Gt CO2 equivalents per year. It has become extremely
important for public authorities to better understand how the new forms of agricultural
techniques, like organic farming, can reduce green house gas emissions and reach a positive
net balance of the quantity of carbon which is stored permanently in the soil.
There is no doubt that modern agriculture cannot cope with demand without the help of
fertilization. EU Regulation prescribes that in organic farming the soil fertility is to be
reached through periodical rotations, legumes and green manures and is to be maintained by
the application of manure and other organic material obtained in organic farming activity.
The key point is that in the organic farming the saving in the emissions from chemical
products and the carbon storage tends to be greater than in conventional farming, due to the
care for the soil and biodiversity. However, there are contrasting effects, which regards the
two gases with greater warming power, and in particular methane, whose flux come from
mechanical operations, manure management and livestock metabolic processes.
66
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A50
Valutazione degli effetti benefici di rizobatteri promotori della crescita (PGPR)
sullo sviluppo della pianta e la resistenza a stress biotici in agricoltura biologica
O. Petruzzelli 1, M Ferrara 2, F Cillo 1, F Nigro 2 and L Stavolone1
1 CNR, Istituto di Virologia Vegetale, via Amendola 165/A, 70126, Bari, Italy
2 Dip. Biol. e Chimica Agro-forestale ed Ambientale, Università degli Studi di Bari,
via Amendola 165/A, 70126, Bari, Italy
E-mail: l.stavolone@ba.ivv.cnr.it
Le interazioni pianta-microrganismi benefici nella rizosfera sono essenziali per lo sviluppo
delle radici, la nutrizione e la crescita della pianta. La perdita di fertilità dei suoli agricoli è
dovuta alla riduzione di sostanza organica ma specialmente dalla riduzione di microflora
edafica. I batteri promotori della crescita (PGPR), alcuni dei quali disponibili in bioformulati
commerciali, stimolano la crescita e la naturale resistenza della pianta alle malattie. In questo
studio è stato valutato l’effetto di una nuova miscela di PGPR, a base di ceppi di
Pseudomonas spp. e Bacillus spp., sulla crescita, la produzione e la tolleranza ai patogeni di
piante ortive coltivate in pieno campo in un’azienda biologica, usando come controllo piante
trattate con acqua e bioformulato Sublic© (Elep Biotechnologies SpA) e monitorando
l’incidenza di infezioni naturali di funghi e virus. Piante trattate con PGPR sono state anche
saggiate per la resistenza/tolleranza ad infezioni indotte mediante inoculo meccanico di virus
selezionati. Il trattamento con la nuova miscela di PGPR ha fortemente stimolato la crescita
delle piante anticipando l’epoca di raccolto per alcune di esse. La validità della nuova
miscela sullo sviluppo e la tolleranza ai patogeni delle piante viene discusso assieme alle
differenze riscontrate con l’impiego del bioformulato commerciale.
Testing the beneficial effects of plant growth promoting rizobacteria (PGPR) on
plant fitness and resistance to biotic stresses in organic farming
The relationships between plants and beneficial microorganisms in the rhizosphere (e.g.
mycorrhizas, fungi and bacteria) are essential for root development, plant nutrition, and
growth enhancement. The decline of agricultural soils fertility is due not only to the reduction
of organic matter content, but expecially to the depletion of the edaphic microflora. Plant
Growth Promoting Rhizobacteria (PGPR) have been proven to stimulate plant growth and the
natural resistance towards diseases. Some bacterial bioformulations are available on the
market for the use in agriculture. In this study, the effects of a new PGPR mixture (based on
Pseudomonas spp. and Bacillus spp. strains) on plant growth, yield, and tolerance to
pathogens of several horticultural crops, were evaluated. The experiments were conducted in
a commercial orchard cultivated according to the organic farming system. Plants treated with
water and the bioformulate Sublic© (Elep Biotechnologies SpA) were used as controls. The
incidence of naturally occurring diseases caused by fungi and viruses was monitored. PGPRtreated plants were also monitored in a greenhouse and challenged for resistance/tolerance to
selected pathogen infections by means of mechanical inoculations of pathogenic viruses and
fungi. Treatments with the new developed PGPR mixture greatly enhanced plant growth and
significantly anticipated the harvesting of some horticultural crops. The effectiveness of the
new PGPR mixture on plant fitness and tolerance to viral and fungal diseases, as well as the
differences with the commercial bioformulation, are also discussed.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A51
Prodromus alla lotta biologica di precisione a Ceratitis capitata in
agro-ecosistemi complessi
P. Trematerra1, M.R. Tabilio2 & A. Sciarretta1
1
Università degli Studi del Molise, Dipartimento SAVA, Campobasso
2
C.R.A. - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
E-mail: trema@unimol.it
Vengono riportati i risultati di indagini sulla distribuzione spazio-temporale degli adulti di
Ceratitis capitata. Lo studio, della durata triennale, è stato effettuato in una zona situata nel
comprensorio del Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma, su una estensione di circa
500 ettari. In proposito si è allestita una griglia di 48 trappole a colla innescate con trimedlure,
posizionate sia nei frutteti che in altri elementi dell’agro-ecosistema, quali appezzamenti
coltivati a seminativo, boschetti, siepi, giardini privati e un vivaio. I dati ottenuti sono stati
elaborati per realizzare le mappe di distribuzione delle popolazioni di C. capitata nell’area
indagata. In tale modo si è evidenziata la dinamica spazio-temporale degli adulti, i punti di
massima densità delle infestazioni e l’origine del volo stagionale. Inoltre è stato possibile
studiare il ruolo svolto dalle piante ospiti coltivate o selvatiche e l’effetto esercitato da alcuni
elementi del paesaggio sulla distribuzione della Mosca della frutta. Nel corso del triennio le
trappole hanno catturato 114.994 individui (91% maschi e 9% femmine). La distribuzione
spazio-temporale degli adulti di C. capitata si ha prevalentemente all’interno delle aree
frutticole, con il picco di massima densità riscontrato in settembre e ottobre nei pescheti
multivarietali, dove i frutti rimangono sugli alberi o a terra, non raccolti. Nei periodi
successivi, le catture sono state osservate in prossimità di meli, fichi d’India e cultivar tardive
di pesco. Lontano dalle principali piante ospiti, in particolare nei campi a seminativi, il
numero di individui intrappolati è risultato sempre scarso o nullo. Le informazioni ottenute
sono state la base necessaria per l’impostazione di un efficace programma di lotta biologica e
integrata di precisione e suggeriscono che le pratiche agronomiche di sanitation, come la
raccolta completa dei frutti e l’interramento di quelli cascolati, possono avere una notevole
importanza per ridurre i centri di aggregazione del fitofago, le zone rifugio e la ripartenza
delle infestazioni annuali.
Prodromus to precision biological control of Ceratitis capitata in a heterogeneous
landscape in Central Italy
The spatio-temporal dynamics of the Mediterranean fruit fly, Ceratitis capitata (Wiedemann),
was investigated to evaluate the effect of the landscape elements and host plants on pest
distribution, in an agricultural landscape of 500 ha located in Central Italy. Two farms (farm 1
and farm 2) are located in the experimental area, composing mixed fruit orchards and
surrounded by hedgerows, small woodlots, private gardens and cereal fields. Ceratitis
capitata population fluctuation was monitored, from 2006 to 2008, using traps baited with
trimedlure. Geostatistical methods such as Inverse distance squared weighted were used to
obtain distributional maps of adults, mainly males. Results showed that the adult
Mediterranean fruit flies were primarily distributed inside farm 1, with the maximum density
found in the months of September and October. Away from the principal host plants,
particularly in cereal fields, the number of trapped individuals was always low or zero. In
both farms, flies were caught sequentially in traps located on host plants (i.e. peach, apple,
pear, oriental persimmon and prickly pear) at varying times of maturation, especially when
fruits remained on the trees. Distributional maps provided evidence that allowed to identify
habitats in which the fly developed early in the season (mixed peach orchards) and afterwards
during the periodic flights. The information obtained are useful to suggest precision
biological, or integrated, pest management programs.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
A52
Effetto della fertilizzazione organica su apparati radicali di arancio
‘Valencia late’ in agrumeto condotto con metodo biologico
A.Trinchera1, A. Leonardi2, M. Allegra2, E. Rea1, F. Intrigliolo2, G. Roccuzzo2*
Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura – Centro di ricerca per lo studio
delle Relazioni tra Pianta e Suolo (CRA-RPS)
2
Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura – Centro di ricerca per
l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee (CRA-ACM)
E-mail: alessandra.trinchera@entecra.it
1
Lo scopo del presente lavoro è stato quello di verificare l’effetto della fertilizzazione organica
sugli apparati radicali di piante adulte di arancio (Citrus sinesis Osbeck) ‘Valencia late’
innestate su arancio amaro (C. aurantium L), in un agrumeto siciliano convertito in biologico
da 15 anni. In uno schema sperimentale a blocchi randomizzati, un compost da pastazzo di
agrumi, una pollina, un letame bovino ed un concime minerale (controllo) sono stati apportati
al suolo, a parità di N/pianta/anno. Nel gennaio 2011, per ciascuna pianta è stato campionato
un pari volume di suolo alla stessa distanza dal tronco determinando, nelle aree di saggio, la
densità radicale (peso radici/ unità di volume). La biomassa radicale è stata poi suddivisa in
radici portanti e capillizio radicale, rilevandone il relativo peso fresco e la sostanza secca.
Inoltre, da zolle indisturbate prelevate per ciascuna pianta, radici giovani sono state
selezionate e sottoposte ad analisi in microscopia elettronica a scansione (SEM).
I risultati hanno dimostrato che la fertilizzazione organica, se confrontata con quella minerale,
determina un incremento della biomassa radicale. Le osservazioni al SEM hanno evidenziato
come i fertilizzanti organici inducano la comparsa di gemmazioni avventizie sulle zone
terminali radicali, una maggiore regolarità dimensionale delle cellule meristematiche in
allungamento, nonché un incremento della produzione del mucigel radicale.
*Attualmente in servizio presso: Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura – Centro di
ricerca per la Frutticoltura (CRA-FRU)
Effect of organic fertilization on root apparatus of ‘Valencia late’ orange trees in an
organically managed citrus orchard
The aim of this work was to verify the effect of organic fertilization on root apparatus of adult
citrus trees (Citrus sinesis Osbeck) ‘Valencia late’, grafted on C. aurantium L, in a Sicilian
citrus orchard organically managed from 15 years. In a randomized block experimental
design, a compost from pastazzo (a mixture of citrus pulp and skin), a poultry manure, a
bovine manure, compared to a mineral fertilizer (control), were applied yearly to the soil (the
same N/plant/year). On January 2011, for each plant the same volume of soil was sampled at
the same distance from the trunk determining, in the sampling areas, the root density (roots
weight/volume). The root biomass was then divided into primary and secondary roots,
calculating the related fresh weight and dry matter. Moreover, from undisturbed soil volumes
from each plant, representative young roots were selected and analyzed by electron scanning
microscopy (SEM).
Results showed that organic fertilization, when compared to the mineral one, determines the
increase of root biomass. The SEM analysis evidenced that organic fertilizers induce the
appearance of adventitious buds on the terminal portions of the roots, a higher regularity of
the elongating meristematic cells and, also, an increase of the production of root mucigel.
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A53
Gestione fitosanitaria eco-compatibile in ambiente agrumicolo
R. Tumminelli1, L. Pasotti2, V. Sinatra3 & F. Viola4
Regione Siciliana, Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari
1
Dip. degli interventi strutturali per l’agricoltura, Servizio interventi in materia vivaistica e di
difesa fitosanitaria delle piante, Oss. per le Malattie delle Piante, Acireale
2
Servizio assistenza tecnica in agricoltura, Programmazione e Sistemi Informativi,
Unità Operativa Specializzata del Sistema Informativo Agrometeorologico Siciliano, Sicilia
orientale, Catania
3
Servizio interventi in materia vivaistica e di difesa fitosanitaria delle piante, Palermo
4
Servizio assistenza tecnica in agricoltura, Programmazione e Sistemi Informativi, Palermo
E-mail: riccardo.tumminelli@regione.sicilia.it
Dal 2002 a oggi abbiamo provato un programma eco-compatibile per la gestione del parassita
chiave, la cocciniglia rossa degli agrumi, Insecta, Homoptera, Diaspididae, Aonidiella
aurantii (Maskell), attuato in un tipico ambiente dell’arancia rossa della Sicilia orientale. Il
programma ha confrontato soprattutto la densità delle popolazioni del parassita intra e inter
aziendali dei precedenti o contemporanei programmi convenzionali. Positiva è stata l’efficacia
dell’attuazione del monitoraggio mediante l’uso di trappole a feromoni, capannine meteo,
d’interventi volti ad aumentare l’eco-resistenza mediante lanci aumentativi di insetti utili e
uso di oli paraffinici narrow range 226 sia in termini economici sia di diminuzione della
pressione chimica sull’ambiente agrumicolo che del danno sui frutti a raccolta.
Biologically based red scale (Aonidiella aurantii maskell) management for mature
citrus trees in eastern Sicily
Since 2002 we conducted a biologically based management demonstration of key pest red
scale with 100.000 augmentative releases of Aphytis melinus per hectare per year and, if
necessary, rare paraffinic petroleum narrow range oil treatments. Weekly pheromone trap
monitoring were reliable predictors of red scale populations. Red scale population density
dramatically decreased and was significantly lower than previous and/or neighborhoods
conventional red scale management. Degree-day information and pheromone trapping
monitoring were followed up with a fruit sample. The goal, to maintain red scale populations
at levels that do not result in more than 10 scales per fruit at harvest, was achieved.
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A54
Preparazione di uno snack a base di carota mediante essiccamento solare
E. Venir, E. Maltini, M. Spaziani, M. Del Torre, M.L. Stecchini
Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università degli Studi di Udine
Via Sondrio 2/A 33100, Udine
E-mail: elena.venir@uniud.it
Il basso impatto ambientale e i limitati costi di gestione rendono l’essiccamento solare adatto
alle produzioni alimentari su piccola scala, tipiche di aziende agrituristiche e/o piccole
aziende che operano la vendita diretta in un contesto di filiera corta. Obiettivo della presente
sperimentazione è stato quello di ottenere uno snack croccante a base di carota mediante
l’impiego di un essiccatore solare. Giacché la croccantezza, prerogativa della qualità di questa
tipologia di snack, è una proprietà dei materiali vetrosi, è stata valutata la possibilità di
arricchire il tessuto vegetale con ingredienti ad alta temperatura di transizione vetrosa (Tg).
Le carote disidratate presentavano un gradevole colore arancio, attività dell’acqua inferiore a
0,45 e consistenza gommosa. La Tg, determinata mediante calorimetria differenziale a
scansione, era inferiore a 22 °C. Per modificare tale valore si è ritenuto di effettuare un pretrattamento osmotico con ingredienti ad alta Tg, scelti tra quelli apportanti fibra alimentare
e/o e a basso impatto sensoriale (media-bassa dolcezza). Il maltosio ha fornito migliori
risultati in termini di colore e caratteristiche vetrose, anche per il maggior contributo in solidi
solubili assorbiti dal vegetale durante il trattamento osmotico. In conclusione, la produzione
di snack a base di ortaggi mediante l’impiego dell’essiccamento solare, può rappresentare una
concreta opportunità di diversificazione delle produzioni agroalimentari con tecniche a basso
costo ambientale ed energetico.
Lavoro eseguito con il contributo del progetto MIERI: “Miniaturizzazione e semplificazione di linee
di trasformazione per piccole produzioni agroalimentari e impiego di energie rinnovabili”, finanziato
dal MiPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali).
Preparation of carrot based snacks by solar drying
Solar drying is gaining increasing interest for small-scale food production due to the low
environmental impact, and limited running costs, which make it suitable for farms that
operate a direct sale in a short supply chain.
The aim of this work was to obtain a carrot-based snack through the use of a solar drier. A
vegetable snack must be crispy and crispness itself is a property of glassy materials. Since the
solar drying may not be feasible to reach the residual water content compatible with crispness,
this could be achieved through the enrichment of the product with high glass transition
temperature (Tg) ingredients.
Water activity lower than 0.45 was achieved in dehydrated carrots, which showed an
appealing orange color and rubber consistency. The Tg, as determined by differential scanning
calorimetry, was lower than 22 °C. An enrichment of the plant tissue with high Tg compounds
was performed through an osmotic pre-treatment. Ingredients were selected on the basis of
nutritional characteristics (low caloric, dietary fibers) and/or sensory impact (medium-low
sweetness). Maltose gave the best results in terms of color and glassy properties, even for the
contribution of the high soluble solid gain by the tissue during the osmotic pre-treatment.
In conclusion, vegetable based snacks can be obtained through the solar drying, allowing a
low environmental impact and low energy cost diversification of food production.
This work was supported by a contribution from the project MIERI: “Miniaturizzazione e
semplificazione di linee di trasformazione per piccole produzioni agroalimentari e impiego di energie
rinnovabili”, funded by MiPAAF (Ministry of Agriculture and Forestry).
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A55
Miglioramento della shelf life di filetti di trota (Oncorhynchus mykiss) mediante
impiego di coating edibili attivi
M.G. Volpe 1, F. Siano 1, A. Sorrentino1, M. Malinconico 2, E. Varricchio3, M. Paolucci 3
1
ISA - CNR Via Roma 52, 83100 Avellino
2
ICTP- CNR Via Campi Flegrei 34 80078 Pozzuoli (Na)
3
Dip. di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali, Università del Sannio,
Via Port’Arsa 11, 82100 Benevento
E-mail: mgvolpe@isa.cnr.it
Il pesce è una fonte importante di proteine di alta qualità per l’uomo. Tuttavia, è altamente
suscettibile di deterioramento sia microbiologico che biochimico. Refrigerazione e
congelamento sono i metodi normalmente impiegati per la conservazione del pesce, anche se
entrambi presentano svantaggi soprattutto legati alla scarsa durabilità ed alla perdita delle
qualità sensoriali. Lo scopo di questo studio è valutare l’effetto di coating edibili a base di
carragenina contenenti diverse percentuali di olio essenziale di limone sulle qualità fisicochimiche, chimiche e microbiologiche di filetti di trota fresca. Come si sa, l’olio di limone
mostra sia attività antimicrobica che antiossidante dovuta ai componenti principali, quali
limonene, beta-pinene, gamma-terpinene. L’effetto dell’inclusione di olio di limone in coating
per allungare la shelf-life di prodotti ittici è stato valutato mediante il monitoraggio di:
parametri chimici, ABVT, profilo degli acidi grassi, stabilità microbica. I risultati preliminari
hanno evidenziato che sia le attività antimicrobiche e che quelle antiossidanti vengono
mantenute quando i principi attivi sono dispersi nel coating edibile utilizzato per preservare i
filetti. Inoltre è stata evidenziata la capacità dei coating utilizzati di estendere la shelf-life fino
a 12 giorni a temperatura refrigerata.
Shelf life enhancement in fresh Trout (Oncorhynchus mykiss) fillets by
employment of active edible coatings
Fish is an important source of high-quality proteins for humans. However, it is highly
susceptible to both microbiological and chemical deterioration Cold storage and freezing are
the normally employed methods for fish preservation, but they do not completely inhibit the
deterioration of the fish quality. The purpose of this study is to investigate the effect of
carrageenan –based edible coatings containing different percentages of lemon essential oil on
the physicochemical, chemical and microbiological qualities of fresh trout fillets.
As already reported in literature, lemon oil shows both antimicrobial and antioxidant activities
mainly due to the major components, such as limonene, beta-pinene, gamma-terpinene.
The effect of the coating on fish fillet shelf-life has been evaluated by monitoring the
following quality parameters: chemical parameters, ABVT, fat acids profile and microbial
stability. Preliminary data show that both antimicrobial and antioxidant activities were
maintained when the active principles were dispersed in the edible coating utilized to preserve
the fillets. Moreover, the edible coating allowed the extension of the shelf-life up to 12 days at
refrigerated temperature.
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Sessione B
Salute e benessere umano
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B1
Diete sostenibili: la Nutrizione come Servizio Ecosistemico
B. Burlingame1, S. Dernini2
1
Food and Agriculture Organization of the United Nations, Rome, Italy
2
Forum on Mediterranean Food Cultures, Rome, Italy
E-mail: Barbara.Burlingame@fao.org
L’agricoltura biologica, viene definita dalla FAO come un sistema che si basa sulla gestione
dell’ecosistema piuttosto che su input agricoli esterni, ed il cibo viene considerato come un
servizio ecosistemico. Il legame tra agricoltura biologica, salute umana e nutrizione richiede
dunque considerazioni che non investono la sola sfera dell’alimentazione, ma la più
complessa questione della dieta nel suo complesso. Mentre fast food e consumo di soft drink
portano l’obesità infantile a livelli impressionanti in tutto il mondo, la produzione globale di
cibo si concentra, con sempre più alti rendimenti, su tre colture che da sole forniscono la metà
del rifornimento energetico della dieta del pianeta e la malnutrizione per carenza di
micronutrienti è affrontata ricorrendo a preparazioni farmaceutiche e terapeutiche. La
comunità più ampia della nutrizione ha iniziato a riflettere sulla possibilità che sicurezza
alimentare e nutrizionale possano essere considerate un servizio ecosistemico.
Allo stesso tempo, gli organi governativi della Convenzione sulla Diversità Biologica hanno
richiesto alla FAO, insieme con altri partner, di avviare una iniziativa trasversale sulla
biodiversità per l’alimentazione e la nutrizione. Tale iniziativa ha consentito di riunire
formalmente i settori dell’agricoltura, dell’ambiente e della salute per intraprendere un
cammino comune che veda la nutrizione come elemento centrale.
Alla fine del 2010, una serie di eventi, sia di natura tecnica che intergovernativa, ha condotto
ad una piattaforma d’azione, ad una proposta per un codice di condotta ed al consenso sulla
seguente definizione di dieta sostenibile:
“le diete sostenibili sono quelle diete a basso impatto ambientale, che contribuiscono alla
sicurezza alimentare e nutrizionale e ad una vita sana per le generazioni presenti e future. Le
diete sostenibili sono protettive e rispettose della biodiversità e degli ecosistemi,
culturalmente accettabili, accessibili, economicamente eque e convenienti; nutrizionalmente
adeguate, sicure e sane e che, nel contempo, consentano di ottimizzare l’uso di risorse naturali
e umane”. Come tali, le diete sostenibili, dal punto di vista concettuale, dovrebbero essere
considerate l’estensione logica dell’agricoltura biologica.
Su tali tematiche, saranno promossi eventi per approfondire la materia e discussi documenti.
Le iniziative comprendono le Conferenze Regionali FAO per l’Europa, la Dieta Mediterranea
come modello di Diete Sostenibili ed i risultati del censimento FAO sulle Diete Sostenibili.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B1
Sustainable Diets: Nutrition as an Ecosystem Service
B. Burlingame1, S. Dernini2
1
Food and Agriculture Organization of the United Nations, Rome, Italy
2
Forum on Mediterranean Food Cultures, Rome, Italy
E-mail: Barbara.Burlingame@fao.org
Organic agriculture, as defined by FAO, is a system that relies on ecosystem management
rather than external agricultural inputs, and food is an ecosystem service. The link between
organic agriculture and human health and nutrition requires consideration of not just food, but
the more complex issue of the diet as a whole. Even as fast food and soft drink consumption
leads to childhood obesity at staggering levels all over the world, and as global food
production squeezes ever-higher yields out of the three crops that provide more than half the
planet’s dietary energy supply, and as micronutrient malnutrition is increasingly addressed
through pharmaceutical and therapeutic preparations, the wider nutrition community began
pondering possibility that food and nutrition security could be considered an ecosystem
service. At the same time, the governing body of the Convention on Biological Diversity
requested that FAO, together with partners, implement a cross-cutting initiative on
biodiversity for food and nutrition. Thus was the formal coming together of the sectors of
agriculture, environment, and health, embarking on a common path with nutrition as the
central element. By the end of 2010, a series of events, both technical and intergovernmental,
had led to a platform for action, a proposal for a code of conduct and a consensus definition
for sustainable diets, as follows:
Sustainable Diets are those diets with low environmental impacts which contribute to food
and nutrition security and to healthy life for present and future generations. Sustainable diets
are protective and respectful of biodiversity and ecosystems, culturally acceptable, accessible,
economically fair and affordable; nutritionally adequate, safe and healthy; while optimizing
natural and human resources.
As such, sustainable diets as a concept should be considered the logical extension to organic
agriculture.
Significant background events and papers will be discussed including the FAO Regional
Conferences for Europe, the Mediterranean Diet as a Model for Sustainable Diets, and the
results of a FAO survey on Sustainable Diets.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B2
Analisi degli isotopi stabili e della composizione acidica per l’identificazione
dei formaggi ovini biologici
A. Bonanno1, A. Di Grigoli1, G. Tornambé1, V. Bellina1, F. Mazza1, L. Gristina2
Università degli Studi di Palermo, Dip.to DEMETRA, settore di Produzioni Animali Palermo; 2Universtià degli Studi di Palermo, Dip.to dei Sistemi Agro-Ambientali - Palermo
E-mail: abonanno@unipa.it
1
La crescente richiesta di prodotti alimentari biologici pone la necessità di servirsi di metodi e
strumenti idonei a garantirne l’autenticità ai consumatori. Recenti indagini condotte in
Germania hanno evidenziato come il rapporto isotopico stabile del carbonio (δ13C) e il livello
di acido α-linolenico (C18:3n3) possano insieme rappresentare utili indicatori per distinguere
il latte bovino prodotto con metodo biologico da quello convenzionale. Nel latte biologico,
infatti, si è riscontrato un più basso valore di δ13C ed un più elevato livello di C18:3n3 rispetto
al prodotto convenzionale, riferibili rispettivamente alla minore incidenza di mais ed al
maggiore rapporto foraggio/concentrato che caratterizzano la dieta delle lattifere allevate in
biologico. Prendendo spunto da tali relazioni, si è voluto verificare se il metodo risulti
altrettanto valido nel discriminare i prodotti lattiero caseari ottenuti da ovini, per i quali si
ricorre comunemente al pascolamento e, di conseguenza, la gestione dell’allevamento
biologico si discosta poco da quella del convenzionale. Allo scopo, sono stati prodotti
formaggi ovini riproducendo sperimentalmente, per quanto riguarda la dieta delle pecore,
condizioni riconducibili ad entrambi i sistemi di allevamento, biologico e convenzionale. In
primavera, 32 pecore di razza Comisana sono state suddivise in 4 gruppi, fatti pascolare
distintamente per 7 h/d su un erbaio di loiessa e trifoglio alessandrino. Il gruppo condotto in
biologico pascolava con un carico istantaneo di 23 capi/ha e riceveva 550 g di un concentrato
biologico a base di orzo e favino (OF) in rapporto 80:20. Gli altri gruppi sono stati
differenziati per il più alto carico al pascolo (38 capi/ha) o somministrando, per un analogo
apporto proteico ed energetico, 500 g di un concentrato convenzionale a base di mais e farina
di estrazione di soia (MS) in rapporto 82:18, o ancora per entrambe le condizioni. Per 5
settimane, il latte di ciascun gruppo è stato caseificato in parallelo, ottenendo un totale di 20
forme di Pecorino Siciliano. I formaggi a 30 giorni di maturazione sono stati analizzati per
determinarne la composizione centesimale, il profilo in acidi grassi (AG) mediante
gascromatografia capillare degli esteri metilici, e i rapporti isotopici stabili di C e N mediante
spettrometro di massa isotopica (EA-IRMS, elemental analyser isotope ratio mass
spectrometry). Il concentrato ha significativamente influenzato il δ13C, gli AG saturi C14:0,
C16:0 e C18:0, oltre che il C18:1 ed il C18:3n3, ma solo il δ13C è stato in grado di
discriminare i formaggi dei gruppi alimentati con il concentrato biologico OF da quelli
ottenuti con il concentrato convenzionale MS. Con il più basso carico, che ha assicurato alle
pecore una maggiore disponibilità foraggera, si è registrato un significativo aumento degli AG
a catena dispari (C15:0, C17:0 e C17:1cis9) e ramificata (C14:0iso, C15:0iso, C15:0anteiso,
C17:0iso e C17:0anteiso). Poiché tali AG derivano principalmente dai batteri ruminali, la loro
presenza è considerata un indicatore delle fermentazioni microbiche nel rumine e viene messa
in diretta relazione con il rapporto foraggio/concentrato della dieta. Nessuno di tali AG si è
dimostrato singolarmente efficace nel differenziare i formaggi in base al carico animale al
pascolo; una completa distinzione, mantenutasi evidente anche nel corso delle settimane, si è
invece ottenuta considerando l’insieme di C15:0iso, C15:0anteiso, C17:0iso e C17:0anteiso.
Pertanto, tramite l’analisi canonica discriminante, che ha considerato tali AG e il δ13C, è stato
possibile evidenziare una netta separazione dei formaggi ottenuti in condizioni di produzione
biologica da quelli degli altri gruppi. Tali risultati rappresentano un’opportunità da
considerare in prossime indagini su larga scala che valutino, unitamente ad altre possibilità,
anche la reale potenzialità del metodo basato sulla combinazione del rapporto δ13C e dei
principali AG ramificati ai fini dell’autenticazione dei prodotti lattiero caseari biologici.
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B2
Analysis of stable isotopes and fatty acid composition for identification of organic
sheep cheeses
A. Bonanno1, A. Di Grigoli1, G. Tornambé1, V. Bellina1, F. Mazza1, L. Gristina2
Università degli Studi di Palermo, Dip.to DEMETRA, settore di Produzioni Animali Palermo; 2Università degli Studi di Palermo, Dip.to dei Sistemi Agro-Ambientali - Palermo
E-mail: abonanno@unipa.it
1
The growing demand for organic food leads to the exigency to have methods and tools for
ensuring their authenticity to consumers. Recent investigations in Germany showed that the
carbon stable isotope ratios (δ13C) and the α -linolenic acid level (C18:3n3) together can be
useful indicators to distinguish organic cow’s milk from the conventional one. Organic milk,
in fact, was found to be lower in δ13C and higher in C18:3n3 than the conventional milk,
linked respectively to the lower incidence of maize and the higher forage/concentrate ratio
characterizing the diet of dairy cows in organic farming. Inspired by these results, this
research was aimed to investigate whether this method is equally valid in discriminating dairy
products derived from sheep, for which grazing is widely used and, therefore, organic
livestock management differs little from conventional one. Sheep cheeses were made in
experimental conditions which reproduced, with regard to the ewes’ diet, both organic and
conventional farming systems. In spring, 32 ewes of Comisana breed were divided into 4
groups which grazed separately for 7 h/d a mixed sward of Italian ryegrass and berseem
clover. The organic group grazed at a stocking rate of 23 ewes/ha and received 550 g of a
concentrate based on organic barley and tickbean (BT) in the ratio 80:20. The other groups
were differentiated by the higher stocking rate at pasture (38 ewes/ha) or by supplying, for
equal protein and energy amounts, 500 g of a concentrate based on conventional maize and
extruded soybean meal (MS) in the ratio 82:18, or for both conditions. For 5 weeks, the bulk
milk from each group was processed in parallel, resulting in a total of 20 forms of Pecorino
Siciliano cheese. The 30-day cheeses were analyzed to determine their chemical composition,
fatty acid (FA) profile by capillary gas chromatography of methyl esters, and stable isotope
ratios of C and N by elemental analyzer isotope ratio mass spectrometry (EA-IRMS). The
concentrate influenced significantly the δ13C, the saturated FA C14:0, C16:0 and C18:0, and
also C18:1 and C18:3n3, but only the δ13C was able to discriminate cheeses of groups fed the
organic concentrate BT from those obtained with the conventional concentrate MS. With the
lower stocking rate at pasture, which resulted in a greater forage allowance for the grazing
ewes, there was a significant increase of odd-chain FA (C15:0, C17:0 and C17:1cis9) and
branched-chain FA (C14:0iso, C15:0iso, C15:0anteiso, C17:0iso and C17:0anteiso). Since
these FA mainly derive from rumen bacteria, their presence is considered as an indicator of
rumen microbial fermentation, and is related to forage/concentrate ratio. No one of these FA
was singularly effective in differentiating the cheeses according to the stocking rate at
pasture; however, a complete distinction, which was evident also in each week, was obtained
by considering the set of C15:0iso, C15:0anteiso, C17:0iso and C17:0anteiso. Therefore,
canonical discriminant analysis, including only these latter FA and δ13C, revealed a clear
separation of the cheeses obtained under organic farming from those of other productive
systems. These results represent an opportunity that can be taken into account in a next largescale investigation assessing, together with other possibilities, also the real potential of this
method combining the isotope ratios δ13C and the main branched FA for the authentication of
organic dairy products.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B3
Leggere la qualità dei prodotti biologici: dal Web all’iPhone
A. Dal Bosco1, C. Mugnai1, C. Castellini1, S. Gigli2, M. Guarino Amato2, P. Paolini3,
N. Di Blas3, T. Perego3, P. Franzos3
1
Dip. Biologia Applicata, Università di Perugia
2
CRA –PCM Monterotondo, Roma
3
HOC-LAB, Politecnico di Milano
E-mail: dalbosco@unipg.it
Il mercato dei prodotti biologici è in espansione, anche se l’atteggiamento del consumatore in
materia è molto contraddittorio; infatti, quando viene interrogato sulla sua propensione per i
prodotti biologici, si dimostra totalmente favorevole, ma al momento dell’acquisto è titubante
per problemi di costo, di reperibilità e spesso di incertezza nei confronti dei prodotti stessi.
Tale situazione fa si che attualmente il mercato dei prodotti biologici oscilli fra l’1 e il 2% dei
consumi alimentari. Affinché si espanda è necessario quindi, aumentare la fiducia dei
consumatori nei confronti dei prodotti biologici e dei loro controlli che, attualmente, vengono
garantiti da marchi applicati sull’etichetta del prodotto senza specifiche sul tipo di controlli
attuati. Le produzioni zootecniche biologiche sono inserite in un concetto di qualità globale
che non fa riferimento solo alle qualità del prodotto finale, ma anche quella dell’ambiente e
dell’intera filiera produttiva. I controlli effettivamente salvaguardano il rispetto dei
regolamenti, ma non accrescono la fiducia del consumatore perché possono non essere
percepiti come efficienti ed efficaci. Il progetto Leggere la qualità dei prodotti biologici: dal
web all’iPhone” ha avuto come obiettivo quello di creare un modello di marketing volto ad
aumentare la fiducia del consumatore nei confronti dei prodotti biologici e dare, al contempo,
un contributo alla crescita del settore. In tal senso il consumatore dovrebbe poter toccare con
mano le caratteristiche salienti del processo produttivo biologico e quindi capire quali sono i
punti di forza che rendono questa filiera sinonimo di qualità globale. Il progetto ideato e
coordinato dal CRA-PCM e finanziato dal MIPAAF, ha preso in esame la sola filiera
produttiva biologica del pollo da carne, filiera che in questo momento è in sofferenza sia per
questioni economiche che per una mancata valorizzazione della produzione. All’interno della
filiera produttiva, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Applicata dell’Università
degli Studi di Perugia, sono stati svolti degli esperimenti nell’azienda dell’Università,
mettendo a confronto polli biologici di diversi tipi genetici e polli convenzionali. Gli
esperimenti sono stati condotti ricercando alcuni indicatori di qualità relativi a benessere e alla
mortalità degli animali, alle caratteristiche chimico-fisiche e nutrizionali della carne. I risultati
della sperimentazione sono stati elaborati dal CRA-PCM e dal Dipartimento di Biologia
Applicata dell’Università degli Studi di Perugia e trasformati, con la collaborazione del HOCLAB del Politecnico di Milano, in una narrazione multimediale sul pollo biologico; questa è
fruibile dal consumatore tramite un collegamento tra etichetta della confezione e cellulare (a
casa, in autobus, in macchina, ecc.) o presso il punto vendita su un monitor touch screen. La
narrazione multimediale allegata all’etichetta, contiene la spiegazione di come quel
determinato pollo, di un determinato tipo genetico e allevato in un certo modo, sia dotato di
caratteristiche qualitative peculiari ed eccellenti. Lo stile comunicativo dell’applicazione è
“narrativo” nel senso che è organizzato in frammenti multimediali brevi che possono essere
ascoltati (traccia audio) e/o visti tramite comunicazione visiva (video, power-point, flash). La
comunicazione multimediale e multicanale di qualità può essere di grande sostegno ai prodotti
biologici della filiera agroalimentare a patto che vi siano alcune condizioni: disponibilità della
comunicazione su un’ampia gamma di canali e di tecnologie; bassi costi di produzione e di
manutenzione; collaborazione comunicativa tra i vari attori della filiera per ottimizzare la
qualità e ridurne ulteriormente i costi.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B3
Read the quality of organic products: from Web to iPhone
A. Dal Bosco1, C. Mugnai1, C. Castellini1, S. Gigli2, M. Guarino Amato2, P. Paolini3,
N. Di Blas3, T. Perego3, P. Franzos3
1
Dept. of Applied Biology, University of Perugia
2
CRA –PCM Monterotondo, Roma
3
HOC- LAB, Politecnico di Milano
E-mail: dalbosco@unipg.it
The market for organic products is growing even if the attitude of consumer on this subject is
very contradictory, even if seems favorable, at the time of purchase is hesitant because the
cost, the availability and the uncertainty of the products. This situation implies that nowadays
the market for organic products oscillates between 1 and 2 % of food consumption. In order to
increase this market it’s necessary to improve consumer confidence toward organic products
and their controls that currently are guaranteed by labeled marks without any specific about
the type of controls. The organic livestock production are included in a global concept of
quality, this doesn’t refer only to final quality of product, but also to environment and
productive chain. The controls safeguard the observance of regulations, but don’t increase
consumer confidence because they cannot be perceived as efficient and effective.
The project “Read the quality of organic products: from the Web to iPhone” has aimed to
create a marketing model to increase consumer confidence in relation to organic products and
at the same time to contribute to the growth of the sector. In this sense, the consumer should
be able to touch the salient features of organic production process and then to known what are
the characteristics that make this sector synonymous of global quality. The project conceived
and coordinated by the CRA-PCM and funded by the MIPAAF, examined a single organic
production chain, that of the chicken meat industry, which is now in suffering for economic
reasons and for the lack of enhancement of production. Within the production chain, in
collaboration with the Department of Applied Biology (University of Perugia), the
experiments were conducted in order to comparing different genotypes of chickens reared
under organic conditions. The experiments were carried out utilizing some quality indicators
related to animal welfare and mortality and to physical-chemical and nutritional
characteristics of meat. The obtained results were elaborated by the CRA-PCM and
Department of Applied Biology (University of Perugia) and transformed with the cooperation
of the HOC-LAB of Politecnico di Milano, in a multimedia narration on organic chicken,
which can be accessed by consumer both trough a monitor touch screen located at the point of
sale and/or with the link between pack label and the consumer’s phone, at home, bus, car, etc..
The multimedia narration includes an explanation about genotype, rearing system and meat
characteristics. The communication style of the application is “narrative” and it is organized
in short multimedia parts consisting of an audio track, accompanied by a visual
communication (video, power point, flash).
In conclusion, the multimedia communication and multi-channel quality can be a great
support to organic products in the food chain. However, some conditions are necessary:
• availability of a wide range of communication channels and technologies;
• low costs of production and maintenance;
• communicative collaboration between different actors in the chain to optimize the quality
and reduce costs.
Research supported by Agricultural Research Council (CRA), Ministry of Agriculture, Italy.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B4
Articolazione della filiera di distribuzione e parametri di qualità
del pomodoro biologico
A. Raffo1, I. Baiamonte1, N. Nardo1, S. Nicoli1, F. Paoletti1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), Roma, Italia
E- mail: raffo@inran.it
Nel dibattito sulla sostenibilità dell’attuale sistema agroalimentare e, in particolare, sui
benefici associati ad un sistema basato su produzioni locali, è stata sottolineata la necessità di
fornire una più solida base di evidenze scientifiche a dimostrazione della più elevata qualità di
prodotti freschi sottoposti a sistemi di distribuzione più semplici.
Le pratiche adottate nel post-raccolta, così come la raccolta a stadi precoci di maturazione e la
scarsa qualità dei genotipi maggiormente impiegati, sono considerati i principali fattori nel
determinare lo scarso gradimento delle proprietà gustative del pomodoro da mensa da parte
del consumatore. Le condizioni adottate nel post-raccolta e la raccolta a stadi precoci di
maturazione rappresentano necessità dettate dagli attuali sistemi di distribuzione e
commercializzazione. Pratiche non idonee, come la raccolta di frutti immaturi, danni
meccanici nella selezione e confezionamento dei frutti, gestione non idonea delle temperature
di refrigerazione, sono associate ad alterazioni nella formazione del gusto e dell’aroma e nella
loro percezione.
Al fine di valutare gli effetti di una filiera di distribuzione corta, media o lunga sulla
formazione dei composti legati al gusto e all’aroma di pomodori freschi, un esperimento di
post-raccolta è stato condotto in laboratorio, riproducendo le condizioni di temperatura e
umidità relativa e i tempi di trasporto/conservazione che si verificano nella reale filiera di
distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi biologici. Pomodori biologici raccolti a
differenti stadi di maturazione ed esposti a condizioni corrispondenti a filiere di distribuzione
corta, media o lunga sono stati valutati e comparati per il loro contenuto in composti odoranti,
zuccheri e acidi organici. Per lo studio sono state selezionate tre differenti cultivar: Nerina,
Caramba e Rebelion. Queste varietà sono ampiamente utilizzate nella produzione di
pomodoro biologico, sono caratterizzate da una attitudine medio-scarsa a sostenere le
condizioni del post-raccolta e rappresentano differenti tipologie di frutto.
In due di esse, Caramba e Rebelion, le condizioni della filiera di distribuzione davano luogo
ad effetti significativi sulla formazione dei composti del gusto/aroma, suggerendo che i frutti
sottoposti ad una filiera media o lunga non erano in grado di sviluppare nel corso del processo
lo stesso profilo compositivo che si riscontra nei frutti maturati sulla pianta o sottoposti a
condizioni di filiera corta. La formazione di composti volatili odoranti che derivano da vie
biosintetiche diverse era influenzata in maniera differente dalle condizioni post-raccolta
considerate. La formazione di alcuni composti chiave dell’aroma derivanti dal metabolismo
degli aminoacidi risultava essere particolarmente sensibile ai fattori della filiera di
distribuzione presi in esame.
Lo studio mostra come alcune pratiche e condizioni comunemente adottate in filiere di
distribuzione medie o lunghe, come la raccolta a stadi precoci di maturazione e la
refrigerazione a temperature non ottimali, possano avere un effetto significativo sulla
formazione di composti che contribuiscono in modo determinante alla percezione del
gusto/aroma del pomodoro fresco, anche laddove non siano visibili danni da freddo
all’esterno del frutto. Nel contesto di una valutazione globale della sostenibilità dell’attuale
sistema agroalimentare e, in particolare, della produzione biologica di ortofrutticoli freschi,
merita un’attenta considerazione l’influenza delle condizioni della filiera di distribuzione sulla
qualità organolettica, così come su quella nutrizionale, dei prodotti.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B4
Distribution chain characteristics and quality parameters of
organically grown tomatoes
A. Raffo1, I. Baiamonte1, N. Nardo1, S. Nicoli1, F. Paoletti1
1
National Institute of Research on Food and Nutrition - INRAN, Rome, Italy
E- mail: raffo@inran.it
In the debate on the sustainability of current food supply chains and, in particular, on the
claimed benefits associated to a “local food” system, it has been emphasised the need for a
more scientific based evidence of the quality gains expected for fresh agricultural food
products subjected to simpler and shorter distribution systems.
Commercial postharvest handling practices, along with ripening stage at harvest and poor
genetic material, are considered as the main factors in determining consumer dissatisfaction
with the flavour of fresh tomatoes. Both postharvest handling practices and harvesting at early
stages of ripening are dictated by the constraints of current distribution and marketing
systems. Postharvest abuses, such as harvesting immature fruit, mechanical injury during
sorting and packing, and improper temperature management have been related in particular to
altered aroma volatile profiles and altered flavour perception.
In order to evaluate the effects of short, compared to medium or long distribution chains, on
formation of flavour compounds in fresh tomatoes, a post-harvest experiment was carried out
by reproducing in the lab the most common temperature, relative humidity conditions and
storage-transport times occurring in the real distribution chain of organic horticultural fresh
products. Organically grown tomatoes harvested at different ripening stages and exposed to
conditions corresponding to short, medium or long distribution chains were evaluated and
compared in terms of concentration of aroma compounds, sugars and organic acids. For the
study three different cultivars were selected: cv. Nerina, cv. Caramba and cv. Rebelion. They
are widely used for organic tomato production, are characterised by intermediate-high
susceptibility to postharvest handling, and represent different typologies of tomato fruit.
For two of them, cv. Caramba and Rebelion, the considered distribution chain conditions
produced significant effects on the formation of flavour compounds, suggesting that fruits
coming from a medium or long distribution chains did not develop the same flavour profile as
those vine-ripened or exposed to a short chain. The formation of volatile compounds derived
from different biosynthetic pathways was affected in a different way by these conditions.
Biogenesis of some aminoacids-derived key odorants seemed to be particularly affected by
the distribution chain factors.
This study shows that conditions applied in medium or long distribution chains, such as
picking at early stage of ripeness and exposure to refrigeration, can have a significant impact
on the formation of some compounds which play a key role in tomato flavour perception,
even though no external symptoms of chilling injury are visible. In the context of an overall
evaluation of sustainable food supply chains and of organic horticultural fresh crops
production, the influence of the conditions of distribution chain on the organoleptic, as well as
nutritional, quality is a factor that deserves a thorough attention.
References
1) Edwars-Jones G. et al., 2008. Testing the assertion that “local food is best”: the challenges of an
evidence-based approach. Trends Food Sci Technol. 19, 265-274.
2) Baldwin E.A. et al., 2000. Flavor trivia and tomato aroma: biochemistry and possible mechanisms
for control of important aroma components. HortScience, 35, 1013-1022.
3) Maul F. et al., 2000. Tomato flavor and aroma quality as affected by storage temperature. J. Food
Science, 65, 1228-1237.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B5
Biosensori innovativi per il rilevamento di erbicidi e distruttori endocrini
e la promozione dell’agricoltura biologica
K. Buonasera1, M. Lambreva1, A. Antonacci1, G. Rodio1, S. Pastorelli1, I. Husu1, J.B. Cano1,
I. Pezzotti1, G. Pezzotti1, V. Scognamiglio1, M.T. Giardi1, G. Rea1
1
CNR, Istituto di Cristallografia, Area della Ricerca di Roma 1 - Roma
E-mail: giuseppina.rea@ic.cnr.it
Migliaia di tonnellate di erbicidi vengono impiegate nel mondo ogni anno in agricoltura.
Tuttavia, solo una minima frazione raggiunge le piante infestanti bersaglio, mentre il resto
contamina suolo ed acque superficiali e di falda con gravi effetti tossici sull’uomo e
l’ecosistema. Molti erbicidi sono interferenti endocrini (EDC) poiché agiscono selettivamente
sul sistema riproduttivo animale con conseguenze spesso irreversibili. Il loro monitoraggio
risulta quindi di estrema importanza nel controllo dei prodotti sia dell’agricoltura tradizionale
che di quella biologica. Le normative 98/83/CE e 396/2005 regolamentano il controllo di
residui di pesticidi rispettivamente nelle acque destinate al consumo umano e nei prodotti
alimentari. I residui massimi (MRL) consentiti nelle acque sono di 0,1 µg/l per ogni singolo
erbicida e di 0,5 µg/l per il totale. L’osservazione di requisiti stringenti ha imposto l’adozione
di tecniche analitiche altamente sensibili, che però generalmente richiedono lunghi tempi di
analisi ed elevati costi. Pertanto, forte di un’esperienza pluriennale sulla fotosintesi, il nostro
gruppo di ricerca (in collaborazione con Biosensor srl), ha realizzato un set di biosensori
portatili e di semplice uso basati su materiale fotosintetico (biomediatori), in grado di operare
un pre-screening rapido ed economico di campioni di acque potenzialmente contenenti
erbicidi. Tali dispositivi sfruttano la specificità di riconoscimento del biomediatore nei
confronti di composti inquinanti per convertire la risposta biochimica in un segnale elettrico
proporzionale alla concentrazione dell’erbicida (analita). I sistemi di trasduzione
maggiormente impiegati in ambito biosensoristico sono ottici ed elettrochimici. I nostri
biosensori combinano le potenzialità di entrambi, in particolare di amperometria e
fluorescenza, nella determinazione di inquinanti sulla base del loro effetto di inibizione sulle
reazioni fotosintetiche innescate nel biomediatore a seguito di stimoli luminosi. La specifica
sensibilità del Fotosistema II dell’alga unicellulare Chlamydomonas reinhardtii nel
riconoscimento in vivo di erbicidi triazinici (atrazina, terbutilazina) ed ureici (linuron, diuron)
fornisce un’immediata risposta in termini di riduzione del segnale amperometrico o di
aumento della fluorescenza indotta, con detection limits ∼10-9 M su entrambe le classi di
composti. Ulteriori potenzialità dei biosensori derivano dall’impiego di ceppi algali mutati
dotati di differente selettività nei confronti degli erbicidi, rendendo possibile la loro
applicazione in analisi di tipo qualitativo, oltre che quantitativo, e assicurando un completo
controllo della qualità dei prodotti agricoli.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B5
Innovative biosensors for the detection of herbicides and endocrine disruptor
compounds and the promotion of organic agriculture
K. Buonasera1, M. Lambreva1, A. Antonacci1, G. Rodio1, S. Pastorelli1, I. Husu1, J.B. Cano1
I. Pezzotti1, G. Pezzotti1, V. Scognamiglio1, M.T. Giardi1, G. Rea1
1
CNR, Institute of Crystallography, Research Area Rome 1 – Rome
E-mail: giuseppina.rea@ic.cnr.it
Thousands of tons of herbicides every year are employed worldwide in agriculture.
Nevertheless, only a minimum fraction reaches the target weeds, while the rest contaminates
soil together with surface and ground water bearing severe toxic effects on humans and
ecosystems. Many herbicides are endocrine disruptor compounds (EDC) since they
selectively act on the reproductive animal system with often irreversible damages. Therefore
monitoring pesticides appears to be extremely important in the quality control of products
from both traditional and organic agriculture. 98/83/CE e 396/2005 directives rule the control
of pesticide residues in human consumption water and food products, respectively. The
maximum residue limit (MRL) allowed in water samples is 0.1 µg/l for each herbicide and 0.5
µg/l for the total. The compliance with such requirements imposed to adopt highly sensitive
analytical techniques, which are generally time-consuming and very expensive. That’s why,
well-experienced in photosynthesis, our research group (in collaboration with Biosensor srl),
realized a set of portable and easy-to-use biosensors based on photosynthetic material
(biomediators), able to perform quick and cheap pre-screening of water samples potentially
containing herbicides. Such devices exploit the recognition specificity of biomediators
towards contaminants in order to convert a biochemical response in an electrical signal
proportional to the herbicide (analyte) concentration. In biosensoristics the transduction
systems most employed are optical and electrochemical ones. Our biosensors combine the
advantages of both systems, in particular of amperometry and fluorescence, in the
determination of herbicides based on their inhibition effect towards photosynthetic reactions
triggered within the biomediator following illumination. The specific sensitivity of
Photosystem II from Chlamydomonas reinhardtii unicellular algae in the in vivo recognition
and binding of triazine (atrazine, terbuthylazine) and urea (linuron, diuron) herbicides
provides an immediate response in terms of either amperometric signal reduction or increase
of induced fluorescence, reaching ∼10-9 M detection limits for both compound classes. Further
potential of biosensors comes from possibly employing mutant algal strains with different
selectivity towards herbicides, opening to their application in qualitative assays, other than
quantitative ones, and ensuring a reliable quality control of agricultural products.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B6
Valutazione dell’attività antifungina di tre distinti fenotipi dell’isolato ET-1
di Bacillus subtilis
A. Ambrico1, M. Trupo1
ENEA, Unità Tecnologie Trisaia – Laboratorio di Biotecnologie, Centro Ricerche Trisaia,
S.S. 106 km 419.5, 75026, Matera
E-mail: alfredo.ambrico@enea.it
1
Batteri geneticamente identici vengono tradizionalmente considerati come omogenei. In
determinate condizioni alcune popolazioni di batteri possono essere eterogenee, cioè costituite
da miscele di cellule capaci di originare colonie morfologicamente differenti. In questo studio
è stata verificata se la dissociazione fenotipica in B. subtilis induce una significativa riduzione
dei metaboliti secondari associati all’attività antifungina. L’isolato ET-1, inizialmente,
presenta colonie rugose, dense con margini ondulati (R-form) che dissocia in colonie lisce,
morbide, di colore biancastro (S-form) e in colonie traslucide, viscide a forma di ameba (Mform). In coltura liquida è stata studiata la correlazione tra formazione di spore e attività
antifungina del supernatante per i tre fenotipi. Dopo 48 ore di crescita è stata osservata nella
R-form e nella S-form un’elevata sporulazione (109 CFU/ml spore libere e 108 CFU/ml
endospore rispettivamente), mentre nella M-form è stata rilevata una ridotta presenza di spore
(104 CFU/ml). In vitro, un effetto d’inibizione sulla geminazione dei conidi di Penicillium
digitatum superiore al 95% è stato riscontrato solo nei fenotipi S ed R quando il supernatante
è stato diluito 1:16 e 1:128 rispettivamente, inoltre quando colonie vecchie di R-form sono
state utilizzate come starter è stata riscontrata una ridotta attività antifungina. In vivo, il
supernatante ottenuto dal fenotipo R ha ridotto del 50% le infezioni sui frutti di limone
inoculati con P. digitatum. In conclusione, poiché le forme dissocianti S ed M limitano la
produzione dei metaboliti secondari è consigliato utilizzare come starter una sospensione
pastorizzata di spore prelevate da giovani colonie R.
Evaluation of antifungal activity of three distinct phenotypes of Bacillus Subtilis
ET-1 strain
Genetically identical bacteria are traditionally considered as homogeneous. Under particular
conditions, certain populations of bacteria are heterogeneous, consisting of cell mixtures
capable of originating morphologically different colonies. Here we report how phenotypic
dissociations in B. subtilis can induce a significant reduction of the secondary metabolites
which are associated with antifungal activity. Strain ET-1, initially, has a rough and dense
colony with undulated edges (R-form), which dissociated into a S-form (smooth, soft,
whitish) and into a M-form (slimy, translucent, amoeba-shaped colony).Correlations between
spore formation and in vitro antifungal activity of cell free supernatants of three phenotypes
were studied in liquid medium. Germinal inhibition over 95% of Penicillium digitatum
conidia was found only in S and R forms when cell free supernatants were diluted 1:16 and
1:128 respectively. Biosynthesis of antifungal molecules in broth was significantly reduced
when old R-form colony was used for inoculation. After 48 hours of growth a complete spore
release from the vegetative cells was observed only for the R-form (109 CFU/ml), whereas the
S-form contained a mixture of endospores (108 CFU/ml) and few vegetative cells. A reduced
ability to sporulate of the dissociant M-form was revealed (104 CFU/ml). In vivo, the
supernatant obtained from the R-form has reduced infections by 50% on lemon fruit
inoculated with P. digitatum. To reduce the limitations to the production of secondary
metabolites due to the dissociating S and M forms, the use of pasteurized spore suspension
by young isolated R-form colony of ET-1 strain as a starter is recommended.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B7
Esperienze di biofumigazione con brassicaceae nel controllo dei nematodi
galligeni del pomodoro in coltura protetta
S. Argento1, F. Branca1, S. A. Raccuia2, M. G. Melilli 2
Università Catania, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari – Catania
2
CNR - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo (ISAFoM) – Catania
E-mail: sargento@unict.it
1
La “stanchezza” del terreno è un problema molto diffuso nella coltura protetta siciliana
soprattutto dopo la messa al bando del bromuro di metile che necessita l’individuazione di
metodi e mezzi alternativi per il controllo dei parassiti tellurici. Il controllo chimico pone
interrogativi sulla qualità dei prodotti sotto l’aspetto salutistico oltre che della sostenibilità
ambientale delle coltivazioni. Tra le tecniche di disinfestazione del terreno ecocompatibili
abbiamo posto l’attenzione sulla biofumigazione. Questa tecnica si basa sulla capacità di
alcune specie del genere Brassica di sintetizzare metaboliti secondari antagonisti dei
principali parassiti ipogei delle piante ortive.
Al fine di valutare l’efficacia nel controllo dei nematodi galligeni (Meloidogyne spp.) del
pomodoro è stata condotta una prova sperimentale presso una azienda rappresentativa
dell’orticoltura protetta ragusana utilizzando farine essiccate di Brassica juncea, Eruca sativa
(cv Nemat), Raphanus sativus (cv Boss) e Brassica macrocarpa. Le farine, ottenute dalla
biomassa vegetativa della pianta essiccata, sono state valutate per il contenuto in sinigrina
che, nella media delle specie studiate, è stato pari a 4,7 µM g-1s.s.con oscillazioni comprese tra
3,1 µM g-1s.s per B. juncea e 7,3 µM g-1s.s per E. sativa, mentre R. sativus e B. macrocarpa si
sono attestati su livelli prossimi alla media. Sono state, quindi, interrate dosi crescenti (0, 60 e
90 g m-2); la dose intermedia è stata pari a quella consigliata per il formulato commerciale
(Nematorin), pari a 3 g m-2. Schema sperimentale adottato a parcelle suddivise. I risultati
acquisiti, anche se preliminari, evidenziano l’attività biologica antagonista dei materiali
biofumiganti allo studio. L’indice medio di infestazione rilevato all’espianto sugli apparati
radicali (scala Lamberti, 1971), seppur basso in generale, ha fatto registrare in tutte le tesi
valori inferiori al testimone (0,30) ed al formulato commerciale (0,20) e compresi tra 0 per E.
sativa 60 g m-2 e R. sativus 90 g m-2 e 0,13 per B. juncea 90 g m-2.
Trials on use of brassicas for the control of nematodes in tomato crop in
protected cultivation
The soilborn disease is a widespread problem in protected cultivation in Sicily especially in
relation to the prohibition of methyl bromide use. Adopting secondary metabolites as
biofumigation, of some Brassica species able to contrasting the main soil-borne agents
appears desirable in a view of health and environmental friendly farming. In order to assess
the effectiveness in nematodes control (Meloidogyne spp.) of tomato crop was conducted,
adopting factorial design, using the flour of dry plants of Brassica juncea, Eruca sativa,
Raphanus sativus and Brassica macrocarpa, evaluated for the content of sinigrin, which was
on average 4.7 µM g-1d.w. with variations from 3.1 µM g-1d.w. (B. juncea) to 7.3 µM g-1d.w. (E.
sativa), while R. sativus and B. macrocarpa were close to average. Flour was distributed
underground (0, 60 and 90 g m-2); the mean dose corresponded to the commercial formulate
(Nematorin) one reported on the instructions of 3 g m-2. Disease index detected on root
systems at the end of the crop cycle (scala Lamberti, 1971), although low in general, resulted
in all thesis lower than the test (0.30) and commercial formulated (0.20) and between 0 (E.
sativa 60 g m-2 and R. sativus 90 g m-2) and 0.13 (B. juncea 90 g m-2).
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B8
La ricerca pubblica in agricoltura biologica: risultati raggiunti e prospettive
A. Avitabile Leva1, T.M.P. Cattaneo1
CRA-IAA, Via Venezian 26, 20133 Milano
E-mail: alexa.avitabileleva@entecra.it
1
Il Consiglio per la Ricerca e sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per i processi
dell’Industria AgroAlimentare (CRA-IAA) dal 2003 è struttura di supporto al MiPAAF per lo
sviluppo di conoscenze relative ai “Prodotti trasformati da agricoltura biologica” attraverso
prove sui prodotti finiti e approfondimenti delle conoscenze tecnico scientifiche di sostanze
da impiegare nella trasformazione dei prodotti BIO. Attualmente il CRA-IAA è attivo in sei
differenti progetti le cui tematiche coinvolgono aspetti diversi della ricerca in agricoltura
biologica. Il presente lavoro si pone l’obiettivo di aggiornare le informazioni raccolte ed i
risultati disponibili ottenuti all’interno dei settori di intervento relativi ai seguenti progetti:
- ASAB che sviluppa un’attività di supporto tecnico consultiva al MiPAAF affrontando
tematiche e criticità per le quali risulta necessario un approfondimento tecnico che individui
possibili soluzioni;
- BIOFRU per la valutazione di specie fruttifere (actinidia, pesco e melo) al fine di
individuarne le varietà più idonee ad essere utilizzate in agricoltura biologica;
- VALORBIO la cui finalità è la valutazione della qualità alimentare e nutraceutica di specie
orticole coltivate con metodo biologico;
- PROVISEBIO si occupa della possibilità di un’ulteriore riduzione dei fitofarmaci permessi
in agricoltura biologica attraverso la valutazione degli indici di qualità in uva da colture
biologiche sottoposte a differenti trattamenti peronosporici;
- ELISOLQUA per individuare una strategia di eliminazione di anidride solforosa nella
trasformazione di drupacee biologiche;
- BIOLFISH che si propone di sperimentare gli effetti di diverse densità di allevamento sul
benessere dei pesci e sulla qualità del prodotto in un modulo di acquacoltura biologica.
Public research in organic farming: results and perspectives
The Agriculture Research Council–Food Technology Unit (CRA-IAA) is involved, since
2003, as supporter structure to MiPAAF (Italian Minister of Agricultural) for the developing
of knowledge regarding “Processed products from organic farming” through test on the
finished products and investigation on technical and scientific knowledge of substances to be
used in organic food processes. Currently CRA-IAA is involved in six different projects
regarding different aspects of research in organic farming.
The aim of this work is to update information collected and available results obtained inside
the different investigation sectors regarding the following projects:
- ASAB: a supporting activity to the Italian Minister of Agriculture, dealing with subjects and
criticality for which it is necessary to elaborate technical studies in order to pick out possible
solutions;
- BIOFRU: evaluation of fruit species (kiwi, peach and apple) to identify cultivars more able
to be used in organic farming;
- VALORBIO: study of nutraceutical quality of some horticultural species cultivated under
organic conditions;
- PROVISEBIO: study of the possibility to reduce phytochemicals allowed in organic
farming, in analyzing quality indices in organic grape fruits submitted to different mildew
treatments;
- ELISOLQUA: identification of a strategy to exclude sulfur dioxide in processing organic
drupes;
- BIOLFISH: suggestion to test the effects of different farming densities on the fish wellness
and on the product quality in a organic fish farming unit.
87
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B9
Fertilizzanti commerciali e qualità organolettica di mela biologica
(cv. Golden delicious)
I. Baiamonte1, E. Moneta1, A. Raffo1, A. D’Aloise1, N. Nardo1, M. Kelderer2,
E. Lardschneider2, F. Paoletti1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), Roma, Italia
2
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Ora (Bz), Italia
E-mail: paoletti@inran.it
In agricoltura biologica è ammesso l’utilizzo di soli fertilizzanti biologici per rifornire il suolo
di azoto. La mineralizzazione di questi prodotti è lenta e si può verificare una scarsa
disponibilità di azoto quando la richiesta delle piante è elevata. Nel caso delle mele biologiche
coltivate in Alto Adige, questo problema si verifica in primavera, quando le condizioni
climatiche sono spesso cattive e la temperatura del suolo è bassa.
L’obiettivo di questo lavoro, svolto nell’ambito del progetto “Qualità nutrizionale ed
organolettica e impatto ambientale di produzioni biologiche. Un caso studio: il melo”,
finanziato dal MiPAAF, è determinare l’effetto di diversi fertilizzanti commerciali usati per la
coltivazione delle mele biologiche sulla composizione in acidi organici, zuccheri e sulla
formazione di composti volatili in frutti della cv. Golden delicious, coltivati presso il Centro
di Sperimentazione Agraria e Forestale di Laimburg. A fini di confronto, sono stati raccolti e
analizzati campioni di mele provenienti da una parcella in cui non sono stati usati fertilizzanti
e da una in cui è stato utilizzato un fertilizzante minerale.
Le differenti condizioni di fertilizzazione sembrano in grado di influenzare sia la
composizione quantitativa di zuccheri ed acidi organici, che la formazione di composti
volatili, inclusi alcuni di quelli principalmente responsabili dell’aroma di mela.
Commercial fertilizers and organoleptic quality of organic apple fruits
(cv. Golden Delicious)
In the organic production only organic fertilizers can be used to supply the soil with nitrogen.
In general, the mineralization of these products is slow, thus causing a problem with the
nitrogen supply when the demand of the plants is high. In Alto Adige region problems with
nitrogen supply to apple plants in spring is common. In spring the demand of nitrogen of the
apple trees is high, but the weather conditions are often bad and the temperature of the soil is
low.
This work was carried out within the project “Qualità nutrizionale ed organolettica e impatto
ambientale di produzioni biologiche. Un caso studio: il melo”, funded by MiPAAF. The
objective was to determine the effect of various commercial fertilizers used for organic apple
growing on the organic acid and sugar composition and on the formation of volatile
compounds in fruits of Golden delicious cultivar, grown in the Centro di Sperimentazione
Agraria e Forestale Laimburg. Fruits from a plot without the use of fertilizer and a plot where
a mineral fertilizer was used were harvested and analysed for comparison.
The different conditions of fertilization seemed to significantly affect both sugar and organic
acid quantitative composition, and the formation of some aroma volatile compounds,
including some of those mainly responsible of the apple aroma.
88
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B10
Efficacia di microincapsulati contenenti acidi organici nel controllo di
Pseudomonas syringae pv. tomato
A. Quattrucci1, R. Cortesi2, A. Tiezzi3, M. Muganu1, G.M. Balestra1
Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia
(DAFNE) , Università degli Studi della Tuscia, 01100 Viterbo
2
Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università degli Studi di Ferrara,
44100 Ferrara
3
Dipartimento per l’Innovazione nei sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali
(DIBAF), Università degli Studi della Tuscia, 01100 Viterbo
E-mail: balestra@unitus.it
1
I batteri fitopatogeni del pomodoro sono un problema sia per le coltivazioni in serra che in
pieno campo; tra quelli in grado di causare i danni maggiori c’è Pseudomonas syringae pv.
tomato, Pst, (Okabe) Young et al., agente causale della picchiettatura batterica del pomodoro.
Considerata la scarsità di formulati alternativi al rame, la ricerca scientifica si è indirizzata
verso l’individuazione di sostanze naturali con particolare attività antimicrobica. Lo scopo del
presente lavoro è stato quello di valutare in serra l’efficacia di due microincapsulati nel
controllo di Pseudomonas syringae pv. tomato (Pst) a base di acido gallico al 10% ed a base
di acido gallico ed acido ellagico (entrambi al 2%). Le prove sono state effettuate in serra su
piante di pomodoro, cv. Pullrex Bio, contaminate con una sospensione batterica di Pst (105
ufc/ml). I trattamenti fogliari con i microincapsulati sono stati effettuati 24 ore prima della
contaminazione con il patogeno; dopo 1, 7 e 14 giorni dalla stessa, venivano effettuati i
campionamenti e le analisi specifiche allo scopo di stimare i valori della popolazione batterica
di Pst presente sul filloplano delle piante. Dai risultati ottenuti è emerso che entrambi i
formulati impiegati sono risultati in grado di ridurre significativamente nel tempo la
popolazione epifitica di Pst. In particolare, nelle tesi trattate con il microincapsulato
contenente acido gallico al 10%, i valori di P. s. pv. tomato, venivano ridotti similarmente ai
livelli registrati nelle tesi sottoposte all’impiego del composto rameico (ossicloruro di rame al
27%).
Efficacy of microencapsulated containing organic acids in the control of
Pseudomonas syringae pv. tomato
Concerning bacterial pathogens affecting tomato plants, Pseudomonas syringae pv. tomato,
Pst, (Okabe) Young et al., causal agent of tomato speck, is one of that most spread, in
greenhouse and in open field. Considering the lack of valid alternatives to copper compounds,
scientific research were addressed to identify natural substances with antimicrobial activity.
The aims of this study were to verify in greenhouse the efficacy of two microencapsulated
containing gallic acid at a concentration of 10% and gallic and ellagic acid at a concentration
of 2% respectively, in the control of Pseudomonas syringae pv. tomato (Pst). In in vivo test
were conducted in greenhouse on tomato plants, cv. Pullrex Bio, contaminated with Pst
bacterial suspension at a concentration of 105 cfu/ml. Foliar treatments were carried out 24
hours before the bacterial contamination; after 1, 7 and 14 days were carried out samplings
and analysis in order to estimate the values of epiphytic populations. The results obtained
showed that both formulations used were able to reduce significantly the epiphytic population
of Pst on tomato plants. In particular, with the microencapsulated containing gallic acid at
10% P. s. pv. tomato was reduced to the same levels registered in thesis treated with copper
oxychloride at 27%
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B11
Risultati dell’impiego di metodi di lotta a basso impatto ambientale nell’attività
sperimentale del CRA - ACM nell’ultimo quinquennio
F. Di Franco1, L. Lazzeri2, R. Liguori3, R. Magnano San Lio1, D. Benfatto1
1
CRA – Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee,
Corso Savoia 190, 95024 Acireale
2
CRA – Centro di Ricerca per le Colture Industriali, via di Corticella 133, 40128 Bologna
3
Syngenta Crop Protection S.p.A. Via Gallarate 139, 20151 Milano
E-mail: domenico.benfatto@entecra.it
Le tecniche di difesa fitoiatrica nell’ultimo decennio sono state interessate da consistenti
cambiamenti e modifiche introdotte dalle norme comunitarie che hanno causato una revisione
degli agrofarmaci registrati al fine di perseguire una maggiore sicurezza e qualità degli
alimenti. A questi obiettivi si aggiungono i benefici per l’ambiente che derivano da un uso più
sostenibile del territorio e il crescente interesse dei consumatori verso i prodotti biologici. In
quest’ottica nella nota si riportano le prove di lotta più significative svolte dal 2007 al 2011 su
agrumi, olivo e pesco con l’impiego di stazioni sterilizzanti, vari tipi di trappole, esche
proteiche attivate con spinosine, cattura massale, attract and kill, formulati liquidi
sperimentali a base di brassicacee, allevamento e lanci di Comperiella bifasciata. Le prove
sono state svolte in impianti rappresentativi delle colture in Sicilia e Calabria; i fitofagi
oggetto delle prove sono stati Ceratitis capitata, Aonidiella aurantii, Bactrocera oleae, Prays
citri, Afidi, Unaspis yanonensis, Protopulvinaria pyriformis, gli acari Tetranychus urticae,
Panonychus citri, Icerya purchasi, Planococcus citri e Aleurothrixus floccosus. I risultati
ottenuti sono positivi e le tecniche di facile applicazione, possono costituire pertanto valide
alternative ai mezzi e ai metodi di lotta con caratteristiche non rispondenti alle norme
comunitarie.
Low impact control methods in the experimental activity of CRA – Research
Center for the Citrus crops and the Mediterranean
During the last decade many techniques of control were involved in substantial changes due
to the new EU directives, the list of pesticides is continuously revised to admit the use of the
plant protection products which are safer for health and better for food quality. Besides other
important targets, in admitting pesticides, are their lower environmental impact and to pay
attention of the growing request of consumers for organic products. For these purposes this
note reports the results of more interesting trials carried on from 2007 to 2011 on citrus, olive
and peach, using sterilizing stations, different models of traps, with proteic baits activated
with spinosine, mass traps, attract and kill, experimental liquid compounds with extract of
Brassicacee. Breeding and release of Comperiella bifasciata. The trials were carried on in
representative crops in Sicily and Calabria; the pests considered are Ceratitis capitata,
Aonidiella aurantii, Bactrocera oleae, Prays citri, Afids, Unaspis yanonensis,
Protopulvinaria pyriformis, the mites Tertranychus urticae, Panonychus citri, Icerya
purchasi, Planococcus citri e Aleurothrixus floccosus. The results are positive and the
techniques easy to apply so that they could be interesting alternatives at pesticides and
methods not suitable with UE directives.
90
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B12
Proprietà nutraceutiche in fragole biologiche coltivate in Sud Italia
F. Blando1, R. Spirito1, C. Gerardi1, M. Durante1, I. Nicoletti2
Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA), unità di Lecce, CNR, Lecce
2
Istituto di Metodologie chimiche (IMC), CNR, Roma
E-mail: federica.blando@ispa.cnr.it
1
Negli ultimi anni si è registrato un significativo incremento dell’interesse del consumatore nei
confronti dei cibi biologici. Sussiste però la necessità di determinare le caratteristiche
discriminanti (se esistono) dei prodotti biologici. A parte la qualità e sicurezza, è importante
valutare anche il valore nutrizionale dei cibi biologici rispetto a quelli più o meno
convenzionali. È ipotizzato che, in assenza di pesticidi, le piante possano biosintetizzare
maggiori livelli di antiossidanti come risultato di una maggiore attivazione del sistema
endogeno di difesa, producendo maggiori quantità di composti bioattivi, in risposta a stress
biotici ed abiotici (Brandt and Mølgaard, 2001). Al momento, pochi studi riportano il
contenuto in composti bioattivi in cibi biologici e non. La misura della capacità antiossidante
attraverso metodiche biochimiche affidabili sta diventando un’importante metodica di
screening di frutti con caratteristiche salutistiche potenziali. Fra queste metodiche, il saggio
ORAC risulta il più accreditato, ed è stato utilizzato per valutare l’attività antiossidante in
estratti di fragole, coltivate in regime biologico o integrato in una zona del Sud Italia,
altamente vocata a questo tipo di coltivazione, la Basilicata. I risultati su due cvs (‘Candonga’
e ‘Ventana’) indicano che le fragole biologiche posseggono una attività antiossidante
significativamente più alta di quelle a coltivazione integrata. In particolare, l’estratto di
fragole ‘Candonga’ biologiche, allo stadio maturo, ha un valore ORAC 31.5% maggiore delle
fragole a coltivazione integrata. Ulteriori studi sulla composizione in composti bioattivi (in
particolare le antocianine e altri flavonoidi) sono necessari per identificare lo specifico
contributo alla capacità antiossidante caratterizzante le fragole biologiche.
Nutraceutical properties in organic strawberries from south Italy
Given the significant increase in consumer interest in organic food products, there is a need to
determine to what extent there is a scientific basis for claims made for organic products. Apart
the sensory quality and food safety, there is a need to assess the nutritional value of organic
food vs the conventional (or integrated) one.
It is thought that, in the absence of pesticides, plants could contain higher levels of
antioxidants as a result of enhanced synthesis of active phytochemicals produced in response
to biotic and abiotic stress. As a consequence, the level of some bioactive compounds (ex.
phenolics) may be optimal for human health in foods produced using organic agricultural
practices (Brandt and Mølgaard, 2001). However, very few comparative studies on bioactive
compound content in food conventionally and organically produced are available till now.
Measurement of antioxidant activity using biologically relevant assays is important in the
screening of fruits for potential health benefits. ORAC assay has been used in the assessment
of antioxidant activity of strawberry extracts, from organically and Integrated Pest
Management (IPM) strawberry plants, grown in the highly suited area of Basilicata (South
Italy). Results on two genotypes (‘Candonga’ and ‘Ventana’) indicated that strawberries
organically cultivated had statistically significant higher antioxidant activity than the IPM
strawberries. Particularly, in the methanolic extract of organic ‘Candonga’, at red stage of
ripening, the ORAC value was 31.5% higher than the IPM one. Further investigations on
bioactive compound composition (namely anthocyanins and other flavonoids) are needed to
identify the specific contribution to antioxidant capacity of organic strawberries.
91
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B13
Valutazione delle principali caratteristiche agronomiche e tecnologiche della
cipolla di Giarratana (Allium cepa L.) per la qualificazione della produzione
F. Branca1, G. L. Chiarenza1, A. Tribulato1
Università di Catania, DISPA - Catania
E-mail:fbranca@unict.it
1
La cipolla di Giarratana è una cultivar locale tradizionale siciliana che grazie all’isolamento
territoriale del suo areale di coltivazione, posto al centro dell’altopiano Ibleo a circa 600 metri
s.l.m., è stata preservata da vistosi inquinamenti genetici. Sebbene il prodotto sia molto
apprezzato sui mercati locali, il bulbo è soggetto a diffusi marciumi in post raccolta ed a
fenomeni di pre-germogliamento già alla fine dell’estate.
Nell’ambito del progetto PROM finanziato dal CIPE è stato predisposto un programma di
lavoro, rivolto alla qualificazione della produzione della cipolla di Giarratana.
Al fine di valutare l’effetto dell’ambiente di coltivazione sulle caratteristiche qualitative del
prodotto quattro selezioni, fornite da agricoltori locali, sono state valutate, oltre che a
Giarratana (RG), anche a Catania in località Primosole (4 metri s.l.m.) e a Mascali (CT) in
località Montargano (900 metri s.l.m.). I rilievi effettuati alla fine del ciclo colturale hanno
fatto rilevare un maggiore peso unitario del bulbo nelle selezioni saggiate a Giarratana (ca. il
50% in più) rispetto agli altri due areali, mentre la percentuale di bulbi affetti da marciume
dopo un mese dalla raccolta è stata maggiore a Giarratana. Il contenuto in solidi solubili è
apparso più elevato nei bulbi raccolti a Giarratana (6,4° Brix) rispetto a quanto rilevato negli
altri due ambienti di coltivazione (5,0° Brix). La pungenza del bulbo, parametrata dal
contenuto in acido piruvico, è apparsa più elevata a Giarratana (3,7 µM g -1 P.F.) rispetto a
quella rilevata sull’Etna (2,8 µM g -1 P.F.)
I dati acquisiti hanno permesso di evidenziare le particolari condizioni ambientali del
tradizionale comprensorio di coltivazione della cipolla di Giarratana che permettono di
ottenere un maggior peso unitario del bulbo e un maggiore contenuto di solidi solubili.
Recenti iniziative di trasformazione del prodotto in II gamma fanno emergere gli aspetti
positivi del completamento della filiera superando le problematiche della conservazione del
bulbo.
Assessment of the main agronomic and technological characteristics of
Giarratana onions (Allium cepa L.) for production qualification
Onion of Giarratana, a traditional Sicilian landrace, has been preserved by genetic
contamination with other onions thanking to its geographical isolation. Although the product
is very popular and requested by local markets in eastern Sicily, bulbs are subject to spread
rot and pre-sprouting at the end of the summer. A PROM work program, financed by CIPE,
was carried directed to the production qualification of the onion of Giarratana . In order to
evaluate the effects of the environmental conditions on quality characteristics of the product,
four farm selections were cultivated in Giarratana (RG) as well as in Mascali (CT) and
Catania. The results recorded a higher unit weight of the bulbs produced in Giarratana, about
50 % compared to the others, also the soluble solid content of the bulbs appeared higher in
bulbs harvested in Giarratana (6.4°Brix), as well as the pyruvic acid content (3.7g-1 F.W.)).
Acquired data revealed the special environmental conditions of the traditional area of
cultivation of onion of Giarratana which could achieve higher yields and a higher content of
soluble solids. Recent initiatives to transform the product in II gamma bring out the positive
aspects of the completion of the chain in order to overcome the problems of conservation of
the bulb.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B14
Il progetto “Validazione di cultivar e selezioni avanzate di actinidia, pesco e
albicocco per uso in coltura biologica - BIOFRU”. Primo anno di attività
D. Ceccarelli1, M. R. Tabilio1, C. Ceccaroli1, A. Sartori1, M. Terlizzi1, A. Di Cintio1,
M. Buccheri2, M. Grassi2, M. Nuzzi2, F. R. De Salvador1, V. Irione1, T. Rosato1, E. Caboni1
1
CRA, Centro di ricerca per la frutticoltura - Roma
2
CRA, Unità di ricerca dell’industria agroalimentare - Milano
E-mail: danilo.ceccarelli@entecra.it
La scelta varietale è di cruciale importanza per il buon esito dell’impianto di un frutteto. In
agricoltura biologica tale decisione risulta ancor più determinante e spesso il frutticoltore opta
per le cultivar commerciali maggiormente utilizzate in agricoltura convenzionale, le quali non
sempre si adattano al regime differente. Con il progetto BIOFRU, promosso e finanziato dal
MiPAAF, è stata avviata la valutazione di cultivar di actinidia, pesco ed albicocco al fine di
individuare le più valide da impiegare in regime biologico. Il progetto, inoltre, mira ad
ottimizzare la pratica colturale includendo le attività di difesa e monitoraggio dei parassiti con
l’applicazione di strategie innovative al fine di ottenere produzioni di qualità e ridotte perdite
per stress biotici. Ulteriori obiettivi risiedono nella messa a punto di tecniche vivaistiche atte a
soddisfare la domanda di materiale di propagazione destinato alle colture in biologico e nella
valorizzazione del prodotto finale attraverso la caratterizzazione dei contenuti nutraceutici e
l’attitudine alla conservazione. Per il pesco i dati finora ottenuti, seppur preliminari, hanno
consentito di formulare giudizi positivi per le cv Maria Marta, Rich May e Ghiaccio, per la
loro rusticità. Le pesche Ghiaccio, inoltre, con la loro polpa soda (carattere “stony hard”)
associata ad una bassissima emissione di etilene, presentano una elevata “tenuta” alla
maturazione consentendo di variare la raccolta a seconda delle esigenze del produttore e
dell’andamento climatico. Nell’albicocco le cv Flavorcot®, Kioto, Pinkcot® e Bella d’Imola
hanno evidenziato caratteristiche di rilievo. In particolare le prime due hanno mostrato una
notevole rusticità e una buona adattabilità a differenti condizioni ambientali. Pinkot® e Bella
d’Imola sono risultate interessanti per la maturazione anticipata che permette di evitare
attacchi di fitofagi. Per l’actinidia, Hayward e Jin Tao® hanno mostrato la migliore attitudine
alla conservazione dopo 1 mese di shelf-life a 20° C.
The project “Validation of cultivars and advanced selections of kiwifruit, peach
and apricot for use in organic farming - BIOFRU”. First year of activity
The choice of variety is crucial for the success of the orchard. In organic farming this decision
is even more important, and often growers opt for commercial cultivars used in conventional
agriculture, but which are not always well suited to organic cultivation. The BIOFRU project,
promoted and financed by the Italian Ministry of Agriculture, started the evaluation of
cultivars of kiwifruit, peach and apricot in order to identify the most suitable varieties for use
in organic cultivation. The project also sought to improve growing practices by, for instance,
better control of pests by applying innovative strategies to reduce losses resulting from biotic
stresses. Yet another objective of the project was to improve the quality of the produce in
terms of nutraceutical content and lengthening shelf life. Further goals were the development
of nursery techniques for the propagation of material to be used in organic cultures. For
peaches the preliminary data allowed the formulation of a positive evaluation for cultivars
Maria Marta, Rich May and Ghiaccio for their high resistance to biotic and abiotic stresses.
Moreover for cvs Ghiaccio, characterised by firmness of flesh (“stony hard” character) and
low level of ethylene, it was evident that is possible to delay the harvest-time according to the
needs of the producer and the climatic conditions. Among apricots, the cultivars Flavorcot®,
Kyoto, Pinkcot® and Bella d’Imola show the most positive response. In particular, the first
two show a resistance and adaptability to different environmental conditions, while Pinkot®
and Bella d’Imola are interesting for their ripening periods that allow them to avoid attacks by
pests. In kiwifruit, Hayward and Jin Tao® show the best shelf-life after one month at 20° C.
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B15
Effetti della termoterapia sul profilo biomolecolare di varietà frutticole sarde
M. Letizia Ciavatta,1 M. Gavagnin,1 M. Serra2, D. Daniele2, A. Barberis3
M. Schirra3, A. Fadda3
1
CNR-Istituto di Chimica Biomolecolare, Via Campi Flegrei, 34 I-80078 Pozzuoli (NA)
2
CNR-Istituto di Chimica Biomolecolare, Traversa La crucca 3, 07100 Sassari
3
CNR-Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, Traversa La crucca 3, 07100 Sassari
E-mail: lciavatta@icb.cnr.it
La ricerca di metodi alternativi all’uso di prodotti chimici sintetici nel trattamento postraccolta delle varietà frutticole è un’esigenza sempre più sentita sia da parte delle aziende
produttrici sia da parte dei consumatori, sempre più attenti alla salute. Tra le alternative ai
trattamenti chimici convenzionali la termoterapia rappresenta una tecnica particolarmente
efficace e promettente in quanto permette di eliminare i problemi relativi a residui di pesticidi
e allo sviluppo di ceppi resistenti. In particolare i trattamenti in acqua calda per immersione
(46-60 °C per 0,5-3 min.) e il condizionamento con aria calda (24-72 h a 36-40 °C) si sono
dimostrati efficaci nel controllo dei marciumi e nel controllo di alcune fisiopatie.
Qui riportiamo i risultati dell’analisi del profilo metabolico di due varietà frutticole sarde, la
pera cv Coscia e le mele Miali e Caddina, sottoposte a trattamento termico per immersione in
acqua calda a 53 °C per 60 secondi o condizionamento in aria calda a 38 °C per 24 ore e
successivamente sottoposti a frigoconservazione per 2 mesi ad 1 °C. In particolare, lo studio
ci ha consentito di valutare le differenze nel contenuto lipidico della parte esterna di tali frutti
dove si ritrovano composti con elevate proprietà nutraceutiche. I profili ottenuti all’HPLC
dimostrano che i due principali marker, presenti nella parte esterna sia della pera che della
mela, sono costituti da terpeni pentaciclici, quali l’acido ursolico e l’acido oleanolico. Questi
ultimi sono riconosciuti come composti ad azione preventiva nei riguardi dei tumori. I dati da
noi ottenuti suggeriscono che il trattamento termico applicato alle due varietà frutticole non
apporta modifiche sostanziali al profilo biomolecolare di tali specie e inoltre che le sostanze
con azione preventiva sono presenti praticamente inalterate in tutti i campioni.
Effects of the thermotherapy on the biomolecular profile of typical Sardinian
fruits
The search for alternatives to the use of synthetic chemicals in the post-harvest treatment of
fruit varieties is a growing need felt by both companies and by consumers, increasingly health
conscious.
Among the alternatives to conventional chemical treatments thermotherapy is a technique
really effective and promising as it allows to eliminate problems related to residual pesticides
and to the development of resistant strains. In particular, the treatment by immersion in hot
water (46-60 °C for 0.5 to 3 min.) and warm air (36-40 °C for 24-72 h) have proven effective
in the control of storage rots and of some physiological disorders.
Here we report the results of the metabolic profile of two fruit varieties of Sardinia, the pear
cv Coscia and the apples Miali and Caddina, treated by immersion in hot water at 53 °C for 60
seconds or in hot air at 38 °C for 24 hours and then subjected to cold storage for 2 months at 1
°C. In particular, the study allowed us to evaluate the differences in the lipid content of the
fruits, in particular in the external part where compounds with high nutraceutical properties
are found. The HPLC profiles obtained show that the two main markers are present in the skin
of the apples and pear, and consist of pentacyclic terpenes, such as ursolic and oleanolic acid.
These compounds are known to function as cancer chemopreventive. The data from this study
suggest that the thermal treatment applied to the two fruit varieties does not bring substantive
changes to the biomolecular profile of the species under consideration and also that molecules
with preventive action are virtually unchanged in all samples.
94
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B16
Strategie di difesa ecosostenibile dai fitofagi chiave nei vivai di agrumi
F. Conti1, R. Fisicaro1
1
Regione Siciliana - Assessorato delle Risorse Agricole Alimentari, Dipartimento Interventi
strutturali in Agricoltura, 5° Servizio Fitosanitario Regionale – U.O.42 OMP - Acireale (CT)
E-mail: fconti@regione.sicilia.it
Nei vivai di agrumi ornamentali si registrano 20 trattamenti annui per il controllo dei fitofagi
con possibili effetti collaterali. Gli autori riportano la sperimentazione svolta dal 1996 ad
oggi per definire nuove strategie. Phyllocnistis citrella: buona l’efficacia di azadiractina.
L’utilizzo degli oli minerali di nuova generazione ha dato risultati contrastanti e può arrecare
fitotossicità. Registrata la presenza di Semielacher petiolatus e Citrostichus phyllocnistoides.
La coltivazione in serra, dotata di rete antinsetto, ma priva di adeguati sistemi di ricircolo
dell’aria, è da sconsigliare per l’eccessiva temperatura. Tetranychus urticae e Panonychus
citri: buona l’azione di contenimento dello zolfo; ripetuti trattamenti associati a alte
temperature hanno determinato fitotossicità. Gli oli di nuova generazione sono selettivi sui
fitoseidi ma, nel periodo estivo, dissipandosi rapidamente, non hanno un’efficacia
soddisfacente. Aonidiella aurantii: nei vivai si registrano 4 voli dei maschi per anno e un
parziale quinto volo. La costante termica media è di 584 gradi giorno (GG) tra primo e
secondo volo e 689 GG tra secondo e terzo volo. Il primo picco si è registrato tra aprile e
metà maggio; il secondo, tra metà giugno e metà luglio. Gli oli minerali sono efficaci
intervenendo sugli stadi vulnerabili dopo il secondo picco. Prays citri: la cattura dei maschi
con trappole al feromone non sembra correlata alla percentuale di organi colpiti, per cui il
monitoraggio diretto è fondamentale. In ragione dell’abbondante fioritura, gli attacchi
precoci non sono temibili; sui frutti appena allegati si possono osservare fori di penetrazione
delle larve, ma raramente sui frutti in accrescimento si registra la presenza di stadi vitali del
fitofago. L’attacco sui teneri germogli può compromettere la regolare crescita. Bacillus
thuringiensis var. Kurstaki, ha fornito risultati incoraggianti.
Sustainable pest management in citrus nursery
In citrus nurseries of Eastern Sicily about 20 spray treatments per season are carried out for
pest management, with side effects. Since 1996 several experimental trials have been
conducted to implement sustainable strategies. Phyllocnistis citrella: the efficacy of
Azadirachtin was appreciable. Application of new generation spray-oils achieved uncertain
results and possible phytotoxic effects. The presence of beneficial Semielacher petiolatus
and Citrostichus phyllocnistoides was detected. The cultivation of trees in protected
condition resulted in unsustainable increase of temperature. Tetranychus urticae and
Panonychus citri: sulfur compounds reduced the presence of mites; the repeated applications
in coincidence with high temperatures were phytotoxic. The new generation oils were less
harmful on beneficial mites, but in summer they dissipated rapidly and hence were less
efficacious. Aonidiella aurantii: in nursery 4 male flights per year and a partial 5th flight
were recorded. The thermal constant (K) was 584 degree-days between 1st and 2nd flight; 689
DD between 2nd and 3rd flight. The 1st peak was recorded between April and mid May; the
2nd between mid June and mid July. The spray oils were efficacious when applied on young
stages after 2nd flight. Prays citri: the male captures with pheromones traps seemed not
correlated with the percentage of infestation: direct monitoring on trees was necessary. Early
infestation, in coincidence with abundant flowering, was not harmful; during fruit-set the
presence of holes of penetration was observed, but rarely the larval stages were detected
during fruit growth. The infestation of new shoots compromised the growth of young trees.
Bacillus thuringiensis var. Kurstaki achieved good control of the pest.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B17
Il sovescio di biomasse di piante biocide quale strategia sostenibile per il
controllo di nematodi fitoparassiti
T. D’Addabbo1, G. De Mastro2, P. Leonetti1, A. Tava3, V. Radicci1, P. Avato4
1
CNR – Istituto per la Protezione delle Piante, Via Amendola 122/D, I-70126 Bari
2
Dipartimento Scienze Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Bari,
via Amendola 165/A, 70126 Bari
3
CRA - Centro di ricerca per le produzioni foraggere e lattiero-casearie,
Viale Piacenza 29, 26900 Lodi
4
Dipartimento Farmaco-Chimico, Università Via Orabona 4, I-70125 Bari
E-mail: t.daddabbo@ba.ipp.cnr.it
Gli attacchi di nematodi galligeni su colture orticole in biologico possono essere causa di forti
perdite di produzione a causa della limitata disponibilità di efficaci mezzi di lotta. Numerose
specie vegetali contengono nei loro tessuti sostanze ad attività nematocida o sono in grado di
svilupparne a seguito della loro degradazione nel suolo. Pertanto, l’interramento delle
biomasse verdi od essiccate di tali specie vegetali, o di loro formulati sfarinati o pellettati, può
svolgere un’azione soppressiva sulle popolazioni di nematodi galligeni presenti nel terreno ed
un conseguente contenimento dei loro attacchi su colture orticole in regime biologico. Il
lavoro presenta i risultati di un’ ampia sperimentazione in pieno campo ed ambiente
controllate con biomasse di specie di Brassicacee e Leguminose, incorporate a differenti
dosaggi in terreni infestati da nematodi galligeni. Le prove condotte hanno evidenziato una
drastica riduzione delle densità di popolazione dei nematodi presenti e, generalmente, un
incremento delle produzioni. Il sovescio di biomasse biocide, soprattutto nella forma di
sfarinati o pellettati di più semplice applicazione, potrebbe dunque costituire un utile mezzo di
controllo dei nematodi galligeni nei sistemi orticoli in biologico.
Soil amendments with biomasses of nematicidal plants for a sustainable
management of phytoparasitic nematodes
Attacks of phytoparasitic nematodes on organic horticultural crops may result in severe yield
losses, due to the few effective control tools available for organic horticulture. Tissues of
many plants contain preformed nematicidal active principles or can generate nematicidal
compounds during their degradation into the soil. Therefore, the incorporation of green or dry
biomasses of such biocidal plants or of their meal or pelleted formulations, may result in an
effective suppression of phytonematode populations present in the soil and in a consequent
limitation of their attacks on horticultural crops. Soil amendments with fresh and dry
biomasses of many brassicaceous and leguminous plants were tested for their suppressiveness
on phytoparasitic nematodes during a large field and greenhouse experimental activity. A
strong suppression of phytonematode population densities and a remarkable crop yield
increase were generally observed at the end of almost all the experimental trials. Soil
amendments with biomasses of biocidal plants, mainly as meal or pelleted formulations, may
represent a valuable tool for phytoparasic nematode management in organic horticultural
systems.
96
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B18
Controllo della mosca mediterranea della frutta in pesche e nettarine
con caolino
S. D’Aquino1, A. Palma1, A. Cocco2, S. Ortu2, M. Schirra1
CNR- ISPA - Traversa La Crucca 3, Loc. Baldinca, Li Punti, Sassari
2
Department of Plant Protection, Section of Agricultural Entomology, University of Sassari,
Via De Nicola 1, 07100 Sassari, Italy
E-mail: salvatore.daquino@ispa.cnr.it
1
La mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata) può causare gravi infestazioni nelle
cultivar a maturazione medio-tardiva di pesco e nettarine, sino alla perdita totale della
produzione. La gestione del dittero è particolarmente difficile anche nelle produzioni
convenzionali a causa dell’uso limitato di insetticidi con attività larvicida ammessi in ambito
europeo. Obiettivo di questo studio è stato di confrontare l’efficacia di un formulato
commerciale a base di caolino, “Surround”, con un trattamento standard con insetticidi di
sintesi (Fenthion e Trichlorphon), nel prevenire gli attacchi di C. capitata in cultivar a
maturazione tardiva di pesche e nettarine. Alla raccolta, le perdite per danni visibili causati da
C. capitata nelle tesi trattate con “Surround” sono state della stessa entità delle tesi sottoposte
al trattamento standard con insetticidi di sintesi. Diversamente, le perdite post-raccolta,
causate dalle larve sviluppatesi durante la conservazione originatesi dalle ovideposizioni sui
frutti prossimi alla raccolta, sono state molto più contenute nei frutti trattati con “Surround”. I
frutti trattati con “Surround”, per la minore incidenza di ferite causate dalle punture di
ovideposizione e/o per una possibile attività della polvere di caolino nei confronti dei
patogeni fungini, hanno riportato anche minori perdite per marciumi causati da monilia
(Monilia spp.) rispetto alle tesi trattate con insetticidi. I risultati ottenuti mostrano come il
“Surround” può rappresentare un valido mezzo di prevenzione per il contenimento delle
infestazioni causate da C. capitata sia per le produzioni biologiche sia per quelle
convenzionali, come alternativa agli insetticidi di sintesi.
Control of medfly damage in peaches and nectarine by kaolin
Ceratitis capitata is a devastating diptera whose attacks can totally destroy production of
peaches and nectarines in the Mediterranean basin. Its control has become very difficult in the
last years due to the withdrawal of the most effective organophosphates from the market.
Objective of this experiment was to compare the activity of a kaolin based compound
(Surround) with a standard treatment with organophosphate insecticides (fenthion followed by
trichlorphon) against Ceratitis capitata attacks in late ripening cultivars of peaches and
nectarines. Treatments with kaolin showed the same activity of those with insecticides in
reducing visible damages by Ceratitis capitata at harvest. However, postharvest losses by
Ceratitis capitata larvae developed by eggs laid at harvest time were significantly lower in
kaolin treated fruit than in insecticides treated ones. Fruit treated with kaolin also developed
less decay mainly incited by Monilia spp., likely for the reduced level of oviposition stings
and/or for a possible protective activity of kaolin against spore germination. The results show
that kaolin can represent a feasible alternative treatment to conventional insecticides in
preventing attacks by Ceratitis capitata both in organic as well as in conventional farming.
97
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B19
Metodi chimico-fisici per il controllo dei marciumi postraccolta delle fragole
S. D’Aquino1, M. Schirra1, F. Mura2, M. Sechi2, P. Pisano1, D. Mura1, A. Palma1
CNR- ISPA - Traversa La Crucca 3, Loc. Baldinca, Li Punti, Sassari
2
Agenzia LAORE Sardegna SUT Alghero Via XX Settembre 7, Alghero, Sassari
E-mail: salvatore.daquino@ispa.cnr.it
1
Fragole cv. ‘Najad’, sono state sottoposte a fumigazioni di acido acetico (AA) (0, 10, 20, 40,
80 160, o 320 L/L) o alcol etilico (AE) (0, 100, 200, 400 o 800 µL/L) per un’ora e alla
temperatura di 20 °C, o ad immersione in acqua calda a 50 °C per 0, 1, 2, 4, 8 o 10 minuti
(termoterapia). Dopo 3 giorni di conservazione a 20 °C e 70% RH, le dosi più basse di AA ed
AE, hanno ridotto leggermente l’incidenza delle infezioni, causate principalmente da Botrytis
cinerea, mentre le dosi più elevate, pur risultando più efficaci, hanno manifestato una elevata
fitotossicità. In tutti i casi, dopo 5 giorni una intensa muffa ricca di sporangi di colore bianco
e nero, tipica delle infezioni causate da Rhizopus stolonifer, ha ricoperto i frutti, già
completamente disfatti. Il controllo dei marciumi nei frutti sottoposti ad immersione in acqua
calda è stato molto più efficace che in quelli fumigati con AA ed ET. In particolare, nelle tesi
immerse per 8 o 10 minuti dopo 3 giorni a 20 °C non è stato rilevato alcun marciume, anche
se i frutti hanno riportato gravi alterazioni fisiologiche (disseccamento del calice e
imbrunimento della superficie del frutto). Dopo 5 giorni a 20 °C solo nei frutti immersi per 1,
2 e 4 minuti sono comparse infezioni causate da R. stolonifer, di intensità decrescente al
crescere della durata del trattamento, mentre l’immersione per 8 o 10 minuti ha
completamento inibito lo sviluppo del rizophus. L’ottimizzazione dei trattamenti con
fumigazioni di AA ed AE e per immersione in acqua calda potrebbe offrire validi mezzi di
difesa alternativi ai fungicidi di sintesi nella prevenzione dei marciumi delle fragole in
postraccolta.
Chemical and physical means to control decay in strawberries
Strawberries cv. ‘Najad’ were subjected to a one-hour exposure to glacial acetic acid (AA) (0,
10, 20, 40, 80, 160 or 320 mL/L) or ethyl alcohol (AE) (0, 100, 200, 400 o 800 µL/L) vapors
at 20 °C. Part of the fruit was also dipped for 0, 1, 2, 4, 8 or 10 min in water heated at 50 °C.
After 3 days of storage at 20 °C and 70% both AA and AE treatments reduced decay
incidence, mainly caused by Botrytis cinerea. Decay control increased as concentration of
both compounds increased, but a complete control of decay was never achieved. Moreover, at
the higher concentrations both compounds resulted phytotoxic. After 5 days of storage
infections induced by Rhizophus stolonifer were predominant; the mould spread from infected
to healthy fruit with its gray hairy mycelia which even grow on previously rotted fruit by
overlapping primary infections induced by Botrytis cinerea. Hot water dip was more effective
than treatments with AA or AE. In fruit dipped for 8-10 min no decay was detected after 3
days of storage at 20 °C, but desiccation of calyx’s sepals and scalding of the peel occurred.
Rhyzopus rot appeared after 5 days of storage in control fruit and in those dipped 1, 2 and 4
min, and its severity decreased as dip length increased. In contrast, no decay occurred after 5
days of storage in fruit dipped for 8 or 10 min in heated water. Treatments’ optimization
either as exposure to AA or AE vapors or as hot water dip could represent a feasible way
alternative to conventional fungicides to prevent postharvest decay of strawberries.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B20
Il mercato della pasta a marchio biologico
1
1
1
E. De Stefanis , D. Sgrulletta , S. Pucciarmati
1
CRA-Unità di Ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali - Roma
E-mail: ester.destefanis@entecra.it
La richiesta di alimenti biologici in Europa è in rapido aumento; infatti, dopo il significativo
incremento di vendite registrato per il mercato del biologico tra il 2005 e il 2008 (+ 28%), la
crescita continua con una velocità tale che in alcuni Paesi ed in alcuni comparti la domanda
sta superando decisamente l’offerta. Un trend positivo è stato anche evidenziato per il mercato
della pasta a marchio biologico con una crescita del 9,5% nei primi 9 mesi del 2010 (fonte
ISMEA). Con l’obiettivo di indagare sul valore di questo settore dell’industria pastaria
italiana, questo studio analizza la sua dimensione ed evoluzione in un arco temporale
compreso tra il 2004 ed il 2011. I dati raccolti hanno mostrato negli anni marcate oscillazioni
sia nei consumi sia nei prezzi, con costi simili o decisamente più elevati rispetto ad un
prodotto similare da agricoltura convenzionale. Nella seconda parte del lavoro vengono
presentati, come caso-studio, i risultati di un’indagine sul livello qualitativo di alcune paste
commerciali a marchio biologico disponibili sul mercato nell’Italia centrale. Le diverse
tipologie di prodotti esaminati, che comprendevano 4 differenti marchi biologici e 5 da
agricoltura convenzionale, presentano significative differenze in termini di composizione
chimica, proprietà sensoriali e potenziale nutrizionale, mentre il confronto tra prodotto
organico e convenzionale non ha fatto emergere differenze nelle caratteristiche sensoriali
delle paste cotte. Il controllo nelle paste della presenza di deossinivalenolo (DON),
micotossina prodotta da alcune specie di Fusarium che, in particolari annate agrarie, può
contaminare la granella e come conseguenza il prodotto trasformato, non ha evidenziato
differenze tra prodotto organico e convenzionale e ha permesso di escludere completamente
rischi per la salute.
A survey on specific food sector of organic market: durum wheat Italian pasta
with organic brand
In Europe the organic food market is rapidly growing. In fact after the significant sale
increase (+28%) of organic foods recorded between 2005 and 2008 years, the market is still
growing and it is forecast an annual growth rate of about 20-30% (IFOAM source). A positive
trend has been also observed for durum wheat pasta with organic brand which has shown an
increase of 9.5% in the first 9 months of 2010 (ISMEA source). Pasta is the leader product of
the Italian durum wheat industry, which is the biggest exporter at world-wide level both for
the conventional and organic product. With the aim of exploring in this growing pasta
industry sector, the present paper analyzes its size and development from 2004 to 2011 years
and its current value for Italian agriculture trade. In the second part of the paper, results from
a survey of the quality level of Italian pasta currently available for consumers in Central Italy
market are presented. The collected data evidenced marked fluctuations across the years both
in consumer demand and market prices, the cost of the organic product being similar or higher
than conventional one. The different kinds of pasta including different trading brands, four
organic and five conventional, showed significant differences in chemical composition,
sensorial and nutritional properties. In comparison with the conventional product data
generally pointed out a lower protein concentration but similar sensorial attributes of the
cooked pasta having organic brand. Concerning micotoxin contamination there is no
difference between durum wheat pasta products which were safe in respect of DON
(deoxynivalenol) presence.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B21
Influenza della coltivazione biologica sui parametri alimentari - nutraceutici di
orticole tipiche ed ibridi commerciali: risultati I° anno
L. F. Di Cesare1, C. Migliori1, V. Picchi1, R. Lo Scalzo1, G. Campanelli2, V. Ferrari2
1
C.R.A.- I.A.A. Via G. Venezian 26, 20133 Milano
2
C.R.A.- O.R.A. Via Salaria 1, 63030 Stella di Monsampolo del Tronto (AP)
E-mail: luigi.dicesare@entecra.it
Genotipi di cavolfiore “Verde di Macerata” (HF1 Emeraude, HF1 Magnifico, cv. Velox
tardivo (t) e precoce (p), coltivati in biologico (Bio) e convenzionale (Conv)), pomodoro a
pera (cv. Giulianova, HF1 Perbruzzo, in bio e conv) e cocomero (cv. Bagnacavallo, cv.
Faenza, HF1 Farao e HF1 Monaco solo in Bio), sono stati sottoposti alla valutazione della
qualità alimentare (sostanze volatili, zuccheri solubili, acidi organici, etc.) e della qualità
nutraceutica (glucosinolati, vitamina C, licopene e polifenoli), allo scopo di quantificare gli
effetti del metodo di coltivazione e del genotipo sui parametri qualitativi. Per il cavolfiore è
stato valutato il potere antiossidante (DPPH• e test per l’anione superossido).
Cavolfiore: Le sostanze volatili incrementavano nell’Emeraude, Velox p e t in Bio.
Glucosinolati, vitamina C e polifenoli sono risultati più elevati nei campioni Bio. Il potere
antiossidante ha mostrato un andamento abbastanza dipendente dalle sostanze nutraceutiche
esaminate (vitamina C per l’anione superossido e polifenoli per il DPPH).
Pomodoro: Le sostanze volatili caratteristiche diminuivano in Perbruzzo Bio ed aumentavano
in Giulianova Bio, mentre gli zuccheri aumentavano leggermente in ambedue i genotipi Bio.
Il contenuto in licopene incrementava nel Perbruzzo Bio.
Cocomero: Il più alto contenuto in sostanze volatili, zuccheri solubili e licopene veniva
riscontrato nel Monaco.
In conclusione, i parametri qualitativi sembravano essere influenzati dal genotipo e dalla
coltivazione. L’agricoltura Bio esaltava alcuni di questi parametri, in particolare quelli
nutraceutici, indipendentemente dal genotipo solo nel cavolfiore.
Effects of organic farming on alimentary-nutraceutical parameters of autochthon
and commercial hybrids vegetables: preliminary results (1st year)
Genotypes of “Verde di Macerata” cauliflower (HF1 Emeraude, HF1 Magnifico, cv. Velox
late (l) and early (e), cultivated with organic (Or) and conventional (Conv) systems), tomato
(cv. Giulianova, HF1 Perbruzzo, Or and Conv) and watermelon (cv. Bagnacavallo, cv.
Faenza, HF1 Farao and HF1 Monaco only in Or) were submitted to the evaluation of
alimentary quality (volatile substances, soluble sugars, organic acids etc.) and nutraceutical
quality (glucosinolates, vitamin C, lycopene and polyphenols), to quantify the effects of
cultivation methods and genotype on qualitative parameters. The antioxidant power (DPPH*
and superoxide anion test) was estimated in cauliflower.
Cauliflower: the volatile substances increased in Or samples of Emeraude, Velox e and l.
Total glucosinolates, vitamin C and polyphenols increased in the Or samples. The antioxidant
power partly depend on the examined nutraceutical substances (vitamin C for superoxide and
polyphenols for DPPH). Tomato: the characteristic volatile substances decreased in Perbruzzo
and increased in Giulianova Or, while the sugars increased in both Or genotypes. The content
of lycopene enhanced in Perbruzzo Or. Watermelon: the highest content of characteristic
volatile substances, soluble sugars and lycopene were ascertained in Monaco.
In conclusion, genotype and the cultivation methods seemed to influence the qualitative
parameters. The Or farming positively affected some parameters, such as the nutraceutical
ones, regardless of genotype only for cauliflower.
Lavoro svolto nell’ambito della ricerca “Valorizzazione della tipicità orticola attraverso l’agricoltura
biologica” (VALORBIO). Progetto cofinanziato dal Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e
Forestali (MIPAAF).
100
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B22
Effetti della tecnologia tradizionale di caseificazione sulle caratteristiche
microbiologiche e organolettiche del Caciocavallo Palermitano
A. Di Grigoli1, L. Settanni2, G. Tornambé1, N. Francescab, V. Bellina1
G. Moschetti2, A. Bonanno1
1
Università di Palermo, Dipartimento DEMETRA, Settore Produzioni Animali - Palermo
2
Università di Palermo, Dipartimento DEMETRA, Settore Microbiologia Agraria - Palermo
E-mail: adigrigoli@unipa.it
Il Caciocavallo Palermitano (CP) è un formaggio a pasta filata ottenuto dal latte intero crudo
delle razze bovine autoctone siciliane, capaci di sfruttare i pascoli in zone marginali. La
tradizionale tecnologia di caseificazione prevede l’uso di utensili in legno sui quali si sviluppa
una microflora autoctona responsabile delle trasformazioni durante la fase di stagionatura. Al
fine di garantire qualità e sicurezza dei prodotti alimentari biologici trasformati, con questo
lavoro si vuole contribuire alla valorizzazione della caseificazione tradizionale del CP,
valutando l’influenza delle attrezzature in legno sulle caratteristiche microbiologiche e sulla
qualità del formaggio. Il latte di due allevamenti è stato suddiviso e trasformato adottando sia
la tecnica tradizionale con attrezzi in legno, sia quella convenzionale con attrezzature in
acciaio e inoculando il latte di fermenti commerciali. Le analisi microbiologiche hanno
rivelato come il tino in legno costituisca una riserva di batteri lattici, mentre i microrganismi
indesiderati, anticaseari o patogeni, non si sono sviluppati o sono stati poco presenti. La
specie prevalente, anche sulle superfici interne del tino in legno, è stata Streptococcus
thermophilus. La dominanza dei batteri lattici sugli altri gruppi microbici, durante la
lavorazione, garantirebbe la sicurezza igienico-sanitaria del prodotto. I formaggi tradizionali
sono risultati, a fronte di una minore resa, più grassi, con pasta più dura e compatta, meno
occhiata e con note inferiori di amaro, salato e acido rispetto ai formaggi convenzionali.
L’attività della microflora autoctona ha indotto la riduzione della proteolisi e favorito il colore
giallo della pasta e la tipica nota di piccante.
Effects of traditional cheese making process on the microbiological and
organoleptic characteristics of Caciocavallo Palermitano cheese
Caciocavallo Palermitano (CP) is a typical stretched curd cheese made from whole raw milk
from cows of the Sicilian autochthonous breeds, able to exploit marginal lands. CP is
produced with an artisanal manufacturing procedure based on the use of wood tools and the
action of native microflora, nested in their surface, responsible for the changes during cheese
aging. In order to ensure quality and safety of processed organic food, and to enhance the
traditional cheese making process, the aim of this work was to evaluate the influence of
traditional equipment on the microbiological characteristics and quality of CP. Milk from two
farms was divided and processed to obtain traditional products, which involves the use of
wooden tools, and conventional products, with the use of stainless steel equipment and
inoculating the milk with selected microflora. The analysis showed that the wooden vat serves
as a reserve of lactic acid bacteria, among which the Streptococcus thermophilus was the
predominant species. The harmful microorganisms did not develop or were present at very
low level. The dominance of lactic acid bacteria on the other microbial groups, during
processing, should ensure the health and hygiene safety of cheese. The CP obtained using
wooden tools showed lower cheese yield and higher fat, and the paste resulted harder and
more compact, with less holes, and less bitter, salty and sour than the cheeses obtained with
conventional steel equipment. The activity of the autochthonous microflora led to the
reduction of proteolysis and favored the yellow color and the typical spicy notes of the paste.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B23
Produzione di microalghe per l’alimentazione dei pesci in acquacoltura biologica
V. Di Martino1, D. Serio2, M.G. Melilli1, S.A. Raccuia1
CNR - ISAFOM - UOS Catania
2
Università di Catania, Dip. di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali - Catania
E-mail: vincenzo.dimartino@cnr.it
1
Key-words: fish fodder, microalgae, organic aquaculture
Le microalghe sono utilizzate in acquacoltura per l’alimentazione in tutte le fasi di crescita di
alcune specie di pesci. Nel corso degli ultimi decenni, sono state testate diverse centinaia di
specie di microalghe per l’alimentazione dei pesci, ma attualmente ne vengono utilizzate
all’incirca venti. Per essere utilizzabili in acquacoltura le microalghe devono possedere una
serie di caratteristiche chiave: (i) dimensioni adeguate per l’ingestione; (ii) facile digeribilità;
(iii) tassi di crescita rapida; (iv) stabilità in coltura relativamente a variazioni di temperatura,
luce e nutrienti che possono aversi nei sistemi colturali; (v) buona composizione in nutrienti;
(vi) mancanza di tossicità. Le microalghe allevate fino ad alti livelli di accrescimento in
genere contengono dal 30 al 40% di proteine, dal 10 al 20% di lipidi e 5-15% di carboidrati.
La maggior parte delle specie di microalghe mostrano buoni livelli di EPA, DHA e di AA. Il
contenuto in vitamine risulta variabile tra le specie. I sistemi tipici usati in-door per la cultura
massiva di microalghe sono in genere vasche gestite in modalità batch o in continuo. Per
volumi più grandi, vengono utilizzate vasche o bacini out-door, gestite in semi-continuo.
Inoltre, per la produzione su larga scala, si possono usare gli stessi fotobioreattori per le
microalghe coltivate ai fini della produzione di biodiesel.
Uno step importante della attività di ricerca può essere quello di ottimizzare la produzione di
microalghe da utilizzare per la produzione di biodiesel utilizzandone le biomasse residuali per
la produzione di mangimi per l’acquacoltura in biologico.
Production of microalgae for use as feed for organic aquaculture
Key-words: fish fodder, microalgae, organic aquaculture
Microalgae are utilized in aquaculture as live feeds for all growth stages some fish species
and for zooplankton used in aquaculture food chains.
Over the last four decades, several hundred microalgae species have been tested as food, but
probably less than twenty have gained widespread use in aquaculture. Microalgae must
possess a number of key attributes to be useful aquaculture species.
They must be of an appropriate size for ingestionand readily digested. They must have rapid
growth rates, be amenable to mass culture, and also be stable in culture to any fluctuations in
temperature, light and nutrients as may occur in hatchery systems. Finally, they must have a
good nutrient composition, including an absence of toxins that might be transferred up the
food chain.
Microalgae grown to late-logarithmic growth phase typically contain 30 to 40% protein, 10 to
20% lipid and 5 to 15% carbohydrate.
Most microalgal species have moderate to high percentages of EPA and many of these are
relatively rich in DHA and can be to have the highest percentages of AA. The content of
vitamins can vary between microalgae.
Typical systems used indoors for microalgal mass culture include carboys, polythene bags
and tubs. These are usually operated in batch or continuous mode. For larger volumes, outdoor tanks or ponds are used, operated semi-continuously. Also, the large scale production
use the same photobioreactors that are used for microalgae cultivated for biodiesel
production.
The aim of our research is to optimize the production of microalgae to be used for biodiesel
production and use residual biomass for the production of feed for organic aquaculture.
102
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B24
Valorizzazione delle tradizioni fitoalimurgiche dell’Etna:
il caso del guado (Isatis tinctoria L.)
S.M. Fonti1, M. Bagatta2, S. Argento1, S. Galletti2, R. Iori2, F. Branca1
1
Università di Catania, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari
(DISPA) - Catania
2
CRA- Centro di Ricerca sulle Colture Industriali, Bologna
E-mail: silvia_fonti@libero.it
Isatis tinctoria è una specie notoriamente utilizzata per l’estrazione del colorante blu indaco
ma nelle aree pedemontane dell’Etna viene occasionalmente utilizzata per scopi alimentari
previa cottura. Precedenti esperienze hanno evidenziato l’elevato valore nutraceutico delle
giovani infiorescenze di guado raccolte e utilizzate dalle comunità locali. Il guado appartiene
alla famiglia delle Brassicaceae della quale fanno parte specie alimentari ricche in composti
utili per la salute dell’uomo quali vitamine, polifenoli, glucosinolati (GLs). Recenti
acquisizioni scientifiche hanno evidenziato la presenza di glucobrassicina (GBS) nelle
infiorescenze di guado, precursore di isotiocianati importanti per le loro capacità inibitorie
verso alcuni tumori umani. La nostra attenzione è stata posta sui trattamenti termici capaci di
ridurre al minimo le perdite di composti nutraceutici del prodotto. Abbozzi fiorali di Isatis
tinctoria sono stati raccolti da piante di una popolazione spontanea del versante orientale
dell’Etna a circa 1000 m s.l.m. Le infiorescenze raccolte sono state sottoposte a trattamento
termico in acqua a 100 °C o con microonde a 800 W, entrambi per 10’; un campione di
prodotto fresco ha rappresentato il testimone. Tutti i materiali sono stati congelati a -80 °C e
poi liofilizzati per analizzare il contenuto ed il profilo dei GLs mediante HPLC-DAD(ISO
9167-1). L’analisi delle infiorescenze ha fatto accertare un contenuto di GLs totali pari a
59,63 µMol g-1 p.s. dei quali 26,37 e 33,27 µMol g-1 p.s. rispettivamente di GBS e
gluconapina. Il trattamento termico ha ridotto notevolmente il contenuto di GLs totali di circa
il 34% con la bollitura e del 3% con le microonde. I risultati ottenuti consentono di
individuare nuovi metodi di trasformazione capaci di ridurre le perdite di composti salutistici
contenute nel prodotto fresco consentendo di delineare nuove prospettive per ampliare la
disponibilità di infiorescenze di guado nel corso dell’anno.
Exploiting wild species traditionally utilised as vegetable in m.te Etna: the case of
woad (Isatis tinctoria L.)
Isatis tinctoria is common used to produce a blue pigment from the leaves even if rural people
of Mount Etna use its edible inflorescences after cooking. Previous studies supported
nutraceutical properties of fresh young inflorescences of woad collected from the rural
people. Woad belongs to Brassicaeae family that represent a rich source of health-promoting
dietary phytochemicals such as vitamins, minerals, phenol compounds, glucosinolates (GLs).
Recent study showed presence of glucobrassicin (GBS) in woad’s inflorescence which is of
interest as precursors of promising cancer chemo preventive isothiocynates. The aim of the
work was to individuate heat treatment of woad inflorescence to reduce losses of health
compounds. Samples of floral buds of spontaneous populations of woad were collected from
the east of Mount Etna (1000 m a.s.l). The collected samples were heat treated by boiling in
water at 100 °C and microwaving at 800W both for 10’; fresh inflorescences were used as
control. All samples were frozen and freeze-dried to analyze GLs amount by HPLCDAD(ISO 9167-1). Total GLs content in woad inflorescences was 63,00 µMol g-1 dw; GBS
and gluconapin content were 26,37 e 33,27 µMol g-1 dw respectively; microwave treatment
lightly affect the GLs amount, while boiling treatment caused losses of 34% of total GLs .
The results consent to individuate new processing method to reduce the health compound
losses of the fresh produce heat treated and indicate new perspectives to increase the
availability of woad inflorescences all year round.
103
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B25
Valutazione di isolati di Trichoderma spp. per il controllo della suberosi radicale
del pomodoro
A. Infantino1, G. Di Giambattista1, S. De Felice1
1
CRA-PAV, Via C.G. Bertero, 22, I-00156, Roma
E-mail: alessandro.infantino@entecra.it
L’utilizzo di agenti di biocontrollo, da soli o in associazione con la solarizzazione, e l’utilizzo
di compost, sono alcune tra le strategie messe a punto per il controllo biologico della suberosi
radicale del pomodoro, causata da Pyrenochaeta lycopersici. I risultati ottenuti in diverse parti
del mondo non sono stati sempre del tutto soddisfacenti. Nell’ambito delle attività previste dal
Progetto BIOMED si è quindi proceduto al reperimento e caratterizzazione di nuovi e più
efficaci agenti di biocontrollo (BCAs) ben adattati alle condizioni pedoclimatiche delle
principali zone di coltivazione del pomodoro in Italia. A tale fine, 17 campioni di terreno
prelevati da 6 aziende di pomodoro a conduzione biologica nel Lazio sono stati valutati per la
presenza dei due tipi molecolari esistenti del patogeno mediante utilizzo di primer specifici. Si
è quindi proceduto all’isolamento di Trichoderma spp.presenti mediante utilizzo di un terreno
agarizzato selettivo. Sono stati ottenuti un totale di 30 isolati monoconidici che sono stati
inseriti nella collezione presente presso il CRA-PAV. Per l’identificazione specifica, il DNA
di ciascun isolato è stato estratto e successivamente amplificato mediante primers specifici
per le regioni ITS e per il fattore di elongazione tef1. L’identificazione specifica, effettuata
mediante la ricerca di omologie delle sequenze ottenute con quelle presenti su NCBI e
TrichOK, ha evidenziato T. harzianum come la specie maggiormente rappresentata, seguita da
T. gamsii. La potenziale capacità repressiva di dieci isolati di Trichoderma spp. è stata
valutata in vitro mediante esecuzione di colture duali in presenza di un isolato di P.
lycopersici, mediante la valutazione della produzione di sostanze diffusibili nel mezzo
agarizzato e di sostanze volatili in grado di inibire la crescita del patogeno. Due isolati di T.
gamsii hanno fatto registrare i valori di inibizione più elevati e saranno valutati per la loro
capacità repressiva mediante prove di inoculazione artificiale in serra.
Lavoro svolto nell’ambito del Progetto “Tecnologie innovative per la protezione biologica di colture
mediterranee da patogeni e parassiti tellurici” (BIOMED)
Evaluation of Trichoderma spp. isolates for the control of corky root
of tomato in Italy
Corky root caused by Pyrenochaeta lycopersici is a serious disease of tomato worldwide.
Within the framework of the Project BIOMED, funded by the Italian Ministry of Agriculture,
several isolates of Trichoderma spp. were isolated from seventeen soil samples sampled in six
organic tomato farms. The presence of P. lycopersici in the soil was evaluated by using
specific primers for this species. A total of 30 monosporic Trichoderma spp. isolates were
obtained and identified by amplification of ITS regions and of the gene tef1 for translation
elongation factor 1α (EF1α) and subsequent search for homologies on databases (NCBI and
TrichOK). As a result, T. harzianum was the most frequently isolated species, followed by T.
gamsii. The isolates were evaluated in vitro for their potential to antagonize P. lycopersici by
means of dual culture test, by measuring their ability to produce water-soluble inhibitors and
to produce volatile inhibitors. Two isolates of T. gamsii showed good promises in all tests and
their antagonistic activity will be further evaluated by means of artificial inoculations in the
greenhouse.
Work done within the framework of the Project: “Tecnologie innovative per la protezione biologica di
colture mediterranee da patogeni e parassiti tellurici” (BIOMED)
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B26
Approvvigionamento nutritivo delle piante in agricoltura biologica.
Un caso studio: il melo
M. Kelderer1, F. Paoletti2, A. Topp1, D. Gramm1
1
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Laimburg 6, 39040 Ora (BZ)
2
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN),
via Ardeatina 546, 00178 Roma
E-mail: Markus.Kelderer@provinz.bz.it
Nella melicoltura biologica in primavera, quando la temperatura del suolo è ancora bassa, si
ha come conseguenza una riduzione dell’assorbimento radicale con la possibilità di un
insufficiente approvvigionamento azotato delle piante. Siccome la maggior parte dei concimi
organici mineralizzano l’azoto abbastanza lentamente, essi raramente sono quindi in grado di
soddisfare in tempo utile le esigenze della coltura.
La presente ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto finanziato dal MiPAAF e
denominato Progetto Bioqualia (Qualità nutrizionale ed organolettica ed impatto ambientale
di produzioni biologiche. Un caso studio: il melo). Esso si concentra soprattutto su diversi
provvedimenti e strategie della concimazione in agricoltura biologica nella situazione
pedoclimatica e di coltivazione del melo in Alto Adige, con lo scopo di ottimizzare
l’approvvigionamento dell’azoto alle piante coltivate biologicamente. Le tesi sperimentali
comprendono diverse combinazioni tra concimi organici commerciali e letame, in
combinazione con diverse pratiche di lavorazione del terreno, così come diversi tempi di
intervento e dosi di concimazione. Come termine di confronto si ha una tesi testimone ed una
tesi di riferimento concimata con concime chimico di sintesi.
L’obiettivo principale della prova in pieno campo è rappresentato dall’andamento della
mineralizzazione dell’azoto nel terreno. In ulteriori analisi relative al contenuto di sostanze
nutritive nelle foglie, alla determinazione del colore delle stesse, all’incremento di crescita dei
germogli, del tronco e dell’intensità di fioritura, così come di diversi rilievi produttivi è stato
possibile stabilire diverse correlazioni con l’intensità di mineralizzazione dell’azoto nel
terreno.
Nutrition supply of plants in organic farming. A case study: the apple
In spring organic apple orchards are often characterized by a limited supply of mineral
nitrogen in the soil. Temperatures in the soil are low and the absorption capacity of the plants
through the roots is limited. Additionally, most organic fertilizers mineralize their nitrogen
relatively slowly and are not able to cover the demand of the orchard at a satisfactory rate.
The present study was realized within the project Bioqualia (Qualità nutrizionale ed
organolettica ed impatto ambientale di produzioni biologiche. Un caso studio: il melo),
financed by MiPAAF. The survey focuses on different organic manuring measures and
strategies under South Tyrolean apple growing conditions with the aim to optimize the
nitrogen supply of the organic managed plants. The trial variants cover fertilizer combinations
with manure and different kinds of soil management as well as various periods of fertilization
and diverse application rates. For comparison act both an untreated control thesis and a
synthetic mineral fertilizer for reference.
The pattern of mineralization of nitrogen constitutes a central aspect of the trial. Other
parameters investigated, such as the nutrient content and the color of the leaves, the growth of
shoots and stems of the plants, the flowering intensity and different yield parameters provide
a basis to establish an interrelationship with the respective pattern of nitrogen mineralization
in the soil.
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B27
Influenza della coltivazione biologica sul profilo polifenolico di genotipi di
cavolfiore a corimbo verde tipici dell’Italia centrale
R. Lo Scalzo1, L.F. Di Cesare1, C. Migliori1, G. Campanelli2, V. Ferrari2, V. Picchi1
1
CRA-IAA, via G. Venezian n. 26, 20133 – Milano
2
CRA-ORA, via Salaria 1, 63030 Monsampolo del Tronto (AP)
E-mail: roberto.loscalzo@entecra.it
I polifenoli sono molecole bioattive e nutraceutiche ampiamente distribuite nelle specie
vegetali, che ne influenzano la morfologia, la crescita, la riproduzione, la capacità di resistere
a patogeni e stress abiotici. Essendo in grado di controllare il contenuto di radicali liberi, sono
riconosciuti come potenti antiossidanti. Negli ultimi anni, la crescente richiesta di cibi
biologici ha stimolato gli studi sulle variazioni del contenuto nutraceutico dei prodotti
biologici, ma finora i dati su Brassicaceae sono scarsi. Scopo della presente ricerca è stato di
comparare il contenuto polifenolico di due ibridi commerciali di cavolfiore (HF1 Emeraude e
Magnifico) della tipologia a corimbo verde denominata Verde di Macerata coltivati con
metodo convenzionale (Conv) e biologico (Or). I campioni liofilizzati sono stati estratti con
soluzione EtOH:HCl 2M (1:1) (TQ) e poi sottoposti ad idrolisi (IDR) a 90°C per 1 h. Le
analisi sono state effettuate con HPLC-DAD. I cromatogrammi hanno mostrato la presenza di
composti fenolici difficilmente identificabili, per la carenza di dati di confronto in letteratura.
L’identificazione dell’acido clorogenico nei TQ e del sinapico negli IDR ha mostrato che il
metodo Or influenzava soprattutto il contenuto di sinapico, inducendone un incremento in
Magnifico (+8.8%) e un forte decremento in Emeraude (-40.7%). Il rapporto tra la somma
delle aree di tutti i picchi registrati, compresi quelli non identificati, nei campioni Or rispetto a
Conv, era significativamente più alto in Magnifico (1.48) rispetto ad Emeraude (0.79),
indicando un effetto positivo della coltivazione biologica sul contenuto di polifenoli di
Magnifico ma non di Emeraude. Questi risultati dimostrano che la scelta del genotipo può
essere di fondamentale importanza nella determinazione del contenuto di fitochimici di
cavolfiore coltivato con diverse pratiche colturali.
Influence of organic cultivation on the polyphenolic profile of green cauliflower
genotypes typical of Central Italy
Polyphenols are phytochemicals distributed in plant species, influencing their morphology,
growth and reproduction, as well as their resistance to parasites and abiotic stresses. They are
able to neutralize or quench free radicals, being thus recognized as powerful antioxidants. In
the last few decades, the growing demand for organic food resulted in several studies
concerning the variations in the phytochemical content of such products, but to date specific
data on Brassicaceae are scarce. The research was aimed at comparing the polyphenol content
of two commercial cauliflower hybrids (HF1 Emeraude and Magnifico) of the green tipology
Verde di Macerata, grown with conventional (Conv) and organic (Or) farming. Lyophilized
samples were extracted with a solution of EtOH:HCl 2 M (1:1) (TQ) and subjected to heating
at 90°C, 1 h (IDR) to allow the hydrolysis of conjugated glycosides. The extracts were
analyzed with an HPLC-DAD system. The chromatograms showed the presence of a high
number of phenolic compounds that have not been recognized from the comparison with the
literature. The identification of chlorogenic acid in TQ and sinapic acid in IDR, indicated that
Or farming influenced mostly the sinapic content, inducing a positive effect in Magnifico
(+8.8%) and a negative effect in Emeraude (-40.7%). The ratio between the sum of the areas
of all the detected peaks of Or compared to Conv samples was significantly higher for
Magnifico (1.48) compared with Emeraude (0.79), indicating a positive effect of Or
cultivation on the polyphenol content of Magnifico but not of Emeraude. These results
demonstrated that the genotypic characteristics may be of crucial importance for the
phytochemical content of cauliflower grown with specific management practices.
Lavoro svolto nell’ambito del progetto “Valorizzazione della tipicità orticola attraverso l’agricoltura
biologica” (VALORBIO), finanziato dal MIPAAF.
106
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B28
Studio degli effetti di due composti policlorurati sulla fermentazione in vitro di
fluido ruminale bufalino
G. Maglione1, A. Navarro1, F. Sarubbi1, F. Polimeno1
1
CNR-ISPAAM, via argine 1085, 80147 Naples, Italy
email: giuseppe.maglione@cnr.it
La contaminazione mondiale di alimenti e mangimi per l’emissione di Persistent Organic
Pollutants (POP) è un problema significativo nella catena alimentare. Una delle principali
famiglie di POP è quella dei PoliCloroBifenili (PCB). I ruminanti da latte sono esposti a
questi inquinanti organici ambientali per ingestione (acqua, alimenti) (Sanders e Chandler
1972;. Breyl et al 1990). La velocità di trasferimento di PCB nel latte è molto variabile dal
5% al 90% (S. Jurianz et al. 2008) diventando un serio rischio per la salute umana.
Due diversi PCB (2,2’,5,5’-tetra e 2,4’-dichlorobiphenyl) sono stati testati utilizzando la
Reading Pressure Technique [RPT] in vitro (Mauricio et al. (1999). Questo sistema di
valutazione del foraggio è stato progettato per stimare la velocità e l’entità sia della
fermentazione che della degradazione del substrato. L’obiettivo di questo studio è di
verificare se c’è un effetto sui processi di fermentazione e degradazione di alcuni alimenti
commerciali (fieno, erba medica e orzo) con l’aggiunta di due diversi PCB a due differenti
concentrazioni (basso = 0,1 ppm e alto = 1 ppm) nel liquore bufalo rumine.
Gli alimenti sono stati scelti per il loro diverso grado di degradabilità, infatti il fieno di erba
medica rappresenta l’elemento meno degradabile mentre l’orzo lo è di più. Sappiamo che i
livelli di diossina e PCB nel latte non dovrebbe essere più di 6 pg / g di grasso. Le
concentrazioni dei due PCB sono stati scelti molto superiore al livello consentito per indurre i
possibili effetti sui batteri del rumine.
I parametri valutati sono stati: acidi grassi volatili (AGV), sostanza secca (DMD),
degradazione di materia organica (OMD) e formazione di gas di fermentazione per un periodo
di 48 ore di incubazione. Non sono stati osservati effetti significativi sulla fermentazione
ruminale dall’inclusione dei due PCB esaminati sia a 0,1 che a 1,0 ppm.
Studying the effects of two polychlorinated residues on water buffalo rumen fluid
in vitro fermentation
The world wide contamination of foods and feeds by emission of Persistent Organic
Pollutants (POPs) is a significant problem in the food chain. One of the major family of POPs
is the Poly Chloro Biphenyls (PCBs). Dairy ruminants are exposed to these POPs by oral
ingestion (water, feedstuffs) (Sanders and Chandler 1972; Breyl et al. 1990). The transfer rate
for PCBs in milk varies widely from 5% to 90% (S. Jurianz et al. 2008) becoming a serious
risk for human health. Two different PCBs (2,2’,5,5’- tetrachlorobiphenyl and 2,4’dichlorobiphenyl) were tested by using the in vitro Reading Pressure Technique [RPT]
according to Mauricio et al. (1999). This feed evaluation system is designed to estimate the
rate and extent of both fermentation [gas release] and substrate degradation simultaneously.
The objective of this study is to check if there is an effect on fermentation and degradation
processes on some commercial feeds (alfalfa hay and barley) by adding two different PCBs at
two different concentrations (low = 0,1 ppm and high = 1 ppm) in water buffalo rumen liquor.
The feeds were chosen with different degradable ability, in fact alfalfa hay is the least
degradable while barley is the fasten (highly degradable). We know that PCB and dioxin
levels in milk should not be more than 6 pg/g of fat. The concentrations of the two PCBs were
chosen much more higher than the allowed level to find out the possible effects on rumen
bacteria. Standard parameters were evaluated: Volatile Fatty Acid (VFA), dry matter (DMD),
Organic Matter Degradation (OMD) and fermentation gas release over a 48 h incubation
period. No significant effects on rumen fermentation were observed from the inclusion of the
two PCBs examined at 0.1 and 1.0 ppm.
107
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B29
Biodiversità e funzionalità microbica per l’incremento della repressività
dei suoli agrari
L.M. Manici1, F. Caputo1, A. Lazzari1, C. Maestrini1, A. Topp2
1
CRA - Centro Ricerche Colture Industriali, via di Corticella 133, Bologna
2
Laimburg Research Centre for Agriculture and Forest Laimburg, Ora (BZ)
E-mail: francesco.caputo@entecra.it
La diversità microbica è uno dei migliori indicatori di sanità del suolo ed è uno dei principali
componenti della repressività del suolo definita come la “capacità biologica potenziale del
suolo di controllare gli agenti patogeni”.
I funghi del suolo sono stati utilizzati come indicatori di diversità e sanità di due diversi
sistemi produttivi: melo in Alto Adige e pesco in Campania, entrambi con gestione a basso
impatto ambientale. Lo stato di sanità delle colture e i dataset delle comunità fungine sono
stati ottenuti con test di allevamento in serra sui suoli oggetto di studio, cui ha seguito la
valutazione quantitativa e qualitativa della colonizzazione radicale, il confronto della
biodiversità, l’analisi della similarità e, infine, la valutazione funzionale degli isolati.
A maggiore biodiversità ha corrisposto il maggiore accrescimento vegetativo, spiegato
sempre da un minore frequenza o assenza di funghi endofiti agenti di necrosi radicale. L’alta
frequenza di colonizzazione di specie appartenenti a generi biologicamente attivi come
Aspergillus, Fusarium, Penicillium sembra garantire non solo una maggiore sanità delle radici
, ma anche un maggiore sviluppo radicale. Alcuni esempi di funzionalità dei microorganismi
di interesse biologico scelti entro le comunità microbiche in studio vengono riportati . Questo
per dimostrare che, oltre alla diversità microbica è importante conoscere le caratteristiche
funzionali delle comunità coinvolte per la messa a punti di strategie che possano migliorare la
fertilità biologica e la repressività potenziale dei suoli.
Ecological studies of microbial diversity for development new techniques in
organic farming
Microbial diversity is one of the best indicators of soil health and is a major component of soil
suppressiveness defined as “the ability to control biological potential of the soil pathogens.”
Soil fungi were used as microbial indicators of two production systems under low
environmental impact management: apple and peach trees in South Tyrol and in Campania
region. The soil samples were subjected to: i) evaluation of soil suppressiveness, which is a
parameter of soil functionality, performed by bioassay tests in greenhouse with target plants;
2) quantitative and qualitative evaluation of soil saprophyte fungi and root colonizing fungi.
Biodiversity and composition of fungal communities were analysed using software for studies
in ecology. Functionality of representative fungal isolates was evaluated by growing target
plants on artificially inoculated soil with pure cultures
The greatest biodiversity resulted correlated to the best plant growth, parameter of soil
suppressiveness. The highest suppressiveness was always related to lowest abundance of the
soil borne pathogens. On the contrary, the high frequency of species belonging to genera
biologically active as Aspergillus, Fusarium and Penicillium seems to not only ensure greater
health of the roots, but also a greater root development and plant growth. Some examples of
specific functionality of microorganisms selected within the microbial communities under
study are reported. Microbial diversity is an important indicator of soil health, but to improve
potentiality of soils suppressiveness it is important to investigate on functional features of
resident microorganisms and on factors able to increase the beneficial microbial populations.
Attività finanziate MIPAAF. Progetti “sportello” MARA 2007-2008 e ENDOBIOFRUIT 2009-2013
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B30
Use of chestnut tannins in the diet of dairy ewe:
effect on milk yield and composition
M. Mele1, A. Buccioni2, A. Serra1, S. Rapaccini2, P. Secchiari1
Università di Pisa, Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Sezione di
Scienze Zootecniche – Pisa, 2Università di Firenze, Dipartimento di Biotecnologie Agrarie,
Sezione di Scienze Animali - Firenze
E-mail: mmele@agr.unipi.it
1
L’utilizzo del pascolo per l’alimentazione della pecora da latte è una caratteristica peculiare
dell’allevamento ovino, in particolare nell’ambito dell’agricoltura biologica. Il pascolo continuo durante il periodo primaverile influenza positivamente le caratteristiche nutrizionali del
latte, ma, di contro, può avere effetti negativi sul contenuto di urea del latte, sul contenuto di
cellule somatiche e, in generale sullo stato sanitario delle pecore, nel caso l’eccesso di proteina solubile contenuta nell’erba non sia ben controllata nella formulazione della dieta.
Scopo della ricerca è stato quello di studiare l’effetto dei tannini di castagno nella dieta di pecore in lattazione sottoposte a pascolo continuo, sulla quantità e sulla qualità del latte prodotto. A tal fine, 96 pecore di razza Sarda sono state suddivise in due gruppi di eguale numero: un gruppo (T) è stato alimentato con 500g/capo/d di concentrato contenente tannini di
castagno (8% sulla sostanza secca) e l’altro (gruppo C) è stato alimentato con 410 g/capo/d di
concentrato senza tannini. I due gruppi pascolavano il medesimo pascolo (24 h di pascolo, eccetto le interruzioni dovute alle due mungiture giornaliere, durante le quali veniva somministrato individualmente il mangime). La sperimentazione è durata 7 settimane (dall’inizio di
aprile alla fine di maggio). Durante la sperimentazione, tre volte la settimana, sono stati registrati i dati di produzione di latte e prelevati campioni di latte massale, separatamente per i
due gruppi. Il latte è stato analizzato per il contenuto di proteine totali, caseine, grasso, urea,
cellule somatiche e per la composizione degli acidi grassi. L’inclusione di tannini di castagno
nella dieta ha comportato una riduzione della proteina totale (-6%) e dell’urea (-10%) nel
latte, mentre il contenuto di acidi grassi polinsaturi è aumentato significativamente (+30%).
La produzione di latte e il contenuto di grasso e di caseina non sono variati significativamente. Il numero di casi di diarrea, dovuta all’eccesso di erba altamente fermentescibile nella
razione, è stato ridotto significativamente (-50%) dopo una settimana di ingestione di mangime contenente tannini di castagno. In conclusione, l’utilizzo dei tannini di castagno può essere una strategia efficace nell’ottimizzazione degli effetti del pascolamento continuo nella
pecora da latte.
Uso di tannini da castagna nella dieta di pecora da latte:
effetto sulla produzione e composizione del latte
Grazing is a peculiar characteristic of extensive dairy ewe systems, mainly in organic
production. Continue grazing positively affects the nutritional characteristics of dairy
products, but negative effects on milk urea content, somatic cell count and health status of
ewes have been reported, as a consequence of the excess of soluble protein in the diet. The
aim of the research was to investigate the effect of chestnut tannins in the diet of dairy ewe, in
order to modulate the effect of continue grazing on milk yield and composition. Ninety-six
Sarda dairy ewes were divided in two groups fed 500 g/d/ewe of a concentrate wit 8% of
chestnut tannins (group T) or 410 g/d/ewe of a concentrate without tannins (group C). The
two groups grazed the same pasture as continue grazing and the concentrates were
individually administered two times a day in milking parlour. The trial lasted 7 weeks from
the begin of April to the end of May. Each week, three times/week, milk yield data were
recorded and bulk milk samples were collected. Milk samples were analyzed for protein,
casein, fat, fatty acid composition, urea and somatic cell count. Results showed that the
tannins inclusion in the diet reduced milk protein (-6%) and urea content (-10%), whereas
polyunsaturated fatty acid content increased (+30%). Milk yield and milk fat and casein
content remained unchanged across groups. The number of diarrhoea cases was significantly
reduced after one week of tannin supplementation (-50%). In conclusion, chestnut tannins
may be an effective strategy in order to optimize the pasture exploitation in a continue grazing
system.
109
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B31
Confronto di antiche e nuove varietà di frumento tenero (Triticum aestivum spp.)
per la produzione di pane biologico di qualità: risultati agronomici
P. Migliorini1, G. Casella2, V. Moschini2, R. Vivoli2, S. Bendettelli2
University of Gastronomic Science; Piazza Vittorio Emanuele 9, Pollenzo Bra (CN)
2
University of Florence; Piazzale delle Cascine, 18 Firenze
E-mail: stefano.benedettelli@unisg.it
1
Gli obiettivi generali della ricerca sono: i) recuperare il germoplasma del genere Triticum, ii)
promuovere l’agricoltura biologica locale e i prodotti locali sani. L’obiettivo specifico della
ricerca è quello di valutare la produttività quantitativa e qualitativa di varietà antiche e nuove
di frumento tenero (Triticum aestivum spp.) per la produzione di pane biologico di qualità a
marchio “Parco di Racconigi” (Piemonte, Nord Italia). La varietà testate sono Blasco
(moderna) micorrizato e non micorrizato, Andriolo, Inallettabile, Gentil Rosso aristato, Gentil
Rosso non aristato e Sieve (vecchie). Il disegno sperimentale adottato è a blocchi
randomizzati con 3 ripetizioni. Al fine di valutare la prestazioni agronomiche, tecnologiche,
funzionali e commerciali di diverse varietà, sono stati raccolti i seguenti dati: caratteristiche
del suolo, resa (t/ha), umidità al momento della raccolta (%), la fioritura in giorni dopo la
semina (DAS), il peso ettolitrico (kg/hl), il peso di 1.000 semi (kg), altezza della pianta (cm),
allettamento (%), capacità di controllare le erbe infestanti (n/ha e gr/ha), la sensibilità al virus
(%), il contenuto di N e C nelle cariossidi del grano (%), la valutazione della qualità dei
prodotti finali, il pane, con l’analisi sensoriale (descrizione qualitativa), l’analisi strumentale
del profilo aromatico e analisi dell’immagine. I risultati agronomici sulla produttività
mostrano che tutte le varietà hanno un rendimento eccellente (media di 5,51 t/ha) e che ci
sono differenze significative tra loro. Le vecchie varietà hanno avuto un’ottima resistenza alle
malattie, ma una % di allettamento maggiore. Anche per quanto riguarda le erbe infestanti i
risultati sono molto interessanti e dimostrano che alcune varietà antiche sono ancora più
competitive di quelle moderne.
Comparisons of old and new varieties of common wheat (Triticum aestivum spp.)
for the production of organic quality bread: agronomic results
The general aims of the research are: i) retrieve germplasm of the genus Triticum; ii)
promoting local organic farming and healthy local products. The specific objective of the
research is to assess the quantitative and qualitative productivity of old and new varieties of
common wheat (Triticum aestivum spp.) for the production of organic quality bread branded
“Park of Racconigi” (Piedmont, North Italy). The variety tested are mycorrhized and not
mycorrhized Blasco (modern), Andriolo, Inallettabile, awns Gentil Rosso, not awns Gentil
Rosso and Sieve (olds). The experimental design adopted is randomized blocks with 3
repetitions. In order to evaluate the agronomic, technological, functional and commercial
performance of different varieties, the following data are collected: soil characteristics, yield
(t/ha), moisture at harvest (%), the flowering in days after sowing (DAS), the hectolitric
weight (kg/hl), weight of 1,000 seeds (kg), plant height (cm), bedding (%), capacity to control
weeds (n/ha and gr/ha), sensitivity to virus (%), content of N and C in grain (%), evaluation of
the quality of the final products, the bread, with sensorial analysis (qualitative description),
the instrumental analysis of flavor profile and analysis of the image. The agronomic results on
productivity show that all the varieties have an excellent yield (average 5.51 t/ha) and that
there are significant differences between them. The old varieties had a very good resistance to
disease but a greater bedding. The results regarding weeds are also very interesting showing
that some old varieties are even more competitive than modern one.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B32
Profilo sensoriale e chimico in carote fresche da agricoltura
convenzionale e biologica
E. Moneta1, I. Baiamonte1, J. Comendador1, H.L. Kristensen2, N. Nardo1, S. Nicoli1,
F. Paoletti1, M. Peparaio1, A. Raffo1, R. Roviglioni3, F. Sinesio1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione – INRAN, Roma
2
University of Aarhus. Kirstinebjergvej, Ärslev (DK)
3
Associazione Italiana Agricoltura Biologica – AIAB, Roma
E-mail: moneta@inran.it
La qualità organolettica di carote fresche (Daucus carota L.) prodotte in due annate
consecutive, in campo sperimentale in Danimarca e in aziende agricole in Italia, è stata
studiata mediante profilo sensoriale e determinazione chimica dei composti ad esso associati.
Per lo studio in campo sperimentale una singola cultivar, Bolero, è stata coltivata applicando
pratiche agronomiche convenzionali e tre differenti approcci di agricoltura biologica. Per lo
studio in campo in Italia, due cultivar, Maestro ed Excelso, sono state coltivate applicando
pratiche sia convenzionali che biologiche. Un dettagliato profilo chimico, relativo alle
caratteristiche organolettiche delle carote, è stato ottenuto attraverso la determinazione per
HPLC di zuccheri e acidi organici e mediante analisi dei composti volatili, isolati con tecnica
SBSE e determinati in GC-MS.
Il profilo sensoriale è stato costruito impiegando un panel di assaggiatori addestrati, con lo
scopo di descrivere le differenze percepite e attribuibili alla cultivar e all’effetto delle pratiche
agronomiche, e di valutare se tali effetti fossero ripetibili nei due anni e nelle diverse cultivar.
Le relazioni tra proprietà sensoriali e contenuto in composti volatili e non volatili sono state
studiate con l’impiego di metodi statistici uni- e multi-variati.
Questo lavoro è parte delle attività del progetto “Quality analysis of critical control points
within the whole food chain and their impact on food quality, safety and health (QACCP)”,
finanziato nell’ambito del “CORE Organic”.
Sensory and chemical profile of conventional and organic fresh carrots
The eating quality of fresh carrots (Daucus carota L.) from two seasons experimental field
trials in Denmark and Italy was studied by sensory and chemical analyses. For the field trial
in Denmark a carrot cultivar, Bolero, was grown by conventional and three different organic
farming practices. For the Italian field trial two carrot cultivars, Maestro and Excelsior, were
organically and conventionally grown in two farms. A detailed carrot chemical profile, related
to the organoleptic quality, was obtained by HPLC determination of sugar and organic acid
composition, and by GC-MS analysis of aroma volatile compounds isolated by the Stir Bar
Sorptive Extraction technique (SBSE).
Sensory profile of fresh carrots was constructed using a trained sensory panel, with the
purpose of describing the perceived differences for effect of the cultivar and different farming
methods, as well as evaluating whether the impact on sensory quality was consistent over
years and cultivars.
The relationships between sensory properties and content of non-volatile and volatile
compounds were studied using univariate and multivariate approaches.
This work is part of the research project “Quality analysis of critical control points within the whole
food chain and their impact on food quality, safety and health (QACCP)”, which is a “CORE
Organic” funded project (European Commission).
111
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B33
Qualità nutrizionale di pomodoro (Lycopersicon esculentum, cv. CXD271bio) da
campo convenzionale e in conversione a biologico
N. Nardo1, M.S. Foddai1, E. Azzini1, I. Baiamonte1, L. Gambelli1, E. Finotti1,
S. Di Ferdinando2, S. Paoletti2, V. Vizioli3, F. Paoletti1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma
2
Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio, Roma
3
Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica, Roma
E-mail: paoletti@inran.it
Il progetto “Valutazione di schemi di conversione all’agricoltura biologica e biodinamica in
aziende tipo della Regione Lazio”, finanziato e coordinato dall’Agenzia Regionale per lo
Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio (durata: 3 anni), ha l’obiettivo di
monitorare le caratteristiche del suolo e la biodiversità, gli aspetti economici e la qualità di
prodotti orticoli in aziende della Regione Lazio durante il periodo della loro conversione da
convenzionale a biologico o da biologico a biodinamico.
Questo lavoro riporta i risultati dello studio della qualità nutrizionale di pomodoro (cv.
CXD271Bio) raccolto in un’azienda dopo il primo anno della conversione da convenzionale a
bio. I campioni raccolti sono stati analizzati per: umidità, solidi solubili, acidità titolabile,
colore, consistenza, acidi organici, carotenoidi, fenoli totali, capacità antiossidante, minerali.
Per confronto, campioni di pomodoro della stessa cultivar, coltivati con metodo
convenzionale in un’azienda posta nelle vicinanze di quella in conversione (caratteristiche del
suolo simili; stesse condizioni climatiche), sono stati raccolti ed analizzati per gli stessi
parametri.
I campioni di entrambe le aziende provenivano da due repliche di campo.
Non possono essere tratte conclusioni dai risultati ottenuti perché relativi al solo primo anno
dello studio. Tuttavia, differenze nei parametri della qualità nutrizionale sono emerse tra i
campioni di pomodoro provenienti dalle due aziende.
Nutritional quality of tomato (Lycopersicon esculentum, cv. CXD271bio) from
conventional and in conversion to organic fields
The project “Evaluation of protocols of conversion to organic and biodynamic agriculture in
farms in Lazio Region”, funded and co-ordinated by Regional Agency for the development
and innovation of the Agriculture in Lazio” (length: 3 years) aims to monitor soil
characteristics, economic aspects and nutritional quality of vegetables grown in farms of
Lazio Region during the period of their conversion from conventional to organic or from
organic to biodynamic.
In this work, the results of the study on the nutritional quality of tomato (cv. CXD271Bio)
harvested in a farm after one year of its conversion from conventional to organic are shown.
Tomato samples were analyzed for their moisture and soluble solid content, titratable acidity,
color, texture, organic acid and carotenoid composition, total phenols, antioxidant capacity
and minerals. For comparison, samples of tomato of the same cultivar conventionally grown
in a neighborhood farm (similar soil characteristics, same weather conditions), were harvested
and analyzed for the same parameters.
The samples of the two farms were from two field replicates.
Although it is clear that it will be possible to draw meaningful conclusion only at the end of
the project (after three years of conversion), the results of this study showed differences in the
nutritional quality of the samples analyzed.
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B34
Idoneità di cultivar di Rosa sp. per la realizzazione di un nuovo ingrediente
alimentare a base di petali. Ipotesi di una floricoltura biologica
M. Nuzzi1, A. Maestrelli1, A. Rizzolo1
1
CRA-IAA, Milano
E-mail: monica.nuzzi@entecra.it
Basandosi sull’impiego dei fiori come alimento portatore di elementi nutritivi simili a quelli
di classi alimentari già note per la loro valenza, questa ricerca ha studiato l’idoneità di petali
di cultivar di Rosa sp in termini nutraceutici e tecnologici per la realizzazione di un
ingrediente naturale di elevato valore nutrizionale. Un’interessante prospettiva dello studio
considera l’importanza della filiera produttiva, proponibile come fase innovativa per il settore
floricolo, in quanto la modalità di coltivazione dei fiori eduli richiede, inderogabilmente,
l’adozione delle tecniche in uso per l’agricoltura biologica. Le indagini hanno quindi
riguardato la caratterizzazione dei petali di diverse cultivar di rose (‘inglesi’, ‘coprisuolo’,
‘antiche’) coltivate senza fitofarmaci e concimi chimici. Sono stati valutati i parametri
tecnologici (solidi solubili totali, pH, acidità titolabile e colore CIELab), i parametri chimici
mediante HPLC (carboidrati solubili, acidi organici e vitamina C) e il potenziale nutraceutico
con tecniche spettrofotometriche (polifenoli e antociani totali, attività antiradicalica mediante
test del DPPH e del Sale di Fremy). Successivamente, è stata studiata una formulazione
specifica per la trasformazione dei petali di alcune delle cultivar di rose inglesi e di rose
antiche campionate al fine di ottenere un semilavorato con caratteristiche nutraceutiche da
destinare all’industria alimentare, adottando specifici protocolli di stabilizzazione chimica e
fisica.
I risultati hanno evidenziato l’attitudine di rose inglesi e rose antiche per la coltivazione
‘biologica’, rassicurando sulle possibilità di diversificazione della produzione floricola per
l’impiego alimentare. I dati sulla composizione chimica e quelli tecnologici hanno consentito
di proporre un protocollo operativo per la realizzazione di semilavorati base-fiori da destinare
all’industria alimentare.
Suitability of Rosa sp. cultivars for the realization of a new food ingredient using
petals. An organic flower growing hypothesis
The aim of this work was to study the suitability of petals of Rosa sp. cultivars as healthy and
technological sources, to produce a new food ingredient. At the moment the organic
cultivation of flowers (specially organic roses destined for food) doesn’t exist in Italy, so this
research opens up new possibilities in flower growing, with the adoption of organic farming
protocols to produce edible flowers. In particular, the roses utilised for the present study
(English, hybrid and old rose varieties) were cultivated in a protected, natural and
phytochemical free environment. The first step of the study was the technological (total
soluble solids, pH, titratable acidity and CIELab colour) and chemical characterization of the
selected roses: nutritional parameters by HPLC (organic acid, soluble carbohydrates and
Vitamin C) and nutraceuticals aspects by spectrofotometric methods (total polyphenols and
anthocianins, antiradicalic activity by DPPH and Fremy’salt tests). Then, a specific ‘recipe’
was studied for the transformation of the English and old rose petals to obtain an innovative
formulation preserving the nutritional parameters focusing also on the technological aspects
involving specific protocols of chemical and physical stabilization. From this study our results
have shown that there could be a flower petals based production destined for the food industry
using organic English and old rose cultivars.
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B35
L’attività nel settore dell’agricoltura biologica presso l’Istituto Nazionale di
Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN)
F. Paoletti1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione - Roma
E-mail: paoletti@inran.it
L’impegno dell’INRAN in agricoltura biologica ha praticamente accompagnato lo sviluppo di
questo settore produttivo nel nostro paese. Gli inizi di questa attività, infatti, risalgono al 1995
con il coordinamento del progetto MiPAAF “Il rischio della contaminazione biologica nei
prodotti dell’agricoltura biologica”, al quale seguì, due anni dopo, il coordinamento del primo
progetto finalizzato MiPAAF sulla qualità dei prodotti dell’agricoltura biologica, denominato
“Determinanti di qualità dei prodotti dell’agricoltura biologica”. Questo progetto segnò una
svolta nella ricerca del settore sia in termini di approccio sperimentale, che di temi studiati, tra
cui quello della presenza dei composti antiossidanti. Negli anni l’attività si è caratterizzata per
buona parte in ricerche sulla qualità nutrizionale, organolettica e sulla presenza di molecole
con attività antiossidante dei prodotti biologici; ma un ruolo importante lo hanno avuto anche
gli studi sulla percezione della qualità dei prodotti biologici da parte dei consumatori.
A fianco delle attività di ricerca, l’INRAN è stato impegnato in interventi atti a promuovere il
consumo dei prodotti biologici e a supportare l’estensione del biologico a nuovi ambiti di
produzione, come l’acquacoltura.
Per questa sua attività, l’INRAN ha sviluppato contatti e collaborazioni con enti e istituzioni a
livello nazionale ed europeo, che gli hanno permesso la partecipazione a numerosi progetti di
ricerca.
Oggi, avendo acquisito le competenze dell’Ente Nazionale Sementi Elette (ENSE), l’INRAN
svolge anche una rilevante attività nel settore delle sementi, con il coordinamento delle
attività inerenti il biologico nell’ambito del Piano Sementiero Nazionale.
The reasearch activity of National Institute for Research on Food and Nutrition
(INRAN) in the organic food quality
The beginning of INRAN activity in the research of organic food quality dates back to 1995,
when the Ministry of Agriculture Food and Forestry Policy (MiPAAF) put INRAN in charge
of co-ordinating the project “The risk of biological contamination of the organic food”. Two
years later INRAN proposed and co-ordinated the first Italian project on the organic food
quality titled “Determinants of the organic food quality”. This latter project marked a turning
point of the Italian research on organic food quality, both in terms of experimental approach
(products from field trials) and topics (content and composition of antioxidant molecules).
During the years, the activity has been focused mainly on the study of the nutritional and
organoleptic quality of organic food and on the antioxidant compounds. Moreover, it is worth
being mentioned the studies on the consumers’ attitude towards the organic food.
Within this frame, INRAN made contacts and co-operations with other national and European
research institutes and participated a number of research projects.
INRAN has been involved also in activities aimed to promote the consumption of organic
food and to support the extension of the organic system to new production sectors, such as the
aquaculture.
After the unification with the Ente Nazionale delle Sementi Elette, INRAN has become the
official body for seed certification in Italy and co-ordinates the National Seed Plan for
Organic Agriculture.
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B36
Aspetti produttivi, qualitativi, fitosanitari e livelli di contaminazione da DON nel
frumento duro biologico: sintesi dei risultati di un quinquennio di prove in
diversi areali italiani
F. Quaranta1, G. Aureli1, A. Belocchi1, G. Bentivenga1, M. Fornara1, A. Iori1, A. Matere1,
S. Melloni1, M. Pasquini1, C. Cecchini1, E. Gosparini1, S. Pucciarmati1, M.G. D’Egidio1
1
CRA - QCE, Roma
E-mail: fabrizio.quaranta@entecra.it
Nell’ambito della Rete nazionale per il frumento duro in coltivazione biologica, coordinata
dal CRA-QCE e realizzata in collaborazione con diverse Istituzioni, viene presentata una
sintesi dei risultati ottenuti dal 2006 al 2010 da 9 varietà comuni provate in varie località
raggruppate in tre macro-areali (Sud, Centro-tirrenico e Centro-adriatico-Nord). Claudio e
Meridiano, rispettivamente di ciclo medio e medio-precoce, hanno fatto registrare rese
stabilmente superiori alle medie in tutti gli areali; altre 4 cultivar (Ciccio, Duilio, Simeto e
Svevo) si sono distinte in 2 areali su 3. Interessanti indici qualitativi (peso ettolitrico, proteine,
indice di glutine, W e colore) hanno caratterizzato alcuni genotipi. Fra questi va segnalato
Svevo che associa a produzioni interessanti tenori proteici non troppo carenti, principale
punto critico in biologico. Nei sistemi di coltivazione organica di pari importanza è poi la
bassa suscettibilità varietale alle malattie fungine: il monitoraggio fitopatologico ha rilevato la
prevalenza del “complesso della septoriosi”, patologia verso la quale però tutte le cultivar in
prova sono risultate suscettibili in misura più o meno importante. Le altre malattie hanno
rappresentato un problema meno grave; la fusariosi della spiga è stata segnalata solo su
qualche varietà al Nord. Il livello di contaminazione da DON è stato molto contenuto,
soprattutto al Sud, dove i pochi campioni positivi hanno raggiunto valori molto più bassi
rispetto ai limiti di legge (1750 ppb) e mediamente appena al di sopra della soglia di
rilevabilità del metodo. Una contaminazione lievemente superiore è stata registrata al Nord,
con un maggior numero di positivi ma pochi con valori massimi di una certa significatività. A
parità di condizioni agro-climatiche, tra le cultivar è stata rilevata una più contenuta
escursione dei livelli di contaminazione raggiunti. Da questa corposa serie storica di dati
emerge evidente la disponibilità di genotipi che, pur nella difficile ricerca di un compromesso
fra adattabilità, produttività e qualità, sono comunque capaci di fornire materia prima di
sicuro interesse per la filiera biologica.
Yield, quality, plant pathology and levels of DON contamination in organic
durum wheat: a summary of five-year tests in several Italian environments
The overall performance is shown of 9 durum wheat cultivars, tested in the period 2006-2010
in several locations grouped in three main macroareas of Italy. Such results represent a
synthesis of the national network trial of organically managed durum wheat cultivars
coordinated by CRA-QCE. Among the tested genotypes, Claudio and Meridiano gave the best
yields in every macroarea, whereas Ciccio, Duilio, Simeto and Svevo revealed to be excellent
to 2 out to 3 macroareas. Grain technological quality index (Test Weight, Grain Protein
Content, Gluten Index, W Alveographic and Yellow Index) reached interesting levels for
some cultivars. The variety Svevo exhibited both protein levels always exceeding the average
values and huge grain yields in many study sites. Phytopathologic survey revealed the
prevalence of the Septoria Complex, a disease to which all the tested genotypes resulted
susceptible. Other diseases affected the crops in a less important way. FHB was detected only
in some localities in Northern Italy. Very low levels of Deoxynivalenol (DON) were detected
basically in grain collected in Southern Italy. DON values detected in grain coming from
Northern Italy were higher but only a few of them DON levels was of concern. This huge
dataset showed how the cultivars used for the trial were suitable for organic management and
able to supply processing industry with a raw material characterised by an interesting quality.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B37
Valutazione di cultivar siciliane di cavolo da foglia per caratteristiche
bio-morfologiche e nutraceutiche
L. Ragusa1, F. Branca1, S.M. Fonti1, S. Argento1
Università di Catania – DISPA, Catania
E-mail: luciaragusa84@hotmail.it
Il cavolo da foglia (Brassica oleracea var. acephala) è una specie ortiva minore del bacino
del Mediterraneo il cui prodotto è rappresentato da giovani germogli e foglie in
accrescimento. A seguito delle attività di monitoraggio e di raccolta delle cultivar locali
diffuse in Sicilia, 21 accessioni conservate presso la sezione di OrtoFloricoltura del DISPA
dell’Università di Catania sono state caratterizzate per tratti bio-morfologici della pianta e
valutate per il profilo nutraceutico. Con riferimento ai tratti bio-morfologici è stata
evidenziata una elevata variabilità per la presenza di antocianine nella foglia, data di
emissione delle infiorescenze, rapporto lunghezza/diametro dello stelo e forma della pianta. I
composti nutraceutici hanno fatto accertare una notevole variabilità in rapporto alle accessioni
allo studio. In particolare il contenuto in polifenoli totali è variato da 31,1 mg g-1s.s. a 3,3 mg
g-1 s.s., quello in β-carotene da 1,33 mg g-1 s.s. a 0,33 mg g-1 s.s., in antocianine da 0,7 mg g-1 s.s.
a 0,09 mg g-1 s.s., mentre quello in vitamina C da 13,4 mg g-1 s.s. a 6,0 mg g-1 s.s.. Con
riferimento ai composti glucosinolati occorre considerare che le accessioni hanno presentato
profili differenziati. La glucobrassicina è stata individuata su tutte le accessioni, oscillando tra
16,39 e 0,32 µM g-1s.s., la glucorafanina è stata individuata su 13 accessioni, oscillando tra
3,78 µM g-1s.s. e 0,25 µM g-1s.s., la sinigrina è stata riscontrata solo su 2 accessioni, ed è variata
tra 0,8 µM g-1s.s e 0,7 µM g-1s.s; inoltre sono state individuate in alcune accessioni anche
glucoiberina, progoitrina, gluconapina e neo-glucobrassicina. Il lavoro svolto ha consentito di
evidenziare le accessioni più interessanti che appaiono idonee a sostenere cicli colturali che
possano approvvigionare l’industria alimentare, e le sue diverse gamme di trasformazione. I
dati acquisiti consentono, inoltre, di porre le premesse per la prosecuzione del programma di
selezione dei materiali genetici allo studio rivolto alla qualificazione delle produzioni di
cavolo da foglia ed alla definizione della corrispondente filiera produttiva.
Evaluation of cultivar siciliane of leaf cabbage for bio-morphological
characteristics and healthy
Kale (Brassica oleracea var. acephala) is a minor vegetable diffuses mainly in the
Mediterranean Countries for its young shoots and tender leaves. The recent activites carried
out by the section of Vegetable and Flower crops of DISPA deal with collection and
conservation of Sicilian kale landraces permitted us to characterise and evaluate twenty-one
accessions for their bio-morphological traits of the plant and for the produce antioxidants
content, such as vitamin C, β-carotene, anthocyanins, total polyphenols and glucosinolates.
The accessions studied showed high diversity in terms of anthocyanins content, juvenile
phase length, length/diameter ratio of the main stem and plant shape. Nutraceutical
compounds varied significately in relation to the analyzed accessions. Total poliphenol varied
from 31,1 mg g-1 d.w. to 3,3 mg g-1 d.w., β-carotene from 1,33 mg g-1 d.w. to 0,33 mg g-1 d.w.,
anthocyanines from 0,7 mg g-1 d.w. to 0,09 mg g-1 d.w. , vitamin C from 13,4 mg g-1 d.w. to 6,0
mg g-1 d.w.. With reference to glucosinolates were detected different profiles in relation to the
accessions; glucobrassicin was prersent in all accessions, from 16,39 to 0,32 µM g-1p.s.,
glucoraphanin in thirthteen accessions, from 3,78 µM g-1 d.w. to 0,25 µM g-1 d.w.; for some
accessions were detected sinigrin, progoitrin, gluconapin and neo-glucobrassicin. The results
consent to individuate accessions of interest to be use in future work program for improving
kale production and support its production chain.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B38
Caratteristiche biometriche e nutraceutiche di germinelli di specie ortive
L. Ragusa1, A. Tribulato1, F. Branca1
1
Università di Catania – DISPA, Catania
E-mail: luciaragusa84@hotmail.it
La richiesta di alimenti nutraceutici ha recentemente posto l’attenzione sulla produzione di
germinelli, plantule provenienti da semi germinati. L’esigenza di ampliare l’assortimento di
questi sul mercato ha stimolato l’avvio presso il DISPA di specifiche attività tese a valutare la
possibilità di ottenere tale prodotto prendendo in considerazione 17 specie di interesse
agrario. L’attenzione di tali prove è stata rivolta maggiormente al profilo nutraceutico dei
germinelli, rilevando il contenuto di vitamina C, β -carotene, antocianine, polifenoli e
glucosinolati, questi ultimi solo con riferimento alle Brassicaceae. I risultati acquisiti hanno
evidenziato un elevato contenuto di composti antiossidanti nei germinelli ottenuti. I profili
nutraceutici sono apparsi differenziati in rapporto alle specie, alle cultivar considerate ed alla
conservazione o non del prodotto per 7 giorni a 4 °C. Il residuo secco dei germinelli è stato
nella media delle specie il 13,4%, quello del seme il 92,1%. Il quantitativo di polifenoli totali
dei germinelli non sottoposti a conservazione è stato nella media delle specie di 22,7 mg g-1
s.s.
, quello del β -carotene di 1,19 mg g-1 s.s., della vitamina C di 5,2 mg g-1 s.s. e delle
antocianine di 0,01 mg g-1 s.s. La conservazione per 7 giorni a 4 °C ha fatto riscontrare una
drastica riduzione del contenuto delle antocianine e un aumento dei polifenoli del 14,8%,
mentre sia il β -carotene che la vitamina C non hanno fatto rilevare variazioni. Per quanto
riguarda il contenuto in glucosinolati la conservazione ne ha determinato un decremento
dell’80,4% rispetto ai valori riscontrati nei semi mentre la non conservazione del 40,8 %.
Biometric and nutraceutical features seedling of vegetables kinds
The request by the consumers for functional foods has recently focused its attention on the
production of sprouts, seedlings from seeds germinated. The need to broaden the assortment
of these products on the market has driven the start at the DISPA of specific activities aiming
to assess the possibility of getting this product taking into account 17 species of agricultural
interest. Experiments focused mainly on the nutraceutical profile of the sprouts, recording the
content of vitamin C, β-carotene, anthocyanins, polyphenols and glucosinolates, the latter
only with reference to Brassicaceae. The results obtained showed a high content of
antioxidant compounds in the sprouts. Nutraceutical profiles have appeared in relation to the
different species, cultivars and the conservation or not the product for 7 days at 4 °C. The dry
matter of sprouts was on average 13,4% and that of the seed 92,1% . In the sprouts not subject
to conservation the amount of polyphenols was in the average of 22,7 mg g-1 d.w., β-carotene
1,19 mg g-1 d.w., vitamin C 5,2 mg g-1 d.w., anthocyanins 0,01 mg g-1 d.w.. The storage for 7 days
at 4 °C has shown drastic reduction of the content of anthocyanins and an increase of 14,8%
of polyphenols, while the amount of both β-carotene and vitamin C didn’t change. As for the
content of glucosinolates, conservation resulted in a decrease of 80,4% compared to the seeds
while the non-conservation of 40,8%.
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B39
Rintracciabilità della frutta biologica mediante marker chimici e isotopici
F. Camin1, W. Faedi2, F. Paoletti3, M.R. Tabilio4, P. Rapisarda5
1
Fondazione Edmund Mach - Istituto Agrario S. Michele all’Adige, S. Michele all’Adige,
Trento; 2CRA - Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Magliano (FO);
3
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Roma;
4
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma;
5
CRA - Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee, Acireale (CT)
E-mail: paolo.rapisarda@entecra.it
L’aumento della domanda dei prodotti biologici ha posto il problema dell’autenticità degli
alimenti etichettati come provenienti da agricoltura biologica. Il metodo di coltivazione ha
una rilevante influenza sui processi biochimici che si verificano nelle piante, pertanto
differenze nelle pratiche di fertilizzazione possono influenzare la biosintesi di determinati
metaboliti o la distribuzione isotopica di alcuni elementi. La presente ricerca ha mirato alla
individuazione di nuovi “marker” di qualità, attraverso il monitoraggio del δ 15N e di alcuni
componenti, derivanti dal metabolismo primario e/o secondario, in frutti di agrumi, fragole e
pesche, provenienti da aziende commerciali e da campi sperimentali gestiti con metodo
biologico e convenzionale. Le arance biologiche prodotte in aziende certificate hanno
presentato livelli di δ 15N significativamente superiori rispetto alle arance prodotte in aziende
convenzionali. La capacità discriminante del δ 15N è risultata evidente anche per i campioni
provenienti dal campo sperimentale. Riguardo alle fragole, l’utilizzo di concime organico
anche per le coltivazioni convenzionali ha limitato la capacità di differenziazione tra
produzioni biologiche e convenzionali. Le pesche biologiche hanno mostrato valori di δ 15N
delle polpe più alti nelle tesi biologiche a diverso apporto azotato. In conclusione, l’analisi
isotopica, in particolare del δ 15N, può contribuire alla differenziazione della frutta biologica
da quella convenzionale. Inoltre, nei casi in cui vi sia stato apporto di fertilizzanti organici in
colture gestite con metodi convenzionali, inserendo in un modello statistico di analisi
multivariata, oltre i valori δ15N, alcuni parametri qualitativi e quelli che quantificano le difese
antiossidanti dei frutti (SST, AT, acido ascorbico, polifenoli totali, ORAC), è possibile
discriminare i prodotti biologici da quelli convenzionali con un elevato livello di affidabilità.
Il metodo può pertanto essere utilizzato dagli Enti certificatori per dar corso a controlli mirati,
basati sulla creazione di banche dati di riferimento per le diverse produzioni agricole
biologiche.
Traceability of organic fruit using isotopic and chemical markers
The increased demand for organic products has raised the question of the authenticity of foods
labeled as organic. The method of cultivation has a significant influence on biochemical
processes that occur in plants, therefore differences in fertilization practices can influence the
biosynthesis of metabolites or the isotopic distribution of some elements. This research aimed
at identifying new markers, by monitoring the δ15N and other components, derived from
primary and/or secondary metabolism, in citrus, strawberry and peach fruits, collected from
organic and conventional commercial farms and experimental fields. The organic oranges
produced in certified organic farms showed significantly higher levels of δ15N than those
produced in conventional farms. These results were even confirmed in experimental fields.
About strawberries, the use of organic fertilizer for conventional crops didn’t allowed to
differentiate between organic and conventional produce. Organic peaches showed higher
values of δ15N in the organic plots with different nitrogen supply. In conclusion, δ15N analysis
may contribute to the differentiation between organic and conventional fruit. Moreover, in
case of supply of organic fertilizers in conventional regime, a model of multivariate analysis,
including δ15N and other quality parameters (TSS, TA, ascorbic acid, total polyphenols,
ORAC units), can contribute to a reliable discrimination between organic and conventional
fruit. Therefore the method can be used by certification entities in order to initiate targeted
controls for the implementation of reference databases for different organic productions.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B40
Analisi di espressione genica di enzimi coinvolti nell’assimilazione dell’azoto in
frutti di arancio cv. ‘Valencia late’ coltivati in regime biologico e convenzionale
S. Fabroni1,2 , C. Licciardello1, M. Amenta1, G. Reforgiato Recupero1, P. Rapisarda1
CRA - Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee, Acireale (CT)
2
CRA - Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia, Rende (CS)
E-mail: paolo.rapisarda@entecra.it
1
L’attenzione della ricerca in agricoltura biologica si è di recente rivolta verso l’individuazione
di un sistema di tracciabilità chimica mirata all’accertamento della loro autenticità. I pathway
metabolici legati all’assorbimento dell’azoto possono fornire importanti informazioni
riguardo alla fisiologia adattativa delle piante coltivate in regime biologico e convenzionale.
L’obiettivo della presente ricerca è stato quello di investigare sull’analisi di espressione
genica di alcuni enzimi coinvolti nell’assimilazione dell’azoto in frutti di arancio biologici e
convenzionali (cv. ‘Valencia late’), provenienti da un appezzamento sperimentale del CRAACM nel quale da più di quindici anni vengono attuate differenti strategie di concimazione
organica, accanto alla concimazione minerale. In particolare, sono stati presi in
considerazione i livelli di espressione di due enzimi, la nitrato reduttasi (NR) e la glutammato
deidrogenasi (GDH), diversamente coinvolti nell’assimilazione dell’azoto. La NR catalizza la
conversione del nitrato in nitrito, mentre la GDH può operare, seppur con un ruolo
complementare a quello della glutammato sintasi, a livello dell’assimilazione dell’ammonio e
alternativamente può catalizzare la deaminazione del glutammato assicurando la
riassimilazione dell’ammonio e la produzione di acido α-chetoglutarico. Inoltre, sono stati
determinati il contenuto di azoto totale e le concentrazioni degli aminoacidi liberi. I risultati
hanno permesso di evidenziare che, in condizioni controllate, le piante biologiche ricorrono
alla sovraespressione del gene codificante per l’enzima GDH. In particolare, è stato
dimostrato, attraverso l’analisi degli amminoacidi liberi, che questo enzima è coinvolto nella
reazione catabolica di deaminazione del glutammato che porta alla formazione di ione
ammonio (NH4+) ed allo stesso tempo di scheletri carboniosi per il regolare funzionamento
del ciclo degli acidi tricarbossilici. Ulteriori indagini molecolari sull’espressione genica della
GDH in altre colture, ed in condizioni di pieno campo, sono comunque necessarie per
verificare la consistenza di questi risultati.
Analysis of expression of genes coding for enzymes involved in nitrogen
assimilation in organic and conventional common oranges cv. Valencia late
In recent years, there has been increasing interest in organic food. By this way it comes the
need for ways of confirming that organically labelled products have truly been grown with
organic inputs. The metabolic pathways associated with nitrogen absorption can provide
important information about the adaptive physiology of organic and conventional plants. This
research aimed at investigating on the analysis of expression of genes coding for enzymes
involved in nitrogen assimilation in organic and conventional common oranges cv. ꞌValencia
late collected from the experimental farm of CRA-ACM. In particular two enzymes,
differently involved in nitrogen assimilation were considered: nitrate reductase (NR), which
catalyzes the conversion of nitrate into nitrite, and glutamate dehydrogenase (GDH) which
operates in cooperation with glutamate synthase in the assimilation of ammonium and
alternatively has a role in ammonium re-assimilation through glutamate deamination.
Moreover, N total content and free aminoacids concentrations in orange fruit collected from
organic and conventional plots were determined. The results have showed that organic plants
significantly overexpressed the gene coding for GDH enzyme which was mainly involved in
glutamate catabolic production of ammonium and 2-oxoglutarate in order to increase
ammonium availability and at the same time free up carbon skeletons for the operation of the
tricarboxylic acid cycle. Anyway, this preliminary finding must be confirmed by investigating
on GDH gene behavior in open field conditions and in other crops.
119
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B41
Uso di Trichoderma spp. e loro metaboliti come strumento per il miglioramento
dell’IPM delle malattie delle piante
M. Ruocco1, S. Woo2, F. Vinale1, S. Lanzuise2, M. Nigro2, R. Varlese2, D. Stellitano1,
A M. E. Eid2 and M. Lorito1,2
1
CNR-IPP, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la Protezione delle Piante,
via Università 133, 80055 Portici (Italy)
2
Dip. Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale, Università di Napoli Federico II,
via Università 100, 80055 Portici (Italy)
E-mail: ruocco@ipp.cnr.it
La lotta integrata (IPM) richiede l’utilizzo di molti strumenti per ridurre l’uso di pesticidi di
sintesi e promuovere la sostenibilità dei sistemi produttivi. I metodi di biocontrollo sono tra
gli strumenti più importanti al servizio dell’IPM nonostante essi non sono ancora ampiamente
usati in agricoltura. Tra i microrganismi agenti di biocontrollo molte sono le specie
appartenenti al genere Trichoderma. Molti ceppi sono infatti prodotti e commercializzati in
alcune centinaia di bio-formulati in circa 50 paesi tra i 5 continenti. Ciò nonostante il successo
di tali applicazioni è direttamente correlato con le conoscenze sui meccanismi d’azione,
l’attività e l’effetto sulle interazioni multiple di questi agenti di biocontrollo. Infatti, questi
hanno non solo un’azione diretta contro i patogeni uccidendoli, ma anche attivando profondi
cambiamenti metabolici nelle piante trattate alterando indirettamente l’interazione piantapatogeno. Essi possono stabilire con le radici di alcune piante una relazione al pari delle
micorrize, promuovendoe la crescita ed incrementando la resistenza delle piante sia a stress
biotici che abiotici. Pertanto, noi abbiamo analizzato “l’interactoma” ottenibile dalla
complessa interazione pianta-patogeno-Trichoderma ed abbiamo identificato diverse
molecole chiave MAMPs (Microbes-Associated Molecular Patterns) ed effettrici che
modulano tali interazioni. I risultati ottenuti mediante studi di genomica sono stati
direttamente usati per sviluppare prodotti più efficaci in applicazioni dirette in campo, già
provate in diversi paesi del mondo.
Use of Trichoderma spp. and their metabolites as a tool to implement IPM of
plant diseases
Integrated Pest Management (IPM) requires the use of several tools to reduce chemical
pesticide use and promote naturally sustainable systems. Biocontrol methods represent some
of the most important IPM tools although they are still not fully implemented in agriculture.
Beneficial microbes used in biocontrol include selected isolates of Trichoderma spp.. Many
strains are produced and commercialized as a few hundred bio-inocula in about 50 countries
of 5 continents. However, successful applications are directly related to the level of
understanding of the multiple mechanisms of action, activities, effects and interactions of
these biocontrol agents. Not only they directly kill or inhibit pathogens, but also activate
extensive metabolic changes in treated plants and indirectly alter plant-pathogen interactions.
They establish a symbiotic-like relationship with the roots, resulting in growth promotion and
increased resistance to both biotic and abiotic stresses. For instance, we analyzed the
“interactome” of the players involved in the complex, three-way molecular cross-talk
occurring in the rhizosphere between Trichoderma, plant and pathogen, and identified several
key MAMPs (Microbes-Associated Molecular Patterns) and “effectors” that modulate the
interaction. The results obtained by genomics studies were used directly for developing a
more effective in-the-field applications and a new model of implementation of the products,
as already tested in several Countries worldwide.
120
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B42
Studi preliminari sull’effetto dell’impatto ambientale sull’aspetto produttivo e
sul profilo metabolico in bufale allevate con due diversi management
(biologico vs convenzionale)
F. Sarubbi1, R. Palomba1, G. Auriemma1, M.S. Spanguolo1, F. Polimeno1, R. Baculo1
Institute for Animal Production System in Mediterranean Environment,
National Research Council, 80147 Naples, Italy
E-mail: fiorella.sarubbi@ispaam.cnr.it
1
La presente ricerca ha visto coinvolti 160 bufale in lattazione, nei primi 90 giorni di
lattazione, in quattro allevamenti: due aziende biologiche (A e B) e due aziende convenzionali
(C e D). Gli allevamenti A e B ha mostrato valori di diossine, PCDD/F e PCB inferiori a 2
pg/g di grasso del latte, mentre C e D valori più alti di 8 pg /g.
In ogni azienda sono stati costituiti gruppi omogenei per parità, BCS e distanza dal parto. I
valori di urea, glucosio, creatinina, AST e ALT stati determinati su campioni di siero, raccolti
una volta alla settimana da ogni bufala con metodo Vacutainer ed analizzati con Reflotron. Il
contenuto di zinco è stato determinato in campioni di siero mediante spettrometria di
assorbimento atomico. I campioni di latte sono stati raccolti ogni quindici giorni al fine di
valutare la composizione chimica con il metodo a raggi infrarossi ed il numero di cellule
somatiche mediante metodo fluoro-optometrico. L’ANOVA è stata utilizzata per valutare
differenze significative tra i parametri stimati. La quantità e la qualità del latte prodotto sono
risultati significativamente differenti tra le aziende, tranne che per il contenuto proteico. I
valori di urea sono risultati alti in tutti i campioni analizzati. Nelle aziende C e D le
concentrazioni di glucosio sono apparse significativamente inferiore rispetto a A e B. I valori
di creatinina sono risultati sempre nella norma. I valori delle transaminasi sono risultati
leggermente più alti dei valori limite. I risultati ottenuti sembrano indicare che i bufali esposti
alle diossine manifesterebbero danni alle cellule del parenchima epatico con conseguenze
riflesso sullo stato di salute e benessere degli animali stessi con conseguente peggioramento
della produzione e qualità del latte destinato al consumo alimentare umano.
Preliminary study of the effect of environmental pollution on production and
metabolic profile in buffalo cows raised in organic and conventional farm
The present research involved 160 lactating buffaloes, during 90 days of lactation, in four
farms: two organic farms (A and B) and two conventional farms (C and D). A and B farms
showed dioxin, PCDD/F and PCB levels lower than 2 pg/g of milk fat, while in C and D
farms these values were higher than 8 pg/g. In each farms the buffalo cows groups were
homogeneous in parity, BCS and health condition. Urea, glucose, creatinine, AST and ALT
contents were determined on serum samples, collected once a week from each buffalo by the
jugular vein with Vacutainer method.
Blood parameters were determined on serum using Reflotron. Zinc content was determined
on serum samples by atomic absorption spectrometry. Milk samples were collected
fortnightly in order to evaluate milk composition by infrared method, and numbers of somatic
cells on each milk samples were determined by a fluoro-optometric method. ANOVA was
carried out to evaluate significant differences on milk production and milk quality among
farms. Daily milk yield and milk composition were found to be significantly different among
farms. No difference in milk protein content was found. Urea content, appeared to be higher.
In C and D farms glucose concentrations appeared significantly lower than in other farms.
Creatinine values appeared to be normal. AST and ALT values were slightly higher than
normal. This result indicates that buffalo breeding herds exposed to dioxins would induce
damage in the hepatic parenchyma cells by consequences on animal welfare respect to organic
managements. Accordingly, the effects of environmental pollutants may render animals
susceptible to several infections and diseases, which could affect not only the production
traits, but also the qualitative features of their products devoted to human consumption.
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B43
Effetti dell’introduzione di acari predatori per il controllo del ragnetto giallo
in produzioni viticole di pregio del senese
S. Simoni1, D. Goggioli1, S. Guidi1, F.Tarchi1
CRA-ABP - Centro per la Ricerca e la Pedologia, via Lanciola 12/a, 50125 Firenze
E-mail: sauro.simoni@entecra.it
1
Negli ultimi anni, in vigneti dell’area vitivinicola di Montalcino e della Val’d’Orcia, le
infestazioni del ragnetto giallo, acaro tetranichide fitofago Eotetranychus carpini (Oud.) si
sono intensificate sia in vigneti a conduzione biologica che integrata, causando notevoli danni
alla produzione e riproponendo la necessità di adottare forme di controllo che e non
pregiudicassero ulteriormente gli equilibri del sistema.
Nei vigneti sono stati introdotti 3 diverse specie di fitoseidi, predatori naturali del
tetranichide: Neoseiulus californicus (McGregor), specie commercializzata, Typhlodromus
exhilaratus Ragusa, la specie più comunemente diffusa nei vigneti toscani, Kampimodromus
aberrans (Oud), specie efficace nel controllo del tetranichide nei vigneti del nord Italia.
La sperimentazione si è articolata in 3 fasi operative principali distinte: a) selezione del
predatore più efficiente nel controllo; b) ottimizzazione delle strategie e densità di rilascio; c)
verifica, a distanza di uno e più anni, della permanenza dei predatori introdotti
nell’agroecosistema.
Considerando il costo delle strategie per i differenti predatori e l’efficienza del controllo, nella
aziende vitivinicole oggetto della sperimentazione, K. aberrans è la specie dimostratasi più
efficiente nel controllo del tetranichide; ciò è stato verificato fino a 3-4 anni dal suo rilascio
ed anche dove le densità di rilascio son state più contenute.
Nel contesto di analisi dei modelli di miglioramento dell’agricoltura in una visione di
sviluppo rurale sostenibile, resta da validare sei risultati sin qui ottenuti possano essere
confermati per un più lungo arco di tempo magari alla luce di interventi, pressioni ed impatti
di sostanze diverse in sistemi a conduzione biologica in continua evoluzione.
Phytoseiids’ release for yellow spider mite control in high quality wine producing
farms in Siena area
Last years, in high quality wine producing areas of Montalcino and Val d’Orcia (central
Tuscany), infestations of yellow spider mite, Eotetranychus carpini, have increased both in
organic and in Integrated Pest Management vineyards by causing economically important
damage to grape and wine production. As the need to promote sustainable control strategies in
viticulture by reducing inputs of pesticides and by maximizing the effects of natural enemies,
three different species of phytoseiids, predators of the yellow spider mite, were evacuate in
the control.
Typhlodromus exhilaratus, reared in the facilities of the Centro di Ricerca per l’Agrobiologia
e la Pedologia di Firenze (CRA-ABP), Neoseiulus californicus, a commercial strain, and
Kampimodromus aberrans collected from biological and biodynamic vineyards of the Veneto
region (north-eastern Italy). Kampimodromus aberrans colonized uniformly the vineyards and
significantly lowered the infestation of yellow spider mite. Furthermore, K. aberrans seems to
settle down in host vineyards also in the years following the release. By a longer perspective,
this approach has to be considered as investment in the future maintenance of the equilibrium
of peculiar vineyard mite fauna.
122
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B44
Sostenibilità agronomica di due ecotipi di specie ortive Marconi (peperone) e
Cima di Viola (melanzana) inserite nel progetto di Salvaguardia della
Biodiversità Vegetale in Campania (SALVE)
G. Sorrentino1, M. Soprano2, E. Sorrentino3, M. Russo2
1
Istituto Sistemi Agricoli e Forestali nel Mediterraneo, Ercolano (NA)
2
Istituto Biologia Agro-ambientale e Forestale, UOS di Napoli
3
UARIE – Ufficio Relazione Istituzione Europee, Napoli
E-mail: giuseppe.sorrentino@isafom-cnr.it
La salvaguardia della biodiversità di specie ortive in Campania è stata recentemente oggetto
di interesse dalla misura 214 finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale della Regione
Campania 2007-2013. La coltivazione delle specie ortive è concentrata soprattutto nell’area
costiera che a causa dell’attività antropica è oggetto di squilibri ambientali con suoli che nella
zona del Volturno cominciano a diventare di bassa qualità a causa della salinizzazione delle
acque irrigue. In queste aree è sempre stata forte la tradizione della coltivazione di ortaggi
alcuni anche con etichetta IGP e di grande interesse per i mercati locali che sono stati inseriti
nei progetti di salvaguardia della biodiversità della Regione Campania. È il caso dei due
ecotipi di peperone (cv Marconi) e della Melanzana (cv Cima di Viola) che sono stato oggetto
di studi per diversi anni da parte dell’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali nel
Mediterraneo di Ercolano (NA) per valutarne la sostenibilità alla coltivazione in aree con
suoli salini. Sono state fatte misure di accrescimento, stato idrico fogliare e scambi gassosi e
valutate le performance produttive e qualitative di queste ortive irrigate con acqua a diversi
livelli di salinità (0% I0.5 % ed 1% di NaCl). Il peperone è risultato molto sensibile alla
salinità rispetto alla melanzana con una riduzione molto marcata della conduttanza stomatica
e della massima capacità foto sintetica (Amax) che si è ridotta dell’80%. Nella melanzana questi
parametri sono stati pressoché costanti nelle due tesi Io ed I1. Fenomeni di tossicità da ioni
salini si sono verificati nel peperone mentre grazie al sequestro radicale non si sono verificati
nella melanzana che sembra la specie più sostenibile delle due in condizioni di salinità dei
suoli.
Agronomic sustainable of two horticultural species pepper (cv. Marconi) and
eggplant (cv.Cima di Viola) studied in the biodiversity project of Campania
Region (SALVE)
The preservation of the biodiversity of horticultural crop in Campania has recently been the
object of interest of the 214 measurement founded by the Rural Development Programme
2007-2013 of the Campania Region. The cultivation of horticultural species is mainly
concentrated in the coastal area that because of human activities is the subject of
environmental imbalances in the soils of the Volturno area start to get low quality due to
salinization of irrigation water. In these areas has always been a strong tradition of growing
vegetables, and some even labeled IGP of great interest to local markets that have been
incorporated into projects to protect biodiversity in the region of Campania. Here is presented
the case of two ecotypes of pepper (cv Marconi) and eggplant (cv Cima Viola), For both
species have been evaluated in recent years, both agronomic and physiological response to
irrigation with brackish water quality, highlighting their different sustainability for cultivation
in saline soils. Measurements were made of growth, leaf water status and leaf gas exchange
and evaluate production performance and quality of these vegetables irrigated with water at
different salinity levels (I0% I0.5% and 1% NaCl). The pepper resulted very sensitive to
salinity than the eggplant with a very marked reduction in stomatal conductance and
maximum photosynthetic capacity (Amax), which was reduced by 80%. In eggplant these
parameters were almost constant in the two theses I0 and I1. Toxicities of salt ions occurred
in the leaf of peppers whereas it did not occur in the eggplant that looks like the most
sustainable of the two species under conditions of soil salinity.
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B45
Effetto dell’esposizione a diossina sullo stato redox plasmatico di bufale
in lattazione
1
M.S. Spagnuolo, 1F. Sarubbi, 1C. Rossetti, 1G. Grazioli, 1G.P.Di Meo, 1L. Iannuzzi
ISPAAM-CNR - Napoli
E-mail: stefania.spagnuolo@ispaam.cnr.it
1
Le diossine sono composti lipofilici, altamente persistenti, bioaccumulabili e tossici. La
detossificazione delle diossine comporta un’aumentata produzione di specie reattive
dell’ossigeno (ROS). Lo squilibrio fra produzione di ROS e capacità fisiologica di difesa
antiossidante può portare a stress ossidativo, e, di conseguenza, all’aumento del consumo di
antiossidanti e all’accumulo di composti tossici nel sangue. In questo studio è stato
confrontato lo stato redox plasmatico di bufale in lattazione esposte a diversi livelli ambientali
di diossine. Sono stati analizzati campioni di plasma ottenuti da bufale esposte a
concentrazioni di diossine maggiori (gruppo A, azienda convenzionale, N = 21) o minori
(gruppo B, azienda biologica, N = 29) di quelle legalmente consentite. E’ stata misurata la
concentrazione di retinolo, alfa-tocoferolo, ascorbato, carbonili legati a proteine (PC), nitrotirosine (N-Tyr) e lipoperossidi (LPO), la capacità antiossidante totale (TAC) e l’attività degli
enzimi superossido dismutasi (SOD) e glutatione perossidasi (GPx). La concentrazione
plasmatica di antiossidanti e la Capacità Antiossidante Totale sono risultate più elevate nel
gruppo B che in A (P <0,001). Le attività degli enzimi SOD e GPx sono state trovate più alte
nel gruppo B che in A, mentre i livelli plasmatici di PC, N-Tyr e LPO sono stati trovati più
elevati nel gruppo A (p <0,01). Tali risultati suggeriscono che l’esposizione a diossine
danneggia il sistema plasmatico di difesa antiossidante, e che i processi metabolici associati
alla detossificazione delle diossine potrebbero indurre o aumentare l’ossidazione di proteine e
lipidi. Ciò potrebbe avere effetti negativi sulla salute e sulla capacità riproduttiva degli
animali, compromettendone il benessere.
Effect of dioxin exposure on blood redox status in lactating buffalo cows
Dioxins are lipophilic compounds, highly persistent, bioaccumulative and toxic. Dioxin
detoxification is associated with an increased production of reactive oxygen species (ROS).
The imbalance between ROS production, associated with dioxin exposure, and the
physiological antioxidant defence capacity, may lead to oxidative stress, with consequent
increased consumption of antioxidants and blood accumulation of toxic compounds. Our
objective was to compare the blood redox status of lactating buffalo cows exposed to different
levels of environmental dioxins. The concentration of retinol, alpha-tocopherol, and
ascorbate, the superoxide dismutase (SOD) and glutathione peroxidase (GPx) activity, the
levels of protein-bound carbonyls (PC), nitro-tyrosine (N-Tyr), and hydroperoxides (LPO),
and the total antioxidant capacity (TAC) were measured in plasma samples obtained from
buffalo cows exposed to environmental levels of dioxins higher (group A, conventional farm,
N = 21) or lower (group B, biological farm, N = 29) than those permitted. Plasma titres of
antioxidants, as measured by HPLC, and the TAC, as measured by Trolox Equivalents
Capacity, were found higher in group B than in A (P < 0.001). Similarly, SOD and GPx
activities, measured by commercial kits, were higher in group B than in A, while plasma
levels of PC, N-Tyr and LPO, as measured by ELISA, were found higher in group A than in
B (P < 0.01). Our results suggest that dioxin exposure impairs the plasma antioxidant defence
system, and that metabolic processes associated with dioxin detoxification might induce or
enhance oxidation of protein and lipids. This adverse effect on blood redox status might have
negative implications for animal health and reproduction, and might compromise animal
welfare.
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B46
Assorbimento di antrachinoni in bovine da latte dopo la somministrazione di
un omogeneizzato di Aloe arborescens
E. Trevisi1, L. Lucini2, S. Cogrossi1, P. Grossi1, M. Pellizzoni2
Istituto di Zootecnica, Università Cattolica del Sacro Cuore - Piacenza
2
Istituto di Chimica Agraria ed Ambientale - Piacenza
E-mail: erminio.trevisi@unicatt.it
1
L’Aloe arborescens Mill. (aloe) è una pianta caratterizzata da varie proprietà terapeutiche (es.
antimicrobica, cicatrizzante, antinfiammatoria) e talune presuppongono l’assorbimento
intestinale di molecole. Rilevante è la proprietà antinfiammatoria sistemica che, se provata,
potrebbe suggerire l’uso dell’aloe in alternativa a farmaci allopatici. Per verificare il
passaggio nel sangue di alcune sostanze (es. antrachinoni) è stato somministrato un
omogeneizzato di aloe a 4 bovine da latte in fase media di lattazione, alimentate con foraggi
(ogni 12 ore) e concentrati (ogni 3 ore). Le bovine, monitorate in continuo per stato di salute,
ingestione di alimenti, stato metabolico e produzione di latte, hanno ricevuto 200 ml di aloe e
vitamina A rumino-protetta (50000 UI/kg s.s. ingerita), per stimare la velocità di transito delle
frazioni fini, 30 minuti prima dei foraggi del mattino. A 0, 2, 4, 6, 8, 11 e 24 ore
dall’assunzione sono stati eseguiti prelievi ematici per la determinazione di antrachinoni
(aloina e aloe-emodina; metodo LC-MS/MS) e retinolo-palmitato (RP; metodo HPLC).
L’omogeneizzato di aloe non ha causato effetti avversi agli animali. Il RP plasmatico ha
mostrato il tipico andamento delle bovine in fase media di lattazione, con picco a circa 11 h e
una stima della velocità di transito del 44,8±31,1 %/h. L’aloina ha mostrato un assorbimento
più rapido del RP: picco dopo circa 4 ore (6,5±6,1 µg/1) ancora rilevabile dopo 24 ore. Al
contrario, l’aloe-emodina non è mai stata rilevata nel sangue. La comparsa di aloina nel
plasma a seguito di una sola somministrazione di prodotto e la sua persistenza per almeno 24
ore fa ipotizzare effetti metabolici e fisiologici riconducibili ai principi attivi dell’aloe.
Anthraquinone absorption in dairy cattle after the administration of
a homogenized of Aloe arborescens
Aloe arborescens Mill. (aloe) is a plant characterized by various therapeutic properties (e.g.
antimicrobial, wound healing, anti-inflammatory), some of which require the intestinal
absorption of active principles. The systemic anti-inflammatory property is important and, if
proved, might suggest a use of aloe in place of allopathic drugs. To prove the transfer of those
substances (e.g. anthraquinone) in the blood, 4 mid-lactating dairy cows received 200 g/d of
homogenized Aloe. Cows were fed with forages (every 12 h) and concentrates (every 3 h) and
received Aloe in the morning, 30 min before the forage meal. At the same time cows received
rumen-protected vitamin A (50000 IU/kg of dry matter intake) to assess the passage rate of
fine fractions of the diet through the rumen. After aloe administration, blood samples were
collected at 0, 2, 4, 6, 8, 11 and 24 h to determine anthraquinones (aloin and aloe-emodin;
method LC-MS/MS), and retinol-palmitate (RP; method HPLC). Health, feed intake,
metabolic status and milk production were monitored continuously. The homogenized aloe
did not cause any adverse effect on the cows. The plasma RP showed the typical pattern of
mid-lactating cows: peak around 11 h and a prediction of the rumen passage rate of 44.8±31.1
%/h. The plasma aloin had a quicker absorption than RP, showing a peak of 6.5±6.1 µg/1
about 4 h after administration, and it was still detectable 24 h later. On the contrary, aloeemodin has never been detected in plasma. In conclusion, aloin is observed in plasma until 24
h after the oral administration of aloe, thus metabolic and physiologic effects may be
expected.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B47
Confronto tra coltivazioni convenzionale, biologica e biodinamica di pomodoro
(Lycopersicon esculentum, cv. cxd271bio): profilo nutrizionale e composti di
natura fenolica
S. Tufi1, L. D’Evoli1 , E. Finotti1, A. Aguzzi1, P. Gabrielli1, L. Gambelli1, M. Lucarini1,
S. Di Ferdinando2, S. Paoletti2, G. Lombardi-Boccia1
1
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) – Roma
2
ARSIAL (Regione Lazio) – Roma
E-mail: tufi@inran.it
Scopo del lavoro è stato valutare l’influenza del tipo di coltivazione sul profilo compositivo e
sulla presenza di composti di natura fenolica in pomodori (Lycopersicon esculentum, cv.
CXD271BIO) coltivati in due campi sperimentali. Nel primo campo (A) sono stati studiati
pomodori coltivati mediante agricoltura convenzionale e biologica; nel secondo campo (B) le
coltivazioni erano di tipo biologico e biodinamico. La coltivazione biodinamica è stata
condotta mediante due tipi di strategie: 1) Biodinamico con trattamenti (compost, 500p, 501,
green manure); 2) Biodinamico senza trattamenti (compost, green manure). La coltivazione
biodinamica è caratterizzata dalla preparazione del terreno (500, 500p and 501) e la
preparazione del compost (502, 503, 504, 505, 506, 507, 508), il green manure multifloreal è
stato utilizzato per favorire la biodiversità della microfauna e della microflora del suolo. La
raccolta dei pomodori è stata effettuata random da ogni campo sperimentale. Per ogni
coltivazione sono stati costituiti pool adeguati ed i campioni analizzati direttamente o
conservati refrigerati per le successive analisi. Per tutti I campioni in studio è stata analizzata
la composizione di base e quantificato il contenuto in minerali ed elementi in traccia. È stato
inoltre determinato il contenuto in polifenoli totali mediante il metodo di Singleton et al.
(1999) ed è stato studiato il profilo degli acidi fenolici (caffeico, p-cumarico, ferulico,
clorogenico) determinandone la concentrazione mediante RP-HPLC (Hanna et al, 1991;
Awad et al., 2000).
Conventional, organic and biodynamic cultivations of tomato (Lycopersicon
esculentum, cv. cxd271bio): nutritional profile and phenolic compounds
The study was addressed to evaluate the influence of the cultivation system on the nutritional
figures, total polyphenols and phenolic acids content in tomatoes (Lycopersicon esculentum,
cv. CXD271BIO) grown by conventional, organic and biodynamic farming in two
experimental fields.. In the first experimental field tomatoes grown by conventional and
organic farming were compared; in the second experimental field the crops were grown by
organic and biodynamic systems. The biodynamic cultivation system is characterized by field
preparations (500, 500p and 501) and compost preparations (502, 503, 504, 505, 506, 507,
508), the use of green manure multifloreal to improve the fertility and biodiversity of the soil
microfauna and microflora. The biodynamic cultivation was performed following two types
of manuring: 1) Biodynamic with treatments (compost, 500p, 501 and green manure); 2)
Biodynamic without treatments (compost and green manure). The experimental control was
grown organically. The same treatments were adopted for the control of adversity. Tomatoes
were randomly picked from each experimental field, pooled on the basis of the respective
cultivation system utilised and analysed for their basic composition (macronutrients, minerals
and trace elements). Furthermore, total polyphenols content (Singleton et al., 1999) and
phenolic acids content (caffeic, p-coumaric, ferulic, chlorogenic) were determined by RPHPLC (Hanna et al, 1991; Awad et al., 2000).
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
B48
Monitoraggio del profilo acidico di specie ittiche in relazione all’alimentazione
biologica
F. Siano1, G.L. Russo1 , E. Pagliarino2, M.L. Bianchini M.G. Volpe1
1
CNR, Istituto Scienze dell’Alimentazione, Avellino
2
CNR. Istituto Biologia Agroambientale e Forestale, CNR – Porano (TR)
E-mail: mgvolpe@isa.cnr.it
La presente comunicazione riporta i risultati preliminari del progetto SANPEI (SANo come
un PEsce biologico Italiano), finanziato dal MiPAAF e finalizzato alla valorizzazione di
specie ittiche autoctone (spigola, orata, cefali) allevate in modo biologico. Nello specifico, il
progetto studia la filiera dell’acquacoltura biologica marina indirizzata al consumo nelle
mense scolastiche. Dato il target, bambini e ragazzi, il progetto dedica particolare attenzione
alle caratteristiche nutrizionali del prodotto.
La composizione degli acidi grassi dei pesci e dei mangimi somministrati è stata ottenuta
mediante gas-cromatografo, equipaggiato con rivelatore a ionizzazione di fiamma (GC-FID),
previa estrazione dei lipidi totali per mezzo di distillazione-estrazione Soxhlet. I grassi sono
stati metilati e recuperati in esano prima della iniezione al GC.
I mangimi standard e biologico mostrano differenze significative nel profilo degli acidi grassi,
soprattutto nella componente polinsatura (ω-3), maggiore nel biologico e con relativa
diminuzione degli acidi grassi monoinsaturi (oleico), ω -6 (linoleico) e del precursore degli
ω-3 (α-linolenico). Le spigole, già dopo un mese dalla somministrazione dei due mangimi,
hanno mostrato percentuali differenti dei componenti del profilo acidico. In particolare, gli
acidi ω -3 EPA e DHA sono maggiori negli animali alimentati con mangime biologico,
rispettivamente del 27% e del 17%.
I dati preliminari ottenuti finora dal progetto SANPEI suggeriscono che l’allevamento
biologico favorisce le caratteristiche nutrizionali del pesce di acquacoltura, che risulta
arricchito in acidi grassi della serie ω-3.
Monitoring of acidic profile of fish species in relation to organic food
Objective. This communication reports the preliminary results of the project SANPEI
(acronym for: “Healthy as an Italian biological fish”), funded by MiPAAF and aimed at
valorize native fish species (i.e., sea bass, sea bream, mullet) grown in organic way.
Specifically, the project studies the chain from the organic marine aquaculture to the final
consumption in primary school canteens. Given the target, this study pays particular attention
to the nutritional characteristics of the product.
Methodology. The fatty acid composition of fish and feed was obtained by gas chromatograph
equipped with flame ionization detector (GC FID) after extraction of total lipids by Soxhlet
apparatus. The acids were recovered in hexane and methylated prior to GC injection.
Results. The organic and standard feeds show significant differences in the fatty acid profile,
especially in the polyunsaturated (ω 3) component, greater in the organic feed with a relative
decrease in monounsaturated fatty acids (oleic), ω 6 (linoleic) and the precursor of the ω 3
(α-linolenic acid). The sea basses, one month after the administration of the two feeds, show
different percentages in the acidic components of the profile; in particular, the ω 3 acids EPA
and DHA are higher in animals fed organically, respectively of 27% and 17%.
Conclusion. The preliminary data from the SANPEI project suggest that organic aquaculture
enhances the nutritional characteristics of farmed fish, which appears richer in ω 3 fatty acids.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Sessione C
Sviluppo delle aree rurali e delle economie locali
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C1
Sviluppo delle aree rurali e delle economie locali: quale ruolo per l’agricoltura
biologica
G. Brunori, Università degli Studi di Pisa, E-mail: brunori@unipi.it
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito, come risposta alla progressiva emarginazione della
campagna dalle dinamiche di sviluppo basate sulla filosofia della modernizzazione agricola,
alla ricerca da parte di molte aree rurali di un ruolo autonomo rispetto ad un rapporto
gerarchico basato sulla specializzazione della campagna nella produzione della materia prima
e sull’esodo agricolo e rurale. Questa tendenza, identificata dalla letteratura come ‘post
produttivista’ ( in quanto in grado di diversificare gli obiettivi di impresa e non limitarli alla
massimizzazione della produzione) e ‘neo-endogena’ (in quanto basata sulla valorizzazione
delle risorse locali ma senza trascurare la connessione con i mercati globali), si è innestato
nella tendenza alla frammentazione dei mercati e alla nascita dell’economia delle reti
attraverso la ricerca di configurazioni territoriali in grado di attrarre e trattenere localmente
risorse finanziarie, umane, relazionali. L’agricoltura biologica è stata una dei protagonisti di
questa tendenza, in quanto ha rappresentato una delle modalità attraverso cui le produzioni
locali hanno potuto differenziarsi di fronte ad un mercato globalizzato. Insieme alla
valorizzazione della biodiversità, alla ricerca di identità locali di prodotto, alla costruzione di
canali alternativi di distribuzione, i metodi di produzione biologici hanno contribuito alla
creazione di nuovi modelli di impresa e di sviluppo territoriale.
Oggi, però, siamo ad un punto di passaggio. La crisi alimentare, energetica ed economica da
una parte genera un nuovo interesse verso il produttivismo, e dall’altra intensifica la
competizione per gli usi del suolo agricolo. L’aggressione del territorio rurale da parte della
città rende sempre più evidente la presenza di una ‘terra di mezzo’ tra aree in cui le strategie
endogene consentono di mantenere una certa autonomia e le periferie urbane, a partire dalle
sempre più vaste aree periurbane, in cui ogni strategia basata sulla salvaguardia del capitale
territoriale si scontra con la forza dell’espansione urbana incontrollata e con la pressione
sull’agricoltura di vecchi e nuovi interessi industriali, come ad esempio quelli legati alle
energie rinnovabili incentivate dallo Stato. Le stesse strategie neoendogene rischiano di essere
travolte dal proprio successo se, come avviene in molti casi, il successo si traduce in un
incremento di valori fondiari e di costo della vita che ha effetto spiazzante rispetto
all’imprenditoria e alla popolazione locale. Di fronte a questo scenario, se le politiche di
sviluppo rurale di maggiore successo avevano privilegiato strategie neo-endogene, oggi è
necessario pensare le politiche di sviluppo rurale in un quadro di nuove relazioni tra città e
campagna, basate sul riconoscimento da parte della città del valore della campagna come
produttore di servizi dell’ecosistema e, in quanto tale, come risorsa finita e non rinnovabile.
Pianificazione territoriale, politiche ambientali e politiche di sviluppo rurale dovranno sempre
più essere integrate in strategie urbane coerenti in grado di far proprio il principio dei limiti
ecologici della crescita. Per l’agricoltura biologica il nuovo scenario apre importanti
prospettive: i principi dell’agricoltura sostenibile si faranno progressivamente ‘mainstream’,
rendendo inevitabile una diversificazione delle strategie di impresa che caratterizzano il
settore. Da una parte si riprodurranno nicchie bio+, in grado di incorporare i nuovi parametri
di qualità richiesti da segmenti crescenti di consumatori disponibili a pagare le inevitabili
differenze di prezzo, dall’altra si faranno sempre più intense le pressioni per una
‘convenzionalizzazione’ del biologico, volta a rendere disponibile a segmenti sempre più
ampi il prodotto bio attraverso innovazioni tecnologiche e organizzative in grado di ridurre i
costi di produzione. L’opinione, e l’auspicio, del sottoscritto è che accanto a queste due
strategie se ne consolidi un’altra, di cui già adesso vediamo segnali di sviluppo, basata su un
nuovo rapporto tra produttori, consumatori e società civile, sulla ricerca di canali alternativi di
distribuzione e su una tipologia di impresa ‘civica’ in grado di comunicare alla città il valore
della campagna e dell’agricoltura sostenibile e di offrire un’ampia gamma di beni e servizi, ad
esempio quelli ambientali, sociali, educativi, ricreativi.
131
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C1
Development of rural areas and of local economies: which role
for organic farming?
G. Brunori
Università degli Studi di Pisa
E-mail: brunori@unipi.it
During the last 20 years many rural areas have tried to follow – as a response to the
progressive emargination of the countryside along with development processes based on the
‘modernization’ paradigm – an autonomous development path, alternative to the path
characterised by monoculture, specialization on raw material and on rural depopulation. This
path, identified in the literature as ‘post-productivistic’ and ‘neo-endogenous’, has benefited
of the market fragmentation and of the development of the ‘network economy’ by building
territorial patterns able to attract and keep financial, human, relational resources in place
while valorizing local resources, first of all biodiversity and cultural diversity.
Organic farming has been a major driver of this trend, as it has been a way of differentiating
local production from standardized and globalized products. Together with valorization of
biodiversity, creation of product identities based on local traits, building new distribution
channels, organic farming has contributed to create new entrepreneurial models and of
territorial development.
Yet, today we are at a turning point. Food, energy, economic crisis on one hand stimulate a
new interest for productivistic approaches, and on the other hand intensify the competition for
agricultural land use. The urban sprawl makes more and more clear the presence of an
intermediate area between autonomous rural areas and degraded urban peripheries, subject to
conquest by strong actors. In these areas, strategies of development based on conservation of
natural and cultural resources are in struggle with the power of urban expansion and with the
pressure of industrial interests on agriculture, such as the ones related to renewable energies.
At the same time, autonomous rural areas may be defeated by their success when, as it
happens more and more frequently, success turns into higher land prices and cost of living,
with a displacing effect on rural populations and local entrepreneurship.
For this reason it is time to look for new strategies for rural areas. The key of these strategies
is a new relationship between city and countryside, based on the recognition by the city of the
value of the countryside as producer of ecosystem services. More and more rural policies
should be integrated into urban policies – and first of all land planning, environment,
commerce – that in turn will have to embody the ecological limits to growth.
For organic farming the new scenario opens important perspectives: it is clear now that the
principles of sustainable agriculture will be more and more mainstream, making a
diversification of entrepreneurial strategies unavoidable. We are already testimonies of - at
one extreme - the development of bio+ niches, able to incorporate the new quality criteria
demanded by growing segments of consumers, and – at another extreme – the pressure to the
‘conventionalization’ of organic farming, which should be able to deliver the product to
‘mass’ segments. The wish of the author is the consolidation of a third strategy, based on a
new relation between producers, consumers and civil society, on the construction of
alternative channels and on a typology of ‘civic’ farm able to communicate to the town the
value of the countryside and of sustainable agriculture.
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C2
La scelta del modello di distribuzione: la via dell’agricoltura biologica
verso la sovranità alimentare
A. Ferrante
AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Roma
E-mail: a.ferrante@aiab.it
“La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato,
prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto a definire i propri
sistemi agricoli e alimentari.” Il movimento del biologico è nato ed è guidato da agricoltori
che vogliono cambiare la loro relazione con i cittadini/consumatori, con una critica esplicita al
modello di distribuzione che si andava affermando in cui vi era un completo distacco fra chi
produceva e chi consumava. Questo indeboliva, se non azzerava, il ruolo del produttore che
veniva sostituito da un prodotto senza connotazione alcuna, reperibile sul mitico mercato
mondiale.
La convergenza tra il movimento del biologico e quello della sovranità alimentare diventa
quindi naturale visto che il problema dei diritti dei consumatori di scegliere quello che
vogliono mangiare in termini di qualità, di sostenibilità ambientale e di rispetto della
tradizione alimentare (dieta mediterranea) è centrale ad entrambi i movimenti, come centrale è
per gli agricoltori il diritto di scegliere il modello di produzione e distribuzione che non può
essere imposto agli agricoltori dalle multinazionali dell’agrochimica e dalla grande
distribuzione organizzata. Rimettere i diritti al centro del modello di produzione biologica,
determina immediatamente anche un nuovo modello di distribuzione del cibo che non può
essere considerato soltanto una merce.
Il paper presenta diverse esperienze di commercializzazione e filiera corta oggi attive in Italia
(iniziative individuali ed organizzate). Partendo dalle esperienze descritte si propongono
politiche adatte alla promozione ed al supporto di esperienze di questo tipo, individuando
nella creazione di reti a livello locale e nazionale lo strumento principale per la diffusione di
nuovi modelli di distribuzione sul territorio.
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C2
The choice of distribution model: the way of organic farming to food sovereignty
A. Ferrante
AIAB, Italian organic farming association, Rome
E-mail: a.ferrante@aiab.it
“Food sovereignity is the peoples’ right to a healthful food, culturally appropriate, through
sustainable and environmentally friendly methods, on the basis of their right to define their
own agricultural and food systems”. The organic movement was born and led by farmers who
want to change their relationship with the citizens / consumers, with an explicit criticism of
the distribution model that was developing which is based on a complete separation between
producers and consumers. This leads to undermine the role of the producer who was replaced
by a product without any identity, available on the global market.
The linkage between the organic and the food sovereignty movements becomes natural since
the problem of consumers’ rights to choose what they want to eat in terms of quality,
environmental sustainability and traditional food respect (Mediterranean diet) is central to
both movements. Moreover, it is also central the farmers’ right to choose the model of
production and distribution that can not be imposed by agrochemicals multinational
companies and by large retail chains. The replacement of rights to the center of the organic
production model, induces a new food distribution model that can not only be considered as a
commodity.
The paper presents different marketing experiences and short chain operating in Italy
(organized and individual initiatives). Starting from the described experiences, we propose
suitable policies to promote and support such experiences, identifying, in the creation of
networks at local and national level, the main instrument for the dissemination of territorial
distribution new patterns.
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C3
Consumi e prezzi dei prodotti biologici in Italia: andamenti e tendenze
secondo i dati della GDO
D. Marino1, E. Blasi2, B. Pancino2
1
Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio (DSTAT)
Università degli Studi del Molise
2
Dipartimento di Economia e Impresa (DEIM) Università degli Studi della Tuscia
E-mail: dmarino@unimol.it
Il mercato del biologico italiano è da diversi anni oggetto di studi e ricerche finalizzate a
individuare e risolvere problematiche di tipo teorico e metodologico che impediscono di
osservare e condividere adeguatamente le fattezze di tale fenomeno.
In tal senso molte esperienze di ricerca analizzano il mercato del biologico utilizzando punti
di vista differenti, alcune si concentrano sulla determinazione del profilo del consumatore
biologico e della sua disponibilità a pagare, altre indagano sulle nuove forme di
commercializzazione ed altre ancora cercano di identificare le dinamiche all’origine dei prezzi
dei prodotti biologici.
In questo contesto si inserisce il presente contributo, che come obiettivo specifico si pone di
identificare tendenze alla base della formazione ed evoluzione del premium price attraverso
un’analisi sugli andamenti dei prezzi al consumo di alcuni prodotti bio rispetto agli analoghi
non bio.
Vista l’alta variabilità dei canali commerciali praticati dalle aziende biologiche, si è scelto di
limitare l’osservazione ai soli prezzi legati ai consumi domestici che passano dalla GDO,
utilizzando i dati del panel di famiglie gestito da ISMEA/Nielsen.
Dopo una breve disamina sugli andamenti dei prezzi all’origine ed al consumo delle macro
categorie di prodotti confezionati nelle diverse aree geografiche italiane è stato possibile
esaminare la formazione dei differenziali di prezzo al consumo, per prodotti bio e non bio
commentando particolari andamenti e tendenze in relazione alla localizzazione e modalità di
vendita dei prodotti.
Con l’obiettivo di verificare quanto osservato nella prima fase sono stati monitorati nel
dettaglio i differenti andamenti dei valori dei prezzi di prodotti bio e non bio per alcuni
prodotti ortofrutticoli con lo scopo di comprendere se effettivamente la forte stagionalità e
localizzazione produttiva potessero essere identificati come elementi principali alla base di
particolari tendenze ed eventuali differenziali di prezzo tra prodotti.
I risultati evidenziano situazioni diversificate per le differenti tipologie di prodotto. I trend
non sempre mostrano tendenze nella stessa direzione e le ciclicità, legate alla stagionalità
delle produzioni, restituiscono, in alcuni casi, effetti opposti sulla formazione dei prezzi per
analoghi prodotti bio e non bio.
L’analisi è stata condotta osservando i valori delle rilevazioni mensili che hanno caratterizzato
i prezzi al consumo e alla produzione degli ultimi 6 anni per alcuni ortaggi e tipologia di
frutta. Oltre a porre in relazione gli andamenti generali dei prezzi al consumo, sono stati posti
in relazione i prezzi all’origine con l’area di vendita e i prezzi praticati nei diversi canali
distributivi.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C3
Consumption and prices of organic products in Italy: patterns and trends
according to data of the organized distribution channel
D. Marino1, E. Blasi2, B. Pancino2
1
Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio (DSTAT), Università
degli Studi del Molise
2
Dipartimento di Economia e Impresa (DEIM), Università degli Studi della Tuscia
E-mail: dmarino@unimol.it
For several years the market of Italian organic products has been the topic of studies and
researches that aimed to the identification of theoretical and methodological questions, which
prevent the adequate observation of this phenomenon.
In this way, many research experiences analyse the organic market by using different points
of view, some focus on the determination of the profile of the organic consumer and his
willingness to pay, others investigate the new forms of commercialization and others try to
identify the dynamics of organic products’ prices.
This paper, being part of this research context, aims to identify the specific tendencies that
contribute to premium price formation and evolution. To reach this objective an analysis of
price trends of some organic products in comparison with parallel conventional ones has been
carried out.
Given the high variability of commercial channels chosen by organic farms, the analysis has
been limited to those products sold through the organized distribution channel, using the data
from the ISMEA/Nielsen household panel.
A brief survey on trends of output and input prices of the broad categories of products
packaged in several Italian regions has been conducted; thus it has been possible to examine
the formation of consumption price differentials, for organic and conventional products,
highlighting specific trends and tendencies in relation to the products’ location and
distribution channels.
With the purpose of verifying the results of the first phase, the different values of trends in
prices of organic and conventional products have been monitored. In order to understand if
the strong seasonality of production and localization could be identified as a main element of
any particular trends and price differentials between products, some fruit and vegetables have
been chosen.
The results show different situations for different types of products. The trends do not always
show the same tendencies and, in some cases, cycles, tied to the seasonality of production,
return opposite effects on the formation of prices for conventional and organic comparable
products.
The analysis has been carried out by observing the values that have characterized the output
and input monthly prices over the last 6 years for some types of vegetables and fruits. Besides
putting into relation the general trends of consumption prices, the price at origin has been also
linked to the selling area and the different distribution channels.
136
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C4
I sistemi partecipativi di garanzia della qualità dei prodotti biologici:
indagine sulla risposta d’acquisto del consumatore
G. Sacchi1, C. Zanasi2, M. Canavari1
Dip. di Economia e Ingegneria Agrarie, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna;
2
Dip. di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare, Alma Mater Studiorum, Univ. di Bologna;
E-mail: giovanna.sacchi2@unibo.it
1
Negli ultimi anni, parallelamente all’espansione del settore biologico, si è assistito a un
crescente interesse per i modelli alternativi di garanzia dell’integrità dei prodotti biologici.
Gruppi di piccoli agricoltori di tutto il mondo hanno iniziato a sviluppare approcci alternativi
per affrontare i problemi connessi alla certificazione di terza parte. Queste pratiche sono note
come Sistemi di Garanzia Partecipativa (PGS). Tali modelli: (i) si basano sugli standard di
certificazione biologica dell’IFOAM, (ii) riguardano il complesso dei produttori di una comunità
rurale, (iii) comportano l’inclusione di una grande varietà di attori e (iv) hanno lo scopo di
ridurre al minimo burocrazia e costi semplificando le procedure di verifica e incorporando un
elemento di educazione ambientale e sociale sia per i produttori sia per i consumatori.
La proposta, e allo stesso tempo la sfida dei PGS, è quella di agevolare la produzione delle
famiglie dei piccoli produttori e di promuovere un sistema alimentare locale nel rispetto dei
modelli biologici, della biodiversità e del diritto all’accesso generalizzato ai prodotti alimentari
biologici. Inoltre, attraverso la vendita diretta e il conseguente abbattimento di transazioni e
intermediari, i produttori ottengono un prezzo equo e in linea con i costi di produzione e
contemporaneamente i consumatori pagano un prezzo per gli alimenti biologici sostanzialmente
inferiore rispetto a quello dei prodotti biologici affidati alla grande distribuzione. Gli agricoltori
sono in genere organizzati in gruppi locali che hanno la responsabilità di garantire che tutti i
partecipanti si adeguino alle norme e ai processi PGS. Ogni agricoltore riceve una visita annuale
da almeno un altro agricoltore del gruppo, a volte accompagnato da altri soggetti interessati. I
risultati delle visite sono documentati e servono come base per il gruppo di agricoltori per
prendere decisioni sullo stato della certificazione di ciascun membro del network. Una sintesi
della documentazione e l’esito definitivo vengono comunicate a un livello superiore, ad
esempio, un Consiglio Regionale o Nazionale. Questo Consiglio approva la decisione di
certificazione adottata dai gruppi o, più in generale, approva ogni gruppo locale e garantisce
loro l’uso del logo PGS. Gli schemi partecipativi si rifanno all’idea dei modelli volontari di
assicurazione della qualità ma sono maggiormente impiegati in contesti di sviluppo rurale dei
paesi dalle economie in transizione o in via di sviluppo. Non mancano comunque casi di
certificazione partecipativa in Paesi quali gli Stati Uniti, la Francia o l’Italia. Il caso forse più
noto di adozione dei PGS si registra in Brasile, all’interno della Rede Ecovida de Agroecologia
che si estende in tre stati del sud del Brasile – Paranà, Santa Catarina, Rio Grande do Sul – è
composta da 24 nuclei regionali che coinvolgono circa 170 comuni, 200 tra associazioni di
agricoltori e di consumatori, 20 ONG e 100 mercati ecologici. La Rede Ecovida è ben nota
anche perché attraverso azioni mirate e prolungate negli ultimi vent’anni è riuscita ad
influenzare i decisori politici ottenendo il riconoscimento ufficiale dello status di biologico per i
generi alimentari prodotti all’interno della sua rete di agricoltori.
Da un’analisi preliminare dei dati raccolti nelle zone in cui opera la Rede Ecovida, il 70% del
campione intervistato – 230 persone di cui metà residente nei luoghi di produzione PGS e la
restante metà nelle aree urbane limitrofe – dichiara di non conoscere i modelli PGS ma
nonostante ciò il 47% circa dei soggetti intervistati nelle zone urbane dimostra volontà
d’acquisto dei prodotti PGS mentre nelle zone di produzione la quasi totalità (96,5%) degli
intervistati dichiara di acquistare o di essere ben disposto all’acquisto dei beni PGS. Risulta
inoltre che i meccanismi di fiducia in questo tipo di garanzia della qualità risiedono
principalmente nella conoscenza pregressa dei produttori o derivata e consolidata attraverso la
consuetudine d’acquisto.
137
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C4
Participatory guarantee systems for organic food: a study
on consumer’s willingness to buy
G. Sacchi1, C. Zanasi2, M. Canavari1
Dip. di Economia e Ingegneria Agrarie, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna; 2Dip.
di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna;
E-mail: giovanna.sacchi2@unibo.it
1
In recent years, parallel to the growth of the organic sector, we witnessed an increasing interest
in alternative ways to guarantee the integrity and authenticity of organic food.
Groups of smallholders worldwide started implementing alternative approaches to cope with
problems associated with third-party certification. These practices are known as Participatory
Guarantee Systems (Pgs). The Participatory Guarantee (i) is based on International Organic
Standards issued by Ifoam; (ii) it takes place at the community level; (iii) it involves a wide
variety of stakeholders along the supply chain; (iv) it aims to minimize bureaucracy and costs
by employing simple verification procedures and incorporating elements of environmental and
social education, it improves quality for both producers and consumers.
Pgs proposal aims to help organic smallholders production and to promote a local food system
respecting organic models, biodiversity and a widespread access to organic products. Pgs
adoption makes organic food affordable even to the poorest consumers mainly through relying
upon direct selling and direct trust formation mechanisms. These reduce transaction costs and
grant a higher share of added value to farmers.
Smallholders are usually organized in local groups, responsible of each others behaviour. Each
one of the participant farmers is involved in the Pgs process and has to respect rules and
production procedures. Each smallholder receives a visit of at least one farmer of the network
who could be joined by another stakeholder. The results of visits are documented and represent
the basis for the group of farmers to make decisions on certification status of each network
member. A summary of the documentation and the final outcome is communicated to a higher
level, such as a Regional or National Council representing the Pgs. This Council approves the
certification decision made by groups and allows them the use of Pgs logo.
Pgs models are based on the idea of voluntary quality assurance and on a diffused control
approach. Currently, they are mostly used in developing countries and in economies in
transition, but there are also several cases of PGS adoption in countries like United States,
France and Italy.
The best known example of Pgs is probably the Brazilian Rede Ecovida de Agroecologia that
spreads in three Southern states – Parana, Santa Catarina, Rio Grande do Sul. It consists of 24
regional nuclei involving about 170 municipalities, including 200 farmers’ associations and
consumer groups, 100 ecological markets and 20 NGOs. The Rede is also well known since
over the last twenty years it has been managing to influence policy makers to obtain official
organic recognition for the network products.
The preliminary analysis of data collected in those areas in which the Rede operates, shows
that 70% of respondents – 230 people, half living in Pgs production areas and half in the
neighboring urban areas – claims not to know Pgs models but nevertheless about 47% of
respondents in urban areas is willing to buy Pgs products. In areas of Pgs production, on the
other hand, almost all of respondents (96.5%) claimed to purchase or to be willing to buy Pgs
goods. It is also clear that mechanisms of trust in this type of quality assurance lie primarily in
pre-existing and established relations or result through the habit of purchasing from the same
smallholders.
138
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C5
Sostenibilità delle filiere agro-alimentari e Life Cycle Assessment (LCA): sintesi di
alcuni casi applicativi nella filiera olivicola
R. Salomone, G. Ioppolo, G. Saija
Dipartimento SEA - Università degli Studi di Messina
E-mail: roberta.salomone@unime.it
La metodologia LCA è utilizzata per la valutazione di processi/prodotti alimentari da oltre quindici
anni, con varie finalità applicative e di ricerca, ma con l’obiettivo principale di identificare soluzioni
produttive e di consumo sostenibili. Le più recenti applicazioni della metodologia, standardizzata
dalle norme della serie ISO 14040, hanno suscitato particolare interesse anche su alcune sue
potenzialità non convenzionali, tra cui quelle connesse a:
1. integrazione di caratteristiche qualitative del prodotto nella valutazione degli impatti
ambientali (LCIA);
2. utilizzazione della LCA quale strumento di valutazione e miglioramento ambientale di
filiera;
3. integrazione della LCA nei Sistemi di Gestione Ambientale per orientare al prodotto le
strategie ambientali delle organizzazioni.
In letteratura sono presenti varie esperienze di valutazione e studio di tali potenzialità; nel seguito si
citano tre esempi applicativi nell’ambito della filiera olivicola, relativi ad alcune attività di ricerca
condotte dagli autori del presente lavoro.
La potenzialità 1) è stata indagata eseguendo uno studio di LCA comparativo tra un olio
extravergine di oliva denocciolato biologico di elevata qualità ed un olio extravergine di oliva
ottenuto con metodi convenzionali. L’aspetto qualitativo è stato espresso in termini di vantaggio
sulla salute umana, misurato come minore rischio cardiovascolare correlato alla presenza di sostanze
antiossidanti (fenoli e tocoferoli) e dei polifenoli in tali oli: la valutazione d’impatto è stata
addizionata della categoria rischio cardiovascolare il cui fattore di caratterizzazione è stato
determinato in base a varie assunzioni che hanno consentito la quantificazione della diminuzione del
suddetto rischio associata al consumo di olio d’oliva.
La potenzialità 2) è stata indagata eseguendo una LCA applicata alla produzione di olio extravergine
di oliva nella Provincia di Messina, per ottenere utili informazioni finalizzate al rafforzamento della
filiera locale. Con tali finalità è stato condotto uno studio comparativo di vari scenari associati alle
tecniche e ai processi di produzione adottati nel contesto territoriale oggetto di analisi, valutando i
processi a minore impatto, le opportunità “non-food” della filiera e le potenzialità di progettare un
flusso semi-ciclico di materiali.
La potenzialità 3) è oggetto di indagine nel progetto Eco-MAnagement for Food - EMAF (PRIN
2008TXFBYT cofinanziato dal MIUR) il cui principale obiettivo è definire un modello di POEMS
(Product-Oriented Environmental Management System), specificamente progettato per il settore
agro-alimentare, caratterizzato da una struttura modulare che include un Sistema di Gestione
Integrato Qualità e Ambiente, una metodologia LCA semplificata e una guida alla scelta del sistema
di etichettatura più appropriato alla comunicazione delle performance ambientali dei prodotti. Nel
modello, applicato in varie filiere agro-alimentari (tra cui quella olivicola), la semplificazione della
LCA è un prerequisito basilare per la diffusione del POEMS nelle PMI del settore.
Prescindendo, in tale contesto, dai risultati specifici di ciascuna esperienza applicativa, le ricerche
condotte hanno consentito di mettere in evidenza che la LCA, con opportune aggiunte e/o
modifiche, ben si presta a molteplici applicazioni “non convenzionali”. Fermo restando l’utilità di
tali applicazioni in termini di informazioni aggiuntive fornite alle attività di decision-making, si è
osservato che i cambiamenti metodologici rischiano, in alcuni casi, di complicare ulteriormente
l’analisi e, in altri, di semplificare eccessivamente l’osservazione dei fattori che influenzano
l’oggetto di analisi. Pertanto, occorre indagare ulteriormente su tali potenzialità ed aumentarne le
esperienze applicative, al fine di definire metodiche condivise e credibili.
139
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C5
Sustainability in the agri-food sector and Life Cycle Assessment (LCA):
summary of some applications in the olive oil supply chain
R. Salomone, G. Ioppolo, G. Saija
Department SEA - University of Messina
E-mail: roberta.salomone@unime.it
Over the last fifteen years and more, numerous LCA studies have been carried out evaluating food
products and processes, with different applicative and research purposes, but with the main aim of
identifying sustainable food production and consumption solutions.
The latest applications of this methodology, standardized by the ISO 14040 standard series, give rise
to particular interest on some LCA “non conventional” potentialities, including those related to the:
1. integration of product quality characteristics in the environmental impact assessment
(LCIA);
2. use of LCA as a tool for the supply chain environmental assessment and improvement;
3. integration of LCA in Environmental Management System in order to insert the product
orientation into the environmental strategies of organizations.
In literature there are various experiences of evaluation and study connected to these potentialities;
in the following three application examples, carried out by the authors of this paper in the olive oil
supply chain, are cited.
The potentiality 1) was investigated by performing a comparative LCA between a high quality destoned organic extra-virgin olive oil and an extra-virgin olive oil produced with conventional
methods. The qualitative aspect was expressed in terms of benefits on human health, measured as
reduced cardiovascular risk related to the presence of antioxidants (phenols and tocopherols) and of
polyphenols in these vegetable oils: the cardiovascular risk category has been added in the impact
assessment and its characterization factor was determined based on various assumptions that have
allowed the quantification of the cardiovascular risk decrease.
The potentiality 2) was investigated by performing a LCA applied to the olive oil production in the
Province of Messina, in order to obtain useful information aimed at strengthening the local
production sector. In particular, the study was carried out through a comparative analysis of various
scenarios describing the different agri-food production practices and techniques adopted in the local
context; the aim was to identify the more sustainable solutions, “non-food” potentialities and the
opportunities to rethink the local olive oil production chain in a semi-cyclic flow system.
The potentiality 3) is the main feature of the Eco-Management for Food - EMAF project (PRIN
2008TXFBYT co-funded by MIUR) whose purpose is to define a model of POEMS (ProductOriented Environmental Management System) specifically designed for the agri-food sector. The
model is characterized by a modular structure that includes an Integrated Quality and Environmental
Management System, a simplified LCA methodology and a guide for choosing the most appropriate
environmental product labeling system. In the model, applied in various agri-food supply chains
(including the olive oil one), the simplification of LCA methodology is a basic prerequisite for
spreading POEMS in the SMEs of the agri-food sector.
Regardless, in this context, the specific results of each application experience, the researches
allowed to point out that the LCA, with appropriate additions and/or modifications, is well suited for
many “non conventional” applications. Notwithstanding the usefulness of such applications in
terms of additional information provided to decision-making activities, it was noted that the
methodological changes may cause, in some cases, further complications and, in others,
oversimplifications of the factors that influence the object of analysis. Therefore, there is a need to
further investigate on this potentialities and increase their application experiences, to define shared
and credible methods.
140
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C6
Caratterizzazione di varietà autoctone e relativi ibridi commerciali di pomodoro
e loro tracciabilità
R. Aromolo, M. Ritota, M. Valentini
Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di Ricerca per lo Studio
delle Relazioni tra Pianta e Suolo, Via della Navicella 2-4, 00184, Roma.
E-mail: rita.aromolo@entecra.it
L’agricoltura tradizionale ed intensiva sta gradualmente lasciando il posto ad un’agricoltura
multifunzionale, il cui scopo primario non mira più alla quantità bensì alla qualità dei
prodotti. La caratterizzazione della peculiarità di varietà desuete, ma dotate di elevate
caratteristiche organolettiche e nutrizionali, unitamente ai vantaggi derivanti dai metodi di
coltivazione biologica, rappresentano un utile strumento per poter competere con le
produzioni standardizzate e valorizzare le tipicità locali.
In un progetto finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e
denominato VALORBIO (Valorizzazione della tipicità orticola attraverso l’agricoltura
biologica), la tracciabilità di varietà autoctone di pomodoro e degli equivalenti ibridi
commerciali in regime di agricoltura biologica e convenzionale e la caratterizzazione della
loro diversità sono state indagate attraverso l’impiego di tecniche analitiche quali la
Risonanza Magnetica Nucleare allo stato semisolido (HRMAS-NMR) e la Spettrometria di
Emissione Ottica (ICP-OES). Tramite HRMAS-NMR, metodologia innovativa che non
richiede alcun tipo di pretrattamento del campione, è stato possibile ottenere informazioni sul
cosiddetto profilo metabolico dei campioni in esame, che, insieme ad un’analisi statistica
avanzata, hanno consentito di individuare quegli standard qualitativi responsabili di una
determinata variabile (zona di provenienza, qualità, etc.). Tramite ICP-OES sono stati
determinati macro-, meso- e micro-elementi negli stessi campioni di pomodoro
precedentemente caratterizzati tramite metodologia HRMAS-NMR, evidenziando differenze
tra le zone di origine e i metodi di coltivazione.
Characterization of native and commercial hybrids tomatoes and their
traceability
Traditional and intensive farming is gradually giving way to multifunctional agriculture, the
primary purpose of which no longer aims at the quantity but the quality of products. The
characterization of the peculiarities of obsolete varieties, but with high organoleptic and
nutritional characteristics, together with benefits arising from the methods of organic farming,
are a useful tool to compete with the standard production and enhance the local specialties.
In a project funded by the Ministry of Agricultural, Food and Forestry Policies and named
VALORBIO (Valorization of typical horticultural through organic farming), the traceability
of native varieties and hybrids of equivalent commercial tomatoes cropped in conventional
and organic farming and the characterization of their diversity have been investigated through
the use of analytical techniques, such as High Resolution Magic Angle Spinning Nuclear
Magnetic Resonance (HRMAS-NMR) and Inductively Cuopled Plasma Optical Emission
Spectrometry (ICP-OES). By means of HRMAS NMR, an innovative methodology that does
not require any pretreatment of the sample, it was possible to get information on the so-called
metabolic profile of samples, which, together with advanced statistical analysis, allowed to
identify those metabolites responsible for a particular variable (area of origin, quality, etc..).
Macro-, meso-and micro-elements in the same samples previously characterized through
HRMAS-NM were determined by means of ICP-OES, in order to highlight differences
between the areas of origin and farming methods.
141
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C7
Conservazione in vitro di vitigni tipici del territorio siciliano
A. Carra1,2, L. Abbate1, F. Carimi1
1
Istituto di Genetica Vegetale del Consiglio Nazionale delle Ricerche UOS di Palermo, Corso
Calatafimi 414, I-90129 Palermo, Italy
2
EnBioTech s.r.l., Via Aquileia 34/B, I-90144 Palermo, Italy
E-mail: angela.carra@igv.cnr.it
L’Italia è fra i paesi con il più alto numero di varietà vitivinicole al mondo, tra cui si contano
molti vitigni autoctoni che rendono unici i vini prodotti. La situazione siciliana non si discosta
da quella nazionale. La coltivazione della vite e la produzione di vino sono infatti diffuse in
tutto il territorio siciliano e il patrimonio ampelografico è estremamente interessante per
l’agricoltura biologica che tende a valorizzare i genotipi locali. Tuttavia lo stato sanitario dei
vitigni autoctoni è spesso compromesso e quindi anche la possibilità di un loro utilizzo
produttivo è limitata. Il risanamento risulta quindi di prioritaria importanza. Tale scopo è
perseguibile applicando le tecniche di coltura in vitro. Attualmente l’embriogenesi somatica e
la conservazione in vitro del materiale vegetale sono quelle più utilizzate per il mantenimento
e la propagazione in ambiente controllato delle specie di interesse agrario a propagazione
agamica. Attraverso l’utilizzo di queste tecniche è stato possibile rigenerare e conservare in
vitro numerosi vitigni tipici del territorio siciliano. Espianti fiorali sono stati coltivati in vitro
in presenza di differenti mezzi di coltura e per otto genotipi è stato possibile ottenere nuovi
individui. Parallelamente, espianti binodali prelevati da piante cresciute in campo sono stati
introdotti in vitro al fine di conservare il germoplasma viticolo. Il materiale vegetale ottenuto
risulta essere una fonte facilmente accessibile e rinnovabile in ambienti sicuri, estremamente
ristretti e con costi ridotti. Queste varietà minori grazie alla loro resistenza sia agli stress
biotici che abiotici costituiscono un materiale genetico di grande interesse per l’agricoltura
biologica. La rigenerazione in vitro di embrioni somatici permette, nelle specie arboree, il
risanamento del materiale vegetale da diversi patogeni.
In vitro conservation of Sicilian autochthonous grapevine cultivars
Italy is in the world one country with the highest number of wine varieties, among which
there are many local varieties that ensure unique wines. In Sicily the cultivation of the
grapevine is widespread throughout the island and the ampelographic heritage is extremely
interesting for organic farming, which tends to enhance the local genotypes. However, the
health status of indigenous grapevines is often compromised due to viral diseases which could
be deleterious both for production and for plant survival. The recovery of valuable material is
of primary importance. Several methods have been used to eliminate viruses and viroids by
applying in vitro culture. Somatic embryogenesis and in vitro conservation are two methods
adopted for the maintenance and propagation in a controlled environment of the species of
agronomic interest. Through these techniques has been possible to regenerate and store in
vitro several Sicilian grapevines. Floral explants were cultured in vitro in the presence of
several culture media and for eight genotypes was possible to obtain new individuals.
Moreover, binodal explants isolated from plants growing in the field were introduced in vitro
in order to produce new material suitable for further multiplication. The plant material
obtained is a resource easily accessible and renewable. Moreover, in vitro culture is important
for the collection of germplasm in restricted areas at low cost and in safe environments. These
varieties, due to their resistance to both biotic and abiotic stresses, constitute the genetic
material of great interest for organic farming. The regeneration of somatic embryos in vitro
could permit the production potentially healthy plant material.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C8
L’Agricoltura biologica nel sistema penitenziario italiano per
la riabilitazione dei detenuti
A. Ciaperoni
AIAB - Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica
E-mail: bioagricolturasociale@aiab.it
Con il progetto “Agricoltura sociale e detenzione, un percorso di futuro” del 2009, l’AIAB ha
realizzato iniziative di studio, ricerca e formazione sulle attività agricole e alimentari negli
istituti penitenziari. Dal lavoro svolto sul campo sono emersi risultati positivi sia sul piano
quantitativo che qualitativo. Dal punto di vista quantitativo, il censimento realizzato da AIAB
ha registrato una crescita del numero degli istituti che svolgono attività agricole (55 rispetto
agli stessi dati del DAP- Dip. Amm. Penitenziaria) e del numero di “detenuti agricoltori”
occupati all’interno degli istituti, con un incremento nel 2008 del 71,63% sull’anno
precedente. Sono cresciute nel contempo anche le attività trasformazione dei prodotti, con
punte di vera eccellenza come i dolci di Padova, il caffè e il cioccolato a Torino, la birra a
Saluzzo, i biscotti a Siracusa. Pressoché generalizzato il metodo di produzione biologica e a
basso impatto ambientale, con alcune realtà più significative certificate.
Il dato più interessante è relativo al grande potenziale riabilitativo del lavoro agricolo per i
detenuti e l’efficacia dello stesso sia per migliorare la qualità della detenzione che per il
reinserimento sociale a “fine pena”. Tra i motivi dell’efficacia riabilitativa emersi dalle
testimonianze raccolte da AIAB, e confermati dall’esperienza diretta di altri paesi, tra cui gli
USA, il lavoro all’aria aperta, fuori dalle celle, migliora lo stato di salute psico-fisica dei
detenuti. In particolare l’attività fisica ha una funzione “terapeutica” perché impegna la
mente, scarica le tensioni, abbassa le manifestazioni di violenza e dà un senso di utilità alla
reclusione, il rapporto con la terra e con i viventi (piante e animali), che richiedono cure
costanti, aiuta all’assunzione di responsabilità verso gli altri e quindi verso se stessi,
facilitando processi di riabilitazione e reinserimento sociale. La molteplicità delle mansioni
richieste dal lavoro agricolo, consente di svolgere un’attività non ripetitiva e alienante e
permette la valorizzazione delle diverse attitudini personali. Il progetto ha concorso a
diffondere buone pratiche in altre regioni.
Organic farming in the Italian penitentiary system to rehabilitate detainees
In 2009 AIAB was involved in a project called “Social farming and detention: a future pact”,
focused on researches, studies and training days regarding agricultural and food activities
within the Italian penitentiary system. Good results came out from the project in terms of
quality and quantity. The census on the prisons carried out by Aiab, highlighted a growth in
the number of institutions involved in agricultural activities (55 compared to the data of DAP
Department for Prison Administration) and a growth of the number of the “farmer detainees”,
increased of 71,63%, compared to the previous year. Furthermore the census showed a growth
in processing activities. The most important result was the effectiveness of the agricultural
work for the rehabilitation and education of prisoners. The observation of direct experience
(operators testimonials) carried out by Aiab (and confirmed by the studies of the USA)
showed the following main positive data:
-the work outdoors improves the well-being of prisoners.
-the work outdoors has a “therapeutic” function: it engages the mind and decreases the
tensions, it decreases the manifestations of violence and it gives an -opportunity to await the
arrival of a new day.
-the relationship with air, ground and water helps the acquisition of responsibility towards
plants and animals. These natural elements need constant cares, facilitating the rehabilitation
and social replacement projects.The project enabled the carrying out of several projects
involving AIAB in different regions.
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C9
La socializzazione tra agricoltori della sperimentazione in biologico
L. Colombo
Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica
E-mail: l.colombo@firab.it
I saperi maturati dalle comunità di agricoltori sono in genere scarsamente valorizzati per le
cause più varie: mancanza di un loro inventario, assenza di una valutazione rigorosa dei
risultati ottenuti dall’esperienza di base, frattura comunicativa fra le comunità agricole e i
ricercatori. Ciò inibisce e limita la diffusione dell’innovazione dei produttori che non sentono
riconosciute le proprie capacità, sfibrando il rapporto con le istituzioni di ricerca e assistenza
tecnica e penalizzando le potenzialità produttive del sistema.
La creazione e il trasferimento dell’innovazione in agricoltura, facendo leva sullo scambio di
esperienze e informazioni tra agricoltori, rappresenta invece un’opportunità di sviluppo per il
settore biologico e biodinamico, oltre a garantire la divulgazione di buone prassi gestionali,
direttamente tarate sulla scala produttiva e sul contesto agroecologico di riferimento.
Molte aziende biologiche e biodinamiche sono motore di innovazione e rappresentano il
contesto dove il miglioramento continuo evolve offrendo opzioni tecniche e approcci
pragmatici alle problematiche produttive con numerose e positive ricadute ambientali e
sociali.
L’avvio della costruzione di una rete di agricoltori-sperimentatori in Italia, attraverso la
realizzazione di incontri di scambio di esperienze tecniche in specifici comparti produttivi e
con distinti approfondimenti tematici, permette agli agricoltori di ampliare il proprio bagaglio
tecnico e di aprirsi a un confronto tra pari senza diffidenze.
La disseminazione e condivisione delle esperienze dirette consente inoltre alla comunità
scientifica di avvantaggiarsi dei contenuti di tali azioni, capitalizzando così i saperi diffusi tra
gli agricoltori, e di meglio identificare la domanda di ricerca che emerge dai potenziali
beneficiari.
Sharing on-farm experimentation in organic agriculture
The knowledge and savoir-faire accumulated by farmers and their communities are generally
poorly exploited for various causes: lack of an inventory; absence of a rigorous evaluation of
the results obtained from their experience; communication gap between the farming and
scientific communities. This disconnection inhibits farmers’ innovation and its dissemination,
since practitioners do not feel their skills recognized. This also weakens the relationship with
research and extension institutions constraining the productive potential of the system.
Agricultural innovation production and transfer that rely on the exchange of experiences and
information among farmers, represent instead a development opportunity for the organic and
biodynamic sector. They also ensure the dissemination of adaptive good management
practices, calibrated on the specific scale of production and agroecological contexts.
Many organic and biodynamic farms are themselves source of innovation and represent the
milieu where in-itinere evolution occurs. Moreover, they offer options and pragmatic
approaches to explicit production constraints with a number of positive environmental and
social repercussions.
The actual building in Italy of a network of on-farm innovators allows the organic farming
community to expand the technical knowledge available and enables peer-to-peer interactions
based on trust. The holding of meetings with definite thematic focus meant to exchange
technical experience in specific productive sectors operationalises the approach.
The dissemination and sharing of these direct experiences also aim at helping the scientific
community to take advantage of the outcomes of such actions, thus capitalizing on the
widespread savoir-faire available among farmers and to better identify the research demand
that emerges from the potential beneficiaries.
144
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C10
Lo sviluppo e la crescita della filiera corta come punto di incontro tra le esigenze
del comparto agroalimentare e degli attori economici e sociali
A.Crippa1, M. Montedoro2
1
CRA-IAA (Consiglio per la ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura-Unità di Ricerca per i
processi dell’Industria Agroalimentare), Milano
2
MiPAAF, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Roma
E-mail: annalisa.crippa@entecra.it
L’attuale modello di consumo alimentare italiano è considerato maturo, infatti, essendo
svincolati dai bisogni primari bisogni primari, i consumi alimentari si differenziano in base
alle preferenze individuali, dettate più dai gusti che dalle necessità.
Questi cambiamenti del consumo alimentare della popolazione sono causati da evoluzioni
strutturali avvenute nella società. Bisogna inoltre tenere in considerazione i rischi in tema di
sicurezza alimentare, amplificati dalla crisi dell’agricoltura tradizionale e dalla complessità
dei sistema agroalimentare. In un contesto simile, una strategia perseguita per riconquistare la
fiducia nella relazione con l’alimento è la via all’alimento naturale e biologico, che consiste
nel riallacciare il legame dell’alimento con la natura e il territorio.
La ricerca si sta concentrando sulla necessità che l’agricoltura rivesta nuovamente un ruolo
centrale nel mondo moderno, grazie alla filiera corta e ai farmer’s market in particolare. In
società molto urbanizzate, in cui l’alternativa al supermercato sostanzialmente non esisteva,
riscoprire la possibilità di un acquisto diverso, di uno scambio non solo commerciale ma
anche di conoscenze, è stato accolto positivamente, ed il successo dei farmer’s market è in
continua crescita.
Development and growth of short chain (Farmer’s market) as meeting point
between needs of food farming and agriculture sector and
economic and social actors
The current Italian food system consumption is considered mature, indeed, being released
from the creature comfort, food consumption differ according to individual preferences,
dictated more by taste than by demand.
These changes in food consumption of the population are caused by structural changes
occurring in society. In regard of the risks in food safety, amplified overdraw by the crisis of
traditional agriculture and the complexity of the food system. In this setting, a strategy
pursued to regain trust in the relationship with food is the way natural and organic food,
which is to re-establish the link with the nature of the food and territory.
The research is focusing on the need for agriculture has once again a central role in the
modern world, thanks to the short chain and the farmer’s market in particular. In highly
urbanized societies, where the alternative to the GDO essentially did not exist, the possibility
of discovering a different buying, an exchange of not only commercial but also of knowledge,
was well received, and the success of the farmer’s market is growing .
145
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C11
Proprietà salutistiche e nutrizionali della fava di Fratterosa:
confronto fra coltivazione biologica e convenzionale
M. Cuccioloni1, M. Mozzicafreddo1, R. Rosatelli2, G. Campanelli3, V. Ferrari3,
E. Fioretti1, M. Angeletti1 .
1
Scuola di Bioscienze e Biotecnologie, Università di Camerino,
2
Associazione Favetta di Fratterosa, 3CRA-ORA Monsampolo del Tronto (AP)
E-mail: massimiliano.cuccioloni@unicam.it
La fava di Fratterosa (PU) è un ecotipo autoctono con peculiarità morfologiche (baccello
corto, 3/4 semi) ed organolettiche (sapidità, dolcezza e tenerezza). Per le sue caratteristiche, è
stata a lungo utilizzata come risorsa alimentare e come succedaneo della farina di grano per
preparare paste particolari. Attraverso selezioni effettuate presso il CRA-ORA, è stato
recuperato il seme in purezza ed in questo lavoro riportiamo un confronto sulle caratteristiche
nutrizionali e salutistiche della specie (fresca e secca) coltivata in tradizionale ed in biologico.
Il protocollo prevede per il prodotto fresco: estrazione idroalcolica in condizioni sub-critiche,
la quantificazione, caratterizzazione e separazione di molecole di natura fenolica tramite
tecniche cromatografiche ad elevate prestazioni, e lo studio dell’effetto di tali estratti su
sistemi di interesse biomedico. Nella farina ottenuta da semi secchi sono stati determinati i
contenuti proteici, la fibra alimentare e la composizione aminoacidica. I risultati ottenuti nei
primi due anni del progetto indicano che: i) la modalità di coltivazione biologica induce una
maggiore sintesi di molecole polifenoliche, ii) la “varietà” Fratterosa ha un contenuto in
polifenoli più elevato rispetto a varietà commerciali coltivate nelle stesse condizioni, iii) nel
frutto fresco, la buccia contiene livelli superiore di polifenoli rispetto al seme nudo. Gli
estratti dei semi di fava, inoltre, influenzano l’attività della Citocromo p450 reduttasi
suggerendo un effetto benefico sulla attività di biotrasformazione dello stesso.
Healthy and nutritional properties of bean Fratterosa:
comparison between organic and conventional farming
The bean Fratterosa (PU) is a native ecotype with organoleptic (flavor, sweetness and
tenderness) and morphological (short-pod, 3/4 seeds) features. Due to these characteristics, it
has long been used as a source of food, and as a substitute for wheat flour in the preparation
of pastas. Through selections by CRA-ORA, the seed was recovered in purity, and herein we
compared nutritional and health features of traditionally and biologically grown species (both
fresh and dried). The protocol for fresh products involves: hydro-alcoholic extraction under
sub-critical conditions, quantification, characterization and separation of phenolic molecules
by high performance chromatographic techniques, and the study of the effect of these extracts
on enzymatic systems of biomedical importance. Protein content, dietary fiber and amino acid
composition were determined for flour from dry seeds. Results obtained in the first two years
of the project clearly show that: i) the organic farming up-regulates the synthesis of
polyphenolic molecules, ii) “Fratterosa variety” has a higher polyphenol content than
commercial varieties grown under the same conditions, iii ) in fresh fruit, the skin contains
higher levels of polyphenols than the naked seed. The extracts obtained from the seeds of
beans, also affect the activity of the system consisting of cytochrome P450 reductase,
suggesting a beneficial effect on the biotransformation activities.
146
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C12
Impiego di limitatori biologici nel controllo di Verticillium dahliae e
meloidogyne incognita su melanzana
M. Gallo1, S.A. Rocca1, N. Sasanelli2, F. Ciccarese1, M. Renčo3, I. Papajova3
1
Dipartimento di Biologia e Chimica Agro-Forestale ed Ambientale, Uni-BA “A. Moro”, Bari;
2
Istituto per la Protezione delle Piante, CNR, Bari; 3Parasitological Institute, SAV, Kosiče,
Slovak Republic.
E-mail: n.sasanelli@ba.ipp.cnr.it
L’efficacia di alcuni limitatori biologici nella protezione della melanzana da attacchi
combinati di Verticillium dahliae e Meloidogyne incognita è stata verificata in una prova in
pieno campo. Le parcelle sono state trattate, a mezzo di palo iniettore, con formulati a base di
Trichoderma asperellum ceppo TV1 (5 kg/ha) o Clonostachys rosea (2 l/ha), ad azione
fungicida, in combinazione con Pochonia chlamydosporia (2 l/ha) o Paecilomyces lilacinus
isolato 251 (4 kg/ha) ad azione nematocida. Inoltre, sono stati effettuati trattamenti con il
limitatore biologico, isolato MX-95 di Aphanocladium album, brevetto N° 0001374382
dell’Università “A. Moro” di Bari, (7,2 l/parcella; 2 x 107 CFU/ml) e con tannini di castagno
(350 kg/ha). Azoxystrobin (20 l/ha) e Fosthiazate (30 kg/ha) sono stati utilizzati come
controllo chimico. L’isolato MX-95 di A. album e l’isolato 251 di P. lilacinus sono stati
applicati 7 giorni prima e 15 e 40 giorni dopo il trapianto. Gli altri bioformulati sono stati
somministrati al trapianto e 15 giorni dopo. I limitatori biologici hanno determinato una
generale significativa riduzione della gravità dei sintomi della verticilliosi e degli attacchi di
M. incognita rispetto al controllo non trattato. Si sono comunque distinti per maggiore
efficacia le applicazioni dell’isolato MX-95 di A. album verso V. dahliae e dei tannini verso il
nematode galligeno. L’effetto dei limitatori biologici è risultato paragonabile a quello ottenuto
dai formulati chimici con positivi e sensibili riflessi sulla produzione.
The use of biological limitators in the control of Verticillium dahliae and
meloidogyne incognita on eggplant
A trial in open field was carried out to verify the effect of some biological limitators in the
protection of eggplant against combined attacks of Verticillium dahliae and Meloidogyne
incognita. Plots were treated by injector with Trichoderma asperellum strain TV1 (5 kg/ha) or
Clonostachys rosea (2 l/ha) based bio-formulations, with fungicidal activity, in combination
with Pochonia chlamydosporia (2 l/ha) or Paecilomyces lilacinus isolate 251 (4 kg/ha) with
nematicidal activity. Moreover, the new biological control agent Aphanocladium album
isolate MX-95 (patent N° 0001374382 of the University “A. Moro” of Bari) at dose of 7,2
l/plot at 2 x 107 CFU/ml concentration and chestnut tannins (350 kg/ha) were also applied as
soil treatments. Azoxystrobin (20 l/ha) and Fosthiazate (30 kg/ha) were used as chemical
control. The isolates MX-95 of A. album and 251 of P. lilacinus were applied 7 days before
transplant and 15 and 40 days after transplant. Other bio-formulations were applied at
transplant and 15 days later. In general, all biological limitators and chestnut tannins were
effective for a significant reduction of severity of symptoms of Verticillim-wilt and M.
incognita attacks in comparison to untreated control. The efficacy of biological control agents
was not significantly different from that of chemical control with positive effect on
marketable yield.
Aknowledegement. The research was undertaken within the framework of a bilateral project between
CNR (Italy) and the SAV (Slovak Republic). Period 2010-2012.
147
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C13
Stabilizzazione dell’N in suolo ammendato con residui vegetali marcati con 15N
P. Gioacchini1, D. Montecchio1, A. Poli1, C. Ciavatta1, V. Terzi2, M. Stanca3, C. Marzadori1
1
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali - Alma Mater Studiorum Università di
Bologna, Viale Fanin 40, 40127 Bologna
2
CRA-GPG. Via San Protaso 302, 29017 Fiorenzuola d’Arda;
3
Facoltà di Agraria, Univ. di Modena e Reggio Emilia, Via G. Amendola 2, Reggio Emilia
E-mail: claudio.marzadori@unibo.it
La distribuzione, in diverse frazioni fisiche del suolo, dell’N derivante dalla degradazione di
residui di orzo marcato con 15N in presenza o meno di un concime organico azotato (cuoio
conciato al tannino) è stata studiata nell’arco di un anno. Le piante, alla fase di botticella,
sono state trinciate, miscelate al suolo e poste in contenitori di plastica con il fondo forato e
interrati in campo. Il piano sperimentale prevedeva tre repliche per trattamento e quattro
campionamenti nei quali è stata effettuata la misura quantitativa dei residui di orzo, la
determinazione dell’N totale del suolo e del suo rapporto isotopico. I suoli, inoltre, sono stati
frazionati fisicamente in acqua con recupero di 3 frazioni (>250mm; 250-53mm e <53mm).
La mineralizzazione dell’N dei residui è stata molto elevata nei primi 3 mesi di incubazione,
durante i quali, in entrambi i trattamenti, è stato rilasciato quasi l’80% dell’N marcato, poi
questa è proseguita più lentamente. Nei primi 3 mesi, in assenza di piante, il 42%
(suolo+orzo) ed il 33% (suolo+orzo+cuoio) dell’N da orzo è stato ritrovato nel suolo, mentre
il resto è stato perso probabilmente per lisciviazione o per via gassosa. Successivamente non
si sono avute variazioni significative della quantità di N da orzo presente nel suolo, inoltre,
solo la frazione intermadia ha accumulato N da orzo durante l’incubazione. In generale
l’impiego di cuoio, in combinazione con il sovescio, ha sfavorito i processi di stabilizzazione
dell’N da orzo nel suolo.
Ringraziamenti. Lavoro svolto nell’ambito del progetto MiPAAF “ENDOBIOFRUIT”.
N stabilization in soil amended with 15N-labeled plant residues
The distribution in different soil physical fractions, of the N derived from the degradation of
15
N-labeled residues of barley in the presence or absence of an organic nitrogen fertilizer
(tannin tanned leather) was studied over a year. The plants of barley were chopped at the stage
of barrel, mixed to the soil and placed in plastic containers with perforated bottom that were
buried in the field. The experimental plan consisted of three replicates per treatment and four
samplings in which the barley residues were quantitatively recovered, and soil total N and its
isotope ratio was measured. The soils were physically fractionated in water with recovery of 3
fractions (>250mm; 250-53mm and <53mm). The mineralization rate of residues N was very
high during the first 3 months of incubation with a release, in both treatments, of almost 80%
of labeled N, then it slowed down. In the first 3 months, in the absence of plant roots, 42%
(soil+barley) and 33% (soil+barley+leather) of N from barley was found in soil, while the rest
was probably lost by leaching or volatilization. Afterwards, there were no significant changes
in the amount of N from barley in the soil. Among the physical fractions, only the
intermadiate fraction was able to accumulate N from barley during the incubation period. In
general the use of leather in combination with green manure, did not improve the stabilization
in soil of N derived from barley.
Aknowledgements. Work financially supported by the MiPAAF project “ENDOBIOFRUIT”.
148
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C14
Conservazione della biodiversità e tutela dei valori ecosistemici
nelle piccole isole circumsiciliane
F. Carimi1, I. Fontana1 e T. La Mantia2
Istituto di Genetica Vegetale, Palermo (CNR), Corso Calatafimi 414, I-90129 Palermo
2
Dipartimento Demetra, Università di Palermo, Viale delle Scienze, Ed. 4 Ingr. H, - 90128
Palermo.
E-mail: tommasolamantia@unipa.it
1
Nonostante l’antica storia che caratterizza l’agricoltura delle piccole isole circumsiciliane
esiste un gap di conoscenze che riguarda soprattutto la frutticoltura. Da alcuni anni stiamo
conducendo delle indagini su questo patrimonio e sulle relazioni ecologiche che legano la sua
sopravvivenza e la diversità vegetale e animale. Molte specie animali e vegetali sono infatti
legate a questi agroecosistemi e sono oggi a rischio di sparizione. L’indagine è stata compiuta
presso gli agricoltori delle isole, attraverso interviste mirate alla conoscenza dei nomi delle
varietà coltivate o conosciute. In particolare per ciascuna di esse, sono state raccolte
informazioni relative all’origine e alle tecniche colturali utilizzate. I genotipi ancora coltivati
sono stati raccolti e sono state avviate le analisi genetiche attraverso lo studio dei
microsatelliti. In alcune delle isole minori l’agricoltura è ridotta a pochi ettari e rischia di
scomparire. Il mantenimento di un sistema agricolo è importante anche per la conservazione
del paesaggio; infatti all’abbandono segue spesso il degrado. La forte concorrenza per gli usi
del suolo legata alle attività turistiche, rende ancora più precaria la sopravvivenza dell’attività
agricola in generale. Purtroppo l’agricoltura di queste isole non riceve e non può ricevere
alcun sostegno economico a causa delle dimensioni ridotte delle aziende e della loro
parcellizzazione. Ciononostante è evidente lo straordinario valore di questi sistemi
estremamente delicati per i quali l’agricoltura biologica costituisce il modello di produzione
più idoneo. Molte delle varietà ancora coltivate sono di grande interesse per un’agricoltura
sostenibile e andrebbero valorizzate nell’ambito di moderni programmi di miglioramento
genetico. Per queste realtà particolari si dovrebbero prendere delle misure specifiche volte alla
salvaguardia di questo sistema che rischia di scomparire per sempre.
Conservation of biodiversity and protection of ecosystem values of
Sicilian satellite islets
In spite of the history characterizing agriculture of Sicilian satellite islets, there is a gap of
knowledge concerning primarily the arboriculture.
For several years we have been conducting surveys on this heritage but also on the ecological
relationships that link the survival of this cultivation system to the diversity of plants and
animals. Many plant and animal species are in fact related to these agro-ecosystems and are
now at risk of disappearing. The study was conducted among the farmers of the islands
through interviews in order to know the origin and the name of the variety, and the most
suitable cultivation techniques. The genotypes still cultivated were collected and genetic
analyses have been undertaken through the analysis of microsatellites. The agricultural
activity in several Sicilian satellite islets underwent a very strong decline in terms of surface
area (few acres) and threatens to disappear. The maintenance of agriculture is also important
for the preservation of the landscape; in fact degradation always follows agricultural
abandonment. In general, the strong competition of tourism with agriculture for land use
threatens the survival of agriculture. Unfortunately, the agriculture of these islands does not
receive any support because of the small size of the farms and their fragmentation.
Nevertheless it is clear the extraordinary value of these highly sensitive systems for which
organic farming is the most suitable model of production. Many of these varieties are of great
interest for low input agriculture and should be valued in modern breeding programs. For
these particular situations, in order to safeguard agriculture of Sicilian satellite islets, special
systems of assistance and new managing policies are needed.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C15
Valorizzazione della biodiversità vegetale in un comprensorio a vocazione agroambientale: la Santolina etrusca
A. Letardi1; F. D. D’Auria2; L. Bacchetta1
1
ENEA C.R. Casaccia; 2 Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive,
Sapienza Università di Roma
E-mail: agostino.letardi@enea.it;
La biodiversità vegetale è una risorsa chiave per lo sviluppo di un territorio. Spesso la risorsa
ambientale connessa alla biodiversità vegetale di un determinato territorio è nota sulla base di
utilizzi locali etnobotanici, ma il valore di tale risorsa non è del tutto percepita: è compito
delle istituzioni scientifiche in collaborazione con gli enti locali, operare perché sia
correttamente riconosciuta quale bene economico. Da oltre un decennio si è sviluppata una
collaborazione tra unità di ricerca del centro ENEA Casaccia e il territorio di Monte Rufeno.
Alcuni studi, finanziati dalle amministrazioni locali e realizzati nei laboratori del Centro
Ricerche Casaccia dell’ENEA, con la collaborazione del Laboratorio di Micologia del
Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università Sapienza, Roma, si sono
focalizzati su Santolina etrusca (Lacaita) Marchi & D’Amato.
Per realizzare dei test preliminari per un possibile utilizzo come antifungino di questa pianta,
nel corso del 2010 sono state realizzate estrazioni dell’olio essenziale secondo un protocollo
sperimentale consolidato recentemente proprio per questa specie vegetale.
Le prove preliminari condotte nel corso del presente studio, hanno dimostrato che l’olio
essenziale estratto da Santolina etrusca presenta attività antifungina nei confronti di tutti i
ceppi testati, tali risultati sono stati particolarmente interessanti verso Aspergillus quando
venivano comparati con antifungini classici.
Lo studio ha evidenziato come una risorsa vegetale peculiare del territorio possa rappresentare
una risorsa potenzialmente preziosa che si integra perfettamente in un modello di sviluppo
agricolo non solo economicamente ma anche ambientalmente e sociologicamente sostenibile.
Exploitation of plant biodiversity in an area with a agro-environmental vocation:
Santolina etrusca
Plant biodiversity is a key resource for the development of a rural area. Usually the
environmental resource connected to plant biodiversity of a given area is known on the basis
of local ethnobotanical uses, but the value of this resource is not perceived at all: it is a
responsibility of scientific institutions, in collaboration with local authorities, to work for
ensuring that it could be correctly recognized as a commodity.
For over a decade a collaboration between research units of the ENEA Casaccia and the
farming district of Monte Rufeno has been developed.
Some studies, funded by local authorities and processed in the laboratories of the ENEA
Casaccia Research Centre, in collaboration with the Laboratory of Mycology of the
Department of Public Health and Infectious Diseases, Sapienza University, Rome, focused on
Santolina etrusca (Lacaita) Marchi & D’Amato.
Preliminary tests for a potential use of this plant as an antifungal were carried out in 2010
using the essential oil extracted according to a recently established experimental protocol for
this plant species.
Early results of this study have shown that essential oil extracted from Santolina etrusca has
antifungal activity against all strains tested; these results were particularly interesting
compared to antifungal of chemical synthesis against Aspergillus strains.
The overall results showed that a plant representative of a rural area can be a potentially
valuable resource seamlessly integrated into a model of agricultural development not only
economically but also environmentally and sociologically sustainable.
150
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C16
Agricoltura di qualità e rete natura 2000: “laboratori” del cambiamento
P. Menegoni1, R. Guarino2, M. Iannetta1, S. Pignatti2
ENEA, C.R. Casaccia, UTAGRI, Roma
2
Forum Plinianum, Roma
E-mail: patrizia.menegoni@enea.it
1
Attraverso i secoli, le comunità rurali hanno gestito il loro ambiente e coltivato la terra con
modalità proprie, generando una ricca diversità di paesaggi, corale rappresentazione di
un’identità storica del territorio e patrimonio per l’intera umanità.
Non si vive infatti nel mondo “in generale”; ma questo mondo generale lo si costruisce attraverso una somma di diffusi processi di frammentazione, parcellizzazioni discrete di ambiti
territoriali che rispondono a leggi specifiche. Gli intensi cambiamenti socio-economici
dell’ultimo secolo, l’imporsi della logica produttiva dei grandi mercati globali hanno radicalmente cambiato la configurazione paesaggistica nell’intera Europa e con essa il grado di naturalità dei territori.
Rete Natura 2000, e la rete di parchi ed aree protette rappresentano oggi i “laboratori” per testare un modello di sviluppo compatibile. Luoghi, plasmati dall’uomo in forme armoniche
che hanno bisogno di riappropriarsi del valore intrinseco che li ha mantenuti in vita per tanti
secoli, attraverso nuove chiavi di lettura dello “sviluppo”. L’agricoltura è la grande protagonista: sindrome dalle molteplici eziologie, la cui diagnosi è sempre più chiara con manifestazioni evidenti tanto agli scienziati quanto agli agricoltori e ai cittadini. Solo se l’agricoltura
assumerà un ruolo terapico e sarà in grado di assicurare la coesistenza dei valori di naturalità
sul territorio, possiamo pensare di disegnare un futuro credibile.
Grazie all’integrazione delle politiche agricole ed ambientali sarà possibile infatti progettare
lo sviluppo delle aree rurali locali determinando ricadute importanti anche a livello economico. Tuttavia, questi intenti si potranno realizzare soltanto se si riuscirà a porre ogni individuo in una nuova posizione di centralità, consapevolezza e responsabilità. L’atto di cibarsi di
ogn’uno di noi permane oggi un potente gesto politico in grado di modificare i rapporti tra
un’economia imperante che sempre più si sostituisce ad una silente politica globale.
Agriculture and Natura 2000 network: laboratories to test
a compatible development
Through the centuries, rural communities have managed their environment creating a rich
landscape diversity. This represents a historical heritage both for the region and for humanity
because the “world” itself represents the sum of widespread fragmentation processes
following the specific laws. The intense socio-economic changes of the last century, the rise
of the “global” markets, in particular, have radically changed the landscape configuration and
its natural quality across Europe.
Natura 2000 network and the network of protected areas are currently the “open laboratories”
to test a model of development that is compatible with the priceless treasure such as: species,
habitats, landscapes and heritage. Places shaped by man in harmonic forms that need to regain
the intrinsic value that kept them alive, for so many centuries, through new interpretations of
the “development”. Agriculture is the main protagonist, causes of various phenomena, whose
diagnosis is increasingly clear to scientists such as to the farmers and citizens. Only if
agriculture will assume a role in therapy and will be able to ensure the coexistence of the
natural values of the area, a credible future can be designed.
By integrating agricultural and environmental policies in order to design a development of the
rural area as a “harmonious whole”, it will be possible a significant impact on the economic
level. However, these intentions can be effect only by making each individual in a new
position of centrality, awareness and responsibility. The act of eating, for instance, remains
today a powerful political act that can change the prevailing economy that increasingly
replaces a silent global (and local) politic.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C17
“Al consumatore occorre far sapere....” La sostenibilità dei consumi alimentari
e la comunicazione sulla qualità del bio
P.Nobili, P.Menegoni
ENEA, C.R. Casaccia, UTAGRI_ECO, Roma
E-mail: paola.nobili@enea.it,
All’agricoltura oggi si chiede molto: produzione quantitativa e qualitativa, sicurezza
alimentare, gestione razionale delle risorse naturali, della biodiversità, del paesaggio, tutela
dei diritti dei lavoratori. Però non si è disposti a riconoscere valore aggiunto a quegli
agricoltori che si fanno carico della qualità ambientale e della salubrità dei cibi che
producono. La globalizzazione del palato e la cultura del supermercato hanno appannato la
capacità di riconoscere il cibo buono, preparato con ingredienti di prima qualità, prodotti nel
rispetto dei cicli naturali, dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori: nell’acquisto quotidiano si
bada soprattutto alla comodità d’uso, alla rapidità della preparazione, alla conservabilità a
lungo termine, all’economicità. L’informazione ai consumatori è argomento delicato, per
adesso affidato quasi esclusivamente alla pubblicità dei prodotti commercializzati dalle
aziende: non è informazione indipendente. Se i cittadini sapessero realmente quali sono i
metodi con cui la maggior parte delle materie prime agricole viene prodotta, quanti
trattamenti con prodotti fitosanitari vengono effettuati durante la coltivazione in campo e
durante la conservazione nei magazzini, quanto i processi di trasformazione modificano le
caratteristiche nutrizionali iniziali, forse crescerebbe l’attenzione sulla salubrità del cibo che
mangiamo e sugli impatti ambientali dell’agricoltura che li produce. Solo gli scandali
alimentari risvegliano l’attenzione, ma in maniera distorta e discontinua.
E’ necessaria un’opera di ‘educazione permanente’ del pubblico, ma la comunicazione sul
“bio” deve uscire dai canali e dai canoni utilizzati finora e riuscire a portare l’informazione
proprio a coloro, e sono purtroppo ancora la maggioranza, che sono completamente distanti,
per cultura e stile di vita, dai valori dell’agricoltura biologica.
“Consumers must know…” Food consumption sustainability and
communication about organic food quality
Nowadays agriculture has to meet a lot of requirements: food production in quantity and
quality; food safety; rational management of natural resources such as water, biodiversity,
land use, landscape, even the safeguard of workers rights. But no one wants to recognize
added value to farmers who protect environmental quality and healthiness of products they
grow.
The globalization of tasting and the “supermarket culture” anaesthetize our ability to
recognise good food, prepared with first quality raw materials, produced in the respect of
natural cycles, of the environment and of workers rights: in the daily shopping we only
choose on the basis of food convenience, preparation rapidity, long term preservation, low
costs.
Consumer information is a delicate subject, at the moment it’s quite exclusively committed to
companies advertising of branded food, and this is not independent communication.
The public should know the risks of intensive agriculture for environment, the treatments and
manipulation of food in the field, during the storage and during the processing of raw
materials. Only in this case, they could choose what to buy, what to eat. But companies have
no interest in telling everything; only when a food scandal emerges, public attention arouses,
but often in a distorted and inconstant way.
An action of continuing education for every population class (children, adults, elderly people)
is necessary but communication on organic agricultural methods and food must leave
specialised channels and rules and try to reach those consumers, today the greatest number,
still far from “BIO” values. At last we must come out the niche!
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C18
Il sapere etnobotanico in Sicilia: un patrimonio ragguardevole di
diversità biologica e culturale da conservare e valorizzare
S. Pasta1, G. Garfì1, F. La Bella1, J. Rühl2, F. Carimi1
Istituto di Genetica Vegetale, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Corso Calatafimi 414,
I-90129 Palermo, Italy
2
EnBioTech s.r.l., Via Aquileia 34/B, I-90144 Palermo, Italy
E-mail: giuseppe.garfi@igv.cnr.it
1
Secondo recenti stime della FAO, entro il 2050 il consumo mondiale di risorse alimentari sarà
raddoppiato rispetto a quello attuale. In questa prospettiva, l’uso tradizionale di piante
selvatiche per scopi nutrizionali può rappresentare una fonte integrativa di cibo di importanza
crescente sia per le generazioni attuali che per quelle future. La Sicilia ospita una ricca flora
vascolare comprendente quasi 3000 taxa, molte delle quali conosciute e largamente utilizzate
fin dall’antichità per scopi alimentari e/o terapeutici. A tale riguardo, la millenaria storia delle
interazioni fra l’uomo e l’ambiente naturale dell’isola, oltretutto da sempre profondamente
influenzata da civilizzazioni esterne, ha dato origine ad un patrimonio di conoscenze e di
diversità in cui gli aspetti biologici e culturali (etnici e/o linguistici) sono stati
inscindibilmente legati. In una prospettiva di conservazione appare fondamentale non solo
identificare e chiarire l’etimologia dei nomi volgari delle piante spontanee commestibili, ma
anche recuperare il loro uso in molte preparazioni gastronomiche e officinali al fine di
redigere una check-list il più possibile completa ed aggiornata. Il presente lavoro ha
consentito l’individuazione di 254 taxa edibili, conosciuti con circa 2000 nomi vernacolari
diversi. Quasi la metà delle piante commestibili sono note anche per almeno un tipo di
impiego terapeutico. Fra quelle più diffusamente utilizzate per scopi alimentari/curativi sono
incluse numerosi taxa appartenenti al genere Brassica, oltre a diverse specie di Asparagus,
Beta, Capparis e Cichorium.
Al di là dell’importanza sul piano della preservazione della diversità bio-culturale, alcune di
queste specie potrebbero essere potenzialmente utili per l’agricoltura biologica come nuove
colture a basso impatto ambientale.
The ethnobotanical knowledge in Sicily: a valuable inheritance of biological and
cultural diversity to be conserved and valorised
According to recent FAO’s assessments, by 2050 the world will need to produce twice as
much food as the present one. In view of that, the traditional use of non-cultivated food plants
may represent a valuable supplementary food source for the present and future generations.
Sicily hosts a rich vascular flora, including almost 3,000 native taxa, many of which known
and largely used since ancient times as foods and/or medicines. At this regard, the long lasting
history of exploitation, deeply permeated with the strong influence from external civilisations,
has given rise to a rich inheritance of knowledge that indissolubly has bound biological and
cultural (e.g. ethnic and/or linguistic) aspects, resulting in a remarkable bio-cultural diversity
within the island territory. In a conservation perspective it is basic not only univocally
identifying and clarifying the etymology of vernacular names of wild edible plants, but also
recover their use in many cooking and medicinal preparations in the aims to draw an updated
and complete check-list. Our research enabled the identification of 254 edible plants
recognized through about 2000 vernacular names. Nearly half of the food plant taxa are also
known to have at least one medicinal property. Among the most extensively exploited foodmedicines figure several cabbages (genus Brassica), but beneficial effects on human health
are also renowned for species of the genera Asparagus, Beta, Capparis and Cichorium.
Besides the importance in terms of preservation of bio-cultural diversity, some of these
species could be potentially useful for organic farming as new crops with low environmental
impact.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C19
Cambiamenti nella comunità dei nematodi in terreno coltivato a barbabietola
da zucchero ed ammendato con compost a base di deiezioni suine o
con segatura di pino
M. Renčo1 , N. Sasanelli 2.
1
Parasitological Institute, Department of Plant Nematology, Slovak Academy of Sciences,
Košice, Slovak Republic; 2Istituto per la Protezione delle Piante, CNR, Bari;
E-mail: n.sasanelli@ba.ipp.cnr.it
L’effetto sui cambiamenti della nematofauna del terreno conseguente all’applicazione di
diverse dosi di un compost a base di deiezioni suine o di segatura di pino, è stato studiato in
un esperimento in vaso in serra. Il compost (FM) e la segatura di pino (SAW) sono stati
applicati al terreno, a differenti dosaggi (4 e 8 t/ha per FM e 3,4 e 6,8 t/ha per SAW), da soli
o in combinazione con una fertilizzazione, nel periodo primaverile successivo (60 kg/ha di N
inorganico). Terreno non ammendato è stato utilizzato come controllo. Ciascun vaso è stato
quindi seminato con barbabietola da zucchero (cv. Antek). Al termine della prova sono stati
prelevati campioni di terreno da cui si è proceduto all’estrazione dei nematodi, alla loro
identificazione e suddivisione per gruppi trofici. I trattamenti con FM, alle diverse dosi
utilizzate, ed i trattamenti con SAW con l’aggiunta di N inorganico, hanno consentito una
significativa riduzione del numero di nematodi fitoparassiti e dei nematodi che si alimentano
a spese di fungi presenti sulle radici, rispetto al terreno non trattato. L’applicazione della
segatura di pino da sola non ha alcun effetto di contenimento sul gruppo trofico dei nematodi
parassiti delle piante. Al contrario, i nematodi liberi del terreno (batteriofagi e fungivori) sono
significativamente più abbondanti nel terreno trattato con FM da solo o in combinazione con
N inorganico rispetto al controllo non trattato. L’effetto dei diversi trattamenti sul gruppo dei
nematodi omnivori e predatori rimane di difficile interpretazione in quanto i dati sembrano
essere erratici.
Nematode community changes in soil cultivated with sugar beet and treated with
pig manure and pine sawdust compost amendments
A pot experiment in greenhouse was carried out to assess the effect of different rates of pig
manure and pine sawdust compost amendments on soil nematode community changes. The
compost (FM) and pine sawdust (SAW) were applied into the soil at different doses (4 and 8
t/ha for FM and 3.4 and 6.8 t/ha for SAW) alone or in combination with a fertilization in the
following spring period (60 kg/ha of inorganic N). Unamended soil was used as untreated
control. Each pot was then sown with sugar beet (cv. Antek). At the end of crop cycle, soil
samples were collected and nematodes extracted, identified and subdivided in throphic
groups. FM and SAW + inorg N treatments at different doses decreased the number of plant
parasitic nematodes and root fungal feeders in comparison to untreated control. Phytoparasitic
nematodes were not decreased by the SAW incorporation into the soil. At the contrary, soil
free living nematodes, mainly bacteriovores and fungivores, were significantly more abundant
in FM and FM + inorg N treated soils in comparison to untreated soil. The effect of different
treatments on omnivore and predator nematodes group remains of difficult interpretation
because of data seem to be erratic.
Acknowledgement. The research was undertaken within the framework of a bilateral project between
CNR and the SAV, period 2010-2012, and Project VEGA 2/0136/10.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C20
L’effetto di compost di diversa origine sui nematodi cisticoli della patata
Globodera rostochiensis e Globodera pallida
M. Renčo1 , N. Sasanelli2, F. Catalano2
1
Parasitological Institute, Dep. of Plant Nematology, Slovak Academy of Sciences, Hlinkova
3, 040 01, Košice, Slovak Republic; 2Istituto per la Protezione delle Piante, CNR, Bari;
E-mail: n.sasanelli@ba.ipp.cnr.it
Al fine di verificare l’effetto nematocida, sui nematodi cisticoli della patata G. rostochiensis
(patotipo Ro1) e G. pallida (patotipi Pa2 and Pa3), di quattro compost di differente origine
(C1: 70% letame equino + 15% residui di lavorazione della barbabietola da zucchero + 5%
pollina + 10% vinacce; C2: 100% letame suino decomposto da larve di Musca domestica; C3:
100% vermicompost a base di residui di piante medicinali; C4: 100% vermicompost a base di
letame bovino) un esperimento, in ambiente controllato ed in vaso è stato condotto su patata
(cv. Désirée). I compost a differenti dosaggi (1, 2,5 e 5% p/p) sono stati miscelati con terreno
infestato dai nematodi e le miscele sono state quindi utilizzate per riempire vasi (4 l) disposti
su bancali, in serra, secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con quattro
replicazioni per ciascun trattamento. Vasi con terreno infestato e non trattato sono stati
utilizzati comne controllo. Una significativa riduzione, rispetto al controllo non trattato, del
numero di cisti, uova e larve/cisti e per grammo di terreno è stata osservata per ciascun
compost applicato. L’effetto nematocida è risultato, inoltre, positivamente correlato al
contenuto ammoniacale NH4+ di ciascun compost ed alla sua dose di applicazione.
The effect of compost of different origin on potato cyst nematodes Globodera
rostochiensis and Globodera pallida
A pot experiment on potato (cv. Désirée) was carried out to verify the nematicidal effect of
four composts of different origin (C1: 70% horse manure + 15% sugar beet pomace + 5%
poultry manure + 10% grape pomace; C2: 100% pig manure decomposed by juveniles of
Musca domestica; C3: 100% vermicompost from medical plants wastes; C4: 100%
vermicompost from cattle manure) on the potato cyst nematodes G. rostochiensis (Ro1) and
G. pallida (Pa2 and Pa3). Composts at different rates (1.0, 2.5 and 5.0% w/w) were mixed
with the nematode infested soils and each mixture was then used to fill pots (4 l) with four
replication for each treatment. Pots were arranged on benches in a glasshouse according to
a randomized block design. Pots with unamended soils were used as control. A significant
reduction in number of cysts, eggs and juveniles/cyst and aggs and juveniles/g soil was
observed in each applied compost in comparison to unamended soil. The suppressive
nematode effect increased according to the compost NH4+ content and compost rate.
Aknowledegement. The research was undertaken within the framework of a bilateral project between
CNR and the SAV, period 2010-2012, and Project VEGA 2/0136/10.
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C21
La difesa in un frutteto biologico per oltre 15 anni: risultati e prospettive
M.R. Tabilio1, F. Di Franco2
CRA – Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Via di Fioranello, 52, 00134.
2
CRA – Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee,
Corso Savoia 190, 95024 Acireale.
E-mail: tab55@mclink.it
1
Per individuare pratiche colturali a minor impatto ambientale nel 1993, nei campi
sperimentali del CRA-FRU, fu impiantato un frutteto misto circondato da una siepe polifita
gestito secondo il Regolamento comunitario. Gli effetti degli interventi di difesa biologica
venivano comparati con quelli attuati in campi attigui a conduzione tradizionale. Sono state
effettuate indagini faunistiche su diversi gruppi di artropodi predatori e studi sulla
biodiversità, inerenti sia al mantenimento sia all’incremento di alcuni gruppi attraverso la
distribuzione in campo di specifici attrattivi. Sono state sperimentate strategie di difesa
ecocompatibile: trattamenti con bioinsetticidi, metodo della confusione e del disorientamento
sessuale, introduzione di nuovi predatori e parassitoidi. Particolare attenzione è stata dedicata
alla difesa da Ceratitis capitata Wied. con l’uso di attrattivi, trappole, cattura massale,
nematodi entomopatogeni e studio degli aromi emanati dai frutti. I risultati mostrano che nel
frutteto biologico gli insetti utili sono sempre più numerosi di quelli dei campi a conduzione
tradizionale e che la siepe svolge un ruolo importante sia come rifugio sia come sito di
moltiplicazione. È stata verificata l’efficacia di alcune strategie per il controllo di alcuni
fitofagi chiave: confusione sessuale contro Cydia molesta (Busck), bioinsetticidi per
contenere le infestazioni afidiche. Nella lotta alla C.capitata l’attrattivo costituito da
trimetilammina, putrescina e acetato di ammonio si è dimostrato attivo verso le femmine in
strategie di cattura massale. I nematodi entomopatogeni, efficaci nella parassitazione delle
larve di Ceratite in laboratorio, non hanno dato riscontri positivi in pieno campo. Risultati
promettenti sono stati ottenuti dall’analisi degli aromi, sembra infatti che alcuni esteri
interferiscano con l’ovideposizione.
15 years of biological orchard defense: results and prospects
In order to find lower environmental impact cultivation techniques, in 1993 a mixed fruit
orchard was planted in the experimental fields of CRA-FRU. The orchard was surrounded by
a polyphyte hedge and was managed following the Community regulation. The effects of pest
control in organic farming were compared with those carried out in contiguous fields, which
were under traditional management. Faunal investigations have been carried out on several
groups of arthropod predators and parasitoids, along with studies on biodiversity, regarding
both the preservation and the increasing of some groups using specific allures. Ecocompatible defense strategies have been experimented: biopesticide treatments, confusion and
sexual disorientation method, introduction of new predators and parasitoids. Particular
attention has been paid to the defense against Ceratitis capitata Wied, making use of allures,
traps, massive capture, entomopathogenic nematodes, and fruit aromas analysis. The results
show that in the biological orchard the presence of useful insects is always larger compared to
the one recorded in the traditionally managed fields, plus the hedge has proved an important
haunt and reproduction site. The effectiveness of some strategies for the monitoring of some
key phytophagouses has been verified: sexual disorientation against Cydia molesta (Busck),
biopesticides in order to restrain aphid infestation. In the fight against C. capitata the allure
made of trimethylamine, putrescine and ammonium acetate has proved effective with females
within massive capture strategies. Entomopathogenic nematodes, which proved effective in
the parasitation of Ceratitis larvae within the laboratory, have not showed positive results in
the open field. Promising results were obtained by aromas analysis, indeed it looks like some
esters may affect oviposition.
156
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C2
Sostenibilità economica delle filiere biologiche e convenzionali:
una proposta di studio
C. Taglioni, B. Torquati
Dipartimento di Scienze Economico-Estimative e degli Alimenti, Università di Perugia
E-mail: c.taglioni@libero.it
La sostenibilità economica della filiera agroalimentare si basa sulla capacità di garantire alle
diverse fasi che la costituiscono una distribuzione equa del valore aggiunto, nonché di
assicurare ai consumatori prezzi più contenuti.
Il presente contributo, che fa parte del progetto MiPAAF - SafeBio (lead partner INEA),
valuta la sostenibilità economica di filiere associate a diete basate sul consumo di prodotti
alimentari convenzionali e biologici. A partire dalla rilevazione dei consumi alimentari
familiari sono state ricostruite alcune filiere individuando le unità distributive e produttive
caratterizzanti ciascuna filiera (Fase 1–di consumo). Successivamente è stata stimata la catena
del valore delle filiere indagate, calcolando i margini di contribuzione associati a ciascuna
unità (Fase 2- di filiera).
I dati relativi alla fase 1 sono stati raccolti grazie alla somministrazione di un “libretto degli
acquisti” volto a reperire informazioni sui prodotti, consumati dalle famiglie del campione
(es. prezzo e luogo di acquisto, provenienza alimento). I dati relativi alla fase 2 sono stati
acquisiti tramite interviste dirette ai responsabili acquisti/vendite delle catene distributive, ai
grossisti ed ai produttori agricoli (quantitativi e prezzi applicati in fase di approvvigionamento
e di vendita).
Le informazioni raccolte consentono di confrontare la sostenibilità economica di filiere di
alimenti omogenei che si differenziano non solo per la tecnica di produzione della materia
prima agricola (filiere biologiche e convenzionali) ma anche per il tipo di canale distributivo
che le caratterizza (filiera corta e filiera tradizionale). Le riflessioni scaturite da questi
confronti possono fornire indicazioni utili a identificare modelli di filiera efficienti a favore
dello sviluppo del settore biologico.
Economic sustainability in organic and conventional supply chains:
a research proposal
The economic sustainability of food supply chain is based on the capability to guarantee a fair
distribution of value added to its different phases as well as to ensure lower prices to
consumers.
This work, that is part of MiPAAF’s research projects “SafeBio” (lead partner INEA),
assesses the economic sustainability of food supply chains which are linked to household
diets based on consumtion of organic and conventional food products.
After having surveyed household food consumption, several supply chains have been built up
by identifying different productive and distributive units along each chain (Phase 1 – on
consumption). Then food value chains was estimated by calculating contribution margins
related to each unit of each supply chain (Phase 2- on supply chain).
The data concerning Phase 1 were gathered by administrating a “booklet of food purchases”
where information about the food products consumed by households was written out (e.g.
price and point of sale, origin of food products etc.).
The data related to Phase 2 were gathered by interviewing sales and purchase managers of
distribution channels, wholesales and farmers (e.g. quantity and prices of food products
exchanged). The information obtained during the survey allows us to compare the economic
sustainability of different food supply chains which differ for the method of production
(organic and conventional food chains) as well as for the type of distribution channel that
characterizes them (short and traditional supply chains).
The considerations which emerge can suggest useful indications in order to identify models of
efficient supply chains in favour of the development of the organic food sector.
157
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C23
Ort.Bio: l’analisi del sistema aziendale che valorizza la filiera corta
V. Tisselli 1, G. Campanelli2, V. Altamura1; S. Delvecchio1
Centro Ricerca per la Produzione Vegetale (CRPV), via dell’Arrigoni 120, 47522 Cesena
2
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Unità di Ricerca per
l’Orticoltura (CRA-ORA), Via Salaria 1, 63077 Monsampolo del Tronto (AP)
E-mail: v.tisselli@crpv.it
1
Il progetto Ort.Bio ha l’obiettivo generale di supportare le aziende agricole, con particolare
riferimento all’orticoltura biologica, attraverso l’individuazione di sistemi innovativi di
commercializzazione di prodotti orticoli biologici per sostenere la redditività delle aziende
produttrici, con una serie di attività di ricerca articolate nel triennio 2010-2012.
L’attività di progetto è coordinata dall’Università di Bologna che, insieme al CRA di
Monsampolo, al CRPV di Cesena, a Prober ed all’Università di Perugia, sta realizzando una
ricerca rivolta ai riflessi economico-finanziari, organizzativi, agronomici ed energetici relativi
a specifici casi di studio.
In questo contesto, le analisi sono indirizzate allo studio degli effetti che le innovazioni
tecnologiche ed organizzative legate all’adozione di nuovi sistemi di commercializzazione
possono suscitare sulla redditività aziendale e sull’ottimizzazione energetica.
Con lo scopo di identificare le tipologie aziendali, le modalità di commercializzazione e le
aziende agricole da utilizzare come casi di studio, è stata condotta un’indagine conoscitiva
nell’area di interesse rappresentata dalle regioni Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo, su un
gruppo di 65 aziende agricole.
L’indagine conoscitiva ha permesso di analizzare le scelte colturali in funzione delle modalità
distributive adottate, con particolare riferimento alle forme di vendita diretta al consumatore
finale (business to consumer – b2c) ed alla distribuzione attraverso altri operatori (business to
business – b2b).
Inoltre, sulla base dei risultati della prima indagine conoscitiva e del modello di
classificazione delle aziende, sono state implementate specifiche prove agronomiche
finalizzate a raccogliere dati oggettivi ed a verificare soluzioni tecniche in grado di portare ad
alcune risposte legate alle esigenze organizzative delle aziende.
Ort.Bio: analysis of farm organization to valorize the short chain
The general aim of Ort.bio project is to support organic horticultural farms by the
identification of innovative marketing system finalized to farms profitability, through a series
of activities realized in a period between 2010 and 2012.
Project activities are managed by the University of Bologna, together with the CRA of
Monsampolo, the CRPV of Cesena and the University of Perugia, while the research activities
are oriented to the economic, financial, organizational, agronomical and energetic aspects
regarding specific cases of study.
In this contest, the analysis are aimed at the identification of the effects of technological and
logistic innovation, related to new marketing systems, on farm profitability and energetic
optimization.
A cognitive research on 65 organic farms in a specific area composed by Emilia Romagna,
Marche and Abruzzo. has been carried out, in order to define the type of farms, their
marketing strategy and the cases of study.
This research allowed to analyze the link between agronomic choices and distribution
strategies with particular reference to the different types of short supply chain.
Finally, starting from the first cognitive research and on a specific farms classification model,
a series of specific agronomic tests has been implemented in order to collect data and verify
the technical solutions useful to satisfy farm management needs.
158
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C24
Individuazione delle tipologie di aziende italiane su base agronomica per
la valutazione degli agro-ecosistemi biologici
G. Vitali1, C. Cardillo2, M. Della Chiara2, G. Baldoni1, S. Albertazzi1, C.Signorotti3,
A. Trisorio2, M. Canavari3
1
DiSTA – Univ.Bologna - via Fanin, 44 - 40127 Bologna (BO)
2
INEA – via Nomentana, 41 - 00161 Roma (RM)
3
DEIAGRA – Univ. Bologna - via Fanin, 50 - 40127 Bologna (BO)
E-mail: giuliano.vitali@unibo.it
Scopo di questa analisi è stato identificare le tipologie aziendali più ricorrenti a scala
nazionale la cui struttura fosse utilizzabile in simulazioni intertemporali dell’evoluzione
aziendale da un panorama di tipo convenzionale ad uno maggiormente orientato al biologico.
Per farlo si è ricorso ad un’indagine statistica sul campione di 14700 aziende RICA
(aggiornamento 2007). L’indagine, basata su una tecnica combinata MCA / Cluster, è stata
operata utilizzando una classificazione delle aziende in base alla collocazione territoriale,
zona fitoclimatica, giacitura e tipologie di attività, queste definite in base al carico ambientale
della tecnica agronomica, 4 zootecniche (erbivori da latte, erbivori da carne, ovicaprini e
suini) e 10 attività vegetali raggruppabili in superfici naturali (bosco, prati e pascoli e setaside), impianti arborei (frutticoltura, viticoltura, arboricoltura low-input) e seminativi
(foraggere, ceralicola, intensive). Dalle macro-tipologie che emergono dall’analisi, la
presenza di zone naturali riguarda solo un numero limitato di casi come la presenza di
zootecnia: entrambi i fattori sono considerati oggi rilevanti per aspetti legati alla sostenibilità
ambientale. Il metodo statistico utilizzato permette di disporre anche della consistenza
(frequenza) dei diversi gruppi di aziende, utilizzabile per estrapolare risultati del modello
all’intero campione o derivare (upscaling) quelli a scala nazionale utilizzabili per validazioni
del metodo basate su dati di bilancio (materiale ed energetico) e successivamente fornire
stime sulle emissioni di gas serra.
Identification of different Italian farms typologies on agronomic basis for
assessing organic agro-ecosystems
The main purpose of this analysis has been the identification of more common farm types in
Italy, whose structure could be used to simulate evolution of farm scenario from a traditional
scheme to an organic one. The investigation has been performed on the RICA data-base
(14700 farms, year 2007) by means of a combined MCA/cluster analysis.
Farm data used in the present analysis have been: territorial location, fitoclimatic zone, land
attitude, livestocks (heads and type) and activity surfaces: to the scope surfaces have been
categorized in natural ones (woods, meadows, set-aside), tree-crops (fruit trees, grapes, lowinput tree-crops) and arable crops (forages, cereals, intensive crops). In the groups emerging
from analysis, natural surfaces and livestocks appears in only few cases, whereas they are
suggested today in any good recipes driving a farm to sustainability. The statistical procedure
also makes available frequency distribution of farm groups, which can be used to validate the
distribution itself on the basis of land budgets or upscale modeling results at a national level.
159
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
C25
Il sostegno delle politiche pubbliche all’agricoltura biologica:
un’analisi comparata per il periodo programmatorio 2007-2013
F. Zecca
Dipartimento Scienze economico-estimative. Università di Perugia
E-mail: franze@unipg.it
Lo sviluppo dell’agricoltura biologica è stato favorito dalle politiche messe in campo nel
corso degli anni, grazie al posto di rilievo assegnato al supporto di tale modalità produttiva
nelle politiche comunitarie e nazionali. Il presente contributo mira a individuare i punti di
forza e di debolezza che contribuiscono a determinare l’efficacia delle politiche di sostegno
per il biologico e delineare le possibili soluzioni per una migliore implementazione delle
stesse. Il lavoro si basa su un approccio descrittivo rivolto all’analisi degli obiettivi e degli
strumenti d’intervento, per svolgere una valutazione delle strategie adottate dai decisori
pubblici nel periodo programmatorio 2007 - 2013, in modo da comprendere in che misura
queste strategie siano in grado di rispondere alle domande che emergono dal settore biologico
nazionale. La valutazione degli effetti che le dinamiche istituzionali hanno sulle scelte
imprenditoriali e sui redditi delle aziende con produzioni biologiche appare imprescindibile al
fine di stabilire se tali coltivazioni possano rappresentare una alternativa percorribile alle
produzioni convenzionali. La fase d’attuazione dei singoli programmi diventa cruciale perché
da questa dipende un reale incremento del numero di unità imprenditoriali e i connessi
benefici ambientali. Ci si chiede in che misura gli aiuti sotto forma di finanziamenti diretti
costituiscono un incentivo all’incremento delle superfici agricole condotte secondo le tecniche
di agricoltura biologica. In uno scenario di riferimento per l’agricoltura biologica che vede un
marcato contenimento della spesa comunitaria si rende ancora più necessario valutare
l’efficacia ed efficienza delle politiche per il settore.
The support of public policies to organic farming: a comparative analysis for the
budgetary period 2007-2013
The development of organic farming has been encouraged by the policies activated during the
last years, thanks to the prominence given to this reproductive mode in the EU and national
policies. This paper aims to identify the strengths and weaknesses that contribute to the
effectiveness of support policies for organic and outline possible solutions for a better
implementation of the same. The work is based on a descriptive approach addressed to the
analysis of objectives and means, to perform an evaluation of the strategies adopted by the
policy makers in the period 2007 - 2013, in order to understand the extent to which these
strategies are able to answer questions that emerge from the national organic sector. The
evaluation of the effects that the institutional dynamics have on business decisions and
earnings of companies with organic products is essential in order to determine whether these
crops can be a viable alternative to conventional production. The implementation phase of
individual programs is crucial because from this depends a real increase in the number of
business units and the related environmental benefits. The question is about how much the aid
in the form of direct funding is an incentive to the increase in agricultural land conducted in
accordance with organic farming techniques. In a reference scenario for organic agriculture
that sees a marked limitation of EU spending has become even more necessary to evaluate the
effectiveness and efficiency of policies for the sector.
160
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Indice degli Autori
Cognome
Abbate
Abitabile
Addante
Agabiti
Aguzzi
Albertazzi
Allegra
Altamura
Ambrico
Amenta
Angeletti
Angelini
Antichi
Antonacci
Argento
Aromolo
Arpaia
Aureli
Auriemma
Avato
Avitabile Leva
Azzini
Bacchetta
Baculo
Bagatta
Baiamonte
Baldacchino
Baldoni
Balestra
Bani
Bàrberi
Barberis
Baronti
Basso
Battaglia
Bazzani
Bellina
Belloni
Belocchi
Bendettelli
Benfatto
Bentivenga
Bertoldi
Bertone
Bianchini
Blando
Blasi
Nome
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E.
Codice Abstract
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Bochicchio
Bonanno
Bonfanti
Boscutti
Brajon
Branca
Brunori
Buccheri
Buccioni
Burlingame
Buonasera
Caboni
Calderaro
Camin
Campanelli
Canali
Canavari
Canestrale
Cano
Cantore
Caporali
Caputo
Caradonia
Cardillo
Carimi
Carletti
Carra
Casadei
Casella
Castellini
Catalano
Cattaneo
Ceccarelli
Ceccaroli
Cecchini
Cellura
Chiarenza
Chiarini
Ciaccia
Ciancio
Ciaperoni
Ciavatta
Ciavatta
Ciccarese
Cillo
Cinti
Clausi
Cocco
Cogrossi
Colagiero
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Colombo
Colonna
Comellini
Comendador
Conte
Conti
Cortesi
Crippa
Crivello
Cuccioloni
Curto
D'Addabbo
Dal Bosco
Dal Ferro
Dallavalle
D'Aloise
D'Andria
Daniele
Danieli
D'Aquino
D'Auria
D'Avino
De Blasi
De Boni
De Corato
De Felice
De Mastro
De Salvador
De Stefanis
D'Egidio
Del Torre
Della Casa
Della Chiara
Delvecchio
Delvecchio
Dernini
D'Evoli
Di Blas
Di Cesare
Di Cintio
Di Ferdinando
Di Franco
Di Gennaro
Di Giambattista
Di Grigoli
Di Marco
Di Martino
Di Meo
Di Sanzo
Di Tommasi
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Disciglio
Durante
Eid
Fabroni
Facini
Fadda
Faedi
Ferrante
Ferrara
Ferrari
Ficcadenti
Fierro
Finotti
Fioretti
Fiorillo
Fisicaro
Foddai
Fontana
Fonti
Forleo
Fornara
Francesca
Franzos
Gabrielli
Galletti
Gallo
Gambelli
Gambon
Garfì
Gavagnin
Gaviglio
Genesio
Gerardi
Giardi
Gigli
Gioacchini
Goggioli
Gonnelli
Goracci
Gosparini
Gramm
Grassi
Grazioli
Gristina
Grossi
Guarino
Guarino Amato
Guerra
Guidi
Hamed
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Husu
Iannetta
Iannuzzi
Ierna
Immirzi
Infantino
Intrigliolo
Ioppolo
Iori
Irione
Kelderer
Kristensen
La Bella
La Mantia
La Torre
Lambreva
Lanzuise
Lardschneider
Lazzari
Lazzeri
Leogrande
Leonardi
Leone
Leonetti
Letardi
Leteo
Licciardello
Licitra Pedol
Liguori
Lo Scalzo
Lombardi-Boccia
Longo
Lorito
Lotti
Lotti
Lucarini
Lucini
Maccioni
Maestrelli
Maestrini
Magarelli
Maglione
Magliulo
Magnano San Lio
Malaguti
Malinconico
Maltini
Mandalà
Manici
Marinelli
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Marino
Martini
Marzadori
Massetani
Matere
Matese
Mazza
Mazzoncini
Melandri
Mele
Melilli
Melloni
Menegoni
Miglietta
Migliori
Migliorini
Minuti
Mistretta
Moneta
Montecchio
Montedoro
Montemurro
Morari
Moschetti
Moschini
Mozzicafreddo
Muganu
Mugnai
Mura
Mura
Nardi
Nardo
Navarro
Neri
Nicoletti
Nicoli
Nigro
Nigro
Nobili
Nuvoli
Nuzzi
Ortù
Orzali
Osti
Pagliarino
Palma
Palomba
Pancino
Paoletti
Paoletti
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Paolini
Paolucci
Papajova
Parisi
Pasotti
Pasquini
Pasta
Pastorelli
Pellizzoni
Peparaio
Perego
Perilli
Petruzzelli
Pezzotti
Pezzotti
Picchi
Pignatti
Pirani
Pisano
Poli
Polimeno
Polverigiani
Pradella
Primicerio
Pucciarmati
Quaranta
Quatrini
Quattrucci
Raccuia
Radicci
Raffo
Ragona
Ragusa
Rainer
Rapaccini
Rapisarda
Rappazzo
Raschi
Rea
Rea
Reforgiato Recupero
Regazzi
Renčo
Riccioni
Ritota
Rizzolo
Roberti
Rocca
Roccuzzo
Rodio
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C12
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B38
B39
B40
A34
C19
A44
C20
A52
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B23
I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Roma
Ronchi
Rongai
Rosatelli
Rosato
Rossetti
Rosso
Roviglioni
Rühl
Ruocco
Russo
Russo
Sacchi
Saija
Salomone
Salvatori
Santagata
Santi
Sardone
Sartori
Sarubbi
Sasanelli
Sassoli
Scalisi
Scandurra
Schirra
Sciarretta
Scognamiglio
Sebastiani
Secchiari
Sechi
Serio
Serra
Serra
Sestili
Settanni
Sgrulletta
Sharma
Siano
Signorotti
Sigura
Simoni
Sinatra
Sinesio
Soprano
Sorrentino
Sorrentino
Sorrentino
Spanguolo
Spaziani
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I° Congresso RIRAB – Catania, 7‐8 novembre 2011
Spirito
Stanca
Stavolone
Stecchini
Stellitano
Tabilio
Taglioni
Tarantino
Tarantino
Tarchi
Tava
Terlizzi
Terzi
Thalheimer
Tiezzi
Tisselli
Tittarelli
Topp
Tornambè
Torquati
Torrisi
Trematerra
Trevisi
Tribulato
Trinchera
Trisorio
Trupo
Tufi
Tumminelli
Vaccari
Valentini
Varlese
Varricchio
Vazzana
Venir
Vinale
Vinciguerra
Viola
Viola
Vitale
Vitali
Vivoli
Vizioli
Volpe
Woo
Zanasi
Zecca
Zucchelli
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Edito dall’ENEA
Unità Comunicazione
Lungotevere Thaon di Revel, 76 – 00196 Roma
www.enea.it
Revisione editoriale: Giuliano Ghisu
Copertina: Cristina Lanari
Stampa: Laboratorio tecnografico – Centro Ricerche ENEA Frascati
Ottobre 2011