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"Preservare e preferire il made in Italy"

Uva da tavola e peronospora, l'appello dell'imprenditore Donato Fanelli

Sta facendo preoccupare la diffusione della peronospora della vite (cfr. precedente news) sia per la già confermata carenza di prodotto sia perché la fitopatia potrebbe generare una serie di conseguenze commerciali negative durante la prossima campagna.

Donato Fanelli, imprenditore agricolo e membro della Commissione Italiana Uva da Tavola (CUT), ha voluto esprimere la sua più alta preoccupazione e lanciare un appello agli operatori italiani, a poche settimane dall'avvio delle programmazioni.

Donato Fanelli - Foto d'archivio

"Al momento, per la stagione 2023 si parla di una flessione dei quantitativi pari al 20% per le uve da tavola pugliesi. La malattia fungina sta compromettendo grappoli, foglie e tralci, sia delle cultivar tradizionali sia di quelle seedless. Nonostante gli interventi tempestivi con prodotti per il contrasto della fitopatia, gli agricoltori fanno fatica a bloccarne la diffusione. Siamo preoccupati che queste problematiche inducano maggiormente la Gdo a indirizzarsi verso l'estero, per poter avere continuità e quantità nelle forniture, oltre che prezzi bassi".

Peronospora della vite

La generale flessione della produttività in ortofrutta, già verificabile per le drupacee e causata dai cambiamenti climatici, genera una rincorsa al prodotto estero, che però non è più sostenibile. "Il prezzo basso - riprende Fanelli - qualcuno lo sta pagando e spesso è proprio il produttore a rimetterci. Alla distribuzione chiediamo di preservare e preferire il made in Italy, anche quando le rese sono inferiori. Vogliamo che si instauri con gli operatori un patto di collaborazione. Siamo già reduci da una stagione in cui molte uve sono mandate al macero. Occorre cambiare modus operandi, bisogna rigenerare il modo di ragionare se si vuole davvero lo sviluppo delle aziende italiane e la sovranità agroalimentare. A meno che quest'ultima non sia solo uno slogan politico".

"In un società globalizzata, non pretendiamo che si debba acquistare e consumare esclusivamente il prodotto locale, ma valorizzarlo e distinguerlo sui bancali da quello d'importazione. Il rischio è che le produzioni nazionali, già in flessione per le avversità meteorologiche, vengano poi acquistate agli stessi prezzi di quelle estere, e l'agricoltore, pur di venderle, accetti contrattazioni al ribasso", conclude Fanelli.