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Gruppo Micologico  "T. Pocorobba"

 

G

Hydnum repandum L. (1753)

di Angelo Miceli & Carmelo Di Vincenzo

Comunemente conosciuto, su tutto il territorio nazionale, con la denominazione volgare di “Steccherino dorato”, con la quale si è soliti fare riferimento anche ad altre specie fungine appartenenti allo stesso genere, Hydnum repandum, specie polimorfa per la variabilità della forma, delle dimensioni e del colore [Papetti et al., 2004] a crescita ubiquitaria, indifferentemente nei boschi di latifoglie, aghifoglie o misti, risulta essere facilmente riconoscibile soprattutto per la particolare conformazione dell’imenoforo che evidenzia numerosi piccoli aculei molto serrati e per diversi altri particolari cui faremo riferimento nel corso della nostra “Riflessione Micologica”.

Genere Hydnum L. nom. sanct.

Sp. pl. 2: 1178 (1753)

Autore sanzionante: Fries, Syst. mycol. 1: 397 (1821)

Specie tipo

Hydnum repandum L. nom. sanct.

Sp. pl. 2: 1178 (1753)

Etimologia:

Hydnum dal greco ὔδνον (hýdnon) = tubero. Si ritiene che il nome sia stato attribuito arbitrariamente da Linneo senza alcun riferimento alle caratteristiche di questo genere di funghi [Acta Plantarum, 2022];

Al genere appartengono sporofori omogenei, di piccole, medie o grandi dimensioni a crescita terricola, ectomicorrizici, provvisti di cappello e gambo caratterizzati da imenoforo ad aculei detti idni che, a seconda della specie di appartenenza, si presentano con andamento più o meno decorrente sul gambo [Buda, 2011]. Vengono inseriti, per la particolare conformazione dell’imenoforo, nel gruppo informale dei “funghi idnoidi”, chiaramente polifiletico in quanto la specifica conformazione imeniale, caratterizzata dalla presenza di aculei, si è sviluppata in diverse famiglie di funghi, inserite nello stesso gruppo informale, che non risultano filogeneticamente correlate tra di loro quali, ad esempio: Thelephoraceae, Hericiaceae. Hydnaceae…. [Boccardo et al., 2008].

L’originario inserimento del genere nell’ordine Cantharellales Gäum., effettuato in origine sulla base della similarità di alcuni elementi microscopici, quali, ad esempio, gli “sticobasidi”,(1) con quelli di altri generi inseriti nello stesso ordine, è stato recentemente confermato da approfonditi studi di natura filogenetico-molecolare condotti da diversi studiosi in varie parti del mondo [Vizzini et al., 2013].

Le varie specie appartenenti al genere sono ritenute commestibili e trovano ampia diffusione territoriale su diverse aree geografiche a clima temperato, quali, ad esempio, Europa, Nord America, Asia, Australia e Nuova Zelanda [Olariaga et al., 2012].

Recenti studi di natura filogenetico-molecolare [Niskanen et al., 2018], hanno fornito elementi utili alla descrizione di nuove specie fungine e di suddividere il genere in quattro sottogeneri, tra i quali è stato mantenuto l’originario sottogenere Hydnum:

  • Hydnum sottogenere Alba Niskanen & Liimat., subgen. nov.

Index Fungorum: IF553874 (2018)

  • Hydnum sottogenere Pallida Niskanen & Liimat., subgen. nov.

Index Fungorum: IF553879 (2018)

  • Hydnum sottogenere Hydnum L.

Sp. pl. 2: 1178 (1753)

Il sottogenere comprende due sezioni: Hydnum e Olympica.

  • Hydnum sottogenere Rufescentia Niskanen & Liimat., subgen. nov.

Index Fungorum: IF553889 (2018)

Il sottogenere comprende due sezioni: Rufescentia e Magnororufescentia.

Nei sottogeneri sopra indicati sono state inserite numerose specie quasi tutte istituite, ex novo, nell’anno 2018 [Niskanen], a seguito ritrovamenti effettuati in aree geografiche europee ed extraeuropee, difficilmente determinabili al solo esame macroscopico, rendendosi necessaria, per una corretta determinazione, l’indagine microscopica.

Per ulteriori approfondimenti si rimanda il lettore all’articolo di riferimento sopra citato e meglio specificato in bibliografia.

Le varie specie appartenenti al genere sono caratterizzate da:

cappello di piccole, medie o grandi dimensioni, può raggiungere, secondo quanto riportato in letteratura, anche 20 cm di diametro [Niskanen et al., 2018], irregolare, ondulato, superficie liscia o appena tomentosa (ricoperta da finissima e fitta peluria), colore variabile da biancastro ad arancione, bruno aranciato [Niskanen et al., 2018]; bordo ottuso, leggermente arrotondato.

Imenoforo ad aculei più o meno decorrenti o adnati al gambo.

Gambo irregolare, a volte eccentrico, da biancastro a giallo tenue fino a bruno pallido. Carne compatta, spessa, fragile, cassante.

Spore da subglobose a ellittiche, lisce, non amiloidi, prive di poro germinativo. Sporata bianco-crema [Della Maggiore & Pera, 2021].

 

Hydnum repandum L. nom. Sanct.

Sp. pl. 2: 1178 (1753)

Autore sanzionante: Fries, Syst. mycol. 1: 400 (1821)

Accentazione: Hýdnum repándum

Etimologia: repandum dal latino repàndus = riavvolto in alto, per la particolare conformazione del margine del cappello [Buda, 2011; Acta Plantarum, 2022].

Posizione sistematica: divisione Basidiomycota R.T. Moore, classe Agaricomycetes Doweld, ordine Cantharellales Gäum., famiglia Hydnaceae Chevall., genere Hydnum [IF, 2022; MB, 2022]; sottogenere Hydnum L., sezione Hydnum L. [Niskanen et al., 2018].

Principali sinonimi

Hypothele repanda (L.) Paulet, Icon. Champ. (Paris): tab. 35:1-2 (1812)

Dentinum repandum (L.) Gray, Nat. Arr. Brit. Pl. (London) 1: 650 (1821)

Tyrodon repandus (L.) P. Karst., Revue mycol., Toulouse 3(no. 9): 19 (1881)

Sarcodon repandus (L.) Quél., Enchir. fung. (Paris): 189 (1886)

= Hydnum flavidum Schaeff., Fung. bavar. palat. nasc. (Ratisbonae) 4: 99 (1774)

= Hydnum rufescens Schaeff., Fung. bavar. palat. nasc. (Ratisbonae) 4: 95 (1774)

Sarcodon rufescens (Schaeff.) Quél., Fl. mycol. France (Paris): 447 (1888)

= Hydnum clandestinum Batsch, Elench. fung. (Halle): 113 (1783)

= Hydnum medium Pers., Observ. mycol. (Lipsiae) 2: 97 (1800)

Nomi volgari: Gallinaccio spinoso, Steccherino [Bonazzi, 2003]. Steccherino dorato [Bonazzi, 2003; Buda, 2011]; “Wood Urchins” (riccio di bosco), denominazione in uso nei paesi anglosassoni e riferita a tutte le specie appartenenti al genere [Olariaga et al., 2012].

Nomi dialettali: Funciu musca (nome dialettale siciliano [Bonazzi, 2003; Buda, 2011].

Descrizione macroscopica

Cappello di medio-grandi dimensioni, può superare, a volte, i 15 cm [Della Maggiora & Pera, 2021], carnoso, gibboso, con andamento irregolare, inizialmente convesso, poi, verso la maturazione, depresso, superficie liscia, asciutta, finemente vellutata, inizialmente di colore biancastro, giallognolo, giallo-aranciato; margine involuto, poi disteso, sinuoso, lobato. Imenoforo costituito da numerosi aculei (idni) molto fitti, fragili, facilmente asportabili, leggermente decorrenti sul gambo, inizialmente di colore giallognolo, tendenti, verso la maturazione, ad assumere tonalità ocracee. Gambo cilindrico, pieno, robusto, ingrossato alla base, eccentrico o anche laterale, bianco-giallastro, ingiallente alla manipolazione. Spore in massa biancastre. Carne consistente, spessa, soda, cassante (quando alla frattura produce un leggero rumore, come di gesso spezzato [Mazza, 2012], bianca con toni aranciati, ingiallente all’aria. Odore mite, leggero, gradevole; sapore gradevole, a volte amarognolo.

Descrizione microscopica

Spore (7.2) 7.4-8.6 (9.1) x (5.5) 5.6-6.7 (6.9) μm; Q = (1.2) 1.22-1.48 (1.5); V = (118) 135-196 (214) μm3, ellissoidali lisce, con apicolo evidente. Basidi 31,57 x 8,9 μm, tetrasporici, leggermente clavati. Giunti a fibbia presenti. Cistidi imeniali presenti.

Habitat

Specie molto comune, cresce, tipicamente, dall’autunno al periodo invernale, indifferentemente nei boschi di latifoglie, aghifoglie o misti spesso in gruppi molto numerosi anche con esemplari cespitosi.

Commestibilità: commestibile da giovane, preferibilmente privo degli aculei. Gli esemplari maturi sono amarognoli e poco digeribili. Gli esemplari giovani si prestano bene alla conservazione sott’olio [Bertinaria et al., 2020].

Caratteri differenziali

Prima dei recenti studi di natura filogenetico-molecolare che hanno consentito di creare nuove specie, H. repandum risultava facilmente riconoscibile e diversificabile dalle specie appartenenti allo stesso genere per l’imenoforo ad aculei decorrenti sul gambo. Oggi, considerato che sono state create nuove specie con caratteristiche morfologiche perfettamente identiche, per una corretta determinazione si deve ricorrere, necessariamente, all’esame dei caratteri microscopici. In ogni caso, ai soli fini orientativi, ci piace indicare le seguenti

 

Foto 01 Hydnum repandum

Foto 02 Hydnum repandum

Foto 03 Hydnum repandum

Foto 04 Hydnum repandum

Foto 07 Hydnum repandum Spore 100X

Foto 08 Hydnum repandum Imenio

 

Specie simili

  • Hydnum rufescens Pers.

Observ. mycol. (Lipsiae) 2: 95 (1800)

Specie molto simile e facilmente confondibile, differisce per le dimensioni leggermente inferiori; per il portamento esile; per le colorazioni più vivaci e più sature; per gli aculei adnati sul gambo, mai decorrenti.       

Foto 05 Hydnum rufescens

 

 

  • Hydnum albidum Peck, Bull.

N.Y. St. Mus. nat. Hist. 1(no. 2): 10 (1887)

Per la particolare colorazione, inizialmente bianco-grigiastra, poi bianco-avorio, dei carpofori, può essere facilmente scambiato con esemplari di H. repandum di colorazione biancastra, differisce per le dimensioni minori; per gli aculei poco o non decorrenti; per l’ingiallimento delle superfici alla manipolazione; per le spore di dimensioni minori.

  • Cantharellus cibarius Fr.

Syst. mycol. (Lundae) 1: 318 (1821)

Anche se strutturalmente molto diverso, per la similarità delle colorazioni viene spesso e facilmente confuso dai raccoglitori principianti che, nella fretta della raccolta, non osservano le principali caratteristiche differenziali quali, ad esempio, l’imenoforo costituito da pseudolamelle (pliche lamellari).

Indichiamo ancora, tra le specie di nuova creazione, differenziabili esclusivamente dalla conformazione delle spore, ma non solo:

Foto 06 Cantharellus cibarius

 

 

  • Hydnum ellipsosporum Ostrow & Beenken sp. nov.

Z. Mykol. 70(2): 139 (2004)

Differenziabile, attraverso esame microscopico, per la forma ellissoidale delle spore. Indicazione a titolo orientativo e non sufficiente, da sola, per una corretta determinazione.

  • Hydnum ovoideisporum Olariaga, Grebenc, Salcedo & M.P. Martín sp. nov.

Mycologia 104(6): 1446 (2012)

Differenziabile, attraverso esame microscopico, per la forma delle spore da ovoidale a largamente ellissoidale o, a volte, cilindrica [Olariaga et al., 2012]. Indicazione a titolo orientativo e non sufficiente, da sola, per una corretta determinazione.

  • Hydnum ovoideisporum f. depauperatum Picillo, Vizzini & Contu, f. nov. Mycosphere 4(1): 37 (2013)

Particolare e rara specie che, nonostante il genere di appartenenza, differisce da tutte le altre specie congeneri per la conformazione dell’imenio che si presenta completamente liscio, ovvero totalmente privo degli aculei [Vizzini et al., 2013]. In particolare, differisce da H. repandum per la conformazione globosa delle spore.

In conclusione, ribadiamo il concetto, consigliamo a quanti volessero approfondire lo studio del genere Hydnum e conoscere l’evoluzione degli studi di natura filogenetico-molecolare che recentemente hanno dato una nuova conformazione tassonomica e sistematica alle varie specie inserite nel genere, di consultare i seguenti riferimenti bibliografici: Olariaga et al, 2012; Vizzini et al., 2013; Niskanen et al., 2018.

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  1. Sticobasidio: “basidio cilindraceo i cui fusi nucleari si trovano in posizione longitudinale e a diverse altezze; con lo sviluppo, esso si allunga progressivamente, emergendo infine dallo strato imeniale [Mazza, 2012].

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Bibliografia

  • Bertinaria Giorgio, Tizzoni Renato, Zorio Piero, 2020: Atlante dei funghi del Biellese. E20ProgettiEditore, Biella. I

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca, 2008: Funghi d’Italia. Ristampa 2013. Edit. Zanichelli, Bologna. I

  • Bonazzi Ulderico, 2003: Dizionario dei nomi volgari e dialettali dei funghi in Italia e nel Canton Ticino. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

  • Buda Andrea, 2011:I Funghi degli Iblei. Vol. 1. A.M.B. Gruppo di Siracusa. Siracusa. I

  • Della Maggiora Marco, Pera Umberto, 2021: Funghi in Toscana. AGMT (Associazione Gruppi Micologici Toscani). La Pieve Poligrafica, Villa Verrucchio (RN). I

  • Mazza Riccardo, 2012: Dizionario illustrato dei funghi – Mykonolexikon 2. Romar Srl, Segrate (MI). I

  • Niskanen Tuula, Liimatainen Kare, Nuytinck Jorinde, Kirk Paul, Ibarguren Ibai Olariaga, Garibay-Orijel Roberto, Norvell LoreleiHuhtinen Seppo, Kytövuori Ilkka, Ruotsalainen Juhani, Niemelä Tuomo, Ammirati Joseph F., Tedersoo Leho, 2018: Identifying and naming the currently known diversity of the genus Hydnum, with an emphasis on European and North American taxa. Mycologia, Vol. 110 (5): 890-918.

https://doi.org/10.1080/00275514.2018.1477004

  • Olariaga Ibai, Grebenc Tine, Salcedo Isabel, Martin Maria P., 2012: Two new species of Hydnum with ovoid basidiospores: H. ovoideisporum and H. vesterholtii. Mycologia, Vol. 104 (6): 1443-1455

  • Papetti Carlo, Consiglio Giovanni, Simonini Giampaolo, 2004:Atlante fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 1 (seconda ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

  • Vizzini Alfredo, Picillo Bernardo, Ercole Enrico, Voyron Samuele, Contu Marco, 2013: Detecting the variability of Hydnum ovoideisporum (Agaricomycetes, Cantharellales) on the basis of Italian collections, and H. magnorufescens sp. nov. Mycosphere 4:32-44

Sitografia

  • Acta Plantarum (ultima consultazione dicembre 2022): Etimologia dei nomi botanici e micologici e corretta accentazione.

https://www.actaplantarum.org/etimologia/etimologia.php

  • IF (ultima consultazione, dicembre 2022), Indexfungorum database.

www.indexfungorum.org

  • MB (ultima consultazione, dicembre 2022), Mycobank database. Fungal databases, Nomenclature e Special Banks. www.mycobank.org

 

 

 

 

 

Agaricus augustus Fr. (1838)

È una delle poche specie fungine appartenenti al genere Agaricus a crescita, anche se non esclusiva, boschiva. Per le particolari caratteristiche morfologico-strutturali, risulta facilmente determinabile anche dai meno esperti.

Genere Agaricus L. nom. sanct.

Sp. pl. 2: 1171 (1753)

Autore sanzionante: Fries, Syst. mycol. 1: lvi, 8 (1821)

Tratto da Miceli, 2021 (XXXIX): 68-76

Al genere appartengono basidiomi con crescita terricola o, in pochi casi, fimicola ma mai lignicola [Cappelli, 1984], di piccole, medie e grandi dimensioni, generalmente carnosi, con tipica nutrizione saprotrofica anche se le specie crescenti in prossimità degli alberi lasciano pensare ad una probabile forma di nutrizione micorrizica [La Chiusa, 2013]. In merito è opportuno precisare che alcuni micologi considerano le varie specie appartenenti al genere quali simbionti con piante erbacee. Tutte le specie appartenenti al genere hanno uno sviluppo bivelangiocarpico, ovvero risultano ricoperti, specialmente nella fase iniziale di crescita, da due veli: uno detto generale che avvolge l’intero carpoforo, l’altro detto parziale che ricopre l’imenio, parte fertile del fungo, anche se entrambi i veli, specialmente quello generale, possono essere poco persistenti e molto fugaci tanto da non lasciare alcuna traccia a maturazione dello sporoforo. [Galli, 2004].

I carpofori si presentano carnosi, eterogenei (quando presentano struttura molecolare diversa tra cappello e gambo e, di conseguenza, sono facilmente separabili l’uno dall’altro), con imenoforo (parte fertile del fungo ove maturano le spore) a lamelle non asportabili; con residui del velo generale presenti solo in alcune specie con resti alla base del gambo sotto forma di placche o fiocchi; mentre i resti del velo parziale sono sempre presenti in tutte le specie sotto forma di anello semplice o doppio [Boccardo ed altri, 2013].

Il genere Agaricus risulta facilmente identificabile dal semplice esame delle caratteristiche morfologiche. L’elemento maggiormente caratterizzante è costituito dal colore delle lamelle che, a seconda delle varie specie, varia dal grigio-biancastro al rosa-grigiastro, al rosa-beige, al rosa chiaro nei primi stadi di sviluppo dei carpofori per divenire, con l’avanzare della maturazione, sempre più scuro verso tonalità rosa-rossastre, rosa-brunastre, bruno, fino al bruno-porpora o bruno-nerastro negli esemplari in avanzato stato di maturazione. Il colore delle lamelle è conseguenziale al colore delle spore che maturando assumono tonalità sempre più scure con chiara identificazione di carpofori appartenenti al gruppo dei funghi iantinosporei, ovvero con spore di colore bruno-porpora.

É possibile pervenire alla determinazione delle singole specie osservando, nelle varie combinazioni, i caratteri macroscopici dei singoli carpofori quali, ad esempio, la conformazione dei residui velari, in particolare la posizione e la forma dell’anello (supero, infero, semplice, doppio, a ruota dentata ecc.), la desquamazione della superficie del cappello, il viraggio della superficie per sfregamento, il colore della carne al taglio [Cappelli, 2010]. É importante fare riferimento, sempre ai fini della determinazione della specie, anche ai caratteri organolettici, in particolare all’odore. In generale un intenso viraggio al giallo, conseguente allo strofinio delle superfici o al taglio della carne concentrato nella parte bassa del gambo, unitamente ad un apprezzabile odore di iodoformio o di fenolo (inchiostro, inchiostro di china), è identificativo di specie tossiche causa di sindrome gastroenterica, quindi non utilizzabili per il consumo; mentre un piacevole odore di anice o di mandorle è identificativo di specie commestibili. Preferiamo, ritenendo che l’argomento sia molto vasto e, di conseguenza, poco agevole da trattare nelle poche righe di una “Riflessione Micologica”, invitare il lettore al suo approfondimento consultando i testi e, in particolare, le monografie indicate nella bibliografia a corredo [Miceli, 2021].

Le numerose specie appartenenti al genere, la cui specie tipo è Agaricus campestris, sono caratterizzate dai seguenti elementi morfologio-strutturali:

Cappello: da piccole a medio, grandi dimensioni, più o meno carnoso, inizialmente emisferico poi, verso la maturazione, convesso e, infine, appianato, a volte con umbone centrale. Superficie con colorazioni variabile dal bianco-biancastro al giallastro, ocra, grigiastro, fino al brunastro, inizialmente uniforme poi, verso la maturazione, anche se non sempre, dissociata in fibrille o squamette fibrillose. Ingiallente per sfregamento o immutabile.

Imenoforo: a lamelle sottili, fitte, intervallate a lamellule, libere al gambo. Inizialmente di colore rosato o grigiastro, a volte molto chiaro e tendente al bianco poi, a maturazione, bruno-porpora sempre più scuro fino a quasi nero. La mutazione della colorazione è dovuta alla progressiva maturazione delle spore che assumono, maturando, colorazione sempre più intensa [Cappelli, 1984].

Gambo: centrale, diritto, a volte ricurvo, cilindrico o clavato, spesso con base bulbosa, bianco, biancastro o tendente al nocciola chiaro, ingiallente, arrossante o immutabile per sfregamento. Caratterizzato dalla costante presenza di residui del velo parziale sotto forma di anello supero o infero, semplice o doppio. Raramente presenti, alla base, residui del velo generale sotto forma di pseudo-volva.

Carne: bianca, caratteristicamente virante al taglio, per autossidazione, verso colorazioni rossastre o giallastre più o meno intense e marcate a seconda della specie di appartenenza. Odore variabile a seconda della specie, a volte di anice o mandorle amare, a volte di fenolo, inchiostro di china o iodoformio.

Habitat: tipicamente terricolo, predilige prati, campi, pascoli, parchi, giardini, serre, terreni molto concimati e ricchi di humus. Alcune specie si riproducono facilmente anche in ambiente boschivo.

Commestibilità: al genere appartengono specie di buona commestibilità e altre che possono risultare tossiche. Alcune specie si prestano ottimamente alla coltivazione e trovano larga diffusione commerciale in tutto il mondo.

Suddivisione del genere Agaricus

É ovvio, come normalmente avviene in ambito micologico, che anche il genere Agaricus abbia subito, nel tempo, numerose suddivisioni che, secondo i diversi punti di vista degli autori proponenti, hanno assunto una strutturazione sistematica molto varia e differente. Tra gli autori che hanno lascito il proprio contributo, come riportato da Cappelli (1984) e Galli (2004), citiamo: Alfred Möller (1950-1952), Albert Pilàt (1951), Paul Konrad e René Maublanc (1952), Robert Kühner e Henri Romagnesi (1953) Henri Essette (1964), Meinhard Moser (1967-1983), Rolf Singer (1975), Paul Heinemann (1978), Salomon P. Wasser (1980) [Cappelli, 1984; Galli, 2004] e ancora, come continua Galli (2004), David Pegler (1983), Alberto Cappelli (1984), Marcel Bon (1985) e altri ancora fino a Marijke M. Nauta (2002) che hanno inteso dare, questi ultimi, una impostazione più moderna con la creazione di nuove Sezioni, sottosezioni e nuovi taxa [Galli, 2004]. Non vogliamo, essendo la nostra “Riflessione Micologica” di natura prettamente divulgativa, entrare nel merito della questione e rimandiamo, per eventuali approfondimenti, i nostri lettori ad un testo monografico tra quelli da noi citati. Non possiamo, però, anche per completezza informativa, esimerci dal dare una indicazione di massima al fine di meglio orientare i lettori: il genere Agaricus, relativamente alle sole specie crescenti in ambiente mediterraneo, facendo riferimento alla suddivisione adottata da Cappelli (1984) e Galli (2004) che riteniamo possa essere di facile comprensione e applicata praticamente anche dai ricercatori meno esperti, viene solitamente suddiviso in:

  • Sottogenere Agaricus (L.) Heinem.

[Sinonimo: Rubescentes Möller]

ospita sporofori arrossanti sia al taglio sia allo sfregamento superficiale con odore fungino, gradevole, oppure sgradevole, come di acqua salmastra, pesce in salamoia o di urina, mai di anice, mandorle, fenolo, inchiostro o iodio [Galli, 2004]. Il sottogenere viene, a sua volta, diviso nelle seguenti sezioni: Bitorques (Kühner et Romagnesi) Bon et Cappelli, Agaricus (L.) Karsten, Sanguinolenti (Möller et Schäffer) Singer [Cappelli, 1984; Galli, 2004].

  • Sottogenere Flavoagaricus Wasser

[Sinonimo: Flavescentes Möller et Schäffer]

Ospita sporofori ingiallenti tanto al taglio quanto allo sfregamento superficiale, caratterizzati da tipico odore gradevole: anice, mandorle amare, amaretto o tipicamente sgradevole come di fenolo, inchiostro o iodio [Galli, 2004]. Il sottogenere viene, a sua volta, diviso nelle seguenti sezioni: Minores Fries, Arvenses Konrad et Maublank, Xanthodermatei Singer, [Cappelli, 1984; Galli, 2004], Intermedii Galli [Galli, 2004].

In merito alle specie inserite nelle singole sezioni e alle loro caratteristiche morfologiche, come già in precedenza consigliato, rimandiamo il lettore alla consultazione di un testo monografico specifico.

Agaricus augustus Fr.

Epicr. syst. mycol. (Upsaliae): 212 (1838)

Accentazione: Agáricus augùstus

Etimologia: Agaricus dal greco agarikòn = campestre con riferimento alla tipica crescita su prati e campi e pascoli ricchi di humus;

augustus dal latino augĕo (ingrandire, prosperare, innalzare, accrescere) con espresso riferimento al portamento nobile, elevato, maestoso e alle dimensioni dei singoli esemplari.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Agaricaceae, genere Agaricus, sottogenere Flavoagaricus, sezione Arvenses

Principali sinonimi: Psalliota augusta (Fr.) Quelet (1872); Pratella augusta (Fr.) Gillet (1878); Orcella augusta (Fr.) Kuntze (1891); Fungus augustus (Fr.) Kuntze (1898); Agaricus perrarus Schulzer (1879); Psalliota perrara (Schulzer) Bres. (1887); Agaricus peronatus Massee (1892); Fungus peronatus Kuntze (1898).

GAgaricus Augustus 04

 

Foto 01 Agaricus augustus

 

Foto 02 Agaricus augustus

 

Foto 03 Agaricus augustus

 

Foto 04 Agaricus augustus

 

Foto 05 Agaricus augustus

 

Foto 06 Agaricus augustus

 

 

Descrizione macroscopica

Cappello di medio-grandi dimensioni, può raggiungere anche i 30 cm di diametro [Oppicelli, 2020: Della Maggiora & Pera, 2021], inizialmente globoso-emisferico o tronco-emisferico, poi, verso la maturazione, convesso ed infine disteso; margine a lungo involuto e appendicolato per la presenza di residui biancastri del velo parziale; cuticola liscia nella zona centrale, dissociata, nella verso il margine, in numerose squame colore ocra-brunastro o bruno-rossiccio su fondo crema che assume colorazioni gialle più o meno intense allo sfregamento. Imenoforo a lamelle libere, fitte, strette, inizialmente molto chiare, a lungo biancastre, poi crema-grigiastre, rosate e infine bruno-cioccolato, bruno-nerastre con filo più chiaro. Gambo centrale, cilindrico, claviforme con bulbo basale, inizialmente pieno e robusto, poi, verso la maturazione, midolloso (quando all’interno presenta consistenza spugnosa, molliccia), bianco, ingiallente allo sfregamento e ricoperto da piccole squame di colore biancastro, brunastre con l’età, nella zona centrale, liscio e di colore rosato nella parte superiore nella zona sovrastante l’anello. Anello supero (quando si forma iniziando dalla alta del gambo e va allargandosi verso il basso), ampio, persistente, liscio nella pagina superiore, fioccoso per la presenza di squame lanose, brunastre, nella pagina inferiore. Carne bianca, con leggere tonalità salmone, brunastra alla base. Odore di mandorle amare, sapore dolce.

Habitat: tipicamente nei boschi di latifoglie e di aghifoglie, ma anche nei prati e nei pascoli, sia in primavera che in autunno. Specie non molto frequente.

Commestibilità: specie commestibile.

Caratteri differenziali

Si presta ad una facile determinazione per la taglia robusta caratterizzata dalla presenza di numerose squamette di colore ocra-brunastro sul cappello; per il gambo ricoperto da squamule; per la presenza di un evidente e largo anello; per il forte odore di mandorle amare.

Specie simili

  • Agaricus subrufescens Peck (1984)

Differisce per le dimensioni generalmente minori; per il gambo pruinoso e privo di squamule fioccose; per i caratteri miscroscopici.

  • Agaricus sylvaticus Schaeff. (1774)

Molto simile, sia per la presenza di squamule brunastre sul cappello, sia per la crescita boschiva. Differisce per la taglia più esile e per la carne fortemente arrossante.

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Foto: Angelo Miceli

Tavole micologiche: Gianbattista Bertelli, gentilmente concesse dal figlio Aldo.

Bibliografia citata

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca, 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli. Bologna (ristampa 2013)

  • Cappelli Alberto, 1984: Agaricus L. : Fr. Collana Fungi Europaei. Libreria editrice Biella Giovanna. Saronno. I

  • Cappelli Alberto, 2010: Approccio al genere Agaricus – I. Rivista di Micologia, Anno LIII n. 2: 99-118. A.M.B.. Trento. I

  • Della Maggiora Marco, Pera Umberto, 2021: Funghi in Toscana. AGMT (Associazione Gruppi Micologici Toscani). La Pieve Poligrafica, Villa Verrucchio (RN). I

  • Galli Roberto, 2004: Gli Agaricus. dalla Natura. Milano. I

  • La Chiusa Lillo – 2013: Funghi Agaricoidi. Vol. 1 – Agaricaceae. ANDER Editore, Monza. I

  • Miceli Angelo, 2021: Agaricus urinascens. Il Fungo, Periodico del Gruppo Micologico “R. Franchi” Anno XXXIX: 68-76. Reggio Emilia. I

  • Oppicelli Nicolò, 2020: Funghi in Italia. Erredi Grafiche Editoriali, Genova. I

Sitografia

Bibliografia di approfondimento

  • Bertinaria Giorgio, Tizzoni Renato, Zorio Piero: 2020: Atlante dei funghi del Biellese. E20ProgettiEditore, Biella. I

  • Cappelli Alberto – 2011: Approccio al genere Agaricus – IV. Rivista di Micologia, Anno LIV n. 1: 3-27. A.M.B.. Trento. I

  • Consiglio Giovanni, Papetti Carlo, 2009: Atlante Fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 3. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici. Trento. I

  • Parra Sánchez L. A.- 2013: Agaricus L. - Allopsalliota (Parte II). Candusso Editrice, Varese. I

 

 

 

 

Clitopilus prunulus (Scop.) P. Kumm. (1871)

Viene comunemente conosciuto su tutto il territorio nazionale come “fungo spia” per la particolare propensione a fruttificare nello stesso periodo e nello stesso habitat di crescita dei ben noti e ricercati porcini. In effetti è possibile ritrovare nelle sue vicinanze, visto lo stesso habitat di crescita, anche “Sua Maestà il Porcino”. Per il suo colore bianco è facilmente individuabile nel bosco e una attenta osservazione della zona circostante permette, spesso, l’avvistamento di porcini sfuggiti ad una ricerca veloce in quanto ben mimetizzati nell’ambiente boschivo.

Genere Clitopilus (Fr. ex Rabenh.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst): 23 (1871)

Al genere, la cui specie tipo è Clitopilus prunulus, appartengono basidiomi di medio-piccole dimensioni, a crescita terricola e nutrizione saprotrofica che presentano i seguenti caratteri:

Cappello irregolare, liscio.

Imenoforo a lamelle decorrenti sul gambo, inizialmente bianche poi, verso la maturazione, rosa o bruno rosate. Sporata rosa.

Gambo generalmente eccentrico, a volte centrale, ben sviluppato o quasi assente, attenuato alla base.

Carne spessa, fragile, bianca.

Habitat specie terricole o su residui legnosi a nutrizione saprotrofica.

Clitopilus prunulus (Scop.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst): 96 (1871)

Basionimo: Agaricus prunulus Scoop. 1872

Autore sanzionante: Fries, Syst. mycol. 1: 193 (1821)

Accentazione: Clitopílus prúnulus

Etimologia: Clitopilus dal greco κλῑτύς (clitús) = pendio e da πῖλος (pílos) = cappello, ovvero con il cappello inclinato, con riferimento alla posizione inclinata che assume il cappello; prunulus dal latino prunus = pruno, susino, con riferimento alle piante del genere prunus.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Entolomataceae, genere Clitopilus.

Principali sinonimi: Paxillus prunulus (Scop.) Quél. (1886); Pleuropus prunulus (Scop.) Murril (1917); Paxillopsis prunulus (Scop.) J.E. Lange (1939); Agaricus orcella Bull. (1793); Pleuropus orcellus (Bull.) Gray (1821); Clitopilus orcella (Bull.) P. Kumm. (1871); Hexajuga orcella (Bull.) Fayod, (1889).

Nomi volgari: spia del porcino, prugnolo, falso prugnolo, questi ultimi due trovano origine nel fatto che il suo penetrante odore di farina fresca è molto simile a quello del “prugnolo” (Calocybe gambosa) che, in ogni caso, presenta numerosi altri caratteri morfologici diversi [AGMT, 2013].

Nomi dialettali: funciu spia (Bonazzi, 2003; Buda, 2011), chiapparedda (Buda, 2011) utilizzati in Sicilia.

 

Foto 01 Clitopilus prunulus

 

Foto 02 Clitopilus prunulus

 

Foto 03 Clitopilus prunulus

 

Foto 04 Clitopilus prunulus

 

Foto 05 Clitopilus prunulus

 

Foto 06 Clitopilus prunulus

 

 

Descrizione macroscopica

Cappello di piccole-medie dimensioni, inizialmente convesso, poi, verso la maturazione, appianato ed infine depresso. Cuticola biancastra con sfumature grigie più o meno marcate, finemente vellutata, liscia a tempo secco, ondulata, gibbosa, leggermente eccedente. Margine spesso ondulato, irregolarmente lobato, appena involuto. Imenoforo a lamelle fitte, decorrenti sul gambo, intervallate da lamellule di diversa lunghezza, facilmente separabili dalla carne del cappello, inizialmente biancastre, tendenti ad assumere una colorazione rosata sempre più marcata verso la maturazione. Sporata rosa-brunastro. Gambo da centrale ad eccentrico, breve, svasato in alto e attenuato alla base o rigonfio, diritto ma anche ricurvo, inizialmente pieno, poi farcito, concolore al cappello, con residui miceliari alla base. Carne fragile, compatta, friabile, biancastra. Odore ben marcato e tipicamente di farina. Sapore gradevole, farinoso.

Habitat: specie molto comune, ubiquitaria, solitamente gregaria, a tipica crescita estivo-autunnale.

Commestibilità: commestibile di ottima qualità.

Caratteri differenziali:

risulta facilmente riconoscibile per il fragrante odore di farina fresca; per la carne molto fragile; per le lamelle secedenti, ovvero che si staccano facilmente dalla carne del cappello, caratterizzate, in maniera più evidente verso la maturità, da sfumature rosate dovute alla presenza delle spore di colore rosa.

Specie simili:

  • Clitopilus cystidiatus Hauskn. & Noordel.

Öst. Z. Pilzk. 8: 200 (1999)

È la specie che presenta maggiori similarità, quasi un sosia, differisce per il portamento tricholomatoide, per le dimensioni minori, per il colore grigiastro del cappello e delle lamelle, per il gambo ben sviluppato e per i caratteri microscopici [Buda, 2011; AGMT, 2013; Della Maggiora & Pera, 2021].

Può, inoltre, essere facilmente scambiato, specialmente da parte dei raccoglitori poco esperti, con molte specie fungine tossiche di colore bianco appartenenti al genere Clitocybe quali, ad esempio:

  • Clitocybe candicans (Pers.) P. Kumm. (1871)

[nome corrente Leucocybe candicans (Pers.) Vizzini, P. Alvarado, G. Moreno & Consiglio, 2015]

  • Clitocybe cerussata (Fr.) P. Kumm. (1871)

  • Clitocybe dealbata (Sowerby) P. Kumm. (1871)

  • Clitocybe phyllophila (Pers.) P. Kumm. 1871]

  • Clitocybe rivulosa (Pers.) P. Kumm. (1871)

che differiscono per la consistenza della carne che si presenta tenace, elastica e fibrosa (fragile, friabile e facilmente soggetta alla rottura in C. prunulus); per le lamelle mai asportabili dal cappello, sempre di colore bianco (rosate e facilmente asportabili dal cappello in C. prunulus); per l’odore mai di farina fresca come in C. prunulus.

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Foto: Franco Mondello; Angelo Miceli

Bibliografia

 

 

Clitopilus prunulus – Didascalia foto

 

Foto 01 Clitopilus prunulus – Foto Franco Mondello

Foto 02 Clitopilus prunulus – Foto Angelo Miceli

Foto 03 Clitopilus prunulus – Foto Franco Mondello

Foto 04 Clitopilus prunulus – Foto Franco Mondello

Foto 05 Clitopilus prunulus – Foto Franco Mondello

Foto 06 Clitopilus prunulus – Foto Angelo Miceli

 

 

 

 

 

Phallus impudicus L. (1753)

Ci piace presentare, in questa nuova “Riflessione Micologica”, sulla scia di altre precedenti che ci hanno consentito di addentrarci nel meraviglioso mondo dei funghi Gasteromiceti, una specie fungina che per la particolare conformazione morfologico strutturale presenta tutti i requisiti per essere considerata specie “dall’aspetto particolare” [Della Maggiora, 2008].

Phallus impudicus appartiene, infatti, per la caratteristica conformazione morfologico-strutturale, al gruppo informale dei Gasteromiceti nel quale vengono posizionati funghi a sviluppo angiocarpico (quando il fungo si sviluppa all’interno di una membrana protettiva, detta peridio, che avvolge la zona fertile evitando contatti con l’esterno fino alla completa maturazione). Viene caratterizzato, come tutte le specie fungine appartenenti alla famiglia delle Phallaceae, dalla particolarità del ciclo vitale e dalla conformazione morfologico strutturale. Si presenta, nella fase embrionale della sua formazione, inizialmente semiipogeo, con forma globoso-ovoidale, con caratteristici cordoni miceliari (rizomorfe) che uniscono i numerosi carpofori che, ancora chiusi o già aperti, si formano, tipicamente, nella stessa area [Sarasini, 2005]; viene protetto da una membrana esterna chiamata peridio formata da tre strati funzionali che, a partire dalla parte più esterna, assumono le seguenti denominazioni: esoperidio, mesoperidio, endoperidio. Durante la fase di maturazione iniziale si forma, all’interno del peridio, uno spesso strato gelatinoso che racchiude, nella parte inferiore, un piccolo nucleo di tessuto primordiale di colore biancastro collegato al cordone miceliare. Tale nucleo durante la maturazione perde sempre più la consistenza gelatinosa assumendo la conformazione di una struttura portante, sempre più allungata, chiamata ricettacolo. Procedendo verso la maturazione, sotto la spinta del ricettacolo che raggiunge dimensioni anche quadruplicate rispetto a quelle inziali, il peridio si lacera lasciando fuoriuscire il ricettacolo stesso che ha completamente perso l’iniziale consistenza gelatinosa ed assunto una nuova conformazione strutturale alla cui sommità presenta numerose cellette imeniali contenenti una sostanza mucillaginosa di colore verde e di odore nauseabondo chiamata gleba (parte fertile del fungo che contiene le spore). Durante questa ultima fase alcuni lembi del peridio, a volte, restano attaccati alla sommità del ricettacolo ricoprendo parzialmente la zona contenente la gleba. Contemporaneamente la parte più consistente dello stesso peridio, lacerandosi, si deposita alla base del ricettacolo assumendo la conformazione di una volva basale afflosciata, assottigliata e priva dell’iniziale strato gelatinoso [Sarasini, 2005]. A conclusione della fase di accrescimento, la gleba, posizionata alla sommità della struttura portante, diventa, per il caratteristico e nauseabondo odore che emana, una forte attrazione per mosche ed insetti che si cibano delle sostanze zuccherine in essa contenute divenendo veicolo di diffusione delle spore che vengono depositate sul territorio anche a notevole distanza. Difatti, le spore ingerite non vengono digerite e possono quindi essere depositate, con la defecazione, in altri luoghi favorendo la crescita di nuovi carpofori [Miceli. 2020].

(Per approfondire l’argomento consultare Sarasini, 2005: Gasteromiceti epigei – Opera citata in bibliografia).

Genere phallus Junius ex L. nom. sanct.

Sp. pl. 2: 1178 (1753)

Autore sanzionante: Persoon, Syn. meth. fung. 2(1): 242 (1801)

Al genere, la cui specie tipo è Phallus impudicus, appartengono carpofori di dimensioni medio-grandi, a sviluppo angiocarpico e a nutrizione saprotrofica. Si presentano, inizialmente, con forma globoso-ovoidale con vistose rizomorfe basali; successivamente, con la maturazione e a seguito della lacerazione del peridio, a struttura falliforme, ricoperta nella zona apicale dalla gleba, gelatinosa e maleodorante. Presentano, alla base, una volva formata dai residui della lacerazione del peridio. Prediligono habitat ricchi di humus e residui legnosi [Buda, 2011].

Phallus impudicus L., nom. sanct.

Sp. pl. 2: 1178 (1753)

Sporoforo inizialmente a forma globoso-ovoidale, determinabile con facilità, specialmente allo stadio adulto, tanto per la tipica conformazione fallica quanto per l’odore repellente che emana dovuto alla presenza, nella parte superiore, della gleba.

Basionimo: Phallus impudicus L. (1753)

Autore sanzionante: Persoon, Syn. meth. fung. 2(1): 242 (1801)

Accentazione: Phállus impudícus

Etimologia: Phallus dal greco φαλλός (phallós) = fallo, pene, con riferimento alla caratteristica forma fallica che assume a maturazione. Impudicus dal latino: sfacciato, impudico, svergognato, per la particolare conformazione fallica.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Phallales, famiglia Phallaceae, genere Phallus.

Principali sinonimi: Morellus impudicus (L.) Eaton (1818); Ithyphallus impudicus (L.) Fr. (1823); Phallus volvatus Batsch (1783); Phallus foetidus Sowerby (1801); Hymenophallus togatus Kalchbr. (1884); Phallus mauritianus Lloyd (1910); Ithyphallus mauritianus (Lloyd) Sacc. & Traverso (1910).

Nomi volgari: pisciacane, satirione [Bonazzi, 2003; Buda, 2011], uovo del diavolo [Bertinaria et al., 2020].

Nomi dialettali: carogna; pizzi fitenti, utilizzati in Sicilia [Bonazzi, 2003; Buda, 2011].

Descrizione macroscopica

Basidioma a crescita diversificata che, a seconda dei vari stadi, si presenta inizialmente sub-globoso, ovoidale, di consistenza molliccia e dal peso specifico elevato, poi, a maturazione, aperto con ricettacolo allungato verticalmente, sub cilindrico, provvisto di cappello alveolato interamente ricoperto dalla gleba.

É opportuno, per una maggiore chiarezza descrittiva prendere in esame le principali fasi di maturazione:

  • Primo stadio (basidioma ancora chiuso – ovolo)

Inizialmente semiipogeo o, a volte, anche ipogeo, di forma globoso-ovoidale, di consistenza molliccia e dal peso specifico elevato, con presenza, alla base, di un unico, lungo cordone miceliare, racchiuso da una membrana esterna di colore biancastro chiamata peridio costituita da tre strati funzionali: esoperidio (strato esterno), sottile e membranoso, inizialmente liscio poi leggermente squamuloso con granulazioni sparse, a volte screpolato, di colore biancastro a volte macchiato di ocra; mesoperidio (strato intermedio) molto spesso (3 – 7 mm) costituito da una sostanza gelatinosa di colore verde chiaro, giallo-verdastra che segue i contorni dell’esoperidio fino alla base dove si interrompe per la congiunzione tra quest’ultimo e l’endoperidio; endoperidio (strato interno) sottile, membrano, biancastro, segue il contorno del mesoperidio interrompendosi all’apice, nella zona centrale, in un anellino posizionato sopra il ricettacolo. Altri elementi dello sporoforo, in questo primo stadio che lo vede ancora conformato ad ovolo, sono: il ricettacolo, a forma vagamente ellissoidale, di colore biancastro, alveolato e cavo nella parte centrale; la gleba, ancora racchiusa tra il mesoperidio e il ricettacolo, compatta e di colore verdastro [Papetti et al., 2004; Sarasini, 2005; Boccardo et al., 2008; Buda, 2011; La Spina & Signorino, 2018; Della Maggiora & Pera, 2021].

  • Secondo stadio (basidioma maturo – aperto)

In questo secondo stadio lo sporoforo subisce una radicale trasformazione morfologica dovuta al notevole accrescimento del ricettacolo che esercitando una forte spinta verso l’esterno causa la rottura del peridio mettendo in evidenza i seguenti caratteri strutturali: ricettacolo, parte simile ad un gambo, lungo, fragile, spugnoso, cilindrico, a volte leggermente ricurvo, cavo, bianco; pileo (cappello) posizionato nella parte sommitale del ricettacolo, di aspetto spugnoso, a forma di mitra, di colore giallo-verdastro, meno intenso a tempo secco fino al verde chiaro o crema, caratterizzato da numerose cellette e da un foro apicale contornato da un anellino; gleba, posizionata all’interno delle numerose cellette che formano il cappello, mucillaginosa, verde-brunastra, odore intenso, fetido, nauseabondo, cadaverico tanto da attirare numerosi insetti; volva formata dai residui della lacerazione del peridio, posizionata alla base del ricettacolo, bianca, afflosciata, assottigliata, con residui dello strato gelatinoso, caratterizzata dalla presenza di un lungo ed unico cordone miceliare alla base; carne molto fragile, spugnosa, poco consistente, bianca nel ricettacolo, odore sgradevole [Papetti et al., 2004; Sarasini, 2005; Boccardo et al., 2008; Buda, 2011; La Spina & Signorino, 2018; Della Maggiora & Pera, 2021].

Habitat: dall’estate all’autunno, cresce in terreni umidi e ricchi di humus, indifferentemente nei boschi di conifere e latifoglie ed anche su terreno nudo ai margini del bosco o nelle radure, nei giardini o nelle aiuole, dalla pianura alla montagna. Cresce isolato o in gruppi di numerosi esemplari in vari stadi di sviluppo.

Deiescenza (1)

Come già precisato questa avviene in conseguenza della spinta del ricettacolo che, per la sua vistosa elongazione, causa la lacerazione del peridio con conseguente deposito di frammenti residuali dello stesso sotto forma di volva alla base del corpo fruttifero consentendo, allo stesso tempo, la fuoriuscita del ricettacolo che porta all’esterno della sua sua parte sommitale, nei numerosi alveoli presenti, la gleba matura contenente le spore utili alla riproduzione della specie.

Commestibilità: Anche se specie innocua è da ritenere NON commestibile sia per l’odore repellente sia per la consistenza gelatinosa della carne [A.G.M.T., 2013]. In letteratura si fa riferimento a probabile utilizzo alimentare: Buda (2011) riferisce che in Francia viene utilizzata la parte centrale del fungo quando questo è ancora chiuso; in Cina viene essiccato ed utilizzato dopo che la gleba è stata asportata dagli insetti, mentre, nel territorio catanese viene utilizzata, per la preparazione di risotti, la sostanza mucillaginosa contenuta nel mesoperidio [Buda, 2011].

Proprietà medicinali

Per il suo contenuto di polisaccaridi è ritenuto un valido supporto per la cura del cancro essendo in grado, come dimostrato da studi condotti dal Dott. Ralph Moss dell’Istituto Nazionale della salute degli USA, di ridurre notevolmente la formazione dei tumori contrastandone lo sviluppo, trovando, per tale motivo, uno specifico uso in chemioterapia [Angeli, 2010].

Caratteri differenziali

Si riconosce facilmente, specialmente a sviluppo completo, per la particolare conformazione fallica, per il cappello alveolato e ricoperto di gleba, per la presenza di un foro apicale circondato da un anello piccolo e poco appariscente; per la volva basale bianca. Allo stadio di ovolo si riconosce per il peridio liscio e, alla sezione, per l’interno di colore verdastro.

 

 

Foto 01 Phallus impudicus A

 

 

Foto 02 Phallus impudicus

 

 

Foto 03 Phallus impudicus

 

 

Foto 04 Phallus impudicus

 

 Foto 05 Phallus impudicus

 

 

Foto 11 Clathrus ruber

 

 

Tavola I Phallus impudicus

 

 

 

Specie simili

  • Phallus impudicus var. Togatus (Kalchbr.) Costantin & L.M. Dufour (1895)

Unica differenza che lo distingue da P. impudicus è la presenza di un indusio ben differenziato che, negli esemplari maturi, si presenta come un velo, un “gonnellino” bianco, perforato, formato da maglie di dimensioni diverse, pendente al di sotto del cappello per circa 2 cm e allargato verso il basso.

  • Phallus hadriani Vent., nom. sanct. (1798)

Molto simile nella conformazione strutturale sia allo stadio di ovolo sia a completa maturazione, differisce per le dimensioni minori; per il peridio-volva che presenta una colorazione rosa-violacea; per l’anello alla sommità del cappello più vistoso, prominente e, a volte, con l’orlo denticolato; per l’habitat di crescita costituito da terreni sabbiosi.

  • Mutinus caninus (Huds.) Fr. (1849)

Differisce per le dimensioni nettamente inferiori, per il cappello di colore rosa-arancione che si presenta come una continuazione del ricettacolo dal quale non viene differenziato.

  • Clathrus ruber P. Micheli ex Pers., nom. sanct. (1801)

Completamente diverso nella conformazione morfo-strutturale a maturazione. Allo stadio di ovulo si presenta molto simile differendo per il peridio che evidenzia, all’esterno, caratteristiche areolature poligonali, assenti in P. impudicus; per la sezione che all’interno è rossa mentre in P. impudicus è verdastra.

Ringraziamenti

Un grazie di cuore va rivolto all’amico Andrea Cristiano, Vice Presidente del Gruppo Micologico Cecinese di Cecina (LI), per avere accettato, con entusiasmo, di realizzare la tavola illustrativa utilizzata nel presente contributo.

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  1. Deiescenza, termine utilizzato in botanica per indicare il sistema con cui apparati vegetali chiusi si aprono per lasciare uscire il loro contenuto. Nello specifico, in micologia, fa riferimento al sistema di apertura dei funghi Gasteromiceti che consente loro, giunti a maturità, di disperdere le spore nell’ambiente circostante.

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Foto: Carmelo Di Vincenzo, Angelo Miceli, Franco Mondello

Tavole micologiche: Andrea Cristiano

Bibliografia

  • A.G.M.T., 2013: Io sto con i funghi. La Pieve Poligrafica Editore, Villa Verucchio (RN). I

  • Angeli Pierluigi, 2010: Micoterapia. I funghi nella medicina popolare tradizionale e contemporanea. Annali Micologici A.G.M.T. n. 3: 30-39

  • Bertinario Giorgio, Tizzoni Renato, Zorio Piero, 2020: Atlante dei funghi del biellese. E20progetti Editore, Milano. I

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca - 2008: Funghi d’Italia. (ristampa 2013). Zanichelli, Bologna. I

  • Buda Andrea, 2011: I Funghi degli Iblei. Vol. 1. A.M.B. Gruppo di Siracusa. Siracusa. I

  • Della Maggiora Marco, 2008: Funghi dall’aspetto particolare: le Phallaceae e le Clathraceae. Micoponte - Bollettino del Gruppo Micologico Massimiliano Danesi, n. 2: 15-23, Ponte a Moriano (LU). I

  • Della Maggiora Marco, Pera Umberto, 2021: Funghi in Toscana. AGMT (Associazione Gruppi Micologici Toscani). La Pieve Poligrafica, Villa Verrucchio (RN). I

  • La Spina Leonardo, Signorino Carmelina, 2018: I funghi di Santo Pietro, antico bosco di Sicilia. Eurografica S. r. l. Riposto (CT). I

  • Miceli Angelo, 2020: Clathrus ruber P. Micheli : Pers. 1801. Passione Funghi e Tartufi Anno IX n. 100: 26-33. Erredi Grafiche Editoriali, Genova. I

  • Papetti Carlo, Consiglio Giovanni, Simonini Giampaolo, 2004: Atlante fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 1 (seconda ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

  • Sarasini Mario, 2005: Gasteromiceti epigei. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

 

Sitografia

www.indexfungorum.org

  • MB (ultima consultazione, gennaio 2022), Mycobank database. Fungal databases, Nomenclature e Special Banks. www.mycobank.org

 

 

Phallus impudicus – Didascalia foto

 

Foto 01 Phallus impudicus Foto Angelo Miceli

Foto 02 Phallus impudicus Foto Angelo Miceli

Foto 03 Phallus impudicus Foto Angelo Miceli

Foto 04 Phallus impudicus Foto Angelo Miceli

Foto 05 Phallus impudicus Foto Angelo Miceli

Foto 06 Phallus impudicus Foto Angelo Miceli

Foto 07 Phallus impudicus allo stadio di ovolo Foto Carmelo Di Vincenzo

Foto 08 Phallus impudicus Var. Togatus Foto Franco Mondello

Foto 09 Phallus hadriani Foto Angelo Miceli

Foto 10 Mutinus caninis Foto Angelo Miceli

Foto 11 Clathrus ruber Foto Franco Mondello

 

Tavola I Phallus impudicus Disegno Andrea Cristiano

 

Tricholoma sulphureum (Bull. : Fr.) P. Kumm (1871)

Un basidiocarpo di medie dimensioni che si lascia facilmente notare per il colore totalmente giallo che gli conferisce un aspetto particolarmente attraente che contrasta apertamente con l’odore solforoso, intenso e repellente: Tricholoma sulphureum é solito fruttificare nel periodo autunnale, in forma singola o gregaria, indifferentemente nei boschi di conifere e latifoglie, viene posizionato, anche se in maniera informale con l’intento di fornire a quanti si avvicinano allo studio del genere una chiave di determinazione facilitata, nel “Gruppo dei “Tricholoma gialli”.(1)

Genere Tricholoma (Fr. : Fr.) Staude (1857)

tratto da Miceli [2020 (107): 18-24]

Al genere, la cui specie tipo è T. equestre, appartengono funghi terricoli, omogenei (quando cappello e gambo sono formati da struttura cellulare similare tanto che risulta difficile il distacco tra le due parti), carnosi, con portamento generalmente robusto detto, appunto, tricholomoide, legati in simbiosi ectomicorrizica (quando le ife fungine si attorcigliano attorno alle radici degli alberi formando un manicotto ifale detto micoclena) con specie arboree diverse sia di conifere sia di latifoglie. Le numerose specie appartenenti al Genere sono caratterizzate da: Cappello viscido o asciutto, generalmente con fibrille radiali, a volte con squame o scaglie più o meno regolari, in alcune specie umbonato; inizialmente emisferico-convesso, poi, verso la maturazione, piano-convesso, con orlo liscio o scanalato, generalmente più o meno involuto negli esemplari giovani, disteso e sottile in quelli maturi. La colorazione, a seconda del genere, ruota su quattro colori fondamenti con sfumature e tinte di transizione: Bianco, dal bianco puro al crema-avorio. Giallo, dal colore paglia al giallo vivo, giallo-olivastro fino al verde oliva. Bruno-Marrone, con le numerose sfumature intermedie dal bruno-chiaro, beige, nocciola, bruno-rosato, bruno-castano, bruno-fulvo, bruno-rossiccio fino al bruno-nerastro. Grigio, dal grigio-acciaio al grigio-topo, al grigio-nerastro fino a nero-nerastro o nero [Riva, 1988 - Galli, 2005]. Imenoforo a lamelle adnate, uncinate, smarginate, decorrenti per un dentino (quando prima di unirsi al gambo formano una piccola ansa concava), mediamente fitte ed intercalate da lamellule (struttura similare alle lamelle che si interpone tra le lamelle stesse, con dimensioni minori. Ha origine dal margine del cappello e si interrompe prima di giungere al gambo), in alcune specie molto spaziate, colore variabile dal bianco-biancastro al grigio, grigio-verdognolo al giallo più o mento intenso. Spore in massa di colore bianco-biancastro. Gambo centrale, generalmente cilindrico, in alcune specie globoso-ventricoso, bulboso o dilatato alla base, a volte radicante; superficie asciutta, liscia, in alcune specie pruinosa, forforacea, punteggiata, granulosa; colore uniforme a volte con sfumature [Miceli, 2018]. Il genere include specie di ottima qualità e molto ricercate per le proprietà organolettiche e specie tossiche responsabili di sindromi di grave entità: sindrome rabdomiolitica(2) e sindrome gastrointestinale(3) [Boccardo et al., 2013].

Tricholoma sulphureum (Bull. : Fr.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst): 133 (1871)

Basionimo: Agaricus sulphureus Bull. 1784

Accentazione: Tricholóma sulphúreum

Etimologia: Tricholoma da greco thrikòs = pelo e loma = orlo con espresso riferimento al margine del cappello peloso, lanoso, tipico di molte specie di Tricholoma; sulphureum dal latino sùlphur = zolfo: sulfureo, di colore giallo zolfo con espresso riferimento al colore giallo zolfo che il carpoforo presenta in tutte le sue parti.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Tricholomataceae, genere Tricholoma.

Principali sinonimi: Gymnopus sulphureus (Bull.) Gray (1821); Gyrophila sulphurea (Bull.) Quél. (1886).

Nomi volgari: Agarico zolfino [Mazza, 2018].Un basidiocarpo di medie dimensioni che si lascia facilmente notare per il colore totalmente giallo che gli conferisce un aspetto particolarmente attraente che contrasta apertamente con l’odore solforoso, intenso e repellente: Tricholoma sulphureum é solito fruttificare nel periodo autunnale, in forma singola o gregaria, indifferentemente nei boschi di conifere e latifoglie, viene posizionato, anche se in maniera informale con l’intento di fornire a quanti si avvicinano allo studio del genere una chiave di determinazione facilitata, nel “Gruppo dei “Tricholoma gialli”.(1)

Genere Tricholoma (Fr. : Fr.) Staude (1857)

tratto da Miceli [2020 (107): 18-24]

Al genere, la cui specie tipo è T. equestre, appartengono funghi terricoli, omogenei (quando cappello e gambo sono formati da struttura cellulare similare tanto che risulta difficile il distacco tra le due parti), carnosi, con portamento generalmente robusto detto, appunto, tricholomoide, legati in simbiosi ectomicorrizica (quando le ife fungine si attorcigliano attorno alle radici degli alberi formando un manicotto ifale detto micoclena) con specie arboree diverse sia di conifere sia di latifoglie. Le numerose specie appartenenti al Genere sono caratterizzate da: Cappello viscido o asciutto, generalmente con fibrille radiali, a volte con squame o scaglie più o meno regolari, in alcune specie umbonato; inizialmente emisferico-convesso, poi, verso la maturazione, piano-convesso, con orlo liscio o scanalato, generalmente più o meno involuto negli esemplari giovani, disteso e sottile in quelli maturi. La colorazione, a seconda del genere, ruota su quattro colori fondamenti con sfumature e tinte di transizione: Bianco, dal bianco puro al crema-avorio. Giallo, dal colore paglia al giallo vivo, giallo-olivastro fino al verde oliva. Bruno-Marrone, con le numerose sfumature intermedie dal bruno-chiaro, beige, nocciola, bruno-rosato, bruno-castano, bruno-fulvo, bruno-rossiccio fino al bruno-nerastro. Grigio, dal grigio-acciaio al grigio-topo, al grigio-nerastro fino a nero-nerastro o nero [Riva, 1988 - Galli, 2005]. Imenoforo a lamelle adnate, uncinate, smarginate, decorrenti per un dentino (quando prima di unirsi al gambo formano una piccola ansa concava), mediamente fitte ed intercalate da lamellule (struttura similare alle lamelle che si interpone tra le lamelle stesse, con dimensioni minori. Ha origine dal margine del cappello e si interrompe prima di giungere al gambo), in alcune specie molto spaziate, colore variabile dal bianco-biancastro al grigio, grigio-verdognolo al giallo più o mento intenso. Spore in massa di colore bianco-biancastro. Gambo centrale, generalmente cilindrico, in alcune specie globoso-ventricoso, bulboso o dilatato alla base, a volte radicante; superficie asciutta, liscia, in alcune specie pruinosa, forforacea, punteggiata, granulosa; colore uniforme a volte con sfumature [Miceli, 2018]. Il genere include specie di ottima qualità e molto ricercate per le proprietà organolettiche e specie tossiche responsabili di sindromi di grave entità: sindrome rabdomiolitica(2) e sindrome gastrointestinale(3) [Boccardo et al., 2013].

Tricholoma sulphureum (Bull. : Fr.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst): 133 (1871)

Basionimo: Agaricus sulphureus Bull. 1784

Accentazione: Tricholóma sulphúreum

Etimologia: Tricholoma da greco thrikòs = pelo e loma = orlo con espresso riferimento al margine del cappello peloso, lanoso, tipico di molte specie di Tricholoma; sulphureum dal latino sùlphur = zolfo: sulfureo, di colore giallo zolfo con espresso riferimento al colore giallo zolfo che il carpoforo presenta in tutte le sue parti.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Tricholomataceae, genere Tricholoma.

Principali sinonimi: Gymnopus sulphureus (Bull.) Gray (1821); Gyrophila sulphurea (Bull.) Quél. (1886).

Nomi volgari: Agarico zolfino [Mazza, 2018].Un basidiocarpo di medie dimensioni che si lascia facilmente notare per il colore totalmente giallo che gli conferisce un aspetto particolarmente attraente che contrasta apertamente con l’odore solforoso, intenso e repellente: Tricholoma sulphureum é solito fruttificare nel periodo autunnale, in forma singola o gregaria, indifferentemente nei boschi di conifere e latifoglie, viene posizionato, anche se in maniera informale con l’intento di fornire a quanti si avvicinano allo studio del genere una chiave di determinazione facilitata, nel “Gruppo dei “Tricholoma gialli”.(1)

Genere Tricholoma (Fr. : Fr.) Staude (1857)

tratto da Miceli [2020 (107): 18-24]

Al genere, la cui specie tipo è T. equestre, appartengono funghi terricoli, omogenei (quando cappello e gambo sono formati da struttura cellulare similare tanto che risulta difficile il distacco tra le due parti), carnosi, con portamento generalmente robusto detto, appunto, tricholomoide, legati in simbiosi ectomicorrizica (quando le ife fungine si attorcigliano attorno alle radici degli alberi formando un manicotto ifale detto micoclena) con specie arboree diverse sia di conifere sia di latifoglie. Le numerose specie appartenenti al Genere sono caratterizzate da: Cappello viscido o asciutto, generalmente con fibrille radiali, a volte con squame o scaglie più o meno regolari, in alcune specie umbonato; inizialmente emisferico-convesso, poi, verso la maturazione, piano-convesso, con orlo liscio o scanalato, generalmente più o meno involuto negli esemplari giovani, disteso e sottile in quelli maturi. La colorazione, a seconda del genere, ruota su quattro colori fondamenti con sfumature e tinte di transizione: Bianco, dal bianco puro al crema-avorio. Giallo, dal colore paglia al giallo vivo, giallo-olivastro fino al verde oliva. Bruno-Marrone, con le numerose sfumature intermedie dal bruno-chiaro, beige, nocciola, bruno-rosato, bruno-castano, bruno-fulvo, bruno-rossiccio fino al bruno-nerastro. Grigio, dal grigio-acciaio al grigio-topo, al grigio-nerastro fino a nero-nerastro o nero [Riva, 1988 - Galli, 2005]. Imenoforo a lamelle adnate, uncinate, smarginate, decorrenti per un dentino (quando prima di unirsi al gambo formano una piccola ansa concava), mediamente fitte ed intercalate da lamellule (struttura similare alle lamelle che si interpone tra le lamelle stesse, con dimensioni minori. Ha origine dal margine del cappello e si interrompe prima di giungere al gambo), in alcune specie molto spaziate, colore variabile dal bianco-biancastro al grigio, grigio-verdognolo al giallo più o mento intenso. Spore in massa di colore bianco-biancastro. Gambo centrale, generalmente cilindrico, in alcune specie globoso-ventricoso, bulboso o dilatato alla base, a volte radicante; superficie asciutta, liscia, in alcune specie pruinosa, forforacea, punteggiata, granulosa; colore uniforme a volte con sfumature [Miceli, 2018]. Il genere include specie di ottima qualità e molto ricercate per le proprietà organolettiche e specie tossiche responsabili di sindromi di grave entità: sindrome rabdomiolitica(2) e sindrome gastrointestinale(3) [Boccardo et al., 2013].

Tricholoma sulphureum (Bull. : Fr.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst): 133 (1871)

Basionimo: Agaricus sulphureus Bull. 1784

Accentazione: Tricholóma sulphúreum

Etimologia: Tricholoma da greco thrikòs = pelo e loma = orlo con espresso riferimento al margine del cappello peloso, lanoso, tipico di molte specie di Tricholoma; sulphureum dal latino sùlphur = zolfo: sulfureo, di colore giallo zolfo con espresso riferimento al colore giallo zolfo che il carpoforo presenta in tutte le sue parti.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Tricholomataceae, genere Tricholoma.

Principali sinonimi: Gymnopus sulphureus (Bull.) Gray (1821); Gyrophila sulphurea (Bull.) Quél. (1886).

Nomi volgari: Agarico zolfino [Mazza, 2018].

 

Foto01 Tricholoma sulphureum

 

Foto02 Tricholoma sulphureum

 

Foto03 Tricholoma sulphureum

 

Foto04 Tricholoma sulphureum

 

Foto06 Tricholoma sulphureum

 

Foto07 Tricholoma sulphureum

 

Foto08 Tricholoma sulphureum

 

Tavola I Tricholoma sulphureum

 

Descrizione macroscopica

Cappello di medie dimensioni, fino a 8 cm, inizialmente emisferico-convesso, poi, verso la maturazione, convesso-campanulato ed ancora piano con presenza di umbone appena accennato; cuticola asciutta, liscia, leggermente debordante, a volte pubescente, giallo-ocra, giallo zolfo, con chiazze bruno-rosate più scure nella zona discale; margine sottile, ondulato, a volte leggermente revoluto. Imenoforo a lamelle spaziate, smarginate, intervallate da numerose lamellule irregolari, giallo zolfo, imbrunenti verso la maturità. Spore in massa biancastre. Gambo centrale, cilindrico, slanciato, fragile, più o meno incurvato, leggermente ingrossato verso la base, inizialmente pieno poi fistoloso (percorso all’interno, per tutta la lunghezza, da un sottile canale) [Della Maggiora & Pera, 2021]. Carne poco consistente, molliccia nel cappello, fibrosa nel gambo, colore giallo-verdastro con debole viraggio al rosa-brunastro negli esemplari molto maturi. Odore molto pronunciato, sgradevole di gas illuminante [Riva, 1988; Papetti et al., 2004; Galli, 2005; Illice et al., 2011; Mannina, 2014; Mazza, 2018; Oppicelli, 2020; Della Maggiora & Pera, 2021]. Sapore: contrastanti sono i pareri espressi in letteratura dai numerosi autori, alcuni lo considerano sgradevole, disgustoso, simile all’odore [Riva, 1988; Papetti et al., 2004; Galli, 2005; Illice et al., 2011; Mannina, 2014; Della Maggiora & Pera, 2021], altri, invece, lo ritengono gradevole, come di nocciola [Mazza, 2018; Oppicelli, 2020]. Riteniamo opportuno, in merito, riportare integralmente l’interessante parere di Riccardo Mazza (2018: 309): “Un caso particolare è rappresentato da Tricholoma sulphureum (agarico zolfino) che possiede un inteso odore come di gas o feci (o diversamente etichettato), quasi sempre giudicato sgradevole. Ebbene, da sempre il fungo in questione à considerato non commestibile proprio a causa del suo peculiare ed intenso odore. Sebbene gravino forti sospetti di tossicità su questa specie, T. sulphureum non può essere qualificato come velenoso. Piuttosto la non idoneità al consumo di T. sulphureum è da attribuire anche ai giudizi riguardanti il suo sapore che, di riflesso - pensando all’odore - viene ‘immaginato’ come simile e, in quanto tale, disgustoso. Con vera sorpresa occorre precisare che il sapore di questo appariscente Tricholoma è molto gradevole, di nocciola acerba. Tale giudizio va consolidandosi sempre più anche fra i micologici da quando lo scrivente, in tempi non più recenti, ha voluto testarlo più volte per smentire quanto venisse indicato con troppa disinvoltura in pubblicazioni divulgative e scientifiche: altrettanto sgradevole (con illusione all’odore) / disgustoso / nauseoso / che ricorda l’odore e così via…”

Habitat: specie molto diffusa ed ubiquitaria, fruttifica da fine estate ad autunno, indifferentemente nei boschi di aghifoglie e latifoglie, dalla pianura alla montagna.

Commestibilità: NON commestibile sia per le caratteristiche organolettiche sia perché tossica e causa di sindrome gastrointestinale.

Caratteri differenziali

Facilmente riconoscibile sia per il particolare colore giallo zolfo marcato ed uniforme su tutto il carpoforo, sia per l’intenso e sgradevole odore.

Specie simili

  • Tricholoma equestre (L.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst): 130 (1871)

Specie tossica, causa di sindrome rabdomiolitica, si presenta con analoga colorazione gialla, differisce per il portamento più robusto, per la carne bianca e per un lieve odore di farina fresca.

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  1. [tratto da Miceli, 2020 (107): 18-24] Si è soliti ricorrere, affinché si possa pervenire ad una più facile determinazione delle numerose specie appartenenti al Genere Tricholoma, ad un raggruppamento di comodo basato sul colore del cappello dei singoli esemplari che dà origine ai seguenti quattro gruppi:

  • Gruppo dei Tricholoma bianchi: comprende specie con colore di base bianco, bianco-crema, bianco-verdognolo. Il colore del cappello è, generalmente, bianco puro o con sfumature crema, ocracee, verdastre o giallastre. Indichiamo, a puro titolo orientativo, alcune delle specie appartenenti al gruppo: T. Album, T. pseudoalbum, T. terreum, T. columbetta, T. Albidus ed altre ancora.

  • Gruppo dei Tricholoma grigi: raggruppa specie caratterizzate da colore di base grigio, grigio-bruno o nerastro. La colorazione si può presentare uniforme o mescolata a sfumature bianco-biancastre o bruno-azzurrognole. Appartengo al gruppo: T. filamentosum, T. terreum, T. gaupasatum, T, cingolatum, T. triste, T. potentosum e tanti altri ancora.

  • Gruppo dei Tricholoma gialli: ospita specie caratterizzate da colori di base giallo, giallo-oliva, verde sia puri che mescolati tra di loro dando origine a numerose sfumature che oscillano tra il giallo-cromo, giallo-oliva, giallo-verdastro, verdastro, giallo aranciato. Ad esempio indichiamo: T. sulphureum, T.Sejunctum, T. equestre ecc.

  • Gruppo dei Tricholoma bruno-marroni: caratterizzato da specie con colore di base giallo-rosato, nocciola, più o meno inteso, puro o con sfumature di gradazione diversa dal bruno-chiaro, beige, nocciola, bruno-rosato, bruno-castano, bruno-fulvo, bruno-rossiccio fino al bruno-nerastro su sfondo banco o giallastro. Fanno parte del gruppo, ad esempio, T. imbricatum, T. fulvum, T. aurantium, T. colossus ecc.

I gruppi sopra indicati costituiscono una valida “Chiave di determinazione” delle numerose specie basata sull’osservazione dei soli caratteri morfo-cromatici che si ritiene, per il genere Tricholoma, essere sufficiente senza dovere ricorrere all’esame microscopico. È opportuno, in ogni caso, sottolineare che il colore è spesso condizionato dalle mutevoli condizioni climatiche tendendo a sbiadire a tempo secco e dalle condizioni ambientali come la presenza di corpi estranei (foglie, aghi, terriccio ecc.) sul capello che ne impedisce la normale formazione della pigmentazione [Galli, 2005]. Ovviamente abbiamo voluto fornire solo delle indicazioni generiche del tutto indicative invitando il lettore che volesse approfondire l’argomento a consultare i testi indicati in bibliografia con particolare riferimento a Riva (1988) e Galli (2005).

  1. Sindrome rabdomiolitica

Viene inserita tra le sindromi a lunga latenza (quando gli effetti dell’intossicazione si manifestano dopo le 6 ore dall’ingestione dei funghi), il periodo di latenza varia da 24 a 72 ore.

La rabdomiolisi è una patologia che colpisce la muscolatura scheletrica e cardiaca; è provocata oltre che dall’ingestione di tossine contenute nel fungo Tricholoma equestre anche da numerosi altri fattori come traumi, sforzi eccessivi, uso di sostanze tossiche….

Sintomi principali: astenia, dolori muscolari, eritema facciale, sudorazione, nausea modesta senza vomito, urine scure, rossastre. Nella fase evolutiva si manifestano: iperpiressia (oltre 42° C), aritmie cardiache, miocardite acuta, aumento della dispnea, grave alterazione della funzione renale. In seguito, con la lesione e distruzione delle fibre muscolari del diaframma e del miocardio avviene il decesso. L’intossicazione evolve positivamente se il trattamento medico è tempestivo e prestato nelle prime fasi dell’insorgenza dei sintomi.

La specie responsabile è stata individuata nel Tricholoma equestre, conosciuto ed apprezzato da sempre come ottimo commestibile che, invece, si è reso responsabile di intossicazioni di grave entità, anche mortali, dopo il consumo abbondante ed in pasti ravvicinati (effetto accumulo). La casistica in materia fa riferimento ad episodi di intossicazione collettiva verificatisi in una circoscritta zona della costa atlantica della Francia interessando ben 12 persone, con evoluzione infausta per tre di esse. Il fatto è stato documentato da un gruppo di ricercatori francesi nel 2001 con una ricerca approfondita. Anche se in Italia non sono mai stati registrati casi di intossicazione da Tricholoma equestre, il consumo e la raccolta di questa specie sono stati vietati, per disposizione di legge, su tutto il territorio nazionale (Ordinanza Ministero della Salute del 20 agosto 2002) [Cfr. Assisi et al., 2008; Follesa, 2009; Milanesi, 2015].

  1. Sindrome gastrointestinale o resinoide

Viene inserita tra le sindromi a breve latenza (quando i sintomi dell’intossicazione si manifestano entro 6 ore dall’ingestione dei funghi)

Si manifesta a circa 2-3 ore dal consumo dei funghi con manifestazione di nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, prostrazione. L’elenco delle specie responsabili è abbastanza lungo tanto da rendere difficoltosa la sua stesura, si ritiene che possa allungarsi nel tempo a seguito di ulteriori approfonditi studi che potrebbero individuare altre specie, in atto ritenute commestibili o di commestibilità non comprovata, responsabili di tossicità [Cfr. Assisi et al., 2008; Follesa, 2009; Milanesi, 2015].

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Foto: Antonio Contin, Angelo Miceli

Tavole micologiche: Gianbattista Bertelli, gentilmente concesse dal figlio Aldo

Bibliografia

  • Assisi Francesca, Balestreri Stefano, Galli Roberto, 2008: Funghi velenosi. Edit. dalla Natura, Milano. I

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca - 2008: Funghi d’Italia. (Ristampa 2013) Zanichelli, Bologna. I

  • Della Maggiora Marco, Pera Umberto, 2021: Funghi in Toscana. AGMT (Associazione Gruppi Micologici Toscani). La Pieve Poligrafica, Villa Verrucchio (RN), I

  • Follesa Paola, 2009: Manuale Tecnico-pratico per indagini su campioni fungini. Edit. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Bagnolo Mella (BS) - I

  • Galli Roberto, 2005: I Tricolomi. dalla Natura, Milano. I

  • Illice Mirko, Tani Oscar, Zuccherelli Adler, 2011: Funghi velenosi & commestibili. Manuale macro-microscopico delle principali specie. Tipoarte Industrie Grafiche. Ozzano Emilia (BO). I

  • Mazza Riccardo, 2018: Gli odori e i sapori nei funghi. ROMAR Srl, Segrate (MI) I

  • Miceli Angelo, 2018: Tricholoma equestre (L.) P. Kumm 1871. Il Fungo, Periodico de1 Gruppo Micologico e Naturalistico “Renzo Franchi” Anno XXXVI settembre 2018 n. 2: 13-22. Reggio Emilia. I

  • Miceli Angelo, 2020: Tricholoma portentosum (Fr. : Fr.) Quél. (1873). Passione Funghi e

Tartufi Anno X n. 107: 18-24. Erredi Grafiche Editoriali, Genova. I

  • Milanesi Italo, 2015: Conoscere i funghi velenosi ed i loro sosia commestibili. A.M.B.

Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

  • Oppicelli Nicolò, 2020: Funghi in Italia. Erredi Grafiche Editoriali. Genova. I

  • Papetti Carlo, Consiglio Giovanni, Simonini Giampaolo, 2004: Atlante fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 1 (seconda ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

  • Riva Alfredo, 1988: Tricholoma (Fr.) Staude. Collana Fungi Europaei 3. Libreria Editrice Govanna Biella, Saronno. I

Sitografia

Altra bibliografia di approfondimento

 

Tricholoma sulphureum – Didascalia foto

 

Foto 01 Tricholoma sulphureum Foto Antonio Contin

Foto 02 Tricholoma sulphureum Foto Angelo Miceli

Foto 03 Tricholoma sulphureum Foto Angelo Miceli

Foto 04 Tricholoma sulphureum Foto Antonio Contin

Foto 05 Tricholoma sulphureum Foto Angelo Miceli

Foto 06 Tricholoma sulphureum Foto Antonio Contin

Foto 07 Tricholoma sulphureum Foto Angelo Miceli

Foto 08 Tricholoma sulphureum Foto Angelo Miceli

 

Tavola I – Tricholoma sulphureum – Tavola incompiuta di Giambattista Bertelli